Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) (1927 - -) e Mario Bergoglio (Francesco) (1936 - -)

Enciclica Lumen Fidei
fede come ascolto e visione

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185815

 

Pagine Lumen Fidei di Bergoglio nella Teoria della Filosofia Aperta - indice

La fede è l'atto con cui l'individuo, per la violenza subita, rinuncia alla sua capacità di critica del presente, rinuncia a chiedersi il perché delle cose, pur di essere accettato e approvato in un ambiente che, continuando ad alimentare la violenza nel controllo della società, non gli consente di vivere altrimenti. Per vivere si intende la possibilità dell'individuo di veicolare la propria struttura libidica affrontando un basso numero di ostacoli.

L'approvazione del dio padrone avviene mediante la cessazione della violenza nei confronti del "fedele" obbediente.

Il bambino si sente approvato nell'ambiente familiare.

Il ragazzo viene approvato nell'ambiente scolastico.

L'adulto viene approvato nell'ambiente sociale e nell'ambiente di lavoro.

I suoi rapporti vengono ritenuti aprioristicamente legittimi solo se si manifestano nella forma determinata e voluta dal dio padrone. Se i rapporti non hanno la forma desiderata dal dio padrone, l'individuo viene preventivamente inquisito; alle sue parole si attribuiscono significati fantasiosi; lo si accusa di mentire.

L'individuo viene aprioristicamente delegittimato in quanto non è un fedele omologato alle direttive del dio padrone e di chi è a guardia della volontà del dio padrone.

Nel Lumen Fidei Ratzinger e Bergoglio si preoccupano di nascondere la violenza psichica e fisica che mettono in atto contro le persone che non sono loro fedeli.

Per questo motivo Ratzinger e Bergoglio non discutono della fede come oggetto in sé e come oggetto divenuto mediante le trasformazioni che modificano la struttura psico-emotiva dell'individuo per adattarlo ai modelli fideistici, ma la fede viene discussa come uno strumento d'uso dell'individuo usato dai fedeli per determinare il suo modo di vivere nella società al servizio del dio padrone dietro al quale i fedeli nascondono le responsabilità da cui si sono dimessi.

Il meccanismo della sindrome di Amsterdam non è altro che una fissazione del meccanismo della dipendenza del soggetto già fissato nella dipendenza attraverso un'educazione nell'infanzia che non lo ha mai emancipato dalla figura paterna e materna. Figure che si riproducono nella società sotto varie forme (il dio padre, il padre padrone, il padrone padre, la dea madre, ecc.).

Scrive Bergoglio e Ratzinger nell'enciclica Lumen Fidei:

29. Proprio perché la conoscenza della fede è legata all'alleanza di un Dio fedele, che intreccia un rapporto di amore con l'uomo e gli rivolge la Parola, essa è presentata dalla Bibbia come un ascolto, è associata al senso dell'udito. San Paolo userà una formula diventata classica: fides ex auditu, "la fede viene dall'ascolto" (Rm10,17). La conoscenza associata alla parola è sempre conoscenza personale, che riconosce la voce, si apre ad essa in libertà e la segue in obbedienza. Perciò san Paolo ha parlato dell' "obbedienza della fede" (cfr Rm 1,5; 16,26). La fede è, inoltre, conoscenza legata al trascorrere del tempo, di cui la parola ha bisogno per pronunciarsi: è conoscenza che s'impara solo in un cammino di sequela. L'ascolto aiuta a raffigurare bene il nesso tra conoscenza e amore.

Il "proprio perché" è un trucco retorico con cui si invita l'interlocutore a condividere un'affermazione vuota nei contenuti e criminali negli intenti.

La parola, in quanto fonte e mezzo dell'inganno, è usato dal dio padrone anche attraverso un Paolo di Tarso che violentando le persone che costringe in ginocchio, parla della loro "fede" perché, in ginocchio, ascoltano la parola del suo dio padrone: di sé stesso che parla a nome del suo dio padrone. La violenza non sta nelle parole, ma nell'azione che ha messo queste persone in ginocchio. In questa posizione, tenute dalla violenza di Ratzinger e Bergoglio, sottoposte a ricatto, le persone sono costrette ad ascoltare una parola riempita solo della violenza dell'azione che l'ha preceduta.

E' la violenza che costringe all'obbedienza. La fede è obbligo d'obbedienza al padrone. Un obbligo all'obbedienza ottenuto con la strage e lo sterminio in cui il tempo prolunga il genocidio generazione dopo generazione. Senza il terrore non c'è obbedienza della fede. Solo il terrore che sottomette ottiene la fede del sottomesso al padrone che lo terrorizza.

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano Paolo di Tarso in Romani 1, 5:

"Gesù padrone nostro dal quale abbiamo ricevuto la grazia e l'apostolato, per portare all'obbedienza della fede, a gloria del suo nome, tutti i Gentili, fra i quali siete anche voi, chiamati da Gesù cristo..."

Paolo di Tarso, Lettera ai Romani 1, 5-6

E ancora Ratzinger e Bergoglio citano Paolo di Tarso per legittimare la violenza con cui ottenere la sottomissione alla fede cristiana.

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano Paolo di Tarso in Romani 16, 25-27:

"A colui che può confermarvi secondo il mio vangelo e la predicazione di Gesù cristo - secondo la rivelazione del mistero tenuto nascosto per secoli eterni, ma ora manifestato e fatto conoscere, per mezzo degli scritti profetici, per disposizione dell'eterno iddio, a tutte le genti, perché si sottomettano all'obbedienza della fede; - all'unico sapiente dio, per mezzo di Gesù cristo, sia gloria nei secoli dei secoli! Amen!"

Paolo di tarso, Lettera ai Romani 16, 25-27

Una dichiarazione di guerra contro la società civile. Una volontà di terrorismo per sottomettere gli uomini ad un padrone privandoli della possibilità di determinare il loro futuro.

La fede è manifestazione di malattia mentale nella quale l'individuo si è dimesso da sé stesso.

Scrive Bergoglio e Ratzinger nell'enciclica Lumen Fidei:

Per quanto concerne la conoscenza della verità, l'ascolto è stato a volte contrapposto alla visione, che sarebbe propria della cultura greca. La luce, se da una parte offre la contemplazione del tutto, cui l'uomo ha sempre aspirato, dall'altra non sembra lasciar spazio alla libertà, perché discende dal cielo e arriva direttamente all'occhio, senza chiedere che l'occhio risponda. Essa, inoltre, sembrerebbe invitare a una contemplazione statica, separata dal tempo concreto in cui l'uomo gode e soffre. Secondo questa concezione, l'approccio biblico alla conoscenza si opporrebbe a quello greco, che, nella ricerca di una comprensione completa del reale, ha collegato la conoscenza alla visione.

Nella verità non c'è ricerca del vero. Dunque, nella verità non c'è la conoscenza, ma solo la schiavitù dell'uomo.

"Io sono la verità" dice Gesù. Non esiste, per la chiesa cattolica, una verità al di fuori di Gesù. Per questo le affermazioni di Ratzinger e di Bergoglio sono ingannevoli. Sono volte a rubare la capacità dell'uomo di cercare il vero perché l'uomo, per Ratzinger e Bergoglio, deve essere violentato per essere sottomesso alla verità: a Gesù.

L'uomo aspira ad un tutto. Ma il tutto cui aspira l'uomo è il proprio divenire magico nel divenire magico della Natura. La sensazione del "tutto" dell'uomo è nel tempo, nel mondo di Padre Cronos nel quale Padre Zeus ha operato ritagliando da esso il mondo della forma e della quantità: della ragione. Questa aspirazione degli Esseri della Natura nel cristianesimo di Ratzinger e di Bergoglio diventa la malattia nostalgica di quanto è andato perduto. L'aspirazione ad un paradiso perduto. L'aspirazione ad un assoluto razionale che diventa proiezione dell'uomo, fallito nella sua esistenza, in un uomo assoluto, in un uomo delirante, che anela all'onnipotenza identificata nel dio padrone. Ma il dio padrone, questo assoluto, è la rappresentazione assoluta del fallimento esistenziale, come manifestazione della malattia psichiatrica in cui il fallimento ha condotto l'individuo.

Gli schiavi, di Ratzinger e Bergoglio, ascoltano in ginocchio il loro dio padrone e obbediscono agli ordini anche quando gli ordini conducono l'uomo alla strage e al genocidio. Quando gli ordini conducono all'odio sociale e al disprezzo per la vita. Lo schiavo, di Ratzinger e di Bergoglio, deve amare il dio padrone e disprezzare la vita: disprezzare il corpo, l'ambiente e la società civile. Questi oggetti diventano degni di rispetto solo quando l'uomo li riconosce come proprietà del suo dio padrone. Quando deve rispettare il proprio corpo non in quanto sé stesso, ma in quanto proprietà del dio padrone, creato dal dio padrone e allora, quando lo riconosce come proprietà del suo dio e non come sua proprietà, mette in atto la morale del suo dio anche quando tale morale danneggia il proprio corpo e la propria vita. Lo schiavo di Ratzinger e di Bergoglio quando deve rispettare l'ambiente non lo rispettano in quanto parte del loro divenuto e in quanto ambiente da cui l'uomo è germinato, ma sono tenuti a rispettarlo in quanto proprietà del loro dio padrone. Un oggetto posseduto dal loro dio padrone, da cui essi sono alienati, che devono rispettarlo non in quanto insieme di coscienze e di soggetti che agiscono, ma in quanto oggetto di possesso del loro dio padrone. Quando lo schiavo di Ratzinger e di Bergoglio deve rispettare la società civile non la deve rispettare in quanto questa è la sua società nella quale deve vivere secondo le regole sociali, ma deve rispettarla solo in quanto oggetto di proprietà del dio padrone che manifesta elementi morali e dogmi propri del dio padrone. La società non i quanto sistema di relazioni fra gli uomini, ma mezzo con cui imporre agli uomini il dio padrone. Quando una società non si ritiene oggetto di possesso del dio padrone, allora l'uomo si estranea da essa e agisce per distruggere la società in quanto questa deve diventare proprietà del dio padrone. Come fa Gesù con il "giovane ricco" che deve distruggere le sue ricchezze (la sua società) per diventare povero ed oggetto di proprietà del dio padrone per sperare nella benevolenza del dio padrone: per partecipare al tutto dio padrone!

Ascoltare il padrone, come imposto da Ratzinger e Bergoglio, si oppongono non alla visione come immaginata da Ratzinger e Bergoglio, ma all'analisi critica del reale vissuto in cui l'uomo anziché obbedire ad un padrone analizza la realtà e sceglie, di volta in volta, attraverso le sue passioni che guidano la sua analisi che si trasforma in visione e in sensazione. La SUA sensazione, la SUA visione e non l'obbedienza alla voce di un padrone che può essere ascoltata solo a chi ha rinunciato a percorrere le trasformazioni dell'infinito nel tempo.

Scrive Bergoglio e Ratzinger nell'enciclica Lumen Fidei:

E' invece chiaro che questa pretesa opposizione non corrisponde al dato biblico. L'Antico Testamento ha combinato ambedue i tipi di conoscenza, perché all'ascolto della Parola di Dio si unisce il desiderio di vedere il suo volto. In questo modo si è potuto sviluppare un dialogo con la cultura ellenistica, dialogo che appartiene al cuore della Scrittura. L'udito attesta la chiamata personale e l'obbedienza, e anche il fatto che la verità si rivela nel tempo; la vista offre la visione piena dell'intero percorso e permette di situarsi nel grande progetto di Dio; senza tale visione disporremmo solo di frammenti isolati di un tutto sconosciuto.

Per costruire gli uomini come schiavi è necessario che prima rinuncino alle loro capacità di critica del presente. Per far questo devono essere ridotti all'obbedienza della parola del dio padrone senza nessuna possibilità di analisi critica della stessa. Così, il macellaio di Sodoma e Gomorra, l'assassino dei bambini egiziani, il terrorista che macella l'umanità col diluvio universale diventa il soggetto che legittima il diritto al terrore per imporre l'obbedienza che distrugge la capacità critica dell'uomo nel suo presente. Questo ascolto dello schiavo, per Ratzinger e Bergoglio, diventa la condizione desiderabile. La condizione imposta dalla bibbia. La bibbia impone la legittimazione del terrorismo nei confronti dell'uomo, lo privava della sua capacità di critica del presente e lo riduce a nulla: ridurre a nulla coloro che sono (Paolo di Tarso, 1 Corinti 1, 28).

Una volta che l'uomo ha rinunciato alla sua capacità di critica del presente, trasformato in schiavo che ascolta la parola del padrone, non gli resta altro che legittimare la sua schiavitù portando il padrone nell'ambito dei sensi. I sensi, che riassumono le pulsioni desideranti nel "vedere" nella descrizione dell'immagine, rispondono mediante l'apparato neuronale stuprato dalla sottomissione e dall'accettazione desiderante. Così partono le allucinazioni proprie del delirio di onnipotenza: e lo schiavo realizza il volto del padrone. Il padrone, il dio padrone di Ratzinger e Bergoglio che costruiscono la schiavitù, non è più l'oggetto immaginato dedotto dalla voce che impone morale e obbedienza, ma è anche il volto che rassicura del premio lo schiavo obbediente.

Per questo, il grande progetto del dio padrone di Ratzinger e di Bergoglio di trasformare gli uomini in schiavi che hanno rinunciato alla capacità critica nel loro presente, si realizza nella malattia mentale che rassicura lo schiavo della permanenza nell'obbedienza e nella sottomissione.

Scrive Bergoglio e Ratzinger nell'enciclica Lumen Fidei:

30. La connessione tra il vedere e l'ascoltare, come organi di conoscenza della fede, appare con la massima chiarezza nel Vangelo di Giovanni. Per il quarto Vangelo, credere è ascoltare e, allo stesso tempo, vedere. L'ascolto della fede avviene secondo la forma di conoscenza propria dell'amore: è un ascolto personale, che distingue la voce e riconosce quella del Buon Pastore (cfr Gv 10,3-5); un ascolto che richiede la sequela, come accade con i primi discepoli che, "sentendolo parlare così, seguirono Gesù" (Gv 1,37). D'altra parte, la fede è collegata anche alla visione. A volte, la visione dei segni di Gesù precede la fede, come con i giudei che, dopo la risurrezione di Lazzaro, "alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui" (Gv 11,45). Altre volte, è la fede che porta a una visione più profonda: "Se crederai, vedrai la gloria di Dio" (Gv 11,40). Alla fine, credere e vedere s'intrecciano: "Chi crede in me [...] crede in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato" (Gv 12,44-45). Grazie a quest'unione con l'ascolto, il vedere diventa sequela di Cristo, e la fede appare come un cammino dello sguardo, in cui gli occhi si abituano a vedere in profondità. E così, il mattino di Pasqua, si passa da Giovanni che, ancora nel buio, davanti al sepolcro vuoto, "vide e credette" (Gv 20,8); a Maria Maddalena che, ormai, vede Gesù (cfr Gv 20,14) e vuole trattenerlo, ma è invitata a contemplarlo nel suo cammino verso il Padre; fino alla piena confessione della stessa Maddalena davanti ai discepoli: "Ho visto il Signore!" (Gv 20,18).

Ratzinger e Bergoglio non argomentano sulle loro affermazioni deliranti, ma ricorrono alla certificazione del loro delirio riferendosi ad un tempo passato che certifichi le loro farneticazioni nel presente.

Le farneticazioni deliranti del Vangelo di Giovanni, anziché essere sottoposte alla critica dell'analisi del presente, vengono usate da Ratzinger e da Bergoglio come verità che impongono la verità della farneticazione attuale.

Quando Ratzinger e Bergoglio farneticano affermando che:

La connessione tra il vedere e l'ascoltare, come organi di conoscenza della fede, appare con la massima chiarezza nel Vangelo di Giovanni.

Non danno nessuna dimostrazione al loro interlocutore o ai loro schiavi obbedienti, ma rimandano le prove delle loro farneticazioni ad un passato in cui i loro interlocutori non sono in grado di sviluppare una critica sufficiente tale per affermare "Giovanni è un truffatore!". Dal momento che l'interlocutore, secondo Ratzinger e Bergoglio, non è in grado di affermare che le affermazioni di Giovanni nel suo vangelo hanno la finalità di imbrogliare, ingannare, circuire le persone per rubare loro la vita, anche le affermazioni ingannatrici e criminali di Ratzinger e di Bergoglio non possono, secondo tale logica, essere imputate di intenzioni criminali.

Questa logica riparerebbe Ratzinger e Bergoglio dall'accusa di atti criminali in quanto la loro attività è una continuazione degli atti criminali di Giovanni come esposti nei suoi vangeli. Dal momento che la farneticazione è farneticazione se non è argomentata in maniera sufficiente e dal momento che la filosofia e la teologia non ammettono come prova logica il terrorismo con cui si bruciano vive le persone se non aderiscono a tale logica, ne consegue che i deliri fideistici di Giovanni vanno circoscritti nell'ambito della patologia e dell'attività criminale di destabilizzazione Istituzionale al fine di garantire al macellaio di Sodoma e Gomorra un ingiusto profitto (e l'impunità).

Le citazioni fatte da Ratzinger e da Bergoglio del Vangelo di Giovanni denotano la necessità di legittimare le forme patologiche del delirio di onnipotenza perché sono quelle forme patologiche che aiutano la chiesa cattolica a legittimare la fede e a riprodurre la patologia psichiatrica sia nevrotica che schizofrenica che porta alle allucinazioni e al delirio di onnipotenza.

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano il vangelo di Giovanni 10, 3-5:

"In verità, in verità vi dico: chi non entra nell'ovile per la porta, ma vi sale per altra via, è ladro e assassino; invece chi entra per la porta è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce; le pecore sue egli le chiama per nome e le conduce fuori. Quando ha fatto uscire tutte le pecore sue, cammina davanti ad esse e le pecore vanno dietro a lui, perché conoscono la sua voce. Invece ad un estraneo non andranno mai dietro, anzi fuggiranno da lui, perché non conoscono la voce degli estranei."

Vangelo di Giovanni 10, 1-5 (detta parabola del buon pastore).

Se qualcuno mi dice "In verità, in verità ti dico che tutti loro sono delinquenti..." io deduco che lui è il delinquente. Infatti, non precisa in che cosa o perché siamo dei ladri o degli assassini, ma afferma che dal momento che mettono in pericolo ciò che egli considera una sua proprietà devono essere necessariamente ladri e assassini. Però non precisa chi abbia assassinato e chi abbia derubato per assicurarsi la proprietà di quello che lui chiama "sue pecore". Da cui deduco che Gesù è ladro e assassino che, accusando altri, nasconde i suoi delitti con cui vuole sancire la proprietà sugli individui ridotti a pecore.

Chi sono le pecore?

Lo dice in Giovanni 1, 37. I suoi apostoli sono le pecore che uditolo lo seguirono. Uditolo a dire cosa? La patologia psichiatrica, la malattia mentale del delirante, non presuppone una spiegazione logica, ma presuppone un'affermazione che impone accettazione.

Per questo non si discute sull'orrore criminale manifestato da Gesù che pretende di possedere uomini trasformati in pecore obbedienti, ma si sposta l'attenzione su altri che potrebbero mettere in discussione la violenza con cui Gesù ha violentato le persone trasformandole in pecore.

Questa trasformazione in pecore, per Ratzinger e Bergoglio, è la voce del padrone che dopo aver allontanato gli uomini dalla società civile e averli trasformati in soggetti angosciati e disperati trovano sollievo dall'angoscia seguendo il Gesù padrone che le porta al macello della vita. Questo terrore dell'angoscia viene chiamato da Ratzinger e da Bergoglio, fede.

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano il vangelo di Giovanni 1, 37:

"Il giorno dopo, Giovanni era ancora sul luogo con due dei suoi discepoli. Fissando Gesù che passava, esclama: "Ecco l'agnello di dio!" Quei due discepoli l'udirono mentre parlava e andarono dietro a Gesù. Gesù, voltandosi, vide che lo seguivano, e disse loro: "Che cercare?" Gli risposero: "Rabbi" (che tradotto significa maestro), "dove abiti?" Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava, e per quel giorno restarono con lui."

Vangelo di Giovanni 1, 35-39 (detta parabola dei primi discepoli)

Abbiamo visto come Ratzinger e Bergoglio pretendano la costruzione e il possesso del gregge ma in questo passo di Giovanni, come in tutte le forme di delirio patologico, si evita di dire cosa Gesù avesse detto per indurre quelle due persone a seguirlo. Sappiamo che per andare a "prostitute" o a "prostituti" bastano due battute e un pugno di euro (a seconda delle tariffe). Quanto dice Giovanni nel passo del vangelo citato da Ratzinger e da Bergoglio fa pensare che Gesù abbia detto, riportato al giorno d'oggi: "Chi viene a fottermi gli do 200 euro!" o "Chi viene a farsi fottere gli do 200 euro!". Affermazione che si adatta molto bene all'idea ebraica dell'"agnello di dio" o all'"agnello sacrificale". Allora è logico, in questa situazione, che "Quei due discepoli l'udirono mentre parlava e andarono dietro a Gesù.".

Diversa sarebbe stata l'interpretazione se Giovanni avesse precisato che cosa diceva Gesù. Da che cosa diceva si sarebbe potuto distinguere il filosofo dal delirante, il profeta dal truffatore di piazza, il veggente dall'individuo intossicato da oppio o da amanita muscaria.

Questa interpretazione viene confermata dal passo del vangelo di Giovanni citato da Ratzinger e da Bergoglio.

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano il vangelo di Giovanni 11, 45:

"Molti dei Giudei, che erano venuti da Maria e videro quello che fece, credettero in lui. Alcuni di loro però andarono dai Farisei e raccontarono ad essi quello che aveva fatto Gesù. Convocato il sinedrio, i Sommi Sacerdoti e i Farisei dicevano. "Che facciamo? Quest'uomo fa molti prodigi! Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui, e verranno i Romani e distruggeranno tempio e nazione."

Vangelo di Giovanni 11, 45-48 (detto: Il sinedrio contro Gesù)

Quando qualcuno fa un trucco da illusionista, le persone si dividono in quelli che credono al trucco e chi pensa che sotto ci sia un trucco e chi pensa che il trucco abbia altre finalità. Il fatto che alcune persone vedano il trucco e credano che Gesù faccia resuscitare i morti, è dato dal fatto che queste persone si aspettano che Gesù le faccia resuscitare a loro volta. Il trucco, per organizzarlo, serve molta preparazione e se a Gesù riesce il colpo di scena, nessun altro sarà resuscitato.

Era un trucco e ciò che si deduce dal vangelo di Giovanni era che il trucco di Gesù avesse delle finalità di eversione dell'ordine sociale. Che avesse gli intenti di sovversione al punto tale da paventare l'intervento delle legioni Romane.

Il vangelo di Giovanni fu scritto dopo il cento d.c., quando Gerusalemme era stata rasa al suolo per la rivolta dei cristiani del 70 che mise a ferro e fuoco la città pretendendo che tutti si prostrassero davanti al loro profeta. 20 anni impiegarono i romani a capire che la rivolta degli zeloti, a cui si rifaceva il movimento eversivo e criminale di Gesù, aveva il solo scopo di pretendere la sottomissione al loro dio padrone. Giovanni, che scrive il vangelo dopo questi fatti, è interessato a diffondere la paura per l'intervento dei romani perché Gesù ha resuscitato un morto e non perché aveva macellato la guarnigione romana, dopo che si era arresa, di stanza a Gerusalemme.

E' abbastanza logico, in questo contesto, pensare che una parte degli astanti, anziché cadere nel trucco da illusionista di Gesù fosse andata ad avvertire l'autorità di che cosa Gesù stava combinando con i suoi trucchi. Se ha fatto resuscitare un morto, ne poteva far resuscitare centomila, allora non di trucco si sarebbe trattato.

Che in Giovanni sia scritta una fanfaronata degna del peggior truffatore che violenta la società civile, appare chiaro nella citazione, sempre del brano della resurrezione di Lazzaro, citato subito dopo da Ratzinger e da Bergoglio.

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano il vangelo di Giovanni 11, 40:

Gesù disse: "Togliete la pietra." Marta, la sorella del morto, gli dice: "Signore, già puzza: son quattro giorni!" Gesù a lei: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di dio?" Tolsero la pietra, Gesù alzò gli occhi al cielo e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io lo sapevo che mi ascolti sempre, ma l'ho detto per la folla che mi sta intorno, perché credano che tu mi hai mandato."

Vangelo di Luca 11, 39-42

La dichiarazione di Gesù è la classica dichiarazione dell'illusionista che vuole dichiarare che la sua azione non è un trucco, ma il frutto di poteri soprannaturali. L'abracadabra viene dall'attività di Gesù e ogni truffatore recita, come Gesù, il suo abracadabra perché il potere divino lo sta assecondando. Il suo abracadabra non è fatto "per truffare le persone", ma "affinché le persone credano che tu mi hai mandato": esattamente in questo consiste la truffa di Gesù!

I vangeli non argomentano la "sapienza" o il "messaggio" di Gesù, ma affermano allineando affermazione dopo affermazione pretendendo acriticità e sottomissione ad ogni affermazione.

"Non ti ho detto" dice Gesù a Marta " che se credi vedrai la gloria di dio?" E allora, perché Gesù ha bisogno di dimostrare la "gloria di dio" con un trucco da illusionista per ottenere la credenza?

Vedere è credere, dicono Ratzinger e Bergoglio, ma evitano di dire a quante illusioni e a quante allucinazioni sono sottoposti i nostri occhi e come la fede, imposta mediante la violenza, sfrutti proprio le illusioni, le allucinazioni, le angosce e la disperazione degli uomini per poter essere imposta e, una volta imposta, la fede ruba agli uomini anche l'ultima possibilità di eternità: trasforma la morte del corpo fisico nella morte della loro possibilità di eternità rinchiudendoli nell'illusione di una seconda possibilità. Gesù promette la seconda possibilità dopo aver costruito il fallimento esistenziale delle persone trasformate in un gregge di pecore che lui porta al macello della vita.

Questa osservazione appare chiara e lampante alla luce dell'ulteriore citazione da parte di Ratzinger e Bergoglio dell'altro passo del vangelo di Giovanni.

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano il vangelo di Giovanni 12, 44-45:

"Ma Gesù gridò: "Chi crede in me non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; e chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto come luce nel mondo, perché chiunque crede in me non resti nelle tenebre. E se uno ascolta le mie parole e non le custodisce, non sono io a giudicarlo, perché non sono venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non riceve le mie parole ha chi lo giudica: la parola che ho detto, sarà essa a giudicarlo nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato per mio conto, ma il padre che mi ha mandato, lui mi ha comandato che cosa dire e che cosa annunciare. E io so che il suo comando è vita eterna. Perciò le cose che annuncio io, le annuncio così come me le ha dette il padre."

Vangelo di Giovanni 12, 44-50

E' il grido del disperato. Il grido del fallito. Il grido del delirante. Spaccia una merce come fosse una dose di eroina e dal momento che non è in grado di giustificarne l'utilità per l'uomo invoca il superpotere dal quale egli millanta di dipendere.

Un disperato che vive nelle tenebre della coscienza e che urla la sua disperazione chiamando le sue tenebre luce solo per poterle spacciare.

"Io sono il superuomo", dice Gesù. Se voi non vi mettete in ginocchio davanti a me (chi mi rifiuta e non riceve le mie parole) con la parola vi farò torturare e condannare a morte (la parola che ho detto sarà essa a giudicarlo). Gesù minaccia, ricatta, insulta l'intelligenza delle persone in una farneticazione che suona come un insulto e un'ingiuria alla società civile.

Il superuomo Gesù, il superuomo modello dello stragismo nazista, non ha nemmeno la dignità di assumersi la responsabilità di quanto va farneticando e preferisce nascondersi dietro ad un superpotere di cui egli si presenta come agente sterminatore.

A Ratzinger e a Bergoglio si presenta la necessità di certificare il delirio da onnipotenza "dimostrando" che non di delirio si tratta, ma della voce onnipotente del loro dio padrone.

In un mondo in cui Orfeo, Ulisse, Ercole, sono andati e tornati dal mondo infero; in un mondo in cui Inanna, Astarte, entra negli inferi, viene crocifissa e risale alla luce; in un mondo in cui Baal, Adone, Tammuz e Mitra rinascono ad ogni stagione, vuoi che il delirante di Ratzinger e Bergoglio, la cui storia è costruita prendendo anche da quei modelli, non rinasca a sua volta?

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano il vangelo di Giovanni 20, 8:

"Allora entrò anche l'altro discepolo che era arrivato per primo al sepolcro. Vide e credette. Difatti ancora non avevano capito la scrittura, che lui doveva risorgere dai morti. Quindi i discepoli tornarono a casa loro."

Vangelo di Giovanni 20, 8-10

Orfeo, Ulisse, Ercole, Inanna, Astarte, Baal, Adone, Tammuz e Mitra non si servivano di questi trucchi per spacciarsi per onnipotenti. La loro rinascita era nel racconto e non era fatta per violentare le persone affinché si sottomettessero credendo.

Solo Gesù usa l'episodio per crear sottomissione e alimentare la creduloneria attraverso un'azione da ciarlatano.

Le persone non hanno bisogno di credere in Orfeo, Ulisse, Ercole, Inanna, Astarte, Adone, Baal, Tammuz e Mitra: esse stesse sono Orfeo, Ercole, Ulisse, Inanna, Astarte, Adone, Baal, Tammuz o Mitra. Loro entrano nell'inferno della vita quotidiana e risolvono i loro problemi esistenziali. Proprio perché rinascono nuovi dopo la soluzione di ogni problema esistenziale trionfano sulla "morte" che è resa dell'uomo davanti al dilemma.

Gesù si è arreso davanti ai dilemmi esistenziali. Vive come uno sconfitto. Lui non è colui che ara e semina, ma è colui che ruba là dove non ha piantato e miete, rapinando, dove non ha seminato (Luca 19, 22; Matteo 25, 26). Gesù non è colui che si preoccupa per il bene della società, sono i pagani che si preoccupano di lavorare affinché ci sia abbondanza di cibo e di vestiti nella società (Matteo 6, 31-32). Il delirio di Gesù va verso la negazione di ogni problema sociale. Le persone devono essere costrette alla miseria perché:

"In verità vi dico: vi sono alcuni fra i qui presenti che non gusteranno la morte prima di aver visto il figlio dell'uomo [Gesù] venire nel suo regno."

Vangelo di Matteo 16, 28

Gesù è un povero farneticante che attende la fine del mondo come soluzione della sua disperazione esistenziale. Ben diverso è l'onore di Orfeo, Ulisse, Ercole, Inanna, Astarte, Adone, Baal, Tammuz e Mitra. Agiscono e risorgono nel cuore di ogni donna e uomo che indomiti affrontano la loro vita quotidiana risorgendo a nuova vita ogni volta che risolvono i problemi esistenziali.

Il personaggio Giovanni, che scrive il vangelo citato da Ratzinger e Bergoglio, sa perfettamente di scrivere menzogne e vuole lasciare aperta la porta al dubbio. Che qualcuno, per caso, non pensi che tutto ciò sia vero e non "me lo giri contro".

Ratzinger e Bergoglio a sostegno delle loro tesi citano il vangelo di Giovanni 20, 14 e 20, 18:

Detto questo si volta indietro e vede Gesù che stava lì. Ma non sapeva che era Gesù. Gesù le dice: "Donna perché piangi? Chi cerchi?" Essa, credendo che fosse il giardiniere, gli dice: "Signore se l'hai portato via tu dimmi dove l'hai posto e io me lo riprenderò." Le dice Gesù: Maria." Lei si volta e in ebraico gli dice. "Rabbunì!" (cioè maestro). Gesù le dice: "Lasciami. Ancora non sono salito al padre. Ma va dai fratelli miei e dì loro : - Salgo al padre mio e padre vostro, dio mio e dio vostro.-" Maria di Magdala va ad annunciare ai discepoli: "Ho visto il signore e questo mi ha detto!"

Vangelo di Giovanni 20, 14-18

Per quel che mi riguarda, appare chiaro che queste "donne" hanno scambiato il giardiniere per Gesù. Infatti, il giardiniere non dice qualche cosa di diverso da quello che direbbe un giardiniere un po' esaltato com'è la figura di Gesù descritta da Giovanni. Chi spera nella resurrezione perché angosciato dal suo fallimento esistenziale, vuole vedere una seconda possibilità d'esistenza. In quel caso lui, nel giardiniere, vede Gesù, il risorto come possibilità della sua resurrezione. Nello stesso modo in cui qualcuno ha visto nel catarro l'apparizione di padre Pio.

In questa citazione siamo all'apoteosi dell'illusione e dell'inganno. Che senso ha che Gesù dica "lasciami" quando non l'ha preso?

E' evidente che "truffare equivale a indurre a credere!"

E che cosa dice Maria di Magdala ai discepoli? Non dice "Ho scambiato il giardiniere per Gesù!" e nemmeno dice "Ho visto uno che sembrava Gesù che ha detto....". Lo stesso atteggiamento è proprio degli schizofrenici che vivono le loro allucinazioni. L'oggetto della loro allucinazione è ciò che la loro allucinazione presenta loro soddisfacendo il loro desiderio libidico.

In tutte le citazioni postate da Ratzinger e da Bergoglio non ce né una che soddisfi i requisiti minimi dell'argomentazione propria del confronto sociale. Non ce né una che articoli un pensiero religioso riconducibile nei termini della filosofia o nei termini della logica di vita dell'uomo. Tutte le affermazioni pretendono la sottomissione acritica dell'uomo. Si tratta di farneticazioni riconducibili alla malattia mentale e al delirio di onnipotenza.

Ora che sappiamo che Ratzinger e Bergoglio hanno sposato il delirio prodotto dall'angoscia del fallimento esistenziale e che per riprodurre tale delirio devono seminare fallimento esistenziale fra gli uomini in modo che siano costretti all'angoscia, possiamo continuare a leggere le farneticazioni dell'Enciclica Lumen Fidei:

Scrive Bergoglio e Ratzinger nell'enciclica Lumen Fidei:

Come si arriva a questa sintesi tra l'udire e il vedere? Diventa possibile a partire dalla persona concreta di Gesù, che si vede e si ascolta. Egli è la Parola fatta carne, di cui abbiamo contemplato la gloria (cfr Gv 1,14). La luce della fede è quella di un Volto in cui si vede il Padre. Infatti, la verità che la fede coglie è, nel quarto Vangelo, la manifestazione del Padre nel Figlio, nella sua carne e nelle sue opere terrene, verità che si può definire come la "vita luminosa" di Gesù. Ciò significa che la conoscenza della fede non ci invita a guardare una verità puramente interiore. La verità che la fede ci dischiude è una verità centrata sull'incontro con Cristo, sulla contemplazione della sua vita, sulla percezione della sua presenza. In questo senso, san Tommaso d'Aquino parla dell'oculata fides degli Apostoli - fede che vede! - davanti alla visione corporea del Risorto. Hanno visto Gesù risorto con i loro occhi e hanno creduto, hanno, cioè, potuto penetrare nella profondità di quello che vedevano per confessare il Figlio di Dio, seduto alla destra del Padre.

Non diverte che Ratzinger e Bergoglio affermino che "loro hanno creduto perché hanno visto", dal momento che nessuno ha visto che loro hanno visto. E' una truffa e un inganno. Costringono le persone a vivere nell'immaginazione di un dio che parla loro alimentando il loro delirio di onnipotenza e intanto separano quelle persone dalla società. E' come affermare "Gesù è esistito!". E' falso! Non è mai esistito se non nell'immaginazione malata di chi ha scritto i vangeli trasformando il loro fallimento esistenziale in un progetto di devastazione sociale chiamato Gesù. Per affermare che Gesù sia esistito serve che qualcuno lo abbia visto e ne abbia raccontato, ma la logica razionale vuole che dal momento che non è mai esistito un dio creatore e padrone dell'universo (se non come proiezione mentale di un padrone sociale ben materiale), ne consegue che non è esistito tutto ciò che crea supporto a ciò che appare come un delirio frutto da malattia mentale. Oggi sappiamo che Gesù non è mai esistito, però sappiamo che il delirio chiamato Gesù è un coagulo e giustificazione di una malattia mentale diffusa nella società. Una malattia mentale che attraverso la sottomissione a Gesù si riproduce generazione dopo generazione creando conflitti che impediscono la vita dell'uomo.

Gesù non è mai esistito se non nell'immaginario malato del delirante. La parola non può farsi carne perché solo la carne può farsi parola. La parola è espressa dalla carne e non viceversa. Affermare il contrario significa voler avere il controllo degli uomini, della loro vita, del loro corpo. La parola spiega, giustifica articola le affermazioni, se la parola non spiega la parola non è.

Una volta costruita l'angoscia nei bambini, violentati e costretti a diventare dipendenti dall'idea del "padre onnipotente", tutte le farneticazioni allucinatorie curate dalla psichiatria per il malato diventano oggetto reale. Ma è il sintomo dell'angoscia che cerca una seconda possibilità d'esistenza dopo il fallimento esistenziale in un modello, quello di Gesù, che rappresenta il fallimento esistenziale per eccellenza. Gesù non è un uomo che vive fra gli uomini, è un padrone che stupra la vita degli uomini pretendendone il possesso.

Io ho visto Orfeo scendere nell'Ade: Orfeo mi ha insegnato il coraggio delle passioni e delle emozioni e col suo gesto mi ha spiegato che essere appassionati implica entrare in tanti inferni dai quali solo l'uomo coraggioso e attrezzato può uscire. Gli altri, i disperati, vengono imprigionati nell'Ade dell'angoscia e vivono la disperazione sperando nella seconda possibilità.

Io ho visto Ulisse scendere nell'Ade: Ulisse mi ha insegnato che la conoscenza va cercata, quando serve, anche oltre i confini del mondo e che un cuore impavido può entrare e uscire dall'Ade arricchendo la propria conoscenza. C'è sempre un Tiresia da interrogare.

Tutti gli Dèi e gli uomini mi hanno spinto ad essere un uomo che vive con passione, Gesù è lo sborone che millanta di scendere all'Ade per ridurre gli uomini in schiavitù. Per ridurli all'obbedienza. Per costringerli alla fede che distrugge la loro vita. Solo coloro che si impossessano degli uomini, che vivono del commercio di uomini obbedienti e sottomessi, che trafficano in schiavi e violentano le donne affinché non abortiscano, loro si immedesimano nel delirio di onnipotenza e ritengono che la malattia mentale descritta nei vangeli di un pazzo che va farneticando di essere il padrone in quanto figlio del dio padrone, abbia un qualche fondamento di verità.

Scrive Bergoglio e Ratzinger nell'enciclica Lumen Fidei:

31. Soltanto così, attraverso l'Incarnazione, attraverso la condivisione della nostra umanità, poteva giungere a pienezza la conoscenza propria dell'amore. La luce dell'amore, infatti, nasce quando siamo toccati nel cuore, ricevendo così in noi la presenza interiore dell'amato, che ci permette di riconoscere il suo mistero. Capiamo allora perché, insieme all'ascoltare e al vedere, la fede è, per san Giovanni, un toccare, come afferma nella sua prima Lettera: "Quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto [...] e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita." (1 Gv 1,1). Con la sua Incarnazione, con la sua venuta tra noi, Gesù ci ha toccato e, attraverso i Sacramenti, anche oggi ci tocca; in questo modo, trasformando il nostro cuore, ci ha permesso e ci permette di riconoscerlo e di confessarlo come Figlio di Dio. Con la fede, noi possiamo toccarlo, e ricevere la potenza della sua grazia. Sant'Agostino, commentando il passo dell'emorroissa che tocca Gesù per essere guarita (cfr Lc 8,45-46), afferma: "Toccare con il cuore, questo è credere". La folla si stringe attorno a Lui, ma non lo raggiunge con il tocco personale della fede, che riconosce il suo mistero, il suo essere Figlio che manifesta il Padre. Solo quando siamo configurati a Gesù, riceviamo occhi adeguati per vederlo.

Dov'è l'argomentazione che prova l'affermazione?

"Soltanto così, attraverso l'Incarnazione, attraverso la condivisione della nostra umanità, poteva giungere a pienezza la conoscenza propria dell'amore".

Non esiste un oggetto che possa incarnarsi, non esiste un oggetto disincarnato, non esiste un soggetto che possa condividere l'umanità perché la "nostra umanità" non è un oggetto in sé, ma il frutto di un divenuto generatosi per trasformazioni soggettive e non sappiamo quanto ancora si può trasformare; non esiste qualche cosa definibile come "pienezza" se non elevando il proprio desiderio insoddisfatto in un delirio dell'immaginazione; non esiste un amore che non sia fusione emotiva reciproca.

L'affermazione di Ratzinger e di Bergoglio non è solo delirante, ma è un'affermazione che ha lo scopo di alimentare i deliri con cui avviene il controllo sociale degli uomini. Un controllo sociale che ha come scopo la distruzione della vita dell'uomo: del suo divenire magico nell'infinito dei mutamenti.

Io ho visto l'inizio e la fine dell'universo. Io non ho bisogno che le persone credano perché la visione è quanto mi appartiene e non è un mezzo per il controllo e il dominio delle persone. Ratzinger e Bergoglio non ha visto il macellaio di Sodoma e Gomorra, ma ne millanta l'amore per poter reiterare altri genocidi di altre Sodoma e Gomorra.

Coloro che praticano il genocidio hanno in Gesù il modello giustificativo di tale pratica: non fu forse Gesù che distrusse l'albero di fichi maledicendolo perché non gli ha dato i fichi quando voleva? E non è forse la maledizione che ha consentito ai cristiani di macellare gli ebrei, genocidio dopo genocidio, perché non si erano fatti fichi alle fauci fameliche di Gesù?

Agostino d'Ippona afferma, secondo la citazione di Ratzinger e di Bergoglio, "Toccare con il cuore, questo è credere" come se da sempre la chiesa cattolica non abbia messo in atto la violenza emotiva ed esistenziale nei confronti dell'infanzia per costringere i bambini a confidare in un criminale per allontanare l'angoscia e la disperazione costruita dai cristiani. I cristiani con la violenza hanno toccato il cuore dei bambini affinché da adulti, disarmati davanti alla vita, confidassero nel pazzo che doveva venire con grande potenza sulle nubi (vedi, fra le numerose affermazioni anche Matteo 24, 30).

Mentre si spacciava l'idea che il controllo militare dei cristiani sugli uomini avveniva attraverso la ragione, la chiesa cattolica procedeva ad aggredire la struttura emotiva delle persone perché il controllo della chiesa cattolica sui bambini avviene mediante la violenza educazionale fin nella pregnissima infanzia. Una violenza dalla quale i bambini non saranno mai in grado di liberarsi e allora sogneranno un dio padrone che venga dalle nubi con grande potenza e li liberi dall'angoscia esistenziale che gli adoratori del criminale Gesù hanno imposto loro (che poi può essere l'attesa di Godot, Baffone, o il salvatore di turno).

Un'attività criminale che alimenta la farneticazione delirante che, come attività di terrorismo contro le società civili, Ratzinger e Bergoglio spargono a piene mani:

"in verità in verità vi dico: viene l'ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del figlio di dio, e chi l'ascolta vivrà. perché come il padre ha in sé la vita, così pure ha dato al figlio d'aver la vita in sé stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è figlio dell'uomo. Non vi meravigliate di questo, perché viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce, e quelli che hanno operato il bene ne usciranno per la risurrezione della vita; quelli, invece, che fecero il male, per la resurrezione della condanna."

Vangelo di Giovanni 5, 25-29

Ecco, dunque, il progetto di distruzione dell'uomo messo in atto dal dio dei cristiani è ora in atto.

Dice il dio dei cristiani che ha in odio l'umanità:

"Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, avendo la conoscenza del bene e del male: che non stenda ora la sua mano e non colga dall'albero della vita, per mangiarne e vivere in eterno."

Genesi 3, 22

Ratzinger e Bergoglio hanno distrutto il dio che avrebbero potuto essere ed ora, angosciati e consapevoli del loro fallimento esistenziale, attenuano la loro angoscia seminando altra disperazione e angoscia farneticazione dopo farneticazione.

 

Marghera, 24 gennaio 2014

 

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