La dimostrazione dell'esistenza di Dio
Thomas Hill Green (1836 - 1882)

di Claudio Simeoni

Teoria della Filosofia Aperta - Quinto volume

L'idealismo e la dimostrazione dell'esistenza di Dio

Thomas Hill Green, nell'ambito dell'idealismo, si assume il compito di dimostrare l'impossibilità della non esistenza del Dio padrone cristiano. Come si dimostra l'esistenza del Dio padrone cristiano? O si dice "questo è il Dio padrone"; o si dimostra la funzionalità della sua possibile esistenza nella vita degli uomini; oppure, si dimostra che la realtà non potrebbe esistere senza la presenza del Dio padrone cristiano. Quali sono gli elementi che negano assolutamente la presenza del Dio padrone cristiano? O negarne l'esistenza perché la sua esistenza non ricade sotto i nostri sensi; dimostrare che la vita dell'uomo è migliore senza il dominio del Dio padrone cristiano; dimostrare e argomentare come la realtà in cui viviamo esiste benissimo e può essere interpretata senza la presenza del Dio padrone cristiano.

In questa polemica si inseriscono gli idealisti che, pensando all'intervento del Dio padrone nelle faccende umane, si trovano a dover dimostrare, innanzi tutto, l'esistenza del Dio padrone.

Tomas Hill Green afferma che è impossibile risolvere la coscienza come un prodotto di percezioni e di idee ed è impossibile risolvere la coscienza nelle relazioni fra percezioni e idee. Questa dichiarazione di impossibilità è alla base del pensiero di Tomas Hill Green.

Dato questo presupposto, Green continua negando alla coscienza la conoscenza di sé stessa.

Di Green riporta Abbagnano:

Ogni percezione o idea può essere riconosciuta nella sua singolarità solo da una coscienza che non è identica con esse, perché da esse si distingue nell'atto stesso del riconoscimento; ed ogni connessione o successione di idee è tale solo per una coscienza che non è essa stessa connessione o successione, ma ricomprende in sé queste cose.

Da: Abbagnano, "Storia della filosofia", Vol. VI, Editore Tea, 1999. Pag. 91

La confusione che fa Green fra la coscienza che vive, e perciò che conosce, e la coscienza che descrive e che descrive ciò che in quel momento è in grado di descrivere; è quanto meno offensivo. Quando Tomas Hill Green riconosce una coscienza, significa che ha vissuto un processo di trasformazione e di sedimentazione che gli ha consentito di notare come differenza fra il momento in cui il portatore di quella coscienza è nato e il momento in cui ha discusso con quella coscienza. Se essere consapevoli è sempre identico ad essere consapevoli, come si è consapevoli è differente in ogni secondo della nostra esistenza e anche quando, secondo alcune ipotesi, noi non esistiamo. La coscienza è l'espressione della mia consapevolezza che, riconoscendo me stesso diverso dal mondo, mi consente di veicolare i miei bisogni e i miei desideri in azioni funzionali ad espandere me stesso.

In quelle azioni è espressa tutta la mia coscienza e tutte le mie idee. Io stesso come idea in continuo mutamento e trasformazione mediante i miei processi adattativi nel mondo. Io sono cosciente di tutto questo perché la consapevolezza di tutto questo è propria del mio essere nel mondo e dei nei miei processi psico-fisici-emotivi con cui abito il mondo.

Diverso è se si assume la coscienza come una qualità che descrive e recita il mondo vissuto. Questa può essere chiamata conoscenza razionale, ma non coscienza. Io con la mia coscienza vivo nel mondo. Dunque, io ho coscienza della mia coscienza perché la manifesto nelle azioni.

Posso non aver la capacità razionale di descrivere la mia percezione, la mia idea, il mio essere idea, tuttavia non si può negare che io sia cosciente di tutto me stesso dal momento che con tutto me stesso mi sono trasformato nella pancia di mia madre e con tutto me stesso, riversato nelle mie azioni, mi sono trasformato e mi trasformerò fino al momento della morte del corpo fisico.

Al contrario, una coscienza che non è me, non è cosciente del mio abitare il mondo. Tenta solo di razionalizzare il mio abitare il mondo inserendo le mie azioni, a cui assiste, in un descritto frutto della sua esperienza esistenziale.

Continua Abbagnano:

Difatti, il soggetto che riconosce un'idea singola o la relazione tra più idee, non può essere a sua volta un'idea perché questo implicherebbe che un'idea fosse, nello stesso tempo, tutte le altre. E non può essere un composto di sensazioni o di idee perché le idee nella coscienza si succedono l'una all'altra, e la successione non può costituire un composto. è necessario quindi che il soggetto sia fuori delle idee perché percepisca le idee e fuori della successione perché percepisca la successione.

Da: Abbagnano, "Storia della filosofia", Vol. VI, Editore Tea, 1999. Pag. 91

Un'idea, comunque definiamo un'idea, è sé stessa quale rappresentazione percepita da un soggetto. Oppure, un'idea è ogni oggetto che percepisce muovendosi in un mondo di idee che percepiscono e che agiscono per farsi percepire.

Nella coscienza non si succedono delle idee, ma nella coscienza razionale si succede la descrizione delle idee e delle percezioni soggettive.

Voler contrabbandare la coscienza razionale che descrive il mondo, come fosse la coscienza di un soggetto, significa non voler fare nessuna riflessione sul mondo in cui Tomas Hill Green vive né voler percepire i fenomeni che dal mondo arrivano a Tomas Hill Green.

Tomas Hill Green si limita a proiettare sul mondo la propria descrizione del mondo ed immagina che tutti debbono fare la stessa cosa.

Dal momento che Tomas Hill Green ha decretato che "gli uomini" non possono né essere idee in un modo di idee, né modificare sé stessi mediante il loro percepire ed agire nel mondo, ne segue che debba esistere un "soggetto", un Dio padrone unico, universale ed eterno.

Tomas Hill Green parla anche del concetto di libertà:

La libertà non è un concetto che prevale nel perfezionismo di Green nei Prolegomeni. Tuttavia, Green si concentra sulla libertà nel saggio pubblicato postumo "Sui diversi significati della "libertà" applicata alla volontà e al progresso morale dell'uomo" ( Opere II), dove difende una concezione tripartita della libertà.

1) Libertà giuridica
2) Libertà morale
3) Libertà reale o perfetta

La libertà giuridica è l'assenza di costrizione o restrizione da parte di altri. Questa è la libertà come non interferenza apprezzata da Locke e da altri liberali. La libertà morale è il tipo di libertà richiesta per la responsabilità, che si manifesta sia in una condotta lodevole che in una biasimevole. La libertà morale, secondo Green, richiede la capacità di rispondere alle ragioni. Questo è il tipo di libertà che propone come risposta al problema che Sidgwick identifica per Kant. La libertà reale o perfetta esiste nella misura in cui un agente esercita correttamente la propria libertà morale, perseguendo il proprio bene personale e il suo impegno costitutivo per il bene comune.

Tratto da: Enciclopedia di filosofia di Stanford on-line.

Il concetto di libertà di Green è il concetto di libertà che viene attribuito al Dio della bibbia. Il macellaio di Sodoma e Gomorra. L'asenza di costrizioni e restrizioni da parte di altri giustifica giuridicamente il genocidio dell'umantà col diluvio universale e ogni altro genocidio, con tutti i reati minori che offendono la dignità umana, lasciando il delinquente impunito. E' la libertà apprezzata dai liberali che, identificandosi con Dio, si ritengono al di fuori della legge e in diritto di violentare gli uomini garantendosi l'impunità.

La "libertà morale" di Green è una costrizione: costringe la persona a produrre giustificazioni alle proprie azioni. Dio non ha nessuna libertà morale perché rifiuta di rispondere agli uomini delle sue azioni criminali. L'uomo che produce delle ragioni per giustificare le sue azioni è in uno stato di costrizione perché, giustificare le proprie azioni ad altri, significa essere in uno stato di inferiorità rispetto agli altri; in una condizione di "assenza di libertà giuridica".

La libertà perfetta di Green è l'arte di abitare il mondo in un rapporto simbiotico fra soggetto e oggettività, mondo, in cui l'uomo vive. Ma è una libertà che non viene riconosciuta a tutti gli uomini, ma solo ai padroni di uomini, ai liberali, che rivendicano l'impunità per ogni loro delitto in nome di Dio. Recentemente, in Italia, abbiamo avuto l'esempio di Silvio Berlusconi, un criminale che ha rivendicato libertà per le sue azioni criminali riuscendo a far archiviare i suoi procedimenti penali grazie alla complicità della magistratura.

Fatti, fenomeni, idee, percezioni per Tomas Hill Green non appartengono agli Esseri della Natura e questi non divengono; non si trasformano; non rispondono per adattarsi alle sollecitazioni del mondo; ma c'è un "essere", un Dio padrone, al di fuori della vita che comprende e governa l'intera vita. Solo che la vita diviene in sé e per sé e la necessità di un "essere", un Dio padrone, al di fuori della sua vita è un problema psicologico personale di Tomas Hill Green.

La coscienza di ogni soggetto è sempre presente ad ogni mutamento, sia soggettivo che oggettivo, del soggetto. Se ciò non fosse, il soggetto sarebbe un cadavere. Dal momento che è un soggetto che vive nel mondo e che si adatta alle sollecitazioni del mondo, un conto è la coscienza esistenziale del soggetto e un altro conto è la coscienza razionale con cui il soggetto descrive le condizioni della sua esistenza.

Lo stesso, nel pensare "relazioni temporali", Tomas Hill Green immagina una coscienza eterna dimenticando che la nostra coscienza si è forgiata in miliardi di anni, generazione dopo generazione, e che vive il mutamento dopo il mutamento. Nello stesso tempo, la nostra coscienza vive le relazioni con un mondo di coscienze, o di idee che, in un continuo mutamento, rappresentano il loro divenuto nelle relazioni che hanno messo in atto trasformandosi in miliardi di anni.

L'impotenza attraversa la ragione di Tomas Hill Green che immagina un assoluto, un Dio padrone assoluto, come lui pensa debba essere quell'assoluto. La coscienza di ogni Essere della Natura è divenuta per trasformazione, generazione dopo generazione, e non può esistere il Dio padrone, quella coscienza assoluta, in quanto quella coscienza non ha un divenuto né la possbilità di divenire nell'universo. Non è l'animale che è il veicolo della coscienza, ma la coscienza è un prodotto dell'Essere Animale, vegetale o fisico, della Natura: potete vedere coscienze senza un corpo?

Dove c'è un corpo che agisce, per quanto il suo agire non rientri nei modelli della mia immaginazione, devo ritenere che ci sia una coscienza. Ma non posso pensare alla coscienza senza un corpo, in qualunque modo io pensi la struttura materiale o energetica di quel corpo. La storia del divenuto appartiene ai corpi e la coscienza è la manifestazione del corpo che diviene e si trasforma.

Sulla concezione di Dio di Green, scrive l'Enciclopedia di filosofia di Stanford:

La concezione di Dio di Green è ambivalente. Da un lato, egli identifica l'eterna autocoscienza dell'idealismo assoluto con Dio. Green pensa che le menti autocoscienti siano condizioni dell'esperienza cosciente e non parte di essa, con il risultato che sono al di fuori dello spazio e del tempo. Ciò che è vero per le menti individuali è vero per la mente collettiva che Green ritiene renda possibile l'oggettività. Questo renderebbe Dio una realtà trascendente. D'altro canto, Green ha solide ragioni per considerare Dio immanente al mondo. L'autocoscienza si esprime nella volontà, che è la causa dell'azione. Se così fosse, l'autocoscienza non potrebbe essere al di fuori dello spazio e del tempo. Inoltre, Green vedeva Dio immanente negli individui e nella storia. Il principio superiore della ragione pratica in ogni persona, che regola i suoi desideri e la rende un agente morale, è un principio divino, il bene comune è l'oggetto proprio del principio divino nell'umanità, e la sua progressiva realizzazione nelle leggi e nelle istituzioni umane è il modo in cui Dio si manifesta al mondo ( Opere III 223-227). Non è possibile separare la forma non ortodossa di cristianesimo di Green dalla sua filosofia idealista e dalla sua richiesta etica che gli individui subordinino il loro io inferiore al perseguimento di un bene comune superiore.

Tratto da: Enciclopedia di filosofia di Stanford on-line

Quando Tomas Hill Green deve fare delle ipotesi sul significato della sua coscienza, afferma che ci sono solo due significati. O è la funzione di un organismo animale che "è stato fatto" [da un ente esterno] come veicolo dell'intera coscienza universale, oppure, l'eterna coscienza universale fa dell'organismo animale il suo veicolo costringendolo, per questo, a certe limitazioni.

Giocare sull'ambiguità nell'uso di due termini diversi, come Dio e autocoscienza, per definire lo stesso oggetto, è parte dell'inganno dove il bene superiore altri non è che Dio e chi si identifica in esso al quale vengono sacrificati i cittadini e i loro beni. E' un modo vigliacco di porsi davanti alle persone che, in questo modo, vengono considerate schiavi sottomessi al bene superiore.

Al centro del discorso di Tomas Hill Green non c'è l'uomo, ma il Dio padrone che si serve dell'uomo per esprimere la sua coscienza.

In Green il liberale affianca Dio. E' il padrone liberale a cui Dio ha concesso un po' della sua onnipotenza nei confronti degli uomini. Il bene comune del liberale è quanto consente al liberale di continuare ad esercitare il proprio ruolo di Dio in una società che potrebbe mettere in discussione il suo dominio.

Secondo Green, la coscienza dell'uomo non è divenuta per trasformazione con il divenire dell'uomo, generazione dopo generazione, ma scrive Abbagnano:

La nostra coscienza, con le sue relazioni caratteristiche nelle quali il tempo non entra, che non divengono ma sono una volta per tutte ciò che sono, è la coscienza nell'altro senso (Prol. to Ethics, p. 73). Questa distinzione toglie ogni incompatibilità tra l'affermazione della coscienza assoluta e l'ammettere che tutti i processi del cervello, dei nervi e dei tessuti, tutte le funzioni della vita e del senso, hanno una storia strettamente naturale. Tale incompatibilità vi sarebbe soltanto se questi processi e funzioni costituissero realmente l'uomo capace di conoscenza; invece, l'attività umana si può spiegare solo con l'azione di una coscienza eterna, che si serve di essa come di un suo organo e riproduce se stessa attraverso di essa.

Da: Abbagnano, "Storia della filosofia", Vol. VI, Editore Tea, 1999. Pag. 92

La coscienza, secondo Tomas Hill Green, è un oggetto posseduto dal Dio padrone, un soggetto esterno all'uomo che domina l'uomo derubandolo, di fatto, di tutte le sue capacità intime di variare il mondo modificando sé stesso.

Queste affermazioni, proprie degli idealisti, hanno lo scopo specifico di privare l'uomo del proprio abitare il mondo attribuendo le azioni dell'uomo alle scelte della coscienza universale, al Dio padrone. Peccato che se ammazzo una persona vengo messo io in galera e non si arresta il Dio padrone.

La questione etica all'interno dell'idealismo che viene affrontata da Seth non è irrilevante. Come, il Dio padrone ammazza attraverso me le persone e io devo andare in galera? Mettete in galera la coscienza universale. Se affermate che è la coscienza universale che ha agito attraverso me per ammazzare dieci persone, è la coscienza universale che deve essere privata della sua libertà.

Tomas Hill Green spiega l'attività umana con l'azione del Dio padrone dentro agli uomini e in questo modo spiega il genocidio, lo stupro, l'omicidio e la distruzione sistematica delle società con l'azione di una coscienza esterna, quella del Dio padrone, che agisce attraverso l'uomo.

La follia di Tomas Hill Green sembra senza limiti:

La coscienza eterna, Dio, è quindi ab aeterno tutto ciò che l'uomo ha la possibilità di diventare. è non solo l'Essere che ci ha fatti, nel senso che noi esistiamo come un oggetto della sua coscienza, come la natura, ma è anche l'Essere in cui esistiamo e con cui siamo identici nel senso che è tutto ciò che lo spirito umano è capace di diventare (lb., p. 198). La vita morale spinge l'uomo verso il perfezionamento individuale e il soddisfacimento delle sue proprie esigenze; ma questa tendenza si universalizza e si razionalizza immediatamente perché il suo termine è la coscienza assoluta al quale tutti gli uomini sono egualmente presenti.

Da: Abbagnano, "Storia della filosofia", Vol. VI, Editore Tea, 1999. Pag. 92

Il Dio padrone è colui che legittima il possesso delle persone. E' colui che agisce all'interno dell'eroe distruttore di società. Il distruttore agisce perché la coscienza universale del Dio padrone agisce dentro di lui, ma non agisce dentro i pezzenti che sono condannati allo sterminio. Pezzenti che non possono rivendicare qualcosa per sé stessi perché non sono sé stessi, ma proprietà della coscienza universale alla cui volontà si devono sottomettere: non sono forse essi stessi portatori della coscienza universale? E, dunque, la violenza non è contro le loro persone, ma il Dio padrone fa violenza a sé stesso e, dunque, il Dio padrone, come ogni padrone, è esente da colpa e da condanna.

Per questo motivo, dice Tomas Hill Green, i pezzenti devono partecipare al bene supremo e accettare la violenza del loro eroe distruttore. Dunque, tutti gli uomini liberamente cooperino per farsi distruggere dall'eroe perché in quel modo si realizza il sommo bene della coscienza universale.

In tutte queste affermazioni c'è un qualche cosa di sinistro e ambiguo che porterà a distruggere le società umane e a giustificare, rendendo impunibile, il distruttore e l'assassino che agisce in nome e per conto della coscienza universale derubando l'uomo della volontà mediante la quale abita il mondo. Priva l'uomo del divenuto della sua coscienza per la quale milioni di generazioni di uomini hanno agito nel mondo, generazione dopo generazione, per costruirla. Nel far questo, priva l'uomo della responsabilità nelle scelte attraverso le quali dovrebbe costruire il futuro dei suoi figli.

Marghera, 27 settembre 2015 (revisionata il 29 ottobre 2025)

NOTA: le citazioni sono tratte da:

Nicola Abbagnano, Storia della Filosofia, vol. VI, editore TEA 1995
Enciclopedia di filosofia di Stanford on-line

 

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Ultima modifica ottobre 2025

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