COMMENTO ALL'ARTICOLO APPARSO SU “IL MATTINO DI PADOVA” CHE INFORMAVA SULLE MOTIVAZIONI CON CUI UN MAGISTRATO DEL TAR DEL VENETO IMPEDIVA LA RIMOZIONE DEL CROCIFISSO DALLE AULE SCOLASTICHE.



PREMESSA

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Leggi anche i significati e le implicazioni sociali e giuridiche della sentenza della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo che toglie il crocifisso dalle aule scolastiche.

Leggi anche: Il significato sociale e giuridico di esporre il crocifisso nelle scuole, nelle aule giudiziarie, nelle caserme, negli ospedali, nei comuni, ecc..

Leggi anche: Gesù un pazzo criminale. Le implicazioni della Costituzione della Repubblica e della Corte Europea per i diritti "religiosi" dell'uomo.

Commentare questa sentenza è estremamente complesso, non tanto per la sentenza in sé, ma perché la sentenza è emessa e giustificata attraverso le predilezioni soggettive del magistrato che l’ha emessa in assoluto disprezzo sia della parte che ha chiesto il giudizio, sia del Dettato Costituzionale al quale il magistrato ha fatto giuramento, sia della realtà sociale e della realtà storica.

E’ come se il magistrato avesse detto: “A me non interessa nulla che quel simbolo ti stupri; a me va bene che continui a stuprarti e tu non hai diritto di chiedere di non essere stuprata!”

Davanti ad un’affermazione del genere si è senza parole. Non si tratta di motivazioni, da quanto si desume dall’articolo, illogiche, ma semplicemente criminali!

Un conto è interpretare la legge come dovere di ogni magistrato e un conto è legittimare atti criminali in quanto si concorda con quegli atti criminali e li si giustificano con farneticazioni nate dall’immaginazione dell’autoidentificazione con chi tali atti compie.

Io mi auguro che l’estensore dell’articolo abbia interpretato e riportato in maniera scorretta quanto ha scritto il magistrato e poter dare in futuro una diversa valutazione. Fintanto che non potrò avere informazioni io tratterò quanto scritto nell’articolo come quanto effettivamente affermato dal magistrato del Tar.

In coda al commento si riporta l'articolo completo.

Il commento, all'articolo apparso su Il Mattino di Padova, non viene fatto con un unico discorso, ma postando pensieri e affermazioni che di volta in volta fluiscono da un animo sdegnato per quanto affermato dal magistrato. Cito i vari passi dell'articolo, numerandoli, sotto i quali posto il commento.


COMMENTO ALLA SENTENZA TAR DEL VENETO


Il denunciante si è rivolto al Tar perché l’atto di esporre il crocifisso offendeva le idee e le posizioni soggettive della persona. Proviamo a vedere che cosa aveva detto il Tar rivolgendosi alla Corte Costituzionale dalla sentenza della Corte Costituzionale:


 “Ritenuto che, con ordinanza emessa il 14 gennaio 2004, pervenuta a questa Corte il 20 aprile 2004, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, nel corso di un giudizio per l’impugnazione di una deliberazione del consiglio di istituto di una scuola, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento al principio di laicità dello Stato, e, “comunque”, agli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, degli artt. 159 e 190 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), “come specificati”, rispettivamente, dall’art. 119 (e tabella C allegata) del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 (Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare), e dall’art. 118 del r.d. 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media), “nella parte in cui includono il Crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche”, nonché dell’art. 676 del medesimo d.lgs. n. 297 del 1994 “nella parte in cui conferma la vigenza delle disposizioni” di cui ai predetti art. 119 (e tabella C allegata) del r.d. n. 1297 del 1928 e art. 118 del r.d. n. 965 del 1924;”


Il Tar stesso ha avvertito, nel ricorrere alla Corte Costituzionale, lo stridere fra l’esposizione del crocifisso e il principio di laicità dello stato. Il Tar ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale proprio perché riteneva l’esposizione del crocifisso in contrasto con il principio di laicità dello stato.


La Corte Costituzionale ha risposto al Tar affermando, in sostanza, che non esisteva nessuna legge che prevedeva l’esposizione del crocifisso nella scuola.

Per questo motivo la Corte Costituzionale non ha deliberato.

Se una legge avesse previsto l’esposizione del crocifisso nelle scuole, la Corte Costituzionale sarebbe intervenuta.

Come?

E’ difficile pensare ad una Corte Costituzionale in contraddizione con sé stessa:


“Nel sistema del codice penale sono oggetto della tutela del sentimento religioso sia la religione cattolica, sia i culti “ammessi” nello Stato, da intendersi, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, con la piena affermazione della libertà religiosa, come culti diversi da quello cattolico. Identiche sono le condotte sanzionate penalmente, descritte negli artt. 403, 404 e 405 cod. pen., ma differente è il trattamento sanzionatorio: l’art. 406, infatti, stabilisce che la pena prevista per tali reati è diminuita se le medesime condotte vengono poste in essere contro i culti “ammessi”.

L’esigenza di una unificazione del trattamento sanzionatorio ai fini di una eguale protezione del sentimento religioso, che è imposta dai principî costituzionali evocati dal giudice remittente, è stata già affermata da questa Corte nella sentenza n. 329 del 1997. Con essa è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione degli articoli 3 e 8 della Costituzione, dell’articolo 404, primo comma, del codice penale (Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose), nella parte in cui prevede una pena maggiore di quella stabilita per le medesime condotte riferite a confessioni diverse dalla cattolica dall’articolo 406 dello stesso codice.

Si tratta ora di applicare i medesimi principî, già enucleati in quella sentenza, al caso sottoposto all’esame di questa Corte, giacché anche le diverse previsioni concernenti il turbamento di funzioni religiose, se riferite al culto cattolico, devono essere assoggettate al più lieve trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 406 cod. pen. per i culti “ammessi”.

Il principio fondamentale di laicità dello Stato, che implica equidistanza e imparzialità verso tutte le confessioni, non potrebbe tollerare che il comportamento di chi impedisca o turbi l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose di culti diversi da quello cattolico, sia ritenuto meno grave di quello di chi compia i medesimi fatti ai danni del culto cattolico.” Estratto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 327 del 2002.


In che situazione siamo, dunque?

Un criminale ha deciso di imporre la propria religione alla società civile. Questo criminale non ha una pistola in pugno, ma occupa una posizione nelle istituzioni che gli permette di varare un regolamento che gli consente di imporre la propria religione a persone o che non la vogliono, o a cui non interessa o a religioni diverse. Si tratta, in sostanza di un vero e proprio atto di terrorismo con cui si impone una volontà soggettiva in aperto disprezzo delle leggi nazionali e della Costituzione della Repubblica.

Un vero e proprio atto di terrorismo con finalità di eversione dello Stato Democratico.

Sparare nella testa di una persona o sparare nella struttura psichico-emozionale dei ragazzi: è sempre un atto criminale!

Violare il sentimento religioso di una persona o violare il sentimento di non-religione (inteso come laico) è sempre una violazione del sentimento religioso. Una violazione che deve essere sanzionata a norma di legge.

Quando la Corte Costituzionale afferma: “Il principio fondamentale di laicità dello Stato, che implica equidistanza e imparzialità verso tutte le confessioni” non esclude il sentimento di Atei, Agnostici e Laici.


In questa situazione stiamo vivendo una condizione paradossale: la legge identifica un’azione come un atto criminale, una persona dichiara che quel atto gli arreca danno, un magistrato giustifica quel atto con una serie di farneticazioni soggettive che non trovano nessun riscontro se non nella sua volontà di perpetrare quel crimine.


Proviamo ad analizzare quanto viene detto nell’articolo.

Premetto che a me non interessa l’originale del dispositivo della sentenza, mi interessa soltanto il messaggio che attraverso gli articoli di giornale [in questo casa “Il mattino di Padova”] viene diffuso fra le persone: l’informazione che giunge a livello di massa!


Commenterò l’articolo indicando con numeri le parti dell’articolo commentate. Alla fine della pagina metterò l’articolo per intero che ho ricopiato, dattilografandolo, dal giornale “Il mattino di Padova” del 26 marzo 2005!


1) E ha stabilito che il crocifisso può rimanere in quelle aule, non solo perché non contrasta con il principio di laicità dello stato, ma addirittura perché afferma e conferma lo stesso principio.


E’ la stessa Corte Costituzionale che afferma e riafferma il principio di laicità dello Stato “che implica equidistanza e imparzialità verso tutte le confessioni”. Esiste chiaramente un gioco di interpretazione, ma non certo quello secondo cui tutte le confessioni religiose sono uguali in ginocchio davanti al crocifisso.

In pratica, quando l’articolista afferma che il tribunale afferma che l’esposizione del crocifisso afferma e conferma il principio di laicità dello Stato, il tribunale fa un’affermazione in netto contrasto con quanto affermato dalla Corte Costituzionale in materia di equidistanza dello stato dalle varie confessioni religiose e nello stesso tempo fa un’affermazione storicamente falsa in quanto i principi di laicità dello Stato sono divenuti e radicalizzati nella società civile proprio in contrapposizione ai principi del cristianesimo in generale e della chiesa cattolica per quanto riguarda l’Italia. Anche quando dei cattolici hanno manifestato principi che sono all’interno della nostra Costituzione lo hanno fatto in aperta contrapposizione ai dettati religiosi e alle interpretazioni dei dettati religiosi che ne dava la chiesa cattolica. Vale come esempio la condanna del modernismo ad opera della chiesa cattolica o la cacciata dall’insegnamento di Vallauri e Severino perché manifestavano idee e concetti contrari a quelli imposti dalla chiesa cattolica. Quelli che massacrarono Giordano Bruno e milioni di dissidenti.


2) Il crocifisso, rilevano i giudici, è “anche simbolo storico-culturale, e di conseguenza dotato di una valenza identitaria riferita al nostro popolo” e all’Europa intera.



Per chi il crocifisso è un simbolo storico-culturale?

Sono d’accordo che la svastica nazista sia un simbolo storico-culturale, ma per il nazismo, non per gli ebrei. E allora, con che logica la svastica può essere imposta a chi pratica la religione ebraica?

Sono d’accordo che la stella di Davide sia un simbolo storico-culturale, ma per gli ebrei, non per i non ebrei. E allora con che logica la stella di Davide può essere imposta a chi non è di religione monoteista?

La svastica è il simbolo dei campi di sterminio! La stella di Davide è il simbolo di un dio che dice “O fate quello che voglio io o io vi ammazzo!” E afferma di averlo fatto con il diluvio universale; è il simbolo di chi afferma di aver massacrato per puro diletto i ragazzi primogeniti Egiziani!

E la croce non simbolizza quel povero pazzo di Nazareth che doveva venire in quella generazione con grande potenza sulle nubi e che ordina di sgozzare chi non si mette in ginocchio davanti a lui?

E poi spieghi questo magistrato in quale occasione storica la croce dei cristiani ha rappresentato un momento “identitario” dell’Italia o dell’Europa. Forse quando Carlo Magno tagliò la testa a 4500 Pagani Sassoni che non vollero convertirsi al cristianesimo? Con questa sentenza, questo magistrato, ne sta rinnovando l’orrore agendo contro chi gli ha chiesto giustizia ritenendosi offeso nei suoi sentimenti religiosi: lo so che questo magistrato non gli ha staccato la testa, ma molti milioni di uomini sono morti nel corso della storia per liberarsi dall’orrore cristiano. O questo magistrato pensa che il principio fondamentale della monarchia assoluta espresso dal cristianesimo e dal cattolicesimo in Italia sia un principio in sintonia con i principi espressi dalla Carta Costituzionale? Quando mai, nel nostro ordinamento giuridico, parlando di un individuo si può affermare: “Che nessuno lo può giudicare!” Dal Dictatus Papae.


3) Quanto al suo valore di simbolo religioso, dicono, si riconduce non solo al cattolicesimo, ma al cristianesimo nel suo insieme, fede che “contiene – rilevano – quelle idee di tolleranza, eguaglianza a libertà che sono alla base dello Stato laico moderno”.


Questa affermazione rappresenta un insulto alla Costituzione della Repubblica. Ammettiamo che il magistrato sia di religione cristiana, nella sua testa può esserci quest’illusione immaginata, ma non esiste nella realtà storica.

Innanzi tutto, che la croce sia il simbolo di tutto il cristianesimo, nessuno lo contesta, ciò che si contesta è l’uso della violenza del cristianesimo per imporre ai non cristiani la sua croce. Ad esempio, ricorrendo a violazioni del principio di uguaglianza ed equidistanza dello Stato ed esponendo la croce in luoghi pubblici e in funzione diversa dalla propria attività di culto, affidandosi a imposizioni violente (come questa sentenza) per garantirsi un diritto che la legge non concede loro.

Innanzi tutto, per il nostro sistema giuridico, non è possibile parlare di “tolleranza” di una fede diversa dal cristianesimo. Il cristianesimo NON è la religione di Stato e pertanto lo Stato è tenuto a tutelare TUTTI i sentimenti religioni (e di negazione della religione) in modo uguale e, come dice la Corte Costituzionale “indipendentemente dal numero dei suoi aderenti”. Se comunemente e discorsivamente si può accettare che le persone usino il termine “tollerante” riferito ad una religione diversa, non è assolutamente accettabile che tale termine sia usato da un Magistrato nella sua attività di esecutore del Potere Giuridico Italiano. Usare il termine “tolleranza” rispetto ad un’altra religione dando una connotazione principale ed oggettiva al cristianesimo è un INSULTO al dettato Costituzionale. E’ l’uguaglianza del sentimento religioso espresso, in quanto Laica della Sig.ra Soile Latse, con il sentimento religioso dei cattolici CHE DEVE ESSERE TUTELATO; non può essere accettato come principio positivo la “tolleranza” dei cattolici. Gli Ebrei non sono tollerati; sono cittadini che hanno diritto alla loro fede come i cattolici. Gli ha tollerati il fascismo prima di consegnarli ai tedeschi.

E poi, di quale uguaglianza è portatore il cristianesimo?

Il cristianesimo ha mai considerato un qualche individuo uguale al pazzo di Nazareth? Il pazzo di Nazareth che si considerava il padrone delle persone, voleva che tutte le persone fossero uguali in ginocchio davanti a lui. Mi sorge un dubbio: “Questo magistrato considera il principio di uguaglianza giuridica- sociale applicabile alle persone costrette in ginocchio davanti a lui?” E allora, se non lo considera in questo modo, perché attribuisce al cristianesimo la manifestazione di un principio di uguaglianza? La Corte di Cassazione in una sentenza ha dichiarato che le sentenze emesse dai magistrati devono essere criticate. Quando mai si accetterebbe nella nostra repubblica un Presidente che dicesse: “Tutti i Magistrati devono baciare i piedi al Presidente della Repubblica!” Non sa questo magistrato da dove ho parafrasato la citazione? Dal Dictatus Papae! Lo sa questo magistrato che questa affermazione dogmatica deriva dall’interpretazione dottrinale dei comportamenti del pazzo di Nazareth che in un vangelo, durante il processo, minaccia i giudici dicendo: “Tu l'hai detto; anzi, io vi dico: d'ora in avanti vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra dell'Onnipotente, e venire sulle nubi nel cielo.” Matteo 26, 64. Vorrei vedere un magistrato emettere sentenza con un imputato che fa tali affermazioni: allora non c'erano i manicomi, né i ricoveri coatti! Non un principio di uguaglianza, ma gli uomini ridotti a bestiame nello stesso modo ugualmente ridotti in ginocchio davanti al dio padrone: era questo che questo magistrato voleva fare con la Sig.ra Soile Latse?

Come può un magistrato, che non sia in malafede,  affermare che il cristianesimo è portatore di libertà?

Almeno 200.000.000 di persone vennero catturate, comprate e vendute dai cristiani e spedite nelle Americhe come schiavi. Questo magistrato disprezza così tanto gli Esseri Umani da non provare un moto di indignazione soggettiva davanti a questo, oppure giustifica la sua indifferenza pensando che questo è avvenuto “molto tempo fa’” e fingendo di ignorare che la chiesa cattolica non ha mai abrogato i principi dottrinali con cui ha giustificato questo comportamento. Principi dottrinali che riafferma proprio imponendo l’esposizione del crocifisso! Così tanto questo magistrato disprezza i principi e i valori espressi dal dettato Costituzionale?


Normalmente si pensa che un magistrato abbia fatto un po’ di studi classici e conosca l’incompatibilità che esiste fra il concetto di verità, che qualcuno deterrebbe, e il concetto di libertà, che proprio per non poter essere definito come oggetto in sé,  né poter essere detenuto come definizione aprioristica viene manifestato e reclamato da ogni soggetto in maniera diversa in base al proprio vissuto sociale e culturale. Ad una verità, espressa dogmaticamente come unica, si contrappongono milioni di concetti di libertà espresse sia dai singoli soggetti che dalle società umane. Ma il magistrato intende avallare l’inganno dogmatico cristiano facendo coincidere il concetto di verità con il concetto di libertà. Il cristianesimo non ha mai portato la libertà, ma solo il suo concetto di verità che ha imposto agli Esseri Umani costringendoli in ginocchio: costringendo a piegare i loro bisogni e la loro morale a quanto la verità espressa dal cristianesimo indicava come libertà. Libertà di essere schivi del crocifisso; libertà di essere schivi sottomessi al cristianesimo: è questo il concetto di libertà di questo magistrato?


4) Un filo sotterraneo collegherebbe infatti la rivoluzione cristiana di 2000 anni fa’ con l’affermarsi in Europa con l’habeas corpus e  dei valori dell’illuminismo, fin a quella laicità dello Stato faticosamente conquistata anche grazie “ai valori fondanti il cristianesimo”.


CITO:

“Habeas corpus: nel diritto di tradizione anglosassone (vedi Common Law), insieme di norme poste a tutela della libertà personale. Previsto dall’atto Habeas corpus ad subiciendum (“abbi la disposizione della tua persona”) del XII secolo, il principio fu ripreso nel 1628 dalla Petition of Rights e sancito nel 1679 con l’Habeas corpus Act, che stabiliva che nessuno potesse essere privato della libertà personale se non in forza di un mandato che precisasse le ragioni del provvedimento. L’habeas corpus prevede il divieto di ogni detenzione arbitraria, il diritto dell'imputato (o di un suo rappresentante) a richiedere al giudice un regolare processo entro 20 giorni dall'arresto e l'applicazione di gravi sanzioni in caso di violazione di questo diritto da parte delle autorità. Per estensione, l’espressione habeas corpus indica nei sistemi democratici l’insieme delle garanzie previste dalla Costituzione a difesa della libertà del cittadino.

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Appare evidente la malafede di questo magistrato nel pronunciare la sentenza. Una malafede che provoca indignazione per le offese che arreca sia alla Costituzione che agli sforzi e ai sacrifici che gli Esseri Umani fecero per uscire dall’assolutismo e dall’orrore cristiano!


CITO:

“Common Law In senso ampio, l'espressione si riferisce al sistema giuridico dei paesi anglosassoni (Inghilterra, Galles, Canada e Stati Uniti d'America). In senso stretto, si riferisce al diritto inglese, formatosi dal XII secolo in poi e amministrato dalle corti regie, che è costituito prevalentemente dalle consuetudini "comuni" a tutto il regno.

La base della Common Law (letteralmente "diritto comune") è costituita dal principio secondo il quale il giudice di oggi è vincolato alle decisioni prese dai giudici che l'hanno preceduto. La Common Law è dunque l'insieme dei precedenti giurisprudenziali, ossia dei principi generali che sono emersi dalle singole decisioni dei casi precedenti, elaborati tecnicamente dalle corti. In questo senso la Common Law è un diritto creato dai giudici (Judge-made Law) e si contrappone al sistema che gli inglesi chiamano di Civil Law, cioè di diritto civile, che è invece il diritto europeo continentale, radicato nella tradizione del diritto romano e rinnovato dalle moderne codificazioni.

Con l'avvento della rivoluzione industriale, la necessità di un diritto certo e accessibile a tutti ha però determinato anche in Inghilterra l'intervento del Parlamento che ha modificato il diritto esistente e creato una nuova legislazione. La Common Law ha però conservato un ruolo decisivo nel guidare l'interpretazione e l'applicazione del nuovo diritto legislativo (chiamato Statute Law, legge scritta).

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Arriva il cristianesimo; cancella i diritti del cittadino; impone i diritti assoluti della sua gerarchia quale manifestazione del dio padrone e del pazzo di Nazareth; massacra gli individui per costringere i popoli ad accettare il suo potere assoluto; distrugge le scuole; distrugge i documenti esistenti prima della sua venuta; falsifica le trasformazioni della storia manipolandole come preparazione della sua venuta (vedi Onorio); trasforma i sistemi sociali in campi di concentramento attraverso l’organizzazione sociale feudale!

Gli Esseri Umani ricominciano un lento processo di uscita dall’orrore cristiano e un magistrato, fra il demente e la malafede (perché è difficile davanti a quanto affermato trattenere i propri sentimenti) alla Sig.ra Soile Latse dice: “Come, il cristianesimo ha contribuito, grazie ai suoi valori, alla nascita del diritto. Un diritto che tu usi rivolgendoti a me in quanto ti senti offesa e io dovrei sentenziare contro il crocifisso, negare il cristianesimo, per consentire a te di ottenere giustizia dalle offese che proprio il crocifisso ti consente di rivendicare.”

Anziché citare la Habeas Corpus il magistrato del Tar Sig. Umberto Zuballi avrebbe fatto molto meglio citare le sentenze della Corte Costituzionale in merito alla salvaguardia del sentimento religioso e le sentenze della Corte di Cassazione il cui compito è quello di rendere omogeneo il diritto e la giustizia nell'intero paese: quanto disprezzo esprime Zuballi in questa omissione per la Corte di Cassazione e per la Corte Costituzionale! La Common Law in Italia non esiste: l'interpretazione autentica delle leggi è fatta dalla Corte di Cassazione e diventa solenne quando la Corte di Cassazione interpreta a camere riunite. Questa avrebbe dovuto guidare l'azione del magistrato del Tar Umberto Zuballi.


Chi ha scritto la Costituzione Europea si è guardato bene da citare in essa il cristianesimo, anche se coloro che vogliono negare la libertà dell’uomo lo vogliono citare. Chissà perché i fondatori dell’Europa non hanno trovato una sola frase cristiana o della bibbia che potesse essere citata quale simbolo dell’Europa, mentre hanno trovato nel discorso di Pericle, scritto da Tucidide, una precisa definizione degli ideali europei.


Certamente i valori attuali si sono formati, ma sono emersi dall’orrore cristiano. Quel orrore che attraverso sterminio, genocidio e distruzione ha massacrato le antiche società e i loro valori. Anche oggi alla base del sistema giuridico dei paesi occidentali c’è il sistema giuridico Romano (che nulla ha a che vedere col cristianesimo) ed è ben presente, in ogni giurista, la differenza degli scopi (al di là dei contenuti) fra i dieci comandamenti della bibbia e il codice di Hammurabi.  I dieci comandamenti della bibbia vengono premessi affermando: “Io sono il tuo padrone e non avrai altro padrone che me!” Un concetto che sembra piacere molto a questo magistrato, ma assolutamente in contrasto con la Costituzione della Repubblica in cui ogni soggetto è uguale sotto la legge: padrone, o presunto tale, compreso. Ma se il preambolo dei dieci comandamenti della bibbia viene visto con orrore dalla nostra carta Costituzionale, non è estraneo alla Carta Costituzionale l’intendimento con cui Hammurabi scrisse il suo codice di leggi: “affinché il più debole abbia giustizia nei confronti del più forte!!” Ed è la Corte Costituzionale che ribadisce come il sentimento religioso delle persone vada protetto a prescindere dal numero delle persone che quel sentimento manifesta. Appare evidente, dunque, come non la Carta Costituzionale ha diretto la sentenza di questo magistrato, ma il desiderio di riproporre l’orrore nei confronti della Sig.ra Soile Latse: “Io sono il tuo padrone e non avrai altro padrone al di fuori di me!” Lo stesso concetto giuridico e lo stesso valore morale che questo magistrato riafferma impedendo la rimozione del crocifisso all’interno della scuola.


E’ compito del magistrato interpretare la legge; diventa un atto di terrorismo quando il magistrato nega la legge per sostituirla con le proprie convinzioni morali. Perché in questo modo non si impone la forza della legge, ma la forza del padrone di sottrarsi alla legge: la legge del più forte.


Certamente l’illuminismo si è affermato, ma in contrapposizione all’attività di chi imponeva la croce. In contrapposizione ai valori morali dei cristiani che si ritenevano in diritto di infilare ferri roventi nel culo a donne indifese che chiamavano Streghe o di bruciare vivo che non si metteva in ginocchio davanti al crocifisso dopo avergli strappato la lingua, come a Giulio Cesare Vanini. Certamente Vanini era educato ad essere un cristiano, ma non era disposto ad accettare i dogmi di morte del cristianesimo o parte di essi. O forse questo magistrato interpreta meglio i valori del crocifisso che i cristiani cattolici attribuiscono a sé stessi dei papi cristiani?

E quando Voltaire scrisse il suo “Trattato sulla tolleranza” non riprese forse i valori etici e religiosi delle antiche società Romana e Greca? Dice: “Tra gli antichi Romani, da Romolo fino ai tempi in cui i cristiani si scontrarono con i sacerdoti dell'impero, non trovate alcun uomo perseguitato per le sue convinzioni. Cicerone dubitò di tutto, Lucrezio negò tutto; e pure non venne fatto loro il minimo rimprovero. La licenza arrivò a tal punto che Plinio il naturalista incomincia il suo libro negando dio e affermando che, se ce n'è uno, questo è il Sole.” Dal Trattato sulla Tolleranza cap. VIII, 54.

Possiamo dire che l’esperienza dei campi di sterminio nazisti hanno contribuito a forgiare nell’Europa la consapevolezza che un tale orrore non deve più ripetersi; questo vale, moltiplicato per mille, anche per il crocifisso. I valori fondanti l’Europa non sono manifestati dal crocifisso, ma da chi ha versato il sangue per combattere l’orrore dell’assolutismo manifestato dal crocifisso.



5) Il Tar veneto giunge così a sostenere che il crocifisso deve essere oggi considerato come simbolo di “un sistema di valori di libertà, eguaglianza, dignità umana e tolleranza religiosa, e quindi anche della laicità dello Stato”. Paradossale quindi, osservano, escluderlo “in nome di una laicità che ha una delle sue fonti lontane proprio nella religione cristiana”.



Io mi chiedo a che cosa questo magistrato si riferisce? Alle sue illusioni o ad un suo delirio di onnipotenza?

Riporto da “Storia criminale del Cristianesimo”  di Karlheinz Deschner ed. Ariele 6° volume pag. 288 (consiglio al magistrato di leggersi tutti e sei i volumi fino ad ora pubblicati prima di sparare cazzate dementi sulla “rivoluzione cristiana”, almeno si farebbe un po’ più accorto!): “Solo grazie alla corruzione e al tradimento – specialità corrispondenti al carattere di Boemondo – gli “eroi di Cristo” riuscirono ad impadronirsi di un soffio, proprio all’ultimo istante, della cittadella di Antiochia il 2 giugno del 1098, al grido di “Dio lo vuole!”. Con l’appoggio dei loro correligionari ivi residenti, massacrarono tutti i turchi che erano dentro le mura; e non v’era dubbio che fosse “operazione grata a Dio”. “Tutti i luoghi erano talmente sovraccarichi di cadaveri che nessuno poteva soffermarvisi a causa del lezzo”; e tosto ci si buttò su mogli e figlie sopravvissute, abusando perfino di molte cristiane indifese. E le più povere si offrivano spontaneamente per un pezzo di pane. “Dio lo vuole!”.”


Uno stupratore considera come libertà la sua attività di stuprare; non il sistema giuridico italiano. In Spagna il diritto del divorzio, dell’aborto e la non obbligatorietà dell’insegnamento cattolico è chiamata dai cristiani limitazione della libertà religiosa. Negli USA i processi ai preti cattolici stupratori è chiamata dai cristiani limitazione della libertà religiosa. L’impedimento che oppone la società cinese all’attività di distruzione della società ad opera dei cristiani è chiamata da questi, limitazione della libertà religiosa. L’animo, l’intimo di questo magistrato cosa considera come libertà? Forse il diritto del pazzo di Nazareth di scannare chi non si mette in ginocchio davanti a lui e allora decide che è giusto imporre ai non cristiani il crocifisso!

E così costruisce il paradosso: imporre un simbolo di una religione a chi non appartiene a quella religione offendendone il sentimento religioso è un “simbolo della laicità dello stato”. Mi ricorda i magistrati inquisitori cattolici che per liberare le donne dall’essere streghe le torturavano, le storpiavano e le bruciavano vive: in nome del crocifisso! Non ordina forse il dio dei cristiani: “Non lasciar che strega viva!” Esodo 22, 17. E il Tar del Veneto considera questo un valore di libertà? Forse questo magistrato non sa che queste attività sono considerate dei delitti dalla legge italiana e non dei valori di libertà!


6) Paradossale quindi, osservano, escluderlo “in nome di una laicità che ha una delle sue fonti lontane proprio nella religione cristiana”.


Paradossale, dice, escludere il simbolo di morte e di sterminio che ha insanguinato l’Europa per sottomettere gli Esseri Umani ad un dio padrone per riaffermare i valori della Costituzione della Repubblica. Naturalmente, questo magistrato si è guardato bene dall’elencare i valori propri del cristianesimo, ma ha “stuprato” il pensiero illuminista, ha rubato i suoi enunciati per attribuirli agli adoratori del macellaio di Sodoma e Gomorra! Il codice di diritto civile è emanato da Napoleone, non dagli adoratori di chi ordina di scannare chi non si mette in ginocchio davanti a lui!


“La cristianizzazione della Norvegia fu quindi portata a termine con la necessaria durezza ad opera di re Olaf II° Haraldsson il Grasso (1016-1030) un vichingo bellicoso e spietato... e santo a sua volta (festa il 19 luglio). Scrive lo stesso Lexikon fur Theologie und Kirche che costui portò a conclusione “l’opera missionaria” intrapresa da Olaf I° “in parte con la forza”, allineando così la Norvegia alla “famiglia dei popoli cristiani”. In effetti Olaf II° completò la sottomissione dei capi minori, facendo sterminare in massa i non battezzati  e i renitenti alla conversione. Ordinò che quanti si radunavano clandestinamente per le loro feste venissero assaliti, rapinati ed eliminati,, spesso nel modo più atroce possibile. Accecamenti, mutilazioni, uccisioni, stupri: sotto la guida del santo tutto era permesso contro i pagani. Per tutto il paese Olaf diede la caccia ai “”maghi” e agli “stregoni”, abbattendo per ogni dove templi pagani, simulacri ed immagini di dèi, tra cui un busto gigantesco del Dio Thor, rivestito d’oro e d’argento, dal quale – secondo la nota “Enciclopedia di Teologia Cattolica” – “fuoriuscirono in massa topi, ratti e bisce”.

Il brutale governo di Olaf facilitò a Knud, suo fratello in Cristo, la conquista della Norvegia. Per mezzo di denari e altre forme di corruzione, infatti, Knud, nel 1028, poté spedirlo in esilio , dopo il suo rientro, farlo uccidere il 29 luglio 1030, presso Stiklestad, nella battaglia contro un esercito di contadini. Olaf, per la verità, aveva accolto nel suo esercito solo truppe cristiane, contrassegnando inoltre i loro scudi ed elmi con una croce, lanciando la parola d’ordine: “Avanti, sempre avanti, combattenti di Cristo...” – che a me, (semper idem),, ricorda il motto del vescovo cattolico sotto Hitler “Avanti, soldati cristiani, sulla via della vittoria...” Salvo che quello slogan non giovò più del secondo.” Da “Storia criminale del cristianesimo” ed. Ariele 6° volume pag. 113.



7) Per il suo richiamo ai valori della tolleranza, il crocifisso ha infine per il Tar “una valenza particolare” in una scuola pubblica oggi frequentata “da numerosi allievi extracomunitari”, cui è importante trasmettere “quei principi di apertura alla diversità e rifiuto di ogni integralismo” che impregnano il nostro ordinamento.


“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre,

la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell'uomo saranno i suoi familiari.” Matteo 10, 34


“Ancora nello stesso anno durante le feste natalizie a Spira, Bernardo riuscì a persuadere anche re Hohenstaufen Corrado III, a lungo recalcitrante, oltre ad una serie di altri grandi. Stava per scoppiare un furore collettivo, una psicosi di massa. Né ai nostri giorni – afferma Heldmold di Bosau – né dal principio dei tempi si sarebbe mai messo insieme una tale moltitudine armata: “un esercito, dico io, sconfinato, oltre misura!”. Ma è naturale che i cronisti cristiani amassero formulare iperboliche valutazioni.

Anche a questa crociata,, a cui il re tedesco e quello francese apportarono ciascuno 70.000 uomini, prese le mosse con numerose stragi di ebrei sul Reno, dove il monaco cistercense Radulfo, un confratello dell’abate visto “con altissimo favore” dal popolo, da tempo strillava e sobillava contro di loro. E’ vero che il santo Bernardo proibiva di uccidere gli ebrei, però esigeva che fossero cacciati appellandosi alla Bibbia, al salmo 59, là dove Dio parlando dei nemici ingiungeva “Non uccideteli!”, aggiungendo tuttavia “Disperdili con la tua potenza”. No no, i grande dottore della chiesa non voleva vederli uccisi, gli ebrei, ma solo scacciati e perennemente angariati. “Per noi costoro sono una testimonianza vivente, giacché mettono davanti ai nostri occhi continuamente la passione del signore”. Da parte sua ottone di Frisinga constatava “una carneficina bestiale”, tanto che re Corrado dovette creare un asilo per ebrei a Norimberga.” Tratto da “Storia Criminale del cristianesimo” ed. Ariele 6° volume pag. 359-360



“Solo con la guerra il santo riuscì a trasformare gli ungheresi in cristiani; solo con la forza riuscì a piegare le popolazioni indigene, la recalcitrante vecchia aristocrazia, reprimendo nel sangue i popoli limitrofi, e quindi a “predicare le parole della vita” (verba vitae predicaret), come si legge a conclusione delle “Gesta Hungarorum”, la più antica descrizione della storia ungherese.” Tratto da “Storia criminale del cristianesimo” ed. Ariele 6° volume pag. 107.


Quando questo magistrato parla di “studenti extracomunitari” a cosa si riferisce? Trasmettere i principi della convivenza civile quali manifestati dalla nostra Costituzione e dalle nostre leggi o imporre arbitrariamente loro il crocifisso quale simbolo di diritto soggettivo dei cristiani allo stragismo? Imporre il cristianesimo (il magistrato stesso afferma come il crocifisso sia il simbolo del cristianesimo) a chi cristiano non è UN DELITTO IN QUESTO PAESE! Ed è grave, al limite del terrorismo, che un magistrato indichi l’imposizione di un simbolo di una diversa religione a ragazzi indifesi. Ha la stessa gravità morale del genocidio perpetrato dai crociati per macellare i diversi.


Io mi auguro che l’articolista nel riportare la sentenza abbia sbagliato a interpretare e abbia riassunto arbitrariamente storcendone il pensiero, ma se questo fosse vero il Magistrato del Tar dovrebbe essere cacciato dalla magistratura per attività di oddio religioso, razzismo (nei confronti dei ragazzi extracomunitari) finalizzato alla destabilizzazione dello stato democratico. Se questo è vero il Presidente della Repubblica Ciampi, quale responsabile della Magistratura Italiana, il presidente del consiglio Berlusconi, quale superiore del ministro di Grazia e Giustizia, il ministro di Grazia e Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura dovrebbero dimettersi in quanto corresponsabili di diffondere odio religioso e sociale!


Si, lo so che una sentenza è sempre appellabile, ma non è questo che mi indigna. Ciò che mi indigna è il messaggio che il magistrato ha mandato a livello di massa con la sua sentenza e con l’articolo che sto commentando. Mi indigna il disprezzo che questo magistrato ha dimostrato per la Corte Costituzionale!


I ragazzi extracomunitari vengono a frequentare la scuola pubblica e tu, anziché insegnare loro il codice penale, il codice di procedura penale, il codice civile, la Costituzione della Repubblica gli imponi il crocifisso! Ma che razza di persona è questo magistrato! Il suo modo di ragionare è degno della Gestapo Nazista, non della Costituzione della Repubblica Italiana.


Dovrebbe essere a conoscenza del magistrato del Tar del Veneto quanto affermato dalla Corte Costituzionale: oppure questo magistrato pensa ai ragazzi extracomunitari alla stregua delle pecore del gregge del pazzo di Nazareth che nessuno gli può togliere perché il padrone suo padre gliele aveva date?


E allora ricordiamo cosa afferma la Corte Costituzionale nella sentenza 329 del 1997 a proposito della legittimità dell’articolo 404 del Codice Penale:


2. — La questione è fondata.

Le norme richiamate prevedono una diversa sanzione penale per il medesimo fatto di reato, qualora esso sia commesso contro quella che il codice penale, in mancanza di una riforma, denomina tuttora anacronisticamente (si veda il punto 1 del Protocollo addizionale dell'Accordo di modifica del Concordato lateranense, recepito con legge 25 marzo 1985, n. 121) la "religione dello Stato" - formula che, alla stregua della sentenza n. 925 del 1988 di questa Corte, deve riferirsi alla religione cattolica, in quanto già religione dello Stato - ovvero sia commesso contro un "culto ammesso nello Stato" - espressione anch'essa fuori tempo, dovendosi intendere nel senso di comprendere tutte le "confessioni religiose", diverse da quella cattolica, che rientrano nella protezione dell'art. 8 della Costituzione -.

Tale diversità è stata di volta in volta giustificata con argomenti non più idonei a consentirne il mantenimento nell’attuale ordinamento alla stregua degli invocati princìpi costituzionali.

Secondo la visione nella quale si mosse il legislatore del 1930, alla Chiesa e alla religione cattoliche era riconosciuto un valore politico, quale fattore di unità morale della nazione. Tale visione, oltre a trovare riscontro nell'espressione "religione dello Stato", stava alla base delle numerose norme che, anche al di là dei contenuti e degli obblighi concordatari, dettavano discipline di favore a tutela della religione cattolica, rispetto alla disciplina prevista per le altre confessioni religiose, ammesse nello Stato. Questa ratio differenziatrice certamente non vale più oggi, quando la Costituzione esclude che la religione possa considerarsi strumentalmente rispetto alle finalità dello Stato e viceversa (sentenze n. 334 del 1996 e n. 85 del 1963, nonché n. 203 del 1989).

La giurisprudenza di questa Corte, fin dalle sue prime decisioni, ha infatti posto a fondamento, quale oggetto di tutela penale da parte delle norme in questione, il sentimento religioso, non quale interesse dello Stato ma quale "interesse, oltre che del singolo, della collettività" (sentenza n. 125 del 1957). Nell'ambito della protezione di tale interesse collettivo, peraltro, fu riconosciuta la speciale preminenza della religione cattolica rispetto alle altre religioni e su questa base venne quindi giustificata la tutela penale della prima, rafforzata rispetto a quella offerta alle seconde, ritenendosi che da ciò non derivasse alcun limite al libero esercizio dei culti o alla condizione giuridica dei credenti (sentenza n. 125 citata). Valse allora come argomento la considerazione che la religione cattolica è, per antica e ininterrotta tradizione, quella professata dalla "quasi totalità" dei cittadini (così, ancora, la già ricordata sentenza n. 125 del 1957 e le sentenze n. 79 del 1958 e n. 14 del 1973).

Tale criterio, quale giustificazione di discipline differenziate in ordine alla protezione penale del sentimento religioso, è stato successivamente abbandonato dalla giurisprudenza di questa Corte. Nella sentenza n. 925 del 1988, in tema di reato di bestemmia, si è affermato che "il superamento della contrapposizione fra la religione cattolica, "sola religione dello Stato", e gli altri culti "ammessi", sancito dal punto 1 del Protocollo del 1984" rende "ormai inaccettabile ogni tipo di discriminazione che si" basi "soltanto sul maggiore o minore numero degli appartenenti alle varie confessioni religiose". E, da ultimo, nella sentenza n. 440 del 1995, si è precisato che "l'abbandono del criterio quantitativo significa che in materia di religione, non valendo il numero, si impone ormai la pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione religiosa di appartenenza". In tal modo, la protezione del sentimento religioso è venuta ad assumere il significato di un corollario del diritto costituzionale di libertà di religione, corollario che, naturalmente, deve abbracciare allo stesso modo l'esperienza religiosa di tutti coloro che la vivono, nella sua dimensione individuale e comunitaria, indipendentemente dai diversi contenuti di fede delle diverse confessioni. Il superamento di questa soglia attraverso valutazioni e apprezzamenti legislativi differenziati e differenziatori, con conseguenze circa la diversa intensità di tutela, infatti, inciderebbe sulla pari dignità della persona e si porrebbe in contrasto col principio costituzionale della laicità o non-confessionalità dello Stato, affermato in numerose occasioni da questa Corte (sentenze n. 203 del 1989, n. 259 del 1990 e n. 195 del 1993): principio che, come si ricava dalle disposizioni che la Costituzione dedica alla materia, non significa indifferenza di fronte all'esperienza religiosa ma comporta equidistanza e imparzialità della legislazione rispetto a tutte le confessioni religiose.


Quanto disprezzo, con questa sentenza, ha espresso questo magistrato del Tar per la Corte Costituzionale!



8) E ciò considerato anche che il “meccanismo logico dell’esclusione dell’infedele è insito in ogni religione - sottolineano i giudici – con la sola eccezione del cristianesimo”, per lo meno là dove i suoi principi sono ben interpretati.


Ogni religione esclude da sé chi non segue quella religione e sembra che questo magistrato non abbia mai sentito parlare dei roghi degli eretici o della macellazione degli ebrei ad opera dei cristiani, o della macellazione di popoli pagani ad opera dei cristiani, o della macellazione degli indios dell’america latina ad opera dei cristiani o delle centinaia di milioni di schiavi commerciati dai cristiani perché neri: le affermazioni di questo magistrato sono delle offese gratuite e vigliacche a tutti gli uomini che hanno lavorato per lo stato laico! Gratuite e vigliacche perché assumono un valore in quanto manifestate e avallate attraverso un ruolo istituzionale. Non è una persona che in osteria ha bevuto qualche bicchiere di troppo, è un magistrato che sta giustificando una sentenza offendendo il dettato costituzionale!



Dopo aver insultato l’intelligenza delle persone ecco questo magistrato uscire dal suo ruolo ed ergersi a DIO padrone e decidere quando i principi cristiani sono o non sono ben interpretati. E’ la sindrome da onnipotenza che attraversa ogni cristiano. Ogni cristiano pretende di avere un filo diretto col dio padrone che parla proprio a lui; sono gli altri che sbagliano ad interpretare, non lui! Fino a prova contraria l’interpretazione dei principi della religione cristiana appartiene alle strutture religiose della religione cristiana. Se loro dovessero scannarsi per la giusta interpretazione sarebbe una loro questione. Le autorità potrebbero intervenire se l’interpretazione fosse portatrice di reati o di allarme sociale, ma non interverrebbe sulle interpretazioni. Non siamo nella società dell’Imperatore Costantino in cui l’Imperatore Costantino spiegò ai cristiani la loro trinità!


Quando il pazzo di Nazareth ordina di scannare i suoi nemici che non hanno voluto che lui li dominasse, hai poco da interpretare. Quando nella storia scannare i nemici per costringerli ad accettare la croce è la regola del cristianesimo, hai poco da dire: hanno interpretato male! Sei tu che vuoi continuare a distruggere gli Esseri Umani e dal momento che non sei in grado di continuare ad ammazzarli preferisci affermare che la croce è un simbolo che i non credenti devono accettare. Domani, con le stesse motivazioni all’interno di poteri diversi, puoi tagliare loro la testa perché non si sono messi in ginocchio davanti al crocifisso.


Ridicola è, pertanto, l’affermazione di Umberto Zuballi che “lui” decide ciò che è bene interpretato!

Migliaia di processi dei tribunali civili contro preti pedofili dovuti al fatto che nel Vangelo di Marco (Come il Sig. Umberto Zuballi sa benissimo) il pazzo di Nazareth viene arrestato in presenza di un ragazzino nudo coperto da un lenzuolo! Imitazione del rappresentato dal crocifisso! Qual è, secondo Umberto Zuballi, la corretta interpretazione, dal momento che l’interpretazione di Giovanni XXIII (il papa buono) è quella di scomunicare chiunque denuncia l’attività di stupratore del prete cattolico?  L’interpretazione corretta del passo evangelico è data da Giovanni XXIII ed è finalizzata a proteggere i preti pedofili nella loro attività di imitazione dell’esempio di Cristo! Il Sig. Umberto Zuballi dovrebbe vergognarsi, perché con questa sentenza si è reso partecipe e colpevole di centinaia di migliaia di ragazzi stuprati e, come disse il Sostituto Procuratore della Repubblica di Venezia Michele Dalla Costa: “A me non interessa che ruolo tu abbia nella banda, sei responsabile di tutti i reati commessi dalla banda!”. Come dovrebbe sapere il sig. Zuballi, la legge e le definizioni non si applicano solo a chi si sta torturando e non si può difendere, ma si applicano a tutti gli individui (il macellaio di Sodoma e Gomorrra compreso) in quanto tutti gli individui sono sottoposti alla legge: il magistrato Umberto Zuballi compreso!



Aggiungo una nota personale.

In tutta la mia esperienza, i magistrati che io ho incontrato personalmente erano tutti dei terroristi e dei criminali che manifestavano un assoluto disprezzo per le istituzioni. Persone più legate a gente come Torquemada o alla riaffermazione del ventennio fascista che non alla riaffermazione dei diritti in uno stato democratico. Lo so che ci sono state anche nel Veneto delle sentenze che andavano e vanno nella direzione della riaffermazione del diritto costituzionale, ma normalmente i magistrati ostentano il massimo disprezzo per le persone che si rapportano quali soggetti di diritto costituzionali e che non vanno da loro in modo supplice e sottomesso. Una cosa vergognosa. Credo che sia la malattia giudiziaria del Veneto. Una malattia di cui il Consiglio Superiore della Magistratura è il primo responsabile in quanto responsabile dell’autogoverno dei giudici. Quando il consiglio Superiore della Magistratura è a conoscenza di delitti commessi da magistrati nell’esercizio delle loro funzioni al fine di assicurare a sé e ad altri ingiusto profitto e ne occulta le attività criminose, non si rende solo complice di delitto, ma partecipa attivamente al disfacimento della società di diritto. Questo venir meno dell’attività di autogoverno dei magistrati favorisce l’emissione di sentenze criminali in assolto disprezzo delle norme affermate dalla Corte Costituzionale, tradisce le aspettative dei cittadini favorendo una pericolosa situazione di disagio sociale.

Non si pensi che il problema di magistrati terroristi che tentano di distruggere le istituzioni mediante finte interpretazioni di disposizioni di legge o di articoli costituzionali sia sconosciuto.

Questa tipologia di magistrati criminali è ben identificati nei sistemi giuridici nazionali ed è proprio per fermare questo tipo di magistrati che la nuova Costituzione Europea contiene gli articoli:


Articolo II-53: Livello di protezione

Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei

diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal

diritto dell'Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l'Unione o

tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in particolare la convenzione europea per la salvaguardia

dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dalle costituzioni degli Stati membri.

Articolo II-54: Divieto dell'abuso di diritto

Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto

di esercitare un'attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà

riconosciuti nella presente Carta o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle

previste dalla presente Carta.


Purtroppo ci sono magistrati come questo Umberto Zuballi pronti ad ogni infamità pur di distruggere lo stato sociale imporre il terrorismo del crocifisso al fine di assicurare a sé e ad altri ingiusto profitto!

Marghera 29 marzo 2005

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo



ARTICOLO COMPLETO DE IL MATTINO DI PADOVA IN DATA 26 MARZO 2005


“Il crocefisso esposto conferma la tolleranza della nostra civiltà”


ABANO


Il crocifisso può restare nelle aule di scuola. Lo ha stabilito il TAR del Veneto, proprio mentre si attende che il Tar dell’Aquila decida sul ricorso d’urgenza di Adel Smith per la rimozione del crocefisso dai seggi elettorali italiani. Il tribunale amministrativo veneto si è pronunciato infatti in questi giorni sul ricorso avanzato nel 2002 da una cittadina finlandese, che faceva analoga richiesta per la scuola media frequentata dai suoi figli ad Abano. E ha stabilito che il crocefisso può rimanere in quelle aule, non solo perché non contrasta con il principio di laicità dello stato, ma addirittura perché afferma e conferma lo stesso principio. La sentenza del Tar veneto respinge il ricorso di Soile Latse. La signora finlandese sosteneva che nel mantenimento dei crocefissi in aula, deciso dal consiglio di istituto, vi era una violazione dei principi costituzionali di imparzialità e laicità dello Stato.

Il Tar aveva inizialmente rinviato la questione alla Consulta, che aveva rispedito al mittente, dichiarandosi incompetente su norme regolamentari prive di forza di legge.

Il caso è stato così esaminato dalla terza sezione del Tar, presieduta da Umberto Zuballi, che ha emesso una sentenza simile a più punti  una vera trattazione di carattere storico.

Il crocefisso, rilevano i giudici, è “anche simbolo storico-culturale, e di conseguenza dotato di una valenza identitaria riferita al nostro popolo” e all’Europa intera.

Quanto al suo valore di simbolo religioso, dicono, si riconduce non solo al cattolicesimo, ma al cristianesimo nel suo insieme, fede che “contiene – rilevano – quelle idee di tolleranza, eguaglianza a libertà che sono alla base dello Stato laico moderno”.

Un filo sotterraneo collegherebbe infatti la rivoluzione cristiana di 2000 anni fa’ con l’affermarsi in Europa con l’habeas corpus e  dei valori dell’illuminismo, fin a quella laicità dello Stato faticosamente conquistata anche grazie “ai valori fondanti il cristianesimo”.

Il Tar veneto giunge così a sostenere che il crocefisso deve essere oggi considerato come simbolo di “un sistema di valori di libertà, eguaglianza, dignità umana e tolleranza religiosa, e quindi anche della laicità dello Stato”. Paradossale quindi, osservano, escluderlo “in nome di una laicità che ha una delle sue fonti lontane proprio nella religione cristiana”. Per il suo richiamo ai valori della tolleranza, il crocifisso ha infine per il Tar “una valenza particolare” in una scuola pubblica oggi frequentata “da numerosi allievi extracomunitari”, cui è importante trasmettere “quei principi di apertura alla diversità e rifiuto di ogni integralismo” che impregnano il nostro ordinamento. E ciò considerato anche che il “meccanismo logico dell’esclusione dell’infedele è insito in ogni religione  - sottolineano i giudici – con la sola eccezione del cristianesimo”, per lo meno là dove i suoi principi sono ben interpretati.


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Questo l’articolo apparso sul giornale Il Mattino di Padova senza firma in data 26 marzo 2005.

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La Federazione Pagana ritiene che la libertà religiosa, faticosamente conquistata nel corso dei secoli, sia un bene prezioso che va tutelata dagli attacchi di chi vorrebbe riaccendere i roghi!

30 marzo 2005

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Al fine di far comprendere il disprezzo che i Magistrati della Repubblica Italiana portano per le Leggi dello Stato, la Costituzione della Repubblica e la Corte Costituzionale al fine di garantirsi il diritto di stuprare bambini costringendoli in ginocchio davanti al macellaio di Sodoma e Gomorra, anziché difendere e garantire il loro diritto-dovere di essere dei soggetti di diritto costituzionale mette in internet tre documenti sulla disputa che verte fra cittadini e magistrati. Cittadini che chiedono il rispetto della Costituzione e Magistrati che pretendono di stuprare bambini al fine di assicurare a sé e ad altri ingiusto profitto. Che il lettore tiri da sé le proprie conclusioni!


1) Ordinanza di rigetto Palumbi su istanza di Luigi Tosti!

2) Reclamo al Collegio contro l'esposizione del crocifisso di Luigi Tosti!

3) Sentenza del TAR del Veneto!

4) Sentenza con cui la Corte Costituzionale rileva che l'esposizione del crocifisso nelle scuole è un crimine!

5) Sentenza di assoluzione di Luigi Tosti da parte della Corte di Cassazione sull'interruzione d'ufficio per le proteste contro la presenza del crocifisso!

6) Le indiscrezioni sulle motivazioni della sentenza di assoluzione nei confronti di Luigi Tosti e le implicazioni nella società civile!


IL PRINCIPIO GIURIDICO FONDAMENTALE IN UNO STATO DEMOCRATICO!


Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo

P.le Parmesan, 8

30175 Marghera – Venezia

tel. 041933185

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

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