Karl Marx (1818 - 1883)

La religione cristiana oppio dei popoli

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788892610729

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

Marx e la religione

 

Marx scrive l'Introduzione per La critica della filosofia del diritto di Hegel. Questo testo, scritto nel 1843 fu publicato nell'unico numero degli "Annali franco-tedeschi" nel febbraio del 1844.

Si tratta di un testo conosciuto principalmente per la frase sintetica secondo cui "la religione è l'oppio dei popoli". Una frase ripetuta un po' pappagallescamente da chiunque vuole evitare di affrontare il problema religioso che sta a fondamento della società.

La religione che analizzava Marx era il cristianesimo del suo tempo e il suo divenuto storico per quanto lo stesso cristianesimo presentava. L'attività del cristianesimo nella società civile era l'oggetto d'analisi di Marx il quale non era, comunque, consapevole che se è vero che le religioni conosciute nel suo tempo sono religioni fatte dall'uomo, non si rendeva conto che la religione plasmava l'uomo fin dalla primissima infanzia per costringerlo a fagocitare la sua stessa visione del mondo e della vita.

Gli atei, spesso, per non dover affontare il problema della religione e per nascondere la loro pavidità in tema di religione citano Marx secondo cui, secondo loro, avrebbe affermato che: "La religione è l'oppio dei popoli".

Solo che Marx ha detto qualcos'altro; non era così rozzo.

Infatti, Marx affermò:

L'esistenza profana dell'errore è compromessa dacché è stata confutata la sua celeste oratio pro aris et focis. L'uomo il quale nella realtà fantastica del cielo, dove cercava un superuomo, non ha trovato che l'immagine riflessa di se stesso, non sarà più disposto a trovare soltanto l'immagine apparente di sé, soltanto il non-uomo, là dove cerca e deve cercare la sua vera realtà.

Il fondamento della critica irreligiosa è: l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell'uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l'uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L'uomo è il mondo dell'uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l'aroma spirituale.

La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo.

Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola.

La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.

è dunque compito della storia, una volta scomparso l'al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell'al di qua. è innanzi tutto compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell'autoestraneazione umana, quello di smascherare l'autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica.

In pratica Marx non dice che la religione è l'oppio dei popoli, ma dice che quella religione, in quell'uso, è oppio dei popoli.

Marx non era stupido, come troppi atei attuali, da negare la vita. Marx sapeva che la religione parlava al sentimento dell'uomo e che nessun'altra scienza lo faceva. Tutto si può dire di Marx meno che non avesse capacità di analisi scientifica. Se Marx avesse condannato la religione, in quanto religione, avrebbe condannato l'uomo in quanto uomo.

Dice Marx della religione:

"Il fondamento della critica irreligiosa è: l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell'uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l'uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L'uomo è il mondo dell'uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l'aroma spirituale."

La religione è un prodotto dell'uomo. E' la veicolazione della struttura emotiva dell'uomo nella sua esistenza. E' la forza che porta l'uomo ad interpretare aprioristicamente la realtà nella quale vive e gli consente di predisporre gli strumenti psico-emotivi con cui agire all'interno. La religione che l'uomo forgia fornirà all'uomo QUEGLI STRUMENTI. Una diversa religione fornirà all'uomo STRUMENTI DIVERSI con cui interpretare aprioristicamente la realtà oggettiva nella quale vive.

Noi non possiamo dimenticare che è l'uomo che fa la religione, ma dobbiamo anche ricordarci: PERCHE' L'UOMO FA UNA RELIGIONE e mai scordare perché la fa.

E' Marx stesso che ci ricorda che lo strumento sociale costruito dall'uomo spesso costringe l'uomo ad adeguarsi allo strumento. Si chiama "materialismo storico e dialettico" dove ciò che si costruisce perpetua sé stesso facendosi rinnovare e ricostruire. Vale per lo Stato che è un'Istituzione umana, ma che, nello stesso tempo, plasma le persone affinché si adeguino allo Stato. Vale per una religione che è un'Istituzione umana, ma che, nello stesso tempo, plasma le persone perché si adeguino a quella e solo a quella religione.

Gli atei non si soffermano mai sulla frase di Marx che dice:

"La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso."

E con questo Marx non sta dicendo che non esiste nessuna religione; perché non dice che non esiste nessuna vita. Con questo Marx dice che l'uomo deve costruire la propria religione in funzione di sé stesso: della propria vita. E' sé stesso che deve ergersi a "sole della propria esistenza" e non essere sottomesso ad un sole che chiede all'uomo obbedienza imponendogli catene abbellite da fiori immaginari.

Gli atei non strappano le catene, ma solo i "fiori" o, se preferite, come le catene si presentano riproducendo, di fatto, il dio padrone a fondamento delle catene.

Ma che cos'è la ragione? Che cos'è la ragione scientifica?

C'è un equivoco che sfugge agli atei moderni: la scienza non determina la vita, ma scopre i meccanismi della vita!

Democrito pensava alla materia come composta da atomi. La scienza moderna ha scoperto molte particelle che compongono gli atomi. Ma la materia esisteva prima di Democrito e prima che la scienza moderna ne scoprisse alcuni componenti (altri ne scoprirà). L'uomo ha delle passioni e dei sentimenti, prima che la psicologia ne studiasse i meccanismi e la scienza neurologica cercasse di determinare i percorsi espressivi.

La scienza non decide che cos'è la vita!

La scienza è uno strumento che tenta di descrivere (o scoprire) ciò che la vita ha costruito.

La scienza si limita a registrare il divenuto della vita; ma non ne condiziona il divenire!

Archimede scopre il principio di galleggiamento; ma l'uomo usava il principio di galleggiamento prima che Archimede lo scoprisse. Il principio di galleggiamento era nelle cose e proprio perché era nelle cose veniva usato anche quando non veniva descritto come principio o "scoperto dalla scienza".

Non c'è nulla di più stupido che sostituire la scienza alla religione.

La religione coinvolge tutti quegli "strumenti" psico-emotivi che sono all'origine della vita. Quegli strumenti che hanno generato la vita e le sue infinite trasformazioni. Quegli strumenti dai quali ha origine anche la ragione, ma che nulla hanno a che vedere con la ragione. La religione agisce sulla struttura emotiva costruendo un imprinting esistenziale prima ancora che il bambino esca dalla vagina della madre. Hanno a che vedere con la vita! La vita come noi la intendiamo. Solo la vita manifesta la ragione e la ragione tenta di comprendere i meccanismi della vita. Ma la religione tenta di "regolare", "impossessarsi", "disciplinare", "gestire" i meccanismi della vita. E a seconda degli "apriori", dei concetti dogmatici che la religione impone agli individui calandoli nelle forze della vita, questi individui interpreteranno il mondo in cui vivono e in quel mondo costruiranno le loro strategie di vita. Strategie di vita che le religioni impongono come apriori, ma che l'esperienza può confermare o modificare nel singolo individuo (sempre che al singolo individuo sia rimasta forza sufficiente per fagocitare l'informazione e trasformarla in Conoscenza. Altrimenti, qualsiasi verità voi proclamiate, non riuscirà mai ad imporsi sul condizionamento emotivo degli individui prodotto dalle religioni monoteiste.).

Quando Marx afferma:

"è dunque compito della storia, una volta scomparso l'al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell'al di qua."

Significa che è compito degli uomini rimettere la religione al servizio dell'uomo. Togliere quel "l'al di là della verità" significa sostituirlo con "il vero nell'al di qua". Ad un procedimento del pensiero che determina la verità dell'al di là, alla quale si piegano gli uomini e la loro schiavitù, è necessario sostituire l'al di qua nelle espressioni della libertà dell'uomo come verità alla libertà a cui l'uomo non può rinunciare.

Anche nell'indicazione della prassi gli atei dovrebbero imparare da Marx:

"Esse stanno sotto il livello della storia, sono al disotto di ogni critica, ma rimangono un oggetto della critica, così come il delinquente che sta sotto il livello dell'umanità rimane un oggetto del boia. In lotta con esse, la critica non è una passione del cervello, essa è il cervello della passione. Essa non è un coltello anatomico, è un'arme. Il suo oggetto è il suo nemico, che essa non vuole confutare bensì annientare. Infatti, lo spirito di quelle condizioni è confutato. In sé e per sé non sono oggetti memorabili, ma spregevoli quanto spregiate esistenze. Per sé, la critica non ha bisogno di venire in chiaro nei confronti di questo oggetto, poiché è già in chiaro con esso. Essa non si pone più come fine a se stessa, ma ormai soltanto come mezzo. Il suo pathos essenziale è l'indignazione, il suo compito essenziale è la denuncia."

Se questo passo lo attribuiamo alla religione e al rapporto che l'uomo ha con la religione cristiana, Marx è chiaro nell'indicare una corretta prassi nel confronto con la religione cristiana. Solo che alla religione cristiana non si può opporre una non religione, come negazione dell'uomo e della vita in quanto, se ciò avverrebbe, una volta manifestata una critica, per quanto feroce, la vita si ricomporrebbe e necessariamente sarebbe sottoposta agli apriori della religione cristiana e del concetto di dio padrone come avviene per l'ateismo.

Per Marx l'azione contro la religione è un'azione sociale contro la negazione dell'uomo che la religione cristiana opera nella quotidianità: una lotta politica. Questo perché Marx precede alcuni geni che nel suo secolo e nei secoli successivi ne hanno completato l'opera come ad es.: Darwin, Freud, Lorenz e quanto il loro genio ha aperto alla scienza dell'uomo.

Ed è alla luce di questi geni che noi possiamo comprendere la strategia di Marx.

Il progetto secondo cui la religione cristiana è l'oggetto della critica dell'uomo, ma è sotto la storia dell'uomo in quanto la storia dell'uomo, negli ultimi 2000 anni altro non è stata che storia di liberazione dell'uomo dall'orrore cristiano. La critica al cristianesimo, in quanto religione, non è "una passione del cervello, ma il cervello della passione". Cioè è il cervello della vita. La sua intelligenza. Dove la passione è la passione per la vita e le strategie intellettive devono rimuovere gli ostacoli che alla vita il cristianesimo impone. Nel cristianesimo non c'è nulla da salvare in quanto è orrore soltanto. Non si può mediare con i cristiani. Mediare con i cristiani significa sacrificare la vita degli Esseri Umani.

Infatti, non troverete mai il cristianesimo che confuti qualche cosa. Il cristianesimo è solo annientamento dell'uomo finalizzato ad imporre la sofferenza all'uomo: la sofferenza per il delirio di sofferenza. Il cristianesimo è spregevole in quanto ha esigenze spregevoli. E quel spregevole è riferito a ciò che la vita considera nobile e pregiato. Se non impariamo ad indignarci e a denunciare il cristianesimo in maniera continua e sistematica, la vita non potrà riprendere il suo eterno corso. Almeno non lo potrà fra gli Esseri Umani.

Il problema continua a porsi.

Anche se Marx parla di fine del controllo teologico, il controllo teologico continua!

Parlando di protestanti e di cattolici nello svolgimento della storia tedesca Marx afferma:

"Lutero, in verità, vinse la servitù per devozione mettendo al suo posto la servitù per convinzione. Egli ha spezzato la fede nell'autorità, restaurando l'autorità della fede. Egli ha trasformato i preti in laici, trasformando i laici in preti. Egli ha liberato l'uomo dalla religiosità esteriore, facendo della religiosità l'interiorità dell'uomo. Egli ha emancipato il corpo dalle catene, ponendo in catene il cuore.

Ma se il protestantesimo non fu la vera soluzione, fu tuttavia la vera impostazione del problema. Adesso bisognava non più che il laico lottasse contro il prete al di fuori di lui, ma contro il suo proprio prete interiore, contro la sua natura pretesca. E se la trasformazione protestante dei laici tedeschi in preti emancipò i papi laici, cioè i prìncipi insieme con il loro clero, i privilegiati e i filistei, la trasformazione filosofica dei preteschi tedeschi in uomini emanciperà il popolo. Ma come l'emancipazione non si fermò ai prìncipi, così la secolarizzazione dei beni non si fermerà alla spoliazione delle Chiese, che prima di tutti l'ipocrita Prussia pose in opera. Allora, la guerra dei contadini, il fatto più radicale della storia tedesca, fece naufragio contro la teologia. Oggi che la stessa teologia ha fatto naufragio, il fatto più illiberale della storia tedesca, il nostro status quo, si infrangerà contro la filosofia."

Eppure ciò non è vero.

La religione coinvolgeva aspetti sconosciuti della formazione della percezione e dell'uomo. Marx non sapeva ciò che avrebbe scoperto Freud. Marx non immaginava le implicazioni alle quali portava Darwin. Marx non immaginava le implicazioni delle scoperte di Lorenz.

Solo che la scienza scopre delle condizioni in essere; non costruisce le condizioni in essere.

Le condizioni della vita e dell'uomo nel mondo in cui vive sono costruite dalla vita dell'uomo e la scienza si limita a scoprirle. Non è Darwin che fa l'evoluzione; l'evoluzione è un processo di trasformazione del presente da un diverso presente che lo ha preceduto. Darwin scopre solo che il dio dei cristiani che parla di creazione ha mentito!

Freud scopre l'inconscio dal quale si genera il conscio della ragione: la scienza psichiatrica, psicologica e la neurologia approfondiranno la sua scoperta.

Marx non sapeva questo!

Darwin scopre l'evoluzione e la scienza scopre come la crescita dell'individuo sia una selezione delle sue capacità di rispondere alle sollecitazioni del mondo e della società in cui nascerà fin da quando l'individuo sta nella pancia della madre.

Marx non sapeva questo!

Lorenz spiegherà al mondo come l'intelligenza animale e la struttura emotiva degli animali sia uguale a quella degli Esseri Umani anche se veicolata in forme diverse per diverse esigenze in diversi processi adattativi che le specie hanno affrontato. La scienza biologica confermerà e amplierà le scoperte di Lorenz.

Marx questo non lo sapeva!

Così, questa frase di Marx:

"La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi."

Non è superata, ma va riformulata all'interno delle prospettive che l'attuale conoscenza fornisce all'uomo.

Nel farlo dobbiamo ricordarci che se è vero che la scienza scopre nuove e diverse relazioni fra l'uomo e il mondo rispetto a quelle indicate e imposte sotto forma di credenze dalle chiese cristiane, è altrettanto vero che l'uomo ha sempre vissuto e praticato le scoperte che da Marx a Lorenz sono state fatte dalla scienza.

Non c'era bisogno di Marx perché gli uomini avessero la necessità di liberarsi di catene coercitive di forme di schiavitù! Non c'era bisogno di Freud perché l'uomo sapesse che esisteva un immenso dentro sé stesso che ogni tanto emergeva: i cristiani lo usavano per costruire sottomissione, altri uomini per costruire libertà (glielo aveva detto dio, disse Fra Dolcino). Non c'era bisogno di Darwin perché l'uomo addomesticasse gli animali costruendo dei greggi o delle mandrie disponibili a farsi allevare selezionando la loro attenzione e la loro percezione della realtà. Non c'era bisogno di Lorenz perché gli Esseri Umani scoprissero che gli animali avevano strategie di vita e intelligenza. La religione cristiana parlava di superiorità dell'uomo, ma la realtà del vivere il mondo portava l'Essere Umano a pensarlo diverso dalla descrizione che la religione cattolica forniva.

Atei e cristiani davanti all'autorità: davanti a DIO!

L'atteggiamento davanti a DIO è l'atteggiamento davanti all'autorità; ma l'atteggiamento davanti all'autorità dimostra l'atteggiamento costruito nella persona davanti al dio anche se quella persona nega l'esistenza di dio che, in quel momento, viene trasferito sull'autorità. Come gli Anarchici!

Gli atei hanno sempre dimostrato di non conoscere le peculiarità del cittadino in una società democratica; ribellarsi all'autorità del dio padrone è una cosa vivere imponendo alle Istituzioni, al dio padrone, il rispetto dei suoi doveri, è un'altra cosa. Implica una diversa predisposizione emotiva.

NOTA Questo testo è stato scritto il 23 gennai 2009, ma è stato inserito nella Teoria della Filosofia Aperta come discorso a sé stante in data 14 luglio 2013. Vedi la pagina in cui era inserito: Conferenza all'UAAR.

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

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Marghera, 14 luglio 2013

Claudio Simeoni

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.