Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) (1927 - -)

L'Enciclica Spe Salvi
Ratzinger e Kant
il principio buono e il principio cattivo

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185815

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume quattro

Tutte le pagine dell'Enciclica Spe Salvi

L'articolo di Kant citato da Ratzinger nel diciannovesimo paragrafo dell'enciclica Spe Salvi, "La vittoria del principio buono su quello cattivo e la costituzione di un regno di Dio sulla terra" fa parte di un libro "La religione entro i limiti della sola ragione" che Kant fu costretto a mettere insieme per poter pubblicare quegli articoli e aggirare la censura che prevedeva due metodi diversi di censura a seconda che si trattasse di un articolo o di un libro. Dal momento che Kant valutava più favorevole la commissione di censura sui libri, decise di driblare la commissione di censura sugli articoli pubblicando in un piccolo volume una serie di articoli.

L'analisi di questa vicenda ci permette di scoprire anche le motivazioni a fondamento del libro successivo "La fine di tutte le cose" e la formazione della disperazione con la quale, e nella quale, Kant lo scrisse.

Anche se la storia della censura a Kant risulta un po' più complessa, riporto parte dell'introduzione storica agli scritti relativi alla "La religione entro i limiti della sola ragione" per comprendere le vicissitudini di Kant e il dolore psicologico che la censura ha prodotto su di lui anche se il testo citato da Ratzinger si riferisce alla terza parte del libro di Kant mentre la citazione che riporto riguarda la seconda parte del libro:

"Diversamente andarono le cose per la seconda parte del lavoro (intitolato, nella religione, "Della lotta del principio buono con il cattivo per il dominio sull'uomo"), che Biester ricevette da Kant nel giugno del 1792 e che sottopose immediatamente alla censura. Hillmer, avendo trovato che questa volta lo scritto "ricadeva completamente nel campo della teologia biblica", chiese la collaborazioned el collega Hermes, cioè del membro della commissione censoria competente per la materia. Hermes rifiutò l'imprimatur, e Hillmer si associò. In una lettera a Biester, Hermes disse energicamente che nel decidere in senso negativo aveva seguito come norma l'editto religioso di Wollner e che "in proposito non era in grado di dare ulteriori spiegazioni". Biester, sdegnato, non esitò, nonostante la sua posizione di funzionario regio (era bibliotecario), ad inviare un immediato ricorso al re, chiedendo, per provocare una decisione di principio, che il ricorso venisse esaminato dal plenum dei ministri di Stato (20 giugno). Ma il momento non era certo favorevole: il 21 febbraio il Consiglio dei ministri aveva ricevuto un irritato ordine del regio gabinetto per aver osato esprimere ogni sorta di dubbi riguardo alla severa conduzione della censura che l'imperatore stesso aveva raccomandato agli Stati dell'Impero in considerazione agli eventi rivoluzionari di Francia. Su quella raccomandazione il consiglio si era diviso e i moderati avevano avuto partita vinta; conseguentemente il rescritto regio aveva rimproverato i ministri di "parlare in favore dei così detti illuministi" e, richiamando i ministri all'unità, li aveva ammoniti particolarmente a conservare la religione positiva e, per mezzo di essa, l'ordine dello Stato. Il Consiglio, dunque, non osò perseverare nel suo atteggiamento; il ricorso di Bister fu dichiarato infondato e il diniego dell'imprimatur fu confermato.

Non è inutile osservare che, in effetti, il contenuto del secondo saggio kantiano aveva caratteristiche piuttosto differenti dal primo, e soprattutto ne precisava il significato in un senso che non poteva essere gradito agli organi esecutivi preoccupati di applicare l'editto di Woller e le esortazioni antiilluministiche. E' lecito infatti pensare che la vera questione per i censori non fosse tanto, o soltanto, quella di una maggiore o minore implicazione di problemi di teologia biblica dalla parte delle tesi che kant veniva svolgendo, quanto, o più ampiamente, quella di una maggiore o minore consonanza di tali tesi con lo spirito dell'illuminismo che ora veniva messo sotto accusa. Ebbene, nessun tema era, per sua natura, più antiilluministico di quello trattato dal primo saggio kantiano: di contro all'ottimismo illuministico, la teorizzazione kantiana del male radicale affermava la perversione del "fondamento di tute le massime"; di contro all'istanza emancipatrice e, almeno potenzialmente, autoemancipatrice dell'illuminismo (se ne ricordi la stessa definizione data da Kant all'inizio del saggio del 1784: "l'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato minorile in cui egli si trova per sua colpa"), la teorizzazione del male radicale aveva un'implicita portata reazionaria, potendo legittimare il nuovo corso della politica prussiana."

Tratto dall'introduzione alla "La religione entro i limiti della sola ragione" di Immanuel Kant a cura di Marco M. Olivetti

Questo estratto dall'introduzione ci permette di comprendere la portata del dolore psicologico di Kant. Spento l'eco dell'Illuminismo, la reazione iniziava la sua decisa marcia per togliere le libertà conquistate alle persone. Kant stesso, che aveva auspicato l'uscita dall'infantilismo sociale, era ora impaurito e l'imperatore non gli consentiva di rientrare dell'utero dell'assolutismo cristiano senza essere costretto a passare sotto le forche caudine della censura. Non era più importante che cosa diceva Kant o cosa implicasse quello che diceva: Kant doveva soffrire.

Ma la sofferenza di Kant era data dal conflitto che percepiva fra razionalità ed emozione. Lo faceva soffrire l'incapacità o l'impossibilità di non essere riuscito a produrre delle dimostrazioni razionali del cristianesimo. Giustificare razionalmente il cristianesimo era il suo impegno. Un impegno che ha fallito, come ha fallito Darwin nella sua ricerca di prove della creazione.

Dice Marco M. Olivetti nella sua introduzione:

"In realtà, la scelta metodologica di trattare la religione bensì entro i limiti della ragione, ma non deducendola dalla ragione, si concreta, nell'effettiva applicazione kantiana , in un costante privilegiamento del cristianesimo. Tale privilegiamento ha luogo in entrambe le forme in cui, come abbiamo visto, la religione diviene "reale", storicizzandosi: schema e parergon. Il cristianesimo rappresenta per Kant, in primo luogo, la religione storica che ha rivelato, schematizzandola, la religione razionale nella sua interezza."

Quando Ratzinger cita:

"Il passaggio graduale dalla fede ecclesiastica al dominio esclusivo della pura fede religiosa costituisce l'avvicinamento del regno di Dio"

Ratzinger TRUFFA! La citazione letterale è:

"A partire dal momento in cui la fede ecclesiastica riconosce pubblicamente la sua dipendenza dalle condizioni limitative della fede religiosa e la necessità di accordarsi con questa: la chiesa universale comincia a rivestire la forma di uno Stato etico retto da Dio ed a progredire - secondo un principio ben stabilito, identico per tutti gli uomini e per tutti i tempi - verso l'attuazione completa di questo stato."

Le citazioni sono un po' diverse, a meno che la traduzione dell'editore Laterza nella sua collana Universale fatta da Alfredo Poggi nel 1941 non fosse alterata. Ma sono propenso a pensare che gli interessi di Ratzinger lo abbiano indotto a confezionare una traduzione funzionale ai suoi ricatti sociali.

La fede (es. i dieci comandamenti) imposti alle gerarchie religiose e politiche?

Effettivamente sarebbe un'inversione dei parametri sociali cristiani: imporre i dieci comandamenti al Dio dei cristiani, sarebbe effettivamente una rivoluzione religiosa dei cristiani.

Il cristiano che giudica il suo Dio? O Ratzinger stesso?

E' il sogno di molti "cristiani" che non conoscono il significato del termine "eretico", né le pene cui andavano incontro gli eretici. Ma, dal momento che la Prussia era in campo protestante, l'idea poteva anche essere accolta: non fu Lutero che si separò dalla chiesa di Roma?

Interessante Ratzinger, che pur di truffare i propri fedeli non esita ad appropriarsi di un principio eretico, storpiarlo, per incastrarlo nella sua logica di dominio.

Kant, sempre nel "La vittoria del principio buono su quello cattivo e la costituzione di un regno di Dio sulla terra." Scriveva anche:

"Ma questo è il concetto di Dio, in quanto Signore morale del mondo. Una comunità etica è concepibile dunque solo come un popolo sottomesso a comandamenti divini, cioè come un popolo di Dio, retto secondo leggi della virtù."

Dove sono finiti quei principi di uguaglianza, fraternità e libertà, il cui scopo era quello di tagliare la testa al Dio padrone dei cristiani per liberare dal giogo la società civile rendendo tutti i soggetti uguali sotto la medesima legge e la medesima regola?

Kant non è Robespierre!

Per questo motivo è falso, fuorviante e ingannatrice la frase di Ratzinger che dice:

"Ci dice anche che le rivoluzioni possono accelerare i tempi di questo passaggio dalla fede ecclesiastica alla fede razionale. Il "regno di Dio", di cui Gesù aveva parlato ha qui ricevuto una nuova definizione e assunto anche una nuova presenza; esiste, per così dire, una nuova "attesa immediata": il "regno di Dio" arriva là dove la "fede ecclesiastica" viene superata e rimpiazzata dalla "fede religiosa", vale a dire dalla semplice fede razionale."

Ratzinger continua l'opera degli antiilluministi: distruggere le libertà sociali per riportare le persone sotto l'orrore cristiano mediante il quale imporre la speranza mediante la fede.

Come abbiamo visto, non esiste nessuna fede razionale, ma esistono solo delle giustificazioni razionalizzabili della patologia psichiatrica da dipendenza che viene chiamata "fede". La fede è antitetica alla ragione ed è manifestata dall'orrore culturale e morale nel quale il cristianesimo obbliga le persone.

Nessun regno di Dio sulla terra, ma il desiderio degli Esseri Umani di liberarsi dal "regno di dio" che i cristiani hanno costruito imponendo la loro morale di morte alle società civili al punto tale da accecarne anche i giudizi. Come nel caso della censura ai lavori di Kant.

Gesù aveva farneticato di venire in quella generazione sulla nubi con grande potenza. Ma farneticava. E la farneticazione, quale prodotto della malattia mentale del pazzo che i cristiani chiamano loro profeta, è diventata il giogo orrifico e terribile da imporre militarmente all'intera umanità.

Se la rivoluzione illuminista rimuove alcuni aspetti dell'orrore cristiano nelle società, l'illuminismo non rimuove dal cuore degli Esseri Umani la manipolazione mentale che hanno subito.

La ragione è opposta della fede! La ragione non rimuove la condizione di fede che mediante la violenza il cristianesimo ha imposto al singolo Essere Umano. La ragione rimuove le giustificazioni con le quali il cristiano giustifica, oggettivandola, la sua fede. Così, anche se le libertà sociali imposte dall'Illuminismo aprono delle prospettive verso il futuro, quelle prospettive sono negate nell'animo di Kant dalla manipolazione mentale subita. Una manipolazione mentale che non gli permette di cogliere il nuovo che si manifesta nel suo presente, ma che lo costringe ad usare la "speranza" che gli è stata imposta mediante la fede.

Seguendo lo sviluppo illuminista, all'interno delle condizioni sociali, le società impongono regole al Dio dei cristiani e allo Stato, che fino ad allora era la sua emanazione, con il Codice Civile portando le nazioni Europee fuori dal feudalesimo. Così, mentre Kant in "La vittoria del principio buono su quello cattivo e la costituzione di un regno di Dio sulla terra." afferma:

"Il voto di tutti gli uomini di buona intenzione è dunque: "Che venga il regno di Dio, e la sua volontà sia fatta sulla terra"; ma cosa debbono essi predisporre affinché questo loro voto sia esaudito?

Una comunità etica con legislazione morale divina è una chiesa, che, in quanto non è un oggetto dell'esperienza possibile, si chiama chiesa invisibile (semplice idea della riunione di tutti i giusti sotto l'immediato, ma morale governo universale divino, che serve da modello ad ogni altro governo fondato dagli uomini). La chiesa visibile è la riunione effettiva degli uomini in un Tutto che concorda con questo ideale. In quanto ogni Società retta da leggi pubbliche comporta una subordinazione dei suoi membri (cioè di coloro che obbediscono alle leggi di questa Società, a coloro che vegliano all'osservazione di tali leggi), la moltitudine riunita in questo Tutto (che è la chiesa) forma la comunità, sottomessa a dei capi (chiamati dottori o pastori di anime), i quali unicamente amministrano gli affari del capo supremo ed invisibile della chiesa e che , sotto questo rapporto, si chiamano tutti servitori della chiesa; come nella comunità politica il capo visibile del potere chiama talvolta sé stesso primo servo dello Stato, sebbene non riconosca sopra di sé nessun uomo (e nemmeno, di solito, lo stesso intero popolo)."

Gli uomini si aprono al futuro possibile costringendo il Dio dei cristiani alla sottomissione alla legge!

Tutta la ragione che Kant aveva praticato non fu mai in grado di rimuover la sua sottomissione alla fede che, una volta imposta dentro di lui mediante il terrore, diventava barriera psichica che gli negava la visione del futuro.

Solo che Kant non è il bambino sbattuto negli orfanotrofi o venduto agli industriali che subisce la violenza del lavoro. Kant ha subito il secondo livello di violenza, quella psico-pedagogica propria della chiesa cattolica che impone quelle forme di malattie mentali per impedire alle persone l'apertura verso il futuro permettendo ai vari Ratzinger di utilizzarli per i loro scopi.

Proviamo a vedere che cosa induce la manipolazione mentale cristiana nei bambini (Brani tratti dal Dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti ed Garzanti):

"L'importanza dell'infanzia è dovuta al fatto che il bambino è indifeso e dipendente per un periodo di tempo maggiore a quanto accade agli altri mammiferi. Ciò spiega perché i tratti caratteristici del comportamento e della personalità dell'adulto dipendono in gran parte dagli eventi e dalle influenze dell'infanzia. L'infanzia è caratterizzata dallo sviluppo dell'organismo modellato dalla maturazione e dall'apprendimento. La prima procede secondo un ritmo relativamente indipendente dall'ambiente, il secondo, strettamente dipendente dalla stimolazione ambientale, è cadenzato da "periodi critici" in cui l'organismo è più elastico e pronto ad acquisire forme di comportamento essenziali per lo sviluppo ottimale. Decisivi in questo ambito sono la deprivazione ambientale nel primo periodo di vita dove la carenza di stimolazioni si ripercuote nei processi di apprendimento nell'età adulta e l'arricchimento ambientale che determina, oltre che una migliore capacità di apprendimento, un aumento delle dimensioni del cervello." Dalla voce: infanzia

Distorsione del concetto di sé ad opera dell'educazione cristiana:

"... il quadro sintomatico della depressione, considerando le distorsioni della cognizione, il pessimismo esagerato e gli autorimproveri non realistici come cause e non come conseguenze della condizione depressa, che avrebbe dunque la sua spiegazione nella distorsione della "triade cognitiva" composta da aspettative negative nei confronti dell'ambiente, un'opinione negativa di sé e aspettative negative per il futuro. Ne consegue che dalla depressione si esce correggendo la cognizione delle proprie esperienze e la distorsione del concetto di sé." Dalla voce depressione (teoria cognitiva).

Castrazione come condizione psichica:

"La paura della castrazione che viene talvolta alimentata con minacce più o meno scherzose da parte degli adulti, può assumere diverse forme, come quando l'oggetto minacciato, in seguito a spostamento, diventa un'altra parte del corpo e l'angoscia di castrazione si trasforma nel timore di perdere la propria integrità fisica o anche psichica: in modo analogo, il padre castrante può venir sostituito da altri esseri che lo rappresentano simbolicamente e verso cui si indirizzano successivamente le proprie paure fobiche." Dalla voce castrazione

Dipendenza in psichiatria, l'origine:

""... i pericoli del mondo esterno aumentano in significato, e il valore dell'oggetto, che da solo può proteggere contro questi pericoli e sostituire la vita intrauterina perduta, si accresce enormemente. Questo fattore biologico produce quindi le prime situazioni di pericolo e genera il bisogno di essere amati: bisogno che non abbandonerà l'uomo mai più." Freud. Freud attribuisce la situazione di dipendenza del bambino alla paura di perdere l'amore dei genitori da cui il bambino si difende con quella "sottomissione educativa" che nell'adulto si trasforma in timore di essere disapprovato dalla comunità, e quindi in "sottomissione sociale". Nel lungo periodo di dipendenza infantile, tipico della razza umana, sono da ricercare, secondo Freud, le radici della socializzazione dell'individuo, del bisogno della religione, delle aspirazioni etiche e morali."

E nelle tecniche di manipolazione infantile cristiana:

"Dopo Freud, R. A. Spitz e J. Bowlby hanno evidenziato le conseguenze dannose [per il bambino, nota mia] che derivano dal trascurare o dall'interrompere lo stato di dipendenza infantile da cui dipende lo sviluppo della personalità normale nel suo procedere dalla dipendenza all'autonomia attraverso una sempre maggiore differenziazione e individuazione."

Dipendenza in psichiatria:

"Oltre che la dipendenza da alcool droga e farmaci, si parla di dipendenza da oggetti [il crocifisso nota mia] o da idee [il creazionismo o il Dio creatore, nota mia] quando la relazione del soggetto con il mondo è fortemente connotata da determinati oggetti o da determinate idee, che sono poi il nucleo da cui si sviluppano impianti ossessivi o monomaniacali."

Fobia ed effetti:

"G. Jervis precisa: "la fobia è il tentativo di costruire una difesa contro la propria ansia allontanandone ostinatamente l'occasione di manifestarsi con uno scongiurante e precipitoso atteggiamento di rifiuto che non fa che evocare continuamente il fantasma: la difesa ossessiva è invece il tentativo di costruire una serie di barriere magiche fra sé e l'ansia, un labirinto di scongiuri, una struttura di comportamenti meticolosamente controllati, utili ad allontanare all'infinito il momento del non-controllo, il rischio della crisi." (1975, pag. 269)"

E ancora:

"La condizione fobica rivela solitamente una condizione di dipendenza infantile e quindi di non raggiunta autonomia che si manifesta nella paura di agire e quindi nell'immobilismo. Così il timore di luoghi aperti o di allontanarsi dall'ambiente noto (agorofobia) manifesta una situazione psicologica di insicurezza da far risalire ad una condizione di dipendenza dalla famiglia e ai sensi di colpa riguardanti la propria autonomia."

E ancora:

"La fobia è il risultato di un cattivo apprendimento che produce una risposta inadatta e sproporzionata alla situazione reale."

L'apatia come separazione fra sé e il mondo:

"Il termine apatia ha un significato negativo e si riferisce all'indifferenza affettiva per situazioni che normalmente suscitano interesse o emozione. Frequente nelle depressioni, dove la capacità di gioire e la possibilità di qualsiasi proiezione ottimistica nel futuro sono azzerate, l'apatia è frequente anche nelle schizofrenie ebefreniche dove il soggetto, assorto nei fantasmi del suo mondo interiore, dimostra una scarsissima capacità di reagire emozionalmente agli stimoli del mondo esterno e alle relazioni interpersonali. L'apatia può manifestarsi anche in soggetti sani che vivono a lungo una situazione routinaria o frustrante, in persone che hanno appena vissuto un forte stato d'ansia, di eccitamento o una forte crisi affettiva, e infine nei soggetti dalla prolungata residenza in ospedali, manicomi, prigioni o altri tipi di istituzioni che riducono lo scambio col mondo esterno [vedi gli effetti della struttura della famiglia cristiana che Ratzinger vuole imporre e mantenere nella società civile, nota mia]"

L'induzione educazionale ai comportamenti fobici:

"La fobia è il risultato di un cattivo apprendimento che produce una risposta inadatta e sproporzionata alla situazione reale. In termini pavloviani uno stimolo incondizionato intrinsecamente negativo, se si presenta in coincidenza con uno stimolo neutro, trasferisce a quest'ultimo la capacità di provocare la risposta condizionata, appropriata allo stimolo incondizionato trasformandolo in stimolo condizionato. Questo schema è stato verificato nel 1920 nell'esperimento di Watson e Rayner per indurre in un bambino di 11 mesi la fobia per i topi bianchi che, dopo cinque esperimenti, si trasformavano da animaletti divertenti e innocui in oggetti fobici [i cristiani hanno imposto la paura del loro diavolo e la sottomissione per paura a sè stessi come autorità agendo proprio sui bambini e costruendo delle fobie, nota mia]."

Fissazione, nell'analisi esistenziale:

"In questo ambito si parla di fissazione (verstiegenheit) nel senso di un'adesione incondizionata ad un ideale che non consente più di aderire al normale flusso dell'esperienza, ma chiede all'esperienza di piegarsi alle esigenze poste dall'ideale fissato. [cristianesimo imposto ai bambini, nota mia] (verstiegene Ideal) L. Binswanger scrive che "l'esaltazione fissata si basa su un preciso scompaginarsi del rapporto fra l'ascesa e il procedere nel senso dell'ampiezza [...]. Questa sproporzione non consente più all'esistenza di fare esperienza allargandola nella dimensione dell'ampiezza, perché l'ideale fissato blocca qualsiasi ulteriore assimilazione: "Sia che si tratti di un' "idea" esaltata o di un'ideologia [vedi il cristianesimo, nota mia] (le ideologie sono in genere forme di esaltazione fissata), di un ideale o di un "sentimento" esaltati, di un desiderio o di un progetto, di un mero "capriccio" o di un' "azione esaltata", l'espressione "esaltazione fissata" significa sempre che l'esistenza si è "smarrita", si è perduta in una determinata "esperienza", che, per usare un'immagine di Hofmannsthal, non è più in grado di "levare le tende", di progettarsi per un altro futuro, [...] di ampliare "l'orizzonte della propria esperienza", di rivederlo, né di verificarlo perché si è fissata su un punto di vista limitato." (1949 pag. 18). L'ideale fissato contiene quell'ordine di cui ha bisogno chi, incapace di lasciar essere le cose come sono, cerca di imporre un ordinamento nel tentativo di trovare un punto d'appoggio nel disordine e nell'incoerenza della propria esistenza."

Regressione come impossibilità dell'individuo di liberarsi dall'assolutismo imposto dai cristiani nella prima infanzia:

"...come scrive Freud, "lo stato psichico precedente può per lunghi anni non esprimersi esteriormente, pur continuando a sussistere tanto da poter un bel giorno tornare a divenire la forma di espressione delle forze psichiche: e anzi l'unica loro forma di espressione come se tutti gli sviluppi successivi si fossero disfatti e annullati" (1915g, p. 133). La regressione può essere letta come un processo difensivo, per cui il soggetto cerca di evitare l'angoscia di fronte ad una situazione, mediante ad un ritorno ad uno stadio precedente del suo sviluppo anche se poi questo ritorno contribuisce ad aumentare le sue difficoltà. [è il caso degli atei, dei "mangiapreti" che ritornano nella chiesa in seguito ad un processo di regressione psichica dovuto all'angoscia della loro incapacità di vivere data la violenza con cui il cristianesimo si è imposto in loro suscitando, nella giovinezza e nella prima età adulta, reazioni di ribellione alla sottomissione subita senza mai risolvere liberando le proprie emozioni dalla coercizione subita, nota mia].

Queste descrizioni di esperienze psicologiche che ho tratto dal Dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti sono sufficienti per dimostrare come la coercizione imposta dai cristiani con la violenza sui bambini manipoli la loro struttura psicologica al fine di impedire loro di diventare adulti consapevoli. Li costringe a rimanere eternamente dipendenti e poterli gestire come massa di manovra nella società civile.

E quanto più l'individuo invecchia, tanto più forte si fa il richiamo dell'oggetto dal quale la sua psiche è stata costretta ad essere dipendente.

Infatti, Ratzinger afferma:

"Nel 1795, nello scritto "Das Ende aller Dinge" (La fine di tutte le cose) appare un'immagine mutata. Ora Kant prende in considerazione la possibilità che, accanto alla fine naturale di tutte le cose, se ne verifichi anche una contro natura, perversa."

Non è vero!

Kant ha sempre avuto paura che il cristianesimo fosse messo in discussione, infatti nel "La vittoria del principio buono su quello cattivo e la costituzione di un regno di Dio sulla terra." scriveva:

"A questo popolo di Dio si può opporre l'idea di una banda del cattivo principio, come riunione di coloro che lo seguono per la diffusione del male, alla quale importa che non si lasci compiere la riunione dei buoni; sebbene anche in questo caso il principio che aggredisce le intenzioni virtuose, risieda ugualmente in noi stessi e sia rappresentato solo figuratamente come una forza esteriore."

A Kant non passa minimamente per il cervello che, il Dio di cui parla e il Gesù che pensa, siano in realtà il male. La perversione contro la quale l'illuminismo ha lanciato i suoi principi sacri: uguaglianza, fraternità e libertà!

E' la manipolazione mentale che impedisce a Kant di vedere l'ovvio anche se lui fu un "protagonista" della filosofia illuminista. Non basta la ragione se l'anima è prigioniera della manipolazione mentale imposta ai bambini mediante la violenza. E Kant è un esempio importante.

Kant vive la perversione di chiamare buono un Dio assassino che non riconoscendo nessun diritto alle persone, si può permettere di macellarle. Come Gesù che, non riconoscendo nessun diritto alle persone, si può permettere di giudicarle in quanto padrone e giudice. Non è più la ragione a condurre Kant, ma la manipolazione mentale che ha subito e che la ragione nella sua ossessione giustifica.

Far prigioniera l'anima, far prigioniere le emozioni è l'arte della distruzione dell'uomo messa in atto dal cristianesimo che, essendo un'ideologia criminale ed inumana, deve impedire agli Esseri Umani di svelarne forma, metodi e fini.

Repressione e violenza nei confronti dei bambini; repressione e violenza nei confronti delle persone; repressione e violenza nei confronti delle società civili, dei popoli; repressione e violenza nei confronti delle Istituzioni sociali; sono i metodi con cui il cristianesimo si sottrae alla critica e si impone a uomini e donne che violenta fin dal momento del loro concepimento nella pancia della loro madre!

Dice Ratzinger, citando Kant:

""Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore [...] allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un'opposizione contro di esso; e l'anticristo [...] inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull'egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l'aspetto morale, la fine (perversa) di tutte le cose""

La citazione, presa da: "La fine di tute le cose" di Immanuel Kant a cura di Andrea Tagliapietra e traduzione di Elisa Tetamo, edizione Bollate e Boringhieri, così recita:

"Dovesse mai accadere che il cristianesimo cessasse di essere amabile (la qual cosa potrebbe certo capitare se invece di conservare il suo spirito mite venisse munito delle armi di un'autorità dispotica che si impone con l'imperio [ci si chiede dove Kant sia vissuto visto di quanto sangue grondano le mani dei cristiani, del Dio della bibbia, del Gesù di Nazareth e della storia del cristianesimo! Nota mia, Claudio Simeoni] ), allora poiché nelle cose morali non vi è posto per la neutralità (e ancor meno per la conciliazione fra principi contrapposti), il rifiuto e l'avversione nei suoi confronti diverrebbe il modo di pensare dominante fra gli uomini e l'Anticristo, in ogni caso ritenuto il precursore del giorno del giudizio, comincerebbe il suo pur breve regno (presumibilmente fondato sulla paura e sull'egoismo). Ma allora, essendo il cristianesimo senza dubbio destinato ad essere la religione universale del mondo, non essendo favorito dalla sorte nel diventarlo, subentrerebbe la fine (capovolta) di tutte le cosa da un punto di vista morale."

La manipolazione mentale che Kant aveva subito influiva sulla sua capacità di giudizio e sulla sua capacità di analisi del presente partendo dal profondo emotivo che lo induceva a "credere che...." proiettandolo sull'oggettività in cui viveva. Tutta la sua capacità di analisi dimostrata nella sua "Critica alla ragion pura" sembra sparire completamente per rifugiarsi nell'illusione della credenza in cui, ciò che lui vuole mediante la sua manifestazione di fede, diventa oggettivo nella sua manifestazione di pensiero. La sua capacità critica sparisce fagocitata da quella manipolazione mentale infantile che crescendo di importanza nella sua manifestazione emotiva, sia con l'avanzare dell'età che con il dolore imposto dalla conflittualità, finisce per imprigionare la sua capacità critica.

La rivoluzione francese taglia la testa al Dio padrone! Quel Dio padrone, che Kant chiama amabile, è il padrone assoluto la cui volontà determina i padroni degli uomini e le gerarchie di dominio sugli uomini (il re ha la prerogativa di fare i miracoli!), ma lui non è più in grado di vedere l'incongruenza. Tutto diventa naturale: il padrone è naturale! La realtà di ciò che Kant ha negato nella Critica alla Ragion pura, adesso, nella sua testa, si materializza come oggettività naturale e normale attraverso la quale ragionare attorno alla società degli uomini. Quel Gesù che bruciava vive le donne chiamandole Streghe al fine di salvare la loro anima, diventa amabile! Le stragi dei popoli con cui il cristianesimo si è imposto; diventa atto d'amore! La costruzione della miseria al fine di costruire il desiderio di salvezza nell'orrore cristiano; si chiama amore.

Se si può comprendere come negli Illuministi fossero ancora presenti elementi ideologici schiavisti e di superiorità della razza propri del cristianesimo e abbondantemente praticati nelle conquiste coloniali, non si può comprendere l'atteggiamento di Kant nell'ultima sua parte di vita se non come sconfitta della sua ragione alla manipolazione mentale subita che ne ha minato la capacità critica.

Dio e il regno di Dio diventano per Kant i modelli in cui inchiodare la sua disperazione. Non è più l'uomo che ha tentato di diventare adulto liberandosi dal giogo della dipendenza da un legamento emotivo imposto, ma è l'uomo che regredisce arrendendosi al suo legamento. La dipendenza delle emozioni non più emarginata dall'energia che alimenta la critica della sua ragione emerge imponendo alla ragione le idee apriori imposte dalla manipolazione mentale. Così i fantasmi della ragione rinchiudono la critica in una gabbia feroce isolandola dal pensato di Kant. Quella follia dell'idea di Dio che Kant riconosce nella Critica alla Ragion pura e che Kant risolve nell'affermazione "Dio esiste perché io voglio credere che esista!" si trasforma dentro di lui in "dio esiste perché io non sono in grado di pensare nulla senza che l'idea di Dio sia il fondamento del mio pensiero!". Ecco, dunque, tutto l'orrore del Dio cristiano che spinse gli Illuministi alla rivoluzione francese e alla trasformazione del mondo facendolo uscire dall'età feudale. Quell'orrore. nella testa di Kant, diventa amabile e auspicabile. Per Kant la fine del mondo diventa elemento oggettivo del suo pensiero; diventa elemento oggettivo e amabile la paura, l'egoismo e il delirio di onnipotenza del cristianesimo; diventa oggettivo, nel pensiero di Kant, "il destino del cristianesimo ad essere religione universale". Ed è proprio la follia, attraverso la quale Kant assume la superstizione a fondamento del suo pensare mentre avverte lo stridere fra la superstizione e la realtà del mondo che può dire, parlando di sé stesso e delle sue trasformazioni: "...non essendo favorito dalla sorte nel diventarlo, subentrerebbe la fine (capovolta) di tutte le cosa da un punto di vista morale."

Si!

Per il cristiano, la follia, che si manifesta mediante la fede, è LA FINE DI TUTE LE COSE!

Marghera, 17 febbraio 2008

NOTA: Il commento a questo paragrafo è diviso in due parti. La prima parte riguarda "La religione cattolica e la Rivoluzione Francese", la seconda parte riguarda la relazione fra Ratzinger che interpreta l'ultimo Kant

Vai al commento della prima parte del diciannovesimo paragrafo della Spe Salvi!

Scrive Ratzinger nel diciannovesimo paragrafo dell'Enciclica Spe Salvi [seconda parte]:

Nel 1792 scrive [Kant] l'opera: "Der Sieg des guten Prinzips über das böse und die Gründung eines Reichs Gottes auf Erden" (La vittoria del principio buono su quello cattivo e la costituzione di un regno di Dio sulla terra). In essa egli dice: "Il passaggio graduale dalla fede ecclesiastica al dominio esclusivo della pura fede religiosa costituisce l'avvicinamento del regno di Dio".17 Ci dice anche che le rivoluzioni possono accelerare i tempi di questo passaggio dalla fede ecclesiastica alla fede razionale. Il "regno di Dio", di cui Gesù aveva parlato ha qui ricevuto una nuova definizione e assunto anche una nuova presenza; esiste, per così dire, una nuova "attesa immediata": il "regno di Dio" arriva là dove la "fede ecclesiastica" viene superata e rimpiazzata dalla "fede religiosa", vale a dire dalla semplice fede razionale. Nel 1795, nello scritto "Das Ende aller Dinge" (La fine di tutte le cose) appare un'immagine mutata. Ora Kant prende in considerazione la possibilità che, accanto alla fine naturale di tutte le cose, se ne verifichi anche una contro natura, perversa. Scrive al riguardo: "Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore [...] allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un'opposizione contro di esso; e l'anticristo [...] inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull'egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l'aspetto morale, la fine (perversa) di tutte le cose".

Marghera, 17 febbraio 2008

NOTA: Quando scrissi questi testi non segnavo perfettamente l'indirizzo della citazione pertanto, ci sono delle citazioni delle quali non sono in grado di rintracciare la fonte, tuttavia, pur essendo parte integrante del testo, voglio indicarla come citazione nella speranza di rintracciarne un giorno la fonte e perché sia chiaro che quella è una citazione di un altro autore.

 

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