Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) (1927 - -)

L'Enciclica Spe Salvi
ragione e libertà fra superstizione e nevrosi

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185815

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume quattro

Tutte le pagine dell'Enciclica Spe Salvi

Fede e ragione, una contraddizione insolubile se non con la sconfitta dell'una nei confronti dell'altra.

Dice Ratzinger:

"Sì, la ragione è il grande dono di Dio all'uomo, e la vittoria della ragione sull'irrazionalità è anche uno scopo della fede cristiana."

Lo stesso dio dei cristiani è un oggetto fuori dalla ragione: irrazionale. Un irrazionale che è partorito solo dalla patologia psichiatrica di dipendenza degli individui. Se un oggetto è il frutto di una patologia psichiatrica è un'idea soggettiva. Come idea soggettiva non può essere trasmessa in quanto, nell'oggettività, non ha nessuna rappresentazione. Pertanto, l'idea di dio, del dio padrone e creatore dei cristiani, è un'idea irrazionale che viene oggettivata mediante la violenza con la quale si impone la superstizione. Si impone, cioè, la credenza che quanto ricade sotto i sensi sia legato ad un soggetto immaginato, dio, che essendo al di là dei sensi non ha nessun elemento di rappresentazione razionale.

La fede è il prodotto della patologia. Una patologia che immagina la soluzione delle sue inadeguatezze e che quando si impone nella società diventa superstizione. Una superstizione che si nutre di roghi e di omicidi perché incapace di giustificarsi razionalmente. Così Ratzinger evoca il demonio quando le spiegazioni mettono in discussione sia il suo dio che il suo irrazionale. Così la tempesta Katrina o lo tsunami che ha devastato l'oceano Indiano sono opera del suo dio o del suo demonio a seconda di dove si vuole fissare l'attenzione.

Affermare che lo scopo della fede cristiana è lo scopo della vittoria della ragione sull'irrazionale significa voler imporre la patologia psichiatrica a fondamento della società umana. Ciò è già avvenuto; siamo sicuri di volerlo ancora?

"Per opera del nemico del genere umano, un certo bambino, che era bambino per l'età ma di costumi perversi, percorrendo città e castelli nel regno di Francia, quasi fosse inviato da Dio, cantava alla maniera francese: "Signore Gesù Cristo, restituisci la Santa Croce" aggiungendo poi molte altre invocazioni. E un numero infinito di altri suoi coetanei, dopo averlo visto e udito, lo seguivano. I quali, come infatuati da un flusso diabolico, abbandonati i padri e le madri, le nutrici e tutti gli amici, andavano cantando allo stesso modo del loro pedagogo. Né, cosa mirabile a dirsi, potevano trattenerli le serrature, né la persuasione dei genitori poteva farli tornare indietro, ma seguendo il loro maestro si dirigevano in processione, cantando in gruppi, verso il Mediterraneo quasi volessero passare sull'altra sponda. Nessuna città, data la loro moltitudine, poteva contenerli." C. Pallemberg, La crociata dei bambini.

E' un esempio della "ragione" usata dai cristiani: "il nemico del genere umano" è il responsabile del delirio diffuso, non le condizioni di vita che i cristiani imponevano!

Dice Ratzinger:

"Ma quand'è che la ragione domina veramente? Quando si è staccata da Dio? Quando è diventata cieca per Dio? La ragione del potere e del fare è già la ragione intera? Se il progresso per essere progresso ha bisogno della crescita morale dell'umanità, allora la ragione del potere e del fare deve altrettanto urgentemente essere integrata mediante l'apertura della ragione alle forze salvifiche della fede, al discernimento tra bene e male. Solo così diventa una ragione veramente umana."

Cominciamo a rispondere alle quattro domande.

Ma quand'è che la ragione domina veramente?

Quando la ragione giustifica tutti gli oggetti che noi affermiamo nei confronti di altre persone!

Quando si è staccata da Dio?

Il dio padrone non è mai esistito. Mai ha creato nulla, mai ha manifestato una ragione. Mai esiste qualche cosa in antitesi alla ragione nelle sacre scritture cristiane. "Credo nell'assurdo" e proprio perché è assurdo ci credo! La patologia non può oggettivarsi al di fuori dell'individuo, può essere compresa soltanto nelle manifestazioni dell'individuo malato: come sintomi della malattia. La malattia manifesta come sintomo la dipendenza da dio: dio si giustifica nella malattia da dipendenza e nel desiderio di onnipotenza del soggetto!

Quando è diventata cieca per Dio?

Quando, dopo l'illuminismo , la ragione ha scoperto che il concetto cristiano di dio appartiene alla superstizione, all'irrazionale soggettivo, che non ha rappresentazione nelle relazioni sociali, ma solo nella patologia soggettiva.

La ragione del potere e del fare è già la ragione intera?

Non esiste una ragione del "potere" o una ragione del "fare", esiste un agire che viene giustificato perché risponde a dei requisiti razionali, oggettivi, che possono essere descritti e comunicati partendo da una percezione comune degli oggetti e delle situazioni. E' irrazionale quando sull'oggettività viene proiettata un'interpretazione soggettiva che acquieti le tensioni psichiche di un soggetto. E' patologica e diventa superstizione quando le tensioni psichiche da acquietare sono sintomi di alterazioni fisiche, sia come deformazione della percezione sia come incapacità del soggetti di veicolare le proprie emozioni.

Quando si parla di cristianesimo si parla di una pretesa militare e terrorista di trasformare il superstizioso e l'irrazionale in elemento oggettivo dal quale far discendere la logica razionale. La pretesa terrorista, per il cristiano, è necessaria in quanto non è in grado di razionalizzare o giustificare la sua fede: come si può giustificare o razionalizzare la credenza in un dio padrone e creatore dell'universo che detta la morale quotidiana? Si tratta di una manifestazione patologica. Una manifestazione di quella superstizione che viene creduta perché militarmente imposta e viene militarmente imposta soltanto perché in quel modo e solo in quel modo, può essere creduta.

Non siamo davanti alle Antiche Religioni in cui il presente emerge da un presente che lo ha preceduto e che continua a convivere e interagire col nuovo emerso.

Nelle Antiche Religioni lo spazio della ragione, della descrizione del presente, viene conquistato da Zeus combattendo le forze titaniche dell'azione che hanno costruito il presente. Ma le forze titaniche dell'azione, a loro volta, attraverso il Tempo, Cronos, hanno combattuto le forze della vita: Urano Stellato. L'uno è emerso dall'altro, ma con l'altro continua a convivere. Non esistono forze dell'azione, i Titani, senza la presenza di Afrodite o delle Erinni, le figlie di Urano Stellato che attraverso il suo sangue e i suoi genitali (appunto, la vita!) emergono nell'infinito mare dell'azione che i Titani stanno costruendo. Così Zeus, la ragione, si apre uno spazio nell'infinito mare dell'azione, della trasformazione, del tempo. Eppure, dall'azione, dal tempo, dalla trasformazione, la sua ragione è condizionata e condotta. Come è condizionata e condotta dalle forze dell'emozione che costruirono la vita: Afrodite e le Erinni. Zeus, grazie alla Titanomachia continua, controlla l'azione di queste forze nel mondo della ragione, le razionalizza, le giustifica, mentre l'azione di queste forze modificano continuamente la sua ragione, la sua capacità di descriver il mondo in cui la ragione dell'individuo vive. Solo che Zeus ha fagocitato Meti, per cui non si limita a fermare i Titani o Afrodite o le Erinni, ma le veicola nel mondo della ragione trasformando la loro manifestazione in strumenti attraverso i quali dilatare la ragione nell'immenso sconosciuto che la circonda. Quest'attività si chiama sviluppo della conoscenza; si chiama conoscere; si chiama sapere ed è alla base sia del PROGRESSO scientifico che del progresso umano, perché lo sviluppo della conoscenza e del sapere trasforma l'uomo stesso sviluppando in esso la capacità di sapere e conoscere ulteriore.

La ragione richiede uno sforzo da parte dell'individuo. Uno sforzo ed una disciplina in cui l'individuo impiega la sua volontà. Come un viaggiatore che uscito dalla vagina della propria madre affronta un immenso sconosciuto che deve svelare a mano a mano che procede nel cammino della sua vita.

Quando Ratzinger dice: " Se il progresso per essere progresso ha bisogno della crescita morale dell'umanità,..."

Questo è ciò che non esiste!

Non esiste una crescita morale!

Esiste una liberazione della morale dalle aberrazioni cristiane, ma non esiste una crescita (intesa come espansione) della morale umana. Il progresso cristiano consiste nell'imporre la depravazione agli Esseri Umani. Quella miseria morale che li costringe a rinunciare a sé stessi per sottomettersi ad un dio padrone che manifesta dei dictat comportamentali inumani e perversi. Valga per tutti quell'imposizione criminale che i cristiani hanno fatto per secoli agli uomini dell'impotenza sessuale di Paolo di Tarso spacciando l'impotenza sessuale di Paolo di Tarso come manifestazione della grazia del loro dio. Trasformare la morale degli Esseri Umani per farli diventare degli "eunuchi per il regno dei cieli!".

Eunuchi non solo come castrazione della sessualità, ma come castrazione di tutta la struttura emotiva dell'Essere Umano al fine di trasformarlo in un oggetto di possesso.

Quando gli Esseri della Natura vengono privati della capacità di manifestare Afrodite e le Erinni, vengono privati anche della loro capacità d'azione e vengono privati anche della capacità razionale, nel caso di Esseri Umani, che si trasforma in patologia psichiatrica che, per far sopravvivere l'individuo, deve manifestare la fede nell'ideale della sottomissione.

Gli Esseri Umani, per progredire, devono liberarsi della morale criminale cristiana che, privando l'uomo delle forze della vita, gli impediscono di dispiegare sé stesso nell'oggettività in cui vive.

In questo caso non c'è "un progredire nella morale", ma c'è un "riappropriarsi della morale della vita" che il cristianesimo nega per sottomettere l'Essere Umano alla malattia mentale che genera la fede come sottomissione e distruzione di sé stesso: "allora la ragione del potere e del fare deve altrettanto urgentemente essere integrata mediante l'apertura della ragione alle forze salvifiche della fede, al discernimento tra bene e male. Solo così diventa una ragione veramente umana."

La malattia mentale dell'illusione e del credere che porta a condannare Galileo che mette in discussione la parola del dio dei cristiani e che ha costretto i cristiani a credere che il loro dio abbia creato la donna da una costola del primo uomo, Adamo, senza mai chiedersi: perché? Se ti chiedi perché, significa che non hai fede. Non vieni "salvato". Se metti in discussione la "parola di dio" significa che "tenti di spiegare dio" anziché limitarti a "credere in dio".

Chiedersi perché, fa parte delle pulsioni della vita, è una manifestazione di Afrodite. Quando la richiesta del perché diventa forte e ossessiva dentro all'Essere Umano perché impedita dalla morale imposta mediante la fede, ecco ergersi le Erinni che dal cuore dell'uomo spezzano ogni legame di fede e morale per impedire la distruzione dell'individuo.

E così quella scienza, che Francesco Bacone liberò dai legacci della superstizione, ci fa comprendere l'assurdo della fede cristiana attraverso l'archeologia.

Da "I Sumeri alle radici della storia" di S. N. Kramer ed. newton:

"Essa fornisce la spiegazione di uno dei più sconcertanti enigmi della leggenda biblica del paradiso: quello posto dal passo in cui si vede dio formare la prima donna, la madre di tutti i viventi, da una costola di Adamo (Genesi II, 2). Perché una costola? Se si ammette l'ipotesi di un influsso della letteratura Sumerica - di questo poema di Dilmun e di altri simili - sulla Bibbia, le cose si fanno chiare. Nel nostro poema una delle parti malate del corpo di Enki è per l'appunto una "costola". Ora, in sumerico costola si dice: ti. La dea creata per guarire la costola di Enki è chiamata Ninti, "La signora della costola". Ma la parola sumerica ti significa pure "far vivere". Gli scrittori Sumerici, giocando sulle parole, giunsero ad identificare "La Signora della costola" con "la Signora che fa vivere". Questo calembour letterario, uno dei primi in ordine di tempo, passò nella bibbia, dove perdette naturalmente il suo valore, poiché in ebraico i termini che significano "costola" e "vita" non hanno nulla in comune. Questa spiegazione fu da me (S. N. Kramer) scoperta nel 1945. Più tardi venni a conoscere che l'ipotesi cui ero giunto per conto mio era stata suggerita trent'anni prima da un grande assirologo, il padre Vincent Scheil, come ebbe a segnalarmi l'orientalista americano William Albright, che pubblicò il mio lavoro. Ciò la rende ancor più verosimile."

Gli antichi avevano ben chiara la relazione esistente fra la vita e la ragione che tentava di descrivere la vita: gli ebrei e i cristiani, nò!

Per loro tutto era forma, tutto era ciò che comprendevano (e la loro capacità di comprensione implodeva su sé stessa anziché espandersi) e ciò che non comprendevano non esisteva nascondendo la loro incapacità di comprendere dietro la patologia psichiatrica della fede: cioè, dell'accettazione passiva mediante sottomissione a qualunque assurdo il loro padrone presentava loro.

Dice Ratzinger:

"Solo così diventa una ragione veramente umana."

Solo nella follia, nella patologia psichiatrica da dipendenza e nell'esaltazione da onnipotenza, la ragione diventa veramente umana.

Altrimenti, come può Ratzinger dominare gli Esseri Umani? Costringerli a sottomettere la loro vita all'assurdo? Come potrebbe annientare la loro esistenza impedendo loro di espandersi nell'infinito da cui sono circondati? Il dio di Ratzinger è logos, parola, descrizione, aggettivi; non è emozione (ti), non è Afrodite, non è azione, né mutamento. Tanto più la parola è misera di contenuti, tanto più la parola necessita di fede per imporsi sull'uomo. Tanto più la parola manifesta conoscenza, scienza, tanto minore è la necessità di fede in cui chiudere lo sconosciuto.

Dice Ratzinger:

"Diventa umana solo se è in grado di indicare la strada alla volontà, e di questo è capace solo se guarda oltre se stessa. In caso contrario la situazione dell'uomo, nello squilibrio tra capacità materiale e mancanza di giudizio del cuore, diventa una minaccia per lui e per il creato. Così in tema di libertà, bisogna ricordare che la libertà umana richiede sempre un concorso di varie libertà"

La volontà è il fondamento della vita. E' la forza con cui il soggetto manifesta l'emozione nella sua oggettività. Così, come risultato della Titanomachia di Zeus, la volontà si trasferisce nella ragione diventando la forza che spinge la ragione a dilatarsi nella sua oggettività. Dilata la descrizione, la conoscenza, la scienza, al fine di fornire all'individuo dei migliori strumenti con cui affrontare la sua realtà. La ragione non può guardare oltre sé stessa. La ragione può dilatarsi comprendendo nella sua descrizione una quantità maggiore dello sconosciuto che la circonda, sia attraverso lo sviluppo scientifico che attraverso la sedimentazione dell'esperienza nell'individuo oppure, può chiudersi su sé stessa facendo della superstizione come fede i limiti invalicabili del mondo descritto.

Dal momento che la ragione, e non la fede, è lo strumento col quale noi comunichiamo agli altri Esseri Umani e che con gli altri Esseri Umani costruiamo le relazioni, in quelle relazioni vanno veicolate le pulsioni di vita relative alle relazioni con gli Esseri Umani. Non si tratta di una volontà finalizzata a reprimere le pulsioni, ma una volontà che manifesta le pulsioni e che la ragione, nelle relazioni con gli Esseri Umani, veicola. Non è un "giudizio del cuore", ma una manifestazione delle emozioni nelle relazioni con e nel mondo in cui viviamo. E' la capacità di veicolare Afrodite, madre e signora delle emozioni, che determina la libertà dell'uomo in tutti gli ambiti in cui esercita la sua azione o scioglie i legamenti delle costrizioni che gli impediscono di agire.

La libertà umana è cosa diversa dalla libertà dell'uomo nella società. La libertà della specie nella Natura è cosa diversa sia dalla libertà dell'uomo nella società che dalla libertà dell'uomo in sé.

La vita scioglie ogni legamento ed ogni costrizione. Le condizioni in cui la vita si dispiega determinano condizioni e limiti nel suo divenire. Questa relazione dialettica, sconosciuta nel cristianesimo, è la forza della vita che spazza via le costrizioni morali della sottomissione cristiana. Che la vita subisca le condizioni in cui si manifesta è un fatto; che la vita accetti e si sottometta alle condizioni è un'aberrazione! La vita agisce per spezzare ogni condizione e ogni limite. Se ciò non fosse, Fanete dalle ali d'oro che per primo uscì dall'uovo primordiale, non avrebbe mai spiccato il suo volo verso l'infinito dei mutamenti.

La vita non è un oggetto separato dall'insieme da cui il singolo vivente è germinato. Solo la fede costringe il singolo cristiano a pensarsi ad immagine e somiglianza del suo dio. La vita del singolo individuo non è disgiunta dalla vita del Sistema Sociale in cui vive; non è disgiunta dalla Specie cui appartiene, non è disgiunta dalla Natura; non è disgiunta dai suoi processi di trasformazione e divenire; non è disgiunta dal Pianeta; non è disgiunta dall'Essere Sole!

Per cui, il mio benessere non può prescindere dal benessere sociale; il benessere degli Esseri Umani non può prescindere dal benessere della Natura; il benessere della Natura non può prescindere dal benessere del Sole o dal benessere della Terra.

E così la mia libertà non può prescindere dalla libertà degli Esseri Umani; la libertà della mia specie non può prescindere dalla libertà di tutte le specie della Natura; la libertà della Natura non può prescindere dalla libertà della Terra e del Sole.

E come gli equilibri sono manifestazione di Madre Temi, le spinte per ripristinare e ricomporre gli equilibri dopo ogni azione e dopo ogni stimolo sono manifestazione dentro agli Esseri di Madre Demetra.

Il cristiano si separa dal mondo. Egli è cosa diversa dal mondo. Egli si immagina onnipotente, dalla "libertà" infinita che esercita mediante la fionda o la megabomba. Il cristiano si immagina il padrone degli Esseri Umani, come il suo dio. Il cristiano immagina l'uomo padrone della Natura (genesi 1,28). In diritto di saccheggiarla. Eccolo, allora, mettere i paletti, "il concorso delle varie libertà", perché il cristiano, ritenendosi il padrone con licenza di saccheggio, è sottoposto ad una gerarchia piramidale di padroni, tutti con licenza di distruzione e di saccheggio, al cui vertice c'è Ratzinger quale rappresentante del suo dio onnipotente: l'unico uomo a cui tutti gli imperatori baciano i piedi!

Dice Ratzinger:

"Questo concorso, tuttavia, non può riuscire, se non è determinato da un comune intrinseco criterio di misura, che è fondamento e meta della nostra libertà. Diciamolo ora in modo molto semplice: l'uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza. Visti gli sviluppi dell'età moderna, l'affermazione di san Paolo citata all'inizio (cfr Ef 2,12) si rivela molto realistica e semplicemente vera. Non vi è dubbio, pertanto, che un "regno di Dio" realizzato senza Dio - un regno quindi dell'uomo solo - si risolve inevitabilmente nella "fine perversa" di tutte le cose descritta da Kant: l'abbiamo visto e lo vediamo sempre di nuovo."

Qual è il "comune intrinseco criterio di misura"? Ratzinger ha un solo concetto di "libertà" legato all'unico concetto che ha dell'uomo inteso come oggetto di proprietà del suo dio. Libertà, per Ratzinger, è il diritto del suo dio di possedere gli uomini. Libertà, per Ratzinger è il diritto del suo dio di macellare le persone senza dover rispondere a regole o a sanzioni: libertà di violare ogni legge, ogni norma, ogni condizione morale. Lui è il padrone; libero di saccheggiare e distruggere. Libertà, per Ratzinger è il suo diritto a possedere le persone. Questo è il concetto di "misura" di Ratzinger che completa affermando: "Diciamolo ora in modo molto semplice: l'uomo ha bisogno di Dio". L'uomo, per Ratzinger, ha bisogno del padrone e lui rappresenta il padrone che possiede gli uomini!

Si tratta della riaffermazione della società schiavista. Riaffermazione del modello sociale cristiano in contrapposizione al modello sociale delle Costituzioni occidentali. Come ha esaltato gli effetti della società schiavista in Bakita o nella prigionia di Paolo di Tarso, così ne riafferma i valori affermando, in modo del tutto arbitrario, che l'uomo ha bisogno del padrone altrimenti non ha speranza quando è evidente che è la disperazione della dipendenza che induce la farneticazione nello sperare anziché modificare le condizioni nel presente.

La fine perversa è la fine della perversione!

Infatti alla citazione di Kant:

"La fine di tutte le cose" di Immanuel Kant a cura di Andrea Tagliapietra e traduzione di Elisa Tetamo, edizione Bollate e Boringhieri:

"Dovesse mai accadere che il cristianesimo cessasse di essere amabile (la qual cosa potrebbe certo capitare se invece di conservare il suo spirito mite venisse munito delle armi di un'autorità dispotica che si impone con l'imperio [ci si chiede dove Kant sia vissuto visto di quanto sangue grondano le mani dei cristiani, del dio della bibbia, del Gesù di Nazareth e della storia del cristianesimo! Nota mia, Claudio Simeoni] ), allora poiché nelle cose morali non vi è posto per la neutralità (e ancor meno per la conciliazione fra principi contrapposti), il rifiuto e l'avversione nei suoi confronti diverrebbe il modo di pensare dominante fra gli uomini e l'Anticristo, in ogni caso ritenuto il precursore del giorno del giudizio, comincerebbe il suo pur breve regno (presumibilmente fondato sulla paura e sull'egoismo). Ma allora, essendo il cristianesimo senza dubbio destinato ad essere la religione universale del mondo, non essendo favorito dalla sorte nel diventarlo, subentrerebbe la fine (capovolta) di tutte le cosa da un punto di vista morale."

Non può altro che realizzarsi la fine dell'ossessione cristiana, proprio perché il cristianesimo non è ciò che la patologia di Kant immaginava. "subentra la fine di tutte le cose" dove, per tutte le cose, significa: "la fine dell'odio che il cristianesimo impone nella società degli Esseri Umani".

Esiste solo un assoluto. E l'assoluto è il divenire umano nella Natura dopo che la società degli Esseri Umani ha messo a proprio fondamento quelle leggi "umane" che le Costituzioni occidentali hanno decretato, ma che il terrore educazionale cristiano impedisce di realizzare.

Non esiste una città di dio da realizzare, né col padrone, né con padroni diversi. Non esiste una "città di dio", perché la società schiavista è estranea al consesso umano, è una perversione e deve essere ridotta nel cestino delle immondizie della storia in cui viene determinata "la fine di tutte le cose perverse".

Riafferma Ratzinger:

"Visti gli sviluppi dell'età moderna, l'affermazione di san Paolo citata all'inizio (cfr Ef 2,12) si rivela molto realistica e semplicemente vera."

E allora proviamo a leggerci il passo citato da Ratzinger:

"Ricordatevi, dunque, che nel passato voi, pagani - che eravate tali di nascita, denominati prepuzio da coloro che si chiamano circoncisione, operazione fatta sulla carne! - ricordatevi che allora voi eravate separati da Cristo, privi del diritto di cittadinanza in Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza dio in questo mondo." Efesini 2, 11-12

Questo marchiare il bestiame è il desiderio di riaffermazione di Ratzinger sugli individui che, privati della loro libertà, diventano i suoi schiavi marchiati. Marchiati nella carne o nell'anima, è lo stesso! Essi, come schiavi, devono riconoscere la marchiatura e considerare, rivendicandolo, il loro ruolo di oggetti posseduti dal dio padrone.

Per Ratzinger, marchiare gli Esseri Umani come bestiame da rinchiudere nel campo di sterminio che chiama "la città di dio" è una condizione realistica.

Le Costituzioni occidentali dicono qualche cosa di diverso!

La società schiavista e gli Esseri Umani ridotti in schiavitù, per le Costituzioni occidentali è il massimo della perversione, del male e dell'orrore!

Questo delirio viene concluso da Ratzinger in un'apoteosi delirante:

"Ma non vi è neppure dubbio che Dio entra veramente nelle cose umane solo se non è soltanto da noi pensato, ma se Egli stesso ci viene incontro e ci parla. Per questo la ragione ha bisogno della fede per arrivare ad essere totalmente se stessa: ragione e fede hanno bisogno l'una dell'altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione."

Cosa dissolve il dubbio?

L'allucinazione patologica? O l'esperienza dei conflitti libidici che si risolvono con le fantasie deliranti?

Freud e la psicanalisi, confermate dalla scienza neuronale, dimostrano il desiderio di dipendenza che, costruito nella prima infanzia, si fissa attraverso l'educazione impedendo all'individuo un'esistenza autonoma dalla sottomissione alla fede. Scrive Freud in Toteme e Tabù:

"Devo questa espressione "onnipotenza dei pensieri", ad un mio intelligentissimo paziente che soffriva di rappresentazioni ossessive, il quale riuscì a dar prova, dopo che fu guarito con la psicanalisi, delle sue doti e del suo buon senso. Egli si era forgiata questa espressione per spiegare tutti gli strani e preoccupanti fenomeni che parevano essersi accaniti contro di lui e gli altri che soffrivano dello stesso male. Gli bastava pensare ad una persona, e, come se l'avesse evocata, questa gli venne incontro. Se improvvisamente chiedeva della salute di un conoscente da molto tempo dimenticato, veniva a sapere che questi era morto proprio allora, così da lasciargli pensare d'aver ricevuto un messaggio telepatico. Se inveiva con un'imprecazione neppure concepita contro un estraneo, poteva aspettarsi che questi moriva dopo poco. Egli stesso, durante la terapia poté chiarirmi in che modo era sorta l'apparenza ingannatrice e come avesse contribuito egli stesso a rinvigorire le sue superstizioni. Tutti i malati ossessivi sono superstizioni [tutti i superstiziosi sono malati ossessivi, sia pur in diverso grado: nota Claudio Simeoni] e in genere contro la loro stessa convinzione.
Nella nevrosi ossessiva ci appare chiarissimo il perpetuarsi dell'onnipotenza dei pensieri; qui i risultati di questo primitivo modo di pensare sono assai prossimi alla coscienza. Ma dobbiamo evitare di riconoscere in ciò una caratteristica particolare a questa nevrosi, in quanto l'indagine psicoanalitica la rivela in tutte le altre nevrosi. In tutte le nevrosi non è determinante, nella formazione dei sintomi, la realtà dei fatti, ma quella del pensiero. I nevrotici vivono in un particolare mondo, in cui, come ho già detto, ha corso solo la "valuta nevrotica"; per loro, solo ciò che è pensato intensamente, rappresentato con passione, ha un effetto, e ha scarsa importanza la concordanza con la realtà esteriore. Durante i suoi attacchi, l'isterico produce e fissa per mezzo di sintomi avvenimenti che si sono verificati solo nella sua fantasia; benché sia vero che, in definitiva, essi si collegano a fatti reali o su questi furono edificati. Nello stesso modo, male si comprenderebbero i rimorsi dei nevrotici se li si volesse ricollegare a effettivi reati. Un nevrotico ossessivo può essere tormentato da un senso di colpa appena giustificato in un omicida; mentre egli, fin dalla propria infanzia, si è comportato nei riguardi del suo prossimo nel modo più riguardoso e scrupoloso. Eppure il suo rimorso è giustificato; esso si fonda sugli intensi e frequenti desideri di morte che inconsciamente si agitano in lui contro il suo prossimo. Esso è giustificato se vengono considerati i pensieri inconsci e non i fatti reali. L'onnipotenza dei pensieri, la sopravvalutazione dei processi psichici nei confronti della realtà, mostrano così una limitata partecipazione alla vita affettiva del nevrotico e a tutto ciò che ne deriva."

Tratto da Totem e Tabù di Sigmund Freud

L'ossessione del dio padrone che entra nelle cose umane. L'ossessione di essere il dio padrone che agisce sulle cose umane!

E l'ossessione viene chiamata da Ratzinger: fede!

La fede ossessiva che deve essere imposta all'uomo al fine di far prigioniera la ragione attraverso i sensi di colpa imposti al suo profondo psichico.

La fede è l'ossessione che, imposta alla ragione, la imprigiona nella gabbia della superstizione. Dell'oscurantismo. Quell'oscurantismo che la Rivoluzione Francese rimosse nelle società degli Esseri Umani e la Psicanalisi individuò nel profondo psichico dell'uomo che il cristianesimo violentava per imporre la dipendenza ossessiva.

La patologia imposta dai cristiani mediante la violenza esercitata col monopolio dell'educazione costruisce nell'individuo quella sindrome da onnipotenza che negando le dinamiche dei fatti e della realtà si ripiega sul pensiero ossessivo che viene riproposto come oggettività sociale.

E' in questa ossessione di onnipotenza che rivela, di fatto, l'impotenza di Ratzinger e dei cristiani di affrontare coerentemente la propria quotidianità. Così, nel suo delirio di onnipotenza Ratzinger immagina un dio creatore e padrone dell'universo che: "Egli stesso ci viene incontro e ci parla". Ma è solo manifestazione delirante!

Povero mondo: quanti dolori ancora ti procureranno i cristiani e il loro bisogno di imporre ossessione ai bambini indifesi!

Marghera, 01 Marzo 2008

Scrive Ratzinger nel ventitreesimo paragrafo dell'Enciclica Spe Salvi:

23. Per quanto riguarda i due grandi temi "ragione" e "libertà", qui possono essere solo accennate quelle domande che sono con essi collegate. Sì, la ragione è il grande dono di Dio all'uomo, e la vittoria della ragione sull'irrazionalità è anche uno scopo della fede cristiana. Ma quand'è che la ragione domina veramente? Quando si è staccata da Dio? Quando è diventata cieca per Dio? La ragione del potere e del fare è già la ragione intera? Se il progresso per essere progresso ha bisogno della crescita morale dell'umanità, allora la ragione del potere e del fare deve altrettanto urgentemente essere integrata mediante l'apertura della ragione alle forze salvifiche della fede, al discernimento tra bene e male. Solo così diventa una ragione veramente umana. Diventa umana solo se è in grado di indicare la strada alla volontà, e di questo è capace solo se guarda oltre se stessa. In caso contrario la situazione dell'uomo, nello squilibrio tra capacità materiale e mancanza di giudizio del cuore, diventa una minaccia per lui e per il creato. Così in tema di libertà, bisogna ricordare che la libertà umana richiede sempre un concorso di varie libertà. Questo concorso, tuttavia, non può riuscire, se non è determinato da un comune intrinseco criterio di misura, che è fondamento e meta della nostra libertà. Diciamolo ora in modo molto semplice: l'uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza. Visti gli sviluppi dell'età moderna, l'affermazione di san Paolo citata all'inizio (cfr Ef 2,12) si rivela molto realistica e semplicemente vera. Non vi è dubbio, pertanto, che un "regno di Dio" realizzato senza Dio - un regno quindi dell'uomo solo - si risolve inevitabilmente nella "fine perversa" di tutte le cose descritta da Kant: l'abbiamo visto e lo vediamo sempre di nuovo. Ma non vi è neppure dubbio che Dio entra veramente nelle cose umane solo se non è soltanto da noi pensato, ma se Egli stesso ci viene incontro e ci parla. Per questo la ragione ha bisogno della fede per arrivare ad essere totalmente se stessa: ragione e fede hanno bisogno l'una dell'altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione.

Marghera, 01 marzo 2008

NOTA: Quando scrissi questi testi non segnavo perfettamente l'indirizzo della citazione pertanto, ci sono delle citazioni delle quali non sono in grado di rintracciare la fonte, tuttavia, pur essendo parte integrante del testo, voglio indicarla come citazione nella speranza di rintracciarne un giorno la fonte e perché sia chiaro che quella è una citazione di un altro autore.

 

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