Antonio Rosmini Serbati (1797 - 1855)

L'Essere Morale, il Dio cristiano,
artefice dell'ingiustizia e della sofferenza

Antonio Rosmini nella Teodicea

Riflessioni sulle idee di Rosmini.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185785

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

La giustificazione dell'ingiustizia diventa necessaria nella filosofia rosminiana in quanto diventa giustificazione del proprio dio padrone e di tutti quegli elementi esistenziali, morali ed etici con cui l'uomo viene costretto a rinunciare alla propria autodeterminazione in funzione dell'attesa della provvidenza del padrone.

Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):

1) La volontà raccoglie o rifiuta le percezioni intellettive, determinando in tal modo le azioni umane. Le modificazioni subite dal sentimento fondamentale spingerebbero naturalmente l'uomo a trattenere le sensazioni piacevoli e a respingere quelle dolorose.

Rosmini si preoccupa di costruire i sensi di colpa nell'uomo: è l'uomo che cerca il piacere anziché il dovere. E' la sua volontà, secondo Rosmini, che accetta o rifiuta le percezioni intellettive. L'uomo non vive nel mondo in cui si adatta mediante le sollecitazioni del piacere, ma vive nel mondo della sofferenza costruito dal cristianesimo ed essendo creato dal dio padrone cristiano può solo accogliere o rifiutare le percezioni intellettive.

Il piacere e la ricerca del piacere o delle migliori condizioni di vita espandono l'uomo nella sua quotidianità; il dolore e la miseria rattrappiscono l'uomo e gli impediscono di modificarsi in maniera soggettivamente vantaggiosa. In compenso, l'uomo sottomesso al dolore e alla miseria costruirà delle relazioni di dipendenza col suo immaginario salvatore da quel dolore e da quella miseria. Immaginare un salvatore assoluto da quella miseria e da quel dolore, temuti come miseria e dolore assoluti, il passo psico-ideale è breve. Su questo meccanismo psicologico è giocata la filosofia rosminiana che mette al centro dell'attenzione il dio padrone e costringe l'uomo all'obbedienza e alla sottomissione.

Scrive Antonio Rosmini:

Capitolo XIII

La permissione de' mali temporali che cadono sopra i giusti e gl'ingiusti non solo è atto di giustizia, ma di bontà, giovando que' mali di medicina alle infermità morali comuni a tutti gli uomini

248. Ma non solamente è giusto, che l'uomo il qual cerca felicità dove non è, né pure la trovi, non solamente è necessario, ma ciò appartiene ancora ad un decreto di bontà. Supponiamo possibile che l'uomo rinvenisse in sé stesso o nelle cose fuori di lui qualche appagamento; o supponiamo almeno che i patimenti che gli tocca di sostenere cercando per queste strade tortuose ed affaticanti felicità, glieli avesse Iddio molto diminuiti da quel che sono (il che egli avrebbe dovuto fare con un miracolo); sarebbe ciò stato utile all'uomo? Quanto a l'uomo trova in sé stesso e nelle creature più di fatica e di dolore, tanto meno egli gitta precipitosamente la sua fiducia ed i suoi affetti in tali cose: all'opposto, quanto più gli riesce di cogliere dilettazioni nelle creature, tanto maggiore disordine in lui perviene, cresce in lui la pazza speranza di rinvenire intero pagamento a sé stesso senza di Dio, e più si allontana da Dio. Il germe adunque del disordine che contiene in sé stessa l'umana natura, da Dio sola lasciata, diverrebbe via il più funesto, e chiamerebbe da ultimo sopra di sé affanni maggiori da quella necessità di giustizia che addirizza tutte le cose torte, e che stringe ad entrare nell'ordine ogni cosa disordinata col renderla grave a sé stessa; più che la natura umana traesse vano diletto, fornicando colle create cose contro il suo Dio. Adunque la gravezza delle sofferenze e delle sventure,' che l'uomo nella vita temporale ritrova, non è solamente pena del primo peccato, e conseguenza di sua natura costretta da limitazione, che è madre di disordine, al quale è giusto figlio il dolore; ma ben anco è un riparo, e quasi direi una diga incontro all'empito c di questa furiosa natura che non basta a sé stessa, e che ricade perpetuamente sopra sé stessa.

La bontà del dio di Rosmini si esprime nel far del male alle persone. Un far del male che Rosmini giustifica immaginando che senza quel male ci sarebbero mali maggiori. Ma il male che giustifica è verificabile attraverso i sensi e l'esperienza, il male che immagina e che serve a giustificare il male reale appartiene solo ad una fantasia nel fantastico immaginato e desiderato che Rosmini spaccia come possibilità evitata dalla bontà del suo dio che, nella pratica, fa il male agli uomini. Rosmini impedisce agli uomini loro di vivere la loro vita prospettando loro un male ancora maggiore di quello percepito nel loro presente. Impedisce alle persone di cogliere dall'albero della vita, mangiarne e vivere in eterno (Genesi 3, 22).

Rosmini vuole giustificare ad ogni costo le attività di terrore e di danneggiamento deli uomini da parte del suo dio e di chi lo rappresenta. L'uomo, per Rosmini, è una merda tanto più grande quanto maggiore è la sua ricerca di felicità e di benessere. Il discorso di Rosmini è la ripetizione del disprezzo per l'uomo e la sua attività messa in atto da Gesù in Matteo 6, 28-34.

Per Rosmini nulla può l'uomo davanti alla volontà del suo dio padrone e tutto ciò che avviene è opera della volontà del suo dio padrone. Anche le torture, i massacri, la carcerazione, la malattia imposta dalle condizioni miserevoli di vita in cui i cristiani costringono le persone a vivere, sono opera della volontà del suo dio padrone che attraverso tali tormenti imposti "...non solamente è necessario, ma ciò appartiene ancora ad un decreto di bontà.." In sostanza, dice Rosmini, "io ti torturo, e nel torturarti la mia attività appartiene ad un decreto di bontà!".

La logica di Rosmini è una logica ripugnate per il genere umano. Una logica che sottomette gli uomini e il loro divenuto ad un sanguinario padrone che fa della schiavitù e del dolore un modo per legittimare il proprio dominio.

Rosmini lavora di fantasia affermando, più o meno: "Se dio non ti avesse spezzato le gambe tu saresti caduto nel precipizio...." Solo che le gambe spezzate sono la realtà della sofferenza nel presente le cui cause nascono dalle scelte di potere e di dominio di Rosmini, mentre, l'ipotetico precipizio, è un parto della fantasia con la cui ipotesi Rosmini giustifica la sua personale violenza che attribuisce alle scelte del suo fantasioso dio padrone.

Perché uomo non vuoi soffrire, dice Rosmini, e farmi divertire con la tua sofferenza? Io, dice Rosmini, mi ci diverto a vederti soffrire. Infatti, dice Rosmini:

"Adunque la gravezza delle sofferenze e delle sventure, che l'uomo nella vita temporale ritrova, non è solamente pena del primo peccato, e conseguenza di sua natura costretta da limitazione, che è madre di disordine, al quale è giusto figlio il dolore; ma ben anco è un riparo, e quasi direi una diga incontro all'empito e di questa furiosa natura che non basta a sé stessa, e che ricade perpetuamente sopra sé stessa. "

Si tratta di insulti che Rosmini rivolge all'umanità per fissare il suo dominio su di essa in nome del dio padrone di cui egli si erge a rappresentante e mandante.

Scrive Antonio Rosmini:

249. Allorquando poi rivolgiamo lo sguardo alla grazia apportata da GESù Cristo, allora noi veggiamo di più dato allo spirito dell'uomo un novello ajuto d soprannaturale più eccellente del primo, mediante il quale ei di bel nuovo si raggiunge con Dio: la divinità di proprio moto è venuta ancora in soccorso dell'umana natura, la quale affaticata dalla funesta esperienza ond'apprese che né in sé stessa, né in tutti gli enti creati giace il riposo suo tanto studiosamente cercato, torna indietro da' suoi traviamenti, e si slancia impaziente nel seno del suo Dio generoso amatore, ed indi trae novello vigore infinito. Allora le gravezze ed i temporali patimenti non solo la giovano di qualche confine alla foga de' suoi disordini; ma diventano un richiamo alla vera sua requie, e vede in essi risplendere con maggior luce la grandezza della divina bontà.

Allorquando Rosmini rivolge la sua attenzione al criminale Gesù arrestato mentre violentava (Marco 14, 51-52) un bambino, egli vede il più alto spirito dell'ordine divino di scannare chiunque non si sottometta alla divina provvidenza (Luca 19, 27) rinunciando alla sua vita per la gloria del suo padrone.

Lo sproloquio da delirio psichiatrico messo in atto da Rosmini nel paragrafo 249 appartiene a quel tentativo di far accettare, mediante l'enfasi, gli apriori deliranti della propria malattia di onnipotenza la sua idea aprioristica su una fantasiosa salvezza. Dimostri, Rosmini, che il suo dio padrone, descritto nei suoi testi sacri come un sanguinario assassino, sia "dio generoso amatore...". Non siamo mica davanti a Padre Zeus. Il dio di Rosmini è un macellaio che si nutre delle sofferenze umane perché solo grazie alle sofferenze umane può sancire il proprio dominio.

Scrive Antonio Rosmini:

250. Laonde egli è del tutto irragionevole il lagno che muove qualsiasi mortale contro le temporali afflizioni. Ciascuno viene al mondo avverso da Dio, con una limitazione nella natura, che reca disordine nella volontà, il qual disordine lo fa soggiacere alle sofferenze. La legge che impone all'uomo il patire è adunque e naturale e giusta, perché a tutti gli uomini difettati, comune; è anche buona, perché ella si oppone al natural disordine, e quanto ella può nel 1 corregge, e perché l'ostacolo de' mali, contro a cui batte la disordinata nostra natura, per GESù Cristo, ci ajuta a tornare indietro, e ci avvisa ed affretta di rivenire a quel Dio, che torna a venirci incontro.

Per Rosmini sono irragionevoli le lamentele dell'uomo che costretto alla miseria dalla ferocia della Religione cristiana e cattolica non coglie il bene che gli fa la chiesa cattolica nel costruire condizioni di vita atroci.

Nascondere la ferocia della chiesa cattolica (usato nei testi di commento a Rosmini come sinonimi di cristianesimo) dietro alla ferocia del suo dio padrone è quanto di più immorale Antonio Rosmini Serbati faccia agli uomini.

Non esiste una legge che imponga all'uomo di "patire", solo la violenza e la malvagità di Gesù e del criminale dio padrone della chiesa cattolica impongono, attraverso la chiesa cattolica, i cristiani e gli eserciti armati, la sofferenza all'uomo.

La volontà di danneggiare gli uomini e di costruire sofferenza diventa, per Rosmini, l' "idea dell'essere".

Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):

2) Ma l'idea dell'essere, trasformando le sensazioni in idee o enti ideali, indica una gerarchia di valore di tali enti sulla base delle loro determinazioni, e mostra perciò il comportamento che deve essere tenuto dalla nostra volontà.

Dove la volontà, nella logica morale di Rosmini, va usata per indirizzale l'esistenza umana verso la sofferenza, sia accettata che imposta agli altri, in quanto, tale sofferenza, è il volere del suo dio buono che si diletta nel far soffrire gli Esseri Umani.

Scrive Antonio Rosmini:

251. è vero che GESù Cristo redimendo e salvando l'umanità, volle ristorarla prima quanto alla persona, lasciando la natura ancora inferma e soggetta alla morte che la distrugge, sino alla risurrezione, nel qual tempo si riserbò di rigenerarla pienissimamente. E sublimi ragioni condussero Iddio a tenere quest'economia nell'umana giustificazione e ristorazione: molte delle quali se ne possono conoscere; ed una l'abbiamo pur ora toccata.

Il "E' vero..." di Rosmini appare come affermazione della menzogna spacciata per verità. Gesù si compiace nel costruire dolore e sofferenza. Ha macellato l'umanità in nome del suo dio padrone. La salvezza, che Rosmini immagina, altro non è che ricerca di sollievo per il fallimento esistenziale di una vita, quella di Rosmini, dedita a costruire dolore e sofferenza pagata col fallimento della propria esistenza. Così Rosmini sogna una "redenzione" che sia salvifica rispetto al proprio fallimento.

Rosmini è soggetto alla morte. Rosmini è cosciente del proprio fallimento esistenziale e allontana la morte fantasticando su una resurrezione o su una salvezza che è il desiderio del disperato. Com'era il desiderio del disperato Platone, il desiderio di una seconda vita attraverso la possibilità di una reincarnazione. I disperati giustificano la loro disperazione, si considerano onnipotenti e si immaginano con grande potenza sulle nubi (Marco 13, 26-26 + varie altre parti nei quattro vangeli).

Basse e squallide e immorali sono le ragioni dell'"iddio" padrone di Rosmini. Ragioni immorali e squallide che Rosmini non vede perché la sua malattia mentale lo porta ad identificarsi, giustificandolo, col padrone. Se nel massacro di Sodoma e Gomorra Rosmini, anziché identificarsi col dio padrone che macella gli abitanti, si fosse identificato con gli abitanti, avrebbe modificato il proprio punto di vista sulla realtà del mondo. Per farlo avrebbe dovuto rinunciare al delirio di onnipotenza che lo porta ad identificarsi col dio padrone. Sarebbe stato un uomo che vive fra gli uomini e che abita un mondo fatto da esseri nati e divenuti nella Natura. Invece, la sua malattia delirante da onnipotenza, acceca le sue emozioni e lo porta a delirare attorno ad un dio padrone che, formato solo dagli attributi che la sua fantasia delirante proietta su quell'ente immaginato, egli stesso immagina di scendere dalle nubi con grande potenza assieme al suo padrone Gesù alla fine dei tempi: eletto fra gli eletti, beandosi del dolore che tale immaginario ha costruito nella società degli uomini.

Scrive Antonio Rosmini:

252. Ma quando pure non se ne scorgesse nessuna, giugnerà la baldanza dell'uomo a mettere legge a Dio fino nelle sue stesse liberalità? Vorrà pretendere che la bontà divina, la quale viene in soccorso alle miserie umane spontaneamente e senza che l'uomo n'abbia il menomo dritto, piegando a senno di lui, si comporti in uno più tosto che in un altro modo? Riparando al disordine dell'umana natura, non sarà lecito a Dio ripararvi in quel grado che a lui ne piace? in tutto, o in parte? Se adunque l'uomo soggetto all'infermità temporale foss'anche da Dio lasciato in preda di quella, e fosse tuttavia salvato da' mali eterni dello spirito; non dovrebbe solo per questo esser tutto commosso di gratitudine? Non dovrebbero mancargli le con degne voci da benedire il suo liberatore? Quanto l'uomo è ingrato! Il Dio che lo soverchia co' benefizj vien chiamato al tribunale dell'uomo perduto!

La morale di Rosmini è una morale che nega l'uomo, le sue passioni, il suo desiderio, il suo divenuto in miliardi di anni di trasformazioni soggettive della sua specie e di tutte le specie della natura.

Rosmini è terrorizzato che la libertà dell'uomo imponga al suo dio padrone di rispettare le leggi. E' terrorizzato dall'uomo che pretende di mettere sotto giudizio la falsa bontà del suo dio padrone.

Rosmini è terrorizzato che l'uomo imputi al suo dio tutto il male e tutte le distruzioni che avvengono nella natura e che, Rosmini stesso, attribuisce alla liberalità e all'arbitrio del suo dio padrone.

Il dio di Rosmini è portatore dei mali, del terrore, delle distruzioni attraverso coloro che ne applicano la morale distribuendo dolori fra gli uomini come Rosmini stesso: al di là del ruolo che ricopre nella distribuzione dei mali della banda religiosa cui appartiene.

Il dio dei cristiani ha portato miseria là dove c'era il benessere sociale; ha portato la schiavitù là dove c'era la libertà; ha portato l'analfabetismo là dove gli uomini scrivevano; ha portato dolore là dove gli uomini erano felici; ha portato le catene là dove si correva nei grandi spazi.

Il dio dei cristiani è il costruttore della povertà e della miseria; è l'artefice della pedofilia e della pederastia per rubare il futuro ai bambini; è la morte che si è assisa davanti al futuro per impedire agli Esseri Umani di fruire di giuste leggi a cui egli stesso deve obbedienza.

Sì! Il dio di Rosmini deve rispondere di delitti contro l'umanità!

Scrive Antonio Rosmini:

253. In prima adunque, come ho detto, le sventure e le temporali sofferenze sono state lasciate all'umanità per medicarla. Essendo il morbo universale dell'uomo un senso ardito della propria natura divisa da Dio pel peccato, il qual senso s'immedesima coll'orgoglio e prolifica le concupiscenze; solamente colle sventure poteva esser curato: per esse col lume della grazia egli poteva aprire gli occhi su di sé stesso e sull'altre creature, e vederne e sentirne l'assoluta nullità riguardo al suo appagamento, e mediante le replicate percosse, mediante la diuturna esperienza delle più gravi afflizioni, conchiudere una volta: "ah! in nessuna creata cosa abita la pace: a te ricorrerò, o mio Dio: in te solo è il riposo dell'anime nostre". Se non avesse l'uomo fatto sì amara esperienza, avrebbe forse potuto trovare in Dio la sua pace; ma non avrebbe avuto tuttavia un sentimento così certo, o almen così vivo, come è quello che a lui ne viene dall'esperienza fatta a' proprj danni, nella quale sentì che la pace non solo è in Dio, ma ben anche nel solo Dio, e che le nature tutte sono nulle perché impotenti a dar requie alla intelligente natura, per cui tutte le altre nature son fatte.

Le sventure e le sofferenze sono state costruite dai cristiani e dalla chiesa cattolica per costringere le persone nella miseria economica, sociale e morale affinché supplicassero il padrone.

Il peccato, inteso come delitto contro l'umanità, è stato commesso dal dio padrone dei cristiani attraverso Gesù e la chiesa cattolica costruendo la miseria fisica, economica, morale e sociale fra gli uomini.

E' il dio di Rosmini l'essere immorale ed immondo che combatte l'uomo e il suo divenire nell'infinito dei mutamenti.

E' il dio dei cristiani il disperato immorale che pretende di essere il padrone delle persone (Genesi 3, 22) e in tale possesso Rosmini vede la sua unica possibilità di potere in un'esistenza fallita.

Là dove c'era la pace il dio padrone di Rosmini ha portato guerra e distruzione. Vedi, ad esempio, Esodo 23, 20-32. Un dio padrone assassino immorale che ai giochi dei bambini risponde col genocidio come in 2 Re 2, 23-24. E' questa vigliaccheria immorale che Rosmini deve esaltare per dissetare il proprio fallimento esistenziale: quanti bambini ha contribuito a macellare Rosmini col colonialismo cristiano a maggior gloria del proprio dio padrone?

La Natura è madre della vita delle specie animali di cui l'uomo è parte. Nella Natura si diviene per adattamento, trasformazione e divenire continuo. Solo l'immoralità di Rosmini che si nutre d'odio deve fermare le trasformazioni e il divenire dell'uomo nella natura per trasformarlo in bestiame del gregge da condurre al macello della vita in nome dell'impotente suo dio padrone che spaccia come creatore pur consapevole che, quell'impotente, non ha creato nulla e che le forze della vita sono proprie nella vita stessa.

Scrive Antonio Rosmini:

254. L'umano intendimento ragiona sulle cose somministrate da' sensi. Coll'esperienza adunque dovea provarsi quasi allo stesso senso dell'uomo, che la natura umana ha bisogno continuo del suo Creatore. Quindi all'uomo provenne una cognizione maggiore della perfezione divina e della propria imperfezione: rifulse nella sua mente di tutta la luce la gloria del sommo Creatore, e il trionfo di lui, sulle creature tutte riportato, brillò agli occhi delle intelligenze, ed ai sensi stessi dell'umanità umiliata sotto la mano di lui sublime e possente. Ma il fulgore di questa gloria di Dio lampeggiante in sugli occhi dell'umana natura, è appunto la grande salute di questa; qui è l'accostamento e l'unione di lei al Signore; perciocché quanto la gloria o la potenza divina penetra, per così dire, addentro nell'intelligente natura, tanto è la grazia di essa natura. Ora se la cognizione umana comincia dal senso, ed il senso abbisogna della sperienza, come doveva Dio condurre l'uomo a cognizion sì perfetta, se non concedendogli l'esperienza de' mali a sé procacciati e della sua propria infermità? Come poteva recarlo a sì alto grado di convinzione della propria nullità e della divina grandezza? Come finalmente a sì alto segno di salute e di grazia? Doveva Iddio ammaestrare l'umana natura lontanandosi dalle sue leggi? E ancora, poteva egli ciò fare? può dar moto ad una pietra, altra cosa che la forza contraria alla sua inerzia? E può esser mosso il senso dell'animale da altro, che dall'ente sensibile? Qualunque azione si produca in un essere, tocca essa quell'essere, se non opera sulle sue forze o facoltà? Doveva dunque Iddio co' miracoli impedir que' mali, che soli potevano ammaestrare quest'essere misto che uomo si chiama? Quanto è grande adunque la divina saviezza! quanto la bontà! Ella fu che ci lasciò i mali temporali, tutti opera nostra, per condurci con essi alla più alta perfezione, ed alla più grande salute! Ed è possibile che l'uomo cristiano non intenda quello che raccogliendo gli avanzi delle prime tradizioni intendeva Platone, il quale scriveva "che vedendo il Signore Dio degl'Iddii gli esseri sommessi alla generazione aver perdute le cose tra le più preziose, più belle, decretò di sottoporli a tale regolamento, che acconcio fosse a punirli insieme ed a rigenerarli"? 23 E questo sarebbe più che sufficiente a dissipare le difficoltà che si fanno in sul compartimento de' mali. Conciossiaché da ciò risulta, che soggiacendo l'uomo a' mali tutti per la condizione di sua deficiente natura, e questi mali stessi essendo un rimedio, avvalorato che sia dalla grazia del Redentore, al pestifero morbo di cui s'infettò la stessa natura per propria colpa; d'una parte colui che a minor numero di mali si abbatte in questa vita può rallegrarsi naturalmente quasi di accidentale avventura; e dall'altra quegli che è più di mali temporali aggravato, può in essi ravvisare una divina soprannaturale misericordia.

L'umano intendimento ragiona sulle condizioni della vita. Condizioni che sono state limitate dall'odio cristiano che ha stuprato l'intelligenza dei bambini e ha compromesso i processi adattativi che avrebbero potuto mettere in atto con la loro crescita.

L'uomo non è creato dal dio pazzo, cretino e amorale descritto da Rosmini. L'uomo è divenuto nel mondo e ciò che i suoi sensi percepiscono sono ciò che la violenza cristiana consente a quei sensi di percepire, a quel cervello di pensare, a quelle emozioni di esprimere.

Non esiste una perfezione divina se non nella patologia psichiatrica di Rosmini. Per contro, l'uomo si è adattato al male sociale e al piacere di imporre il dolore proprio di Rosmini, della chiesa cattolica, del suo dio padrone e Gesù quali mandanti della distruzione delle società civili.

Esiste il dio padrone di Rosmini che mediante il massacro, il genocidio, lo stupro di bambini operato da Rosmini e dalla sua organizzazione trionfa sugli uomini costretti ad arrancare fra mille difficoltà per garantire un futuro ai loro figli nonostante l'odio sociale di Rosmini e della chiesa cattolica.

Non c'è gloria nell'azione criminale del dio padrone di Rosmini, solo l'infamia a cui viene condannato da un consesso umano che, riconoscendosi uscito dal brodo primordiale e divenuto per adattamento soggettivo alle variabili oggettive, ritiene le pretese della sua creazione delle offese e delle ingiurie volte ad impedire gli adattamenti capaci di costruire un futuro possibile.

A differenza di quanto afferma Rosmini, la cognizione umana inizia dall'emozione: l'emozione del venir in essere della vita a cui il suo dio padrone è estraneo e nemico.

Il dio di Rosmini ha paura dell'uomo. Mentre gli Dèi delle Antiche religioni vivevano con l'uomo e l'uomo viveva esprimendo gli Dèi in una relazione di reciproca Pietas, Rosmini pratica l'imitazione dei crimini del suo dio padrone. Li giustifica contro l'uomo che chiede giustizia per la violenza subita.

La Natura non risponde ad un ideale di perfezione, risponde all'aver fatto del proprio meglio fra Armonia e Peitò. Solo la follia del cristiano che identifica la Natura come una creazione del suo dio perfetto può pensare alla Natura con caratteri di perfezione, ma la Natura, come ogni individuo di ogni specie, pensa a sé stessa come un soggetto desiderante che attraverso i suoi desideri veicola nel mondo le sue pulsioni fra necessità soggettive di Armonia e condizioni esistenziali di Peitò.

L'uomo è "deficiente", dice Rosmini, per sua natura. Ma la natura dell'uomo, stando alle categorie dottrinali di Rosmini, è creazione di un dio perfetto che non può creare nulla che a sua volta non sia perfetto salvo dimostrare la sua imperfezione. Ma qui non siamo davanti all'imperfezione del dio padrone di Rosmini, siamo davanti ad uno dei più feroci atti immorali di terrorismo criminale dove una Natura, diventa attraverso milioni e milioni di anni per forze adattative, viene stuprata da Rosmini per sottometterla al suo dio padrone e, per conseguenza, a sé stesso come padrone della vita e della Natura.

Siamo davanti ad un atto criminale che viene giustificato attraverso un esercizio retorico il cui fine è violentare l'uomo affinché non continui a mettere in atto i propri processi adattativi e costruire un futuro migliore per i propri figli.

L'immoralità di Rosmini, che si scaglia come una belva feroce contro la democrazia di Romagnosi, è quanto l'umanità, nelle Costituzioni occidentali moderne, ha condannato alla perpetua infamia.

Le citazioni di Antonio Rosmini Serbati, quando non specificato, sono tratte da:

Antonio Rosmini "Scienze metafisiche" Teodicea a cura di Umberto Muratore edito da Centro Internazionale di Studi Rosminiani Città Nuova Editrice 1977 da pag. 176 a pag. 180

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

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Marghera, 03 luglio 2013

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.