karma nel Jainismo e nel buddhismo indotto dal platonismo
Dodicesima parte

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Orfici e Platonici

Per parlare del karma buddhista, è necessario parlare della reincarnazione come descritta da Er nella Repubblica di Platone. Il racconto, che chiude La Repubblica e che è la base dell'organizzazione morale e sociale delle idee platoniche, contiene tutti quei principi di obbedienza, sottomissione, annullamento della volontà, abbandono al destino, che, immessi nelle idee jainiste del karma, ne annulleranno tutte le finalità propositive per distruggere l'uomo costringendolo nel pessimismo autodistruttivo della filosofica buddhista (aspetti che saranno assunti anche dall'induismo). Nella filosofia buddhista (come nell'induismo) il fine della formulazione dell'idea del karma e della reincarnazione è il possesso e il controllo dell'uomo mentre, nell'idea del karma jainista il motivo centrale del karma è spiegare il processo della trasformazione dell'uomo in un Dio.

L'arrivo di Alessandro Magno in India ha introdotto il concetto di possesso dell'uomo da parte di un soggetto assoluto e ha introdotto in India la necessità di sviluppare una morale e un'etica del possesso dell'individuo che fino ad allora, anche se pensata, non era sistematicamente praticata né elevata a concetto filosofico o religioso.

Il platonismo sviluppa l'idea dell'uomo posseduto per poterlo adattare al sistema sociale pensato da Platone. Lo stesso ideale di possesso lo sviluppano gli ebrei. Le tecniche mediante le quale indurre l'uomo all'obbedienza e alla sottomissione consistono nell'agire sull'infanzia. Un'infanzia che deve essere piegata ai voleri della costruzione di un futuro modello di società. Gli ebrei descriveranno questo nel Deuteronomio (6, 4-9), mentre Platone ne parla, ad esempio, nella prima parte del Timeo.

Costringere all'obbedienza è l'esigenza di Platone e questa esigenza, percepita come urgente in India con l'arrivo di Alessandro Magno, viene elaborata da coloro che diventeranno i buddhisti. Verrà fatta propria da Asoka e riprodotta come metodo di controllo dell'uomo: i buddhisti metteranno molta attenzione sulla manipolazione dell'infanzia (come gli ebrei e i cristiani). La manipolazione dell'infanzia ad opera dei buddisti, ebrei e cristiani, si chiama: stupro.

Scrivono i buddhisti:

"E' a causa della differenza del proprio karma che gli uomini non sono tutti uguali. Alcuni vivono a lungo, altri per breve tempo, alcuni sono sani, altri malati, ecc."

Questa idea del karma che contribuisce ad alimentare i filoni ideologici che sfoceranno nella pratica nazista (sei nei campi di sterminio in base al tuo karma e, dunque, i carnefici hanno agito in base al loro karma) è quell'idea che va a sancire le differenze di classe e lo schiavismo. Questa stessa idea la troviamo nei vangeli come idea di Gesù per cui tutto dipende da Dio, fino alle lettere degli apostoli in cui si afferma che la gerarchia sociale è voluta da Dio e lo schiavo deve essere ossequioso col padrone specialmente quando il padrone lo bastona. Nel cristianesimo tutt'ora vige il concetto secondo cui la malattia degli uomini è la punizione del Dio cristiano per i loro peccati. Il malato doveva vergognarsi perché ha sicuramente commesso peccato. L'idea del karma buddista è un'idea del tutto funzionale alla distruzione dell'uomo come, funzionale alla distruzione dell'uomo, è l'idea della Repubblica di Platone nel discorso di Er. L'idea della reincarnazione introduce l'uso del potere per controllare l'uomo attraverso la sottomissione all'idea della reincarnazione. Un uomo che subisce regole e imperativi ai quali non si può sottrarre. I cristiani, per ottenere lo stesso controllo sull'uomo per i peccati nelle vite precedenti introdurranno il concetto di "peccato originale": diversi modi per veicolare lo stesso fine. E' il fine, il controllo dell'uomo, che sollecita il mezzo con cui ottenerlo dato l'insieme culturale in cui quel mezzo deve ottenere quel fine. Un uomo passivo. Un uomo pieno di sensi di colpa. Un uomo supplice, impotente davanti alla vita. Lo stesso uomo che viene costruito dal buddhismo violentando il concetto di karma dei Jainisti.

L'idea del karma nel buddhismo è talmente strumentale e violenta nei confronti delle possibilità del divenire umano che Radhakrishnan S. nella sua Filosofia indiana (il testo buddhista che sto usando) non è in grado di affermala positivamente, ma solo di giustificarne l'uso strumentale(vol. 1 pag. 448):

"Il Buddha intravide nella successione degli eventi lo svolgimento di un profondo disegno: Il mondo degli eventi transeunti riflette la realtà di un'idea, si chiami karma o legge di giustizia. Non esiste legge che contrasti questa legge. Se non lo si osservasse contro lo sfondo rappresentato da questo valore eterno e assoluto, lo spettacolo del mondo non sarebbe altro che mera fantasmagoria. La disciplina del karma ha un effetto purificante e riparatore; essa opera mettendo in moto una legge vitale. Il compito dell'uomo consiste nell'ordinare la propria vita in modo da armonizzarla con questa legge. Il mondo è stato, è e sarà diretto dalla giustizia. Il Buddha mette in discussione l'esistenza di un creatore personale, ma non quella di questo principio eterno. Egli non afferma che il principio del karma è un'energia totalmente irrazionale; non è certo un principio non intelligente quello che combina gli ioni e gli elettroni, che raccoglie gli atomi per formare molecole e mondi. Non c'è niente che ci dica che il Buddha abbia negato la realtà di uno spirito eterno fondato su sé stesso, la mente attiva dell'universo. Non siamo in grado di sapere altro di Dio se non che egli è una legge assoluta, ma quel tanto che noi percepiamo in questo mondo di relatività è sufficiente per costringerci a riconoscere uno spirito invisibile. Questa legge, se ci è permessa una frase teologica, è solo l'espressione di uno spirito divino."

E' lo stesso fine dell'idea platonica espressa nel discorso di Er: il controllo del padrone sull'uomo. Un controllo al quale l'uomo si deve adeguare.

Il Buddha non solo assume la tradizione platonica, ma la modifica. Innanzitutto distrugge il soggetto che sceglie. Chi sceglie è il karma. Il karma non è nulla rispetto al soggetto, ma è un estraneo sia alla coscienza del soggetto che ad un'eventuale anima del soggetto. Il karma va spurgato dalla malvagità e dall'errore attraverso la vita dell'individuo che deve mette in atto strategie d'esistenza per annullare la sua vita che deve avvenire nel dolore. Pertanto, il buddhista organizza il dolore nella vita dell'individuo affinché il suo karma sia spurgato e l'individuo annientato nel nirvana. Questi obblighi, propri degli obblighi castali imposti da Platone, li ritroviamo anche nel cristianesimo, che li prende dal neoplatonismo, per cui la vita deve essere sofferenza, continenza, negazione di sé stessi, e trasforma la vita in dolore come omaggio al suo Dio inchiodato in croce. Per un inchiodato sulla croce il cristianesimo inchioda l'intera umanità. Come il buddhismo che, per un Buddha miliardario che è terrorizzato dal dover affrontare la vita con le sue condizioni di malattia, vecchiaia e morte, tenta di trasformare la vita dell'umanità in un inferno di dolore.

Il Buddha, seguendo la tradizione Platonica:

"prospetta l'inferno per i malvagi e la rinascita per i non perfetti, e riconosce anche l'esistenza di un paradiso. "Alla dissoluzione del corpo dopo la morte, colui che ha agito bene rinasce in cielo in una condizione felice". Talvolta, il paradiso e l'inferno sono considerati stati temporanei prima di verificarsi una nuova nascita."

Seguendo l'ideologia del Buddha che prevede la distruzione dell'uomo, dopo aver accettato la teoria del karma, dell'inferno, del paradiso e della reincarnazione Platonica, si affretta a dire che chi non nasce non è colui che è morto, ma un nuovo essere. Non esiste un'anima o un sé che possa trasmigrare, ma è un carattere indefinito che continua. Il commentatore, desolato dal vuoto dottrinale del Buddha le cui affermazioni sono incongruenti, sconfortato dichiara:

"Il buddismo non chiarisce il meccanismo con il quale si mantiene la continuità del karma tra le due esistenze separate dal fenomeno della morte: esso semplicemente lo sottintende affermando che le vite successive sono tenute insieme da una catena di causalità naturale".

Platone insiste sul meccanismo in cui dopo aver scelto la reincarnazione, le anima vengono condotte da Atropo, Cloto e Lachesi che tessono e determinano la vita e poi vanno a bere l'acqua del Lete che cancella il ricordo delle vite passate. Dove Atropo, Cloto e Lachesi perdono il loro essere nel mondo, proprio del mito in Esiodo e nella cosmologia Orfica, per ridursi a mere esecuzioni di ordini di un demiurgo che in questo modo ha disposto la vita e il mondo. Nel Cratilo Platone scrive (p. 201):

"E, infatti, alcuni dicono che esso (soma, il corpo) è sema (tomba) dell'anima, ritenendo che questa vi sia sepolta nel tempo presente; e poiché inoltre con esso l'anima semainei (significa) ciò che significa, anche per questo è giustamente chiamato sema (segno). A me sembra tuttavia che a conferire questo nome siano stati i seguaci di Orfeo quasi che l'anima, pagando il fio per le colpe che deve espiare, affinché soizetai (sia custodita) abbia questo recinto, parvenza di un carcere. E, dunque, come esso è detto, è soma (carcere) dell'anima, finché essa non abbia pagato i propri debiti, e non c'è da cambiare nulla, neppure una lettera."

A differenza del platonismo, il jainismo dà al karma una finalità relativa al sé, all'individuo, alla sua coscienza, individuale in trasformazione continua. Radhakrishnan S. nella sua Filosofia indiana (il testo buddhista che sto usando) scrive a pag. 323 del I volume sul fine del karma nella filosofia Jainista:

"La vita di una divinità celeste è una delle forme che un'anima può assumere accumulando meriti. Quando il merito si esaurisce, quella forma di vita ha termine. Gli Dèi non sono che anime incarnate come gli uomini e gli animali, differenti da questi solo per il grado, ma non per il genere. Il potere e la perfezioni maggiori di cui sono dotati il corpo e gli organismi divini costituiscono la ricompensa delle buone azioni di una vita precedente. Le anime liberate sono al di sopra degli Dèi; non rinascono più e non hanno più nessuna relazione col mondo, sul quale non esercitano nessuna influenza. Esse non si occupano della ripida ascesa che porta alla mèta, né tendono la mano in aiuto di coloro che lottano sul sentiero che porta verso l'alto. Quando si rivolgono delle preghiere ai Jina famosi che hanno raggiunto la perfezione e hanno abbandonato il mondo del mutamento e del dolore, essi non possono rispondere e non rispondono alle preghiere poiché sono completamente indifferenti a tutto ciò che avviene nel mondo e sono totalmente affrancati da ogni emozione. Ma vi sono gli Dèi che osservano e controllano la vera disciplina. Essi ascoltano le preghiere e concedono benefici. Per quanto riguarda i Jina, il miglior modo per venerarli è quello di seguire i loro consigli: la via che conduce alla liberazione è la realizzazione della propria autentica natura e non la devozione ai tirthankara (gli attraversatori del guado; i vittoriosi).

In questa visione Jainista il karma ha il significato di elevazione della coscienza di un soggetto della Natura fino a diventare un Dio. Questo coincide con la filosofia Orfica, espressa nelle laminette ( e non da Platone) in cui si dice: "Felice e beatissimo, sarai Dio invece che mortale."

La trasformazione del vivente in un Dio è la visione Jainista che il Buddhismo, sotto l'influsso di Platone, nega in quanto il fine della reincarnazione è il karma come "oggetto in sé" che nulla ha a che vedere con una qualche forma di anima, di coscienza, di sé o di soggetto vivente. Un individuo che è un puro strumento del karma. Per i jainisti la vita va vissuta eroicamente per acquisire "meriti". Poi, possiamo discutere sul significato di vivere la vita eroicamente per acquistare "mariti"; possiamo discutere sul significato di "meriti"; possiamo discutere sul significato di karma o di rinascite; possiamo discutere sul significato di anima e di coscienza. I jainisti individuano il processo della vita in una trasformazione che porta l'essere della Natura a diventare un Dio. La vita che porta l'individuo a diventare un Dio è quanto la percezione del senso della vita del Jainista individua. Tutta l'attenzione del percorso della conoscenza del Jainista lo porta ad individuare questo fine come elemento centrale della propria dottrina. In questa logica il nirvana non è il luogo dello spegnimento, ma è il mondo dello spegnimento della ragione e della forma del mondo determinata dall'abitare il mondo col corpo fisico. Il jainista parla di corpo e di organismi divini. Corpi che abitano il mondo anche se non sono corpi fisici. Ma, sempre corpi!

Secondo la visione karmica dei jainisti, l'uomo vive nella sua vita per "acquisire meriti"; secondo la visione karmica dei buddhisti, l'uomo deve annientare la sua vita per fuggire dal dolore e il karma è solo una giustificazione al di fuori della vita con cui essi giustificano il dolore. Il passaggio dalla posizione Jainista alla posizione buddista, relativa al karma, è determinato dalla visione platonica in cui la reincarnazione è assolutamente indipendente dalla vita del disincarnato. Nel discorso di Er le "anime" scelgono nelle sorti gettate fra loro, ma a nulla valgono le loro vite precedenti. La vita precedente non ha modificato la loro "anima" che è rimasta immutata e sotto il ferreo controllo del demiurgo che ha "creato" il meccanismo infernale descritto da Er. Questo controllo delle anime è il controllo del karma buddhista. Le scelte e le azioni dell'uomo sono inutili perché l'uomo vive solo un'illusione che lo inganna e lo imprigiona. Che questa illusione sia manifestata dal karma o dal demiurgo, poco importa. Nel platonismo e nel buddhismo l'uomo non diventerà mai un Dio perché non esiste un crescere all'interno delle scelte che fa. Il concetto di giustizia, di bene e di male, per il buddhismo e il platonismo sono solo concetti astratti come doveri morali comportamentali dell'uomo sottomesso, non sono scelte che arricchiscono o impoveriscono la loro anima o il loro corpo luminoso.

Proprio l'innesto del platonismo, portato da Alessandro Magno, sul Jainismo produce l'idea della filosofia che imprigiona l'uomo in un'inutilità esistenziale funzionale a trasformarlo in schiavo e in sottomesso. Il jainismo non controlla l'uomo mediante il karma, ma il karma appare come una sorta di "passato" che ha generato un presente in cui l'uomo, agendo, determina il proprio "destino", il proprio futuro che rompe una determinata sequenza che lo porta a diventare un Jina, un Dio. I meriti acquisiti attraverso le scelte di vita rompono la sequenza karmica dell'individuo e lo eleva al rango di Dio. A questo punto, nella filosofia Jainista, possiamo anche non tener conto del passato karmico in quanto il destino dell'uomo si gioca nella vita presente. Non si tratta di definire "attraverso quali rinascite sono giunto nello stato presente", ma si tratta di dire "dal momento che sono giunto allo stato presente ho la possibilità di diventare un dio!". Nel Jainismo il karma appare più una "soluzione retorica" volta a spiegare uno stato presente e non, come nel buddhismo, uno stratagemma per controllare le persone colpevolizzandone il presente (sia per malattia che per stato sociale). Mentre i Jainisti dicono "Da qui in avanti puoi essere un dio!", i buddhisti dicono: "per il tuo karma da qui in avanti puoi solo essere il nostro schiavo in quanto sei un peccatore!"

Noi possiamo trattare il Jainismo come se non avesse nessuna idea karmica, mentre non possiamo trattare il buddhismo senza il karma che annulla l'individuo o il platonismo senza la reincarnazione che sottomette l'uomo al demiurgo.

Claudio Simeoni

Marghera, 29 gennaio 2012

Continua... nella tredicesima parte

Oltre ai testi citati in indice, sono stati citati ed usati:

Storia delle Religioni - India a cura di Giovanni Filoramo Edizione La biblioteca di Repubblica

Le gesta del Buddha - di Asvaghosa edizione Bompiani 1987

Breve storia del buddhismo - di Edward Conze Edizione BUR 1985

Aforismi e discorsi del Buddha - a cura di Mario Piantelli edizioni TEA 1988

Il vangelo dei cani. Aforismi dei primi cinici - a cura di Luciano Parinetto ed. Stampa Alternativa 2001

La filosofia indiana - di S. Radhakrishnan - Edizioni Asram Vidya 1998

 

La nascita di Fanes, Protogono, Eros Primordiale

Sculture di Wolfgang Joop 54esima Biennale Venezia

 

Immagini della scuola di Atene di Raffaello

Tratte dalla riproduzione di un artista di strada

 

Particolare scuola di Atene

 

Platone e Aristotele

 

Scuola di Atene

 

Scuola di Atene

 

Vigili manganellatori propri dell'ideologia religiosa di Platone e cristiana

 

Fortificazione di Mestre: cristianesimo e Platonismo

 

Toro uno dei simboli dell'Orfismo

 

Cerimonia dionisiaca Palazzo musica Bologna

 

Orfeo e Platone

Si tratta di due modi diversi ed inconciliabili mediante i quali pensare e vivere il mondo in cui si nasce. Mentre Platone si fa artefice e demiurgo del mondo, Orfeo si fa cantore e viaggiatore del mondo in cui è nato. Mentre Platone, attraverso Socrate, pretende di imporre le leggi e le regole della società e dell'universo, Orfeo costruisce le relazioni con la vita e con la Natura. Platone, con Socrate, pretende di essere il padrone degli uomini, Orfeo un uomo che vive.

 

 

 

 

 

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Ultima formattazione 28 gennaio 2022

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