Pasquale Galluppi (1770-1846)

Delle verità primitive di esistenza e di esperienza interna

Riflessioni sulle idee di Galluppi.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185785

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

Con Galluppi la Scuola Scozzese del senso comune arriva in Italia. L'origine delle idee di Condillac e di Reid diventano temi di discussione nella filosofia di Galluppi. Il pensiero di Reid della Scuola Scozzese godette di molta popolarità in Francia durante il periodo della restaurazione delle monarchie assolute dopo la caduta di Napoleone Bonaparte fra il 1815 e il 1840. Un pensiero del senso comune. In sostanza, la scuola scozzese affermava che la percezione non è un conoscere le idee o formata da rappresentazioni mentali, ma porta ad un rapporto immediato con gli oggetti che fanno scaturire i fenomeni percepiti.

In sostanza, la scuola scozzese banalizzava la realtà vissuta dall'individuo e la sua capacità di percepire il mondo. Di fatto, attraverso la banalizzazione, non contestava nessun elemento che veniva imposto come pensiero apriori in quanto il pensiero apriori, di fatto, diventava elemento di "naturalità" proprio dell'individuo. Alla percezione si accompagna una "credenza", una "fede", sulla realtà di oggetti che manifestano i fenomeni proprio del senso comune di chi risolve la realtà nella fede.

Scrive Pasquale Galluppi a pag. 15:

Io mi propongo di cercare se l'uomo è capace di conoscenze reali, vale a dire, se può egli conoscere qualche cosa di ciò che è, cosa può conoscere, e come può conoscerla: io dunque conosco che mi propongo di cercare ciò. Sono io dunque capace di conoscere qualche cosa; e l'esistenza della conoscenza è un fatto, che son obbligato di supporre in qualunque questione, in qualunque ricerca che mi viene in pensiero di fare, poiché so certamente ciò che domando, ciò che cerco. Ma il dire: so che cerco di sapere, se son capace di conoscenze reali, è lo stesso che dire: so ch'esisto io che fo questa ricerca; così l'esistenza del me conoscitore è un fatto primitivo, che non posso evitare di supporre ovunque mi trasporti col pensiero. Io non posso andare più avanti di questo fatto; io dunque mi arresto a questa prima verità della scienza dell'uomo, e vi dirigo le mie meditazioni. L'esistenza del me conoscitore è questa verità primitiva, ma chi me la rivela? Un atto che analizzato mi dice: io conosco che penso: a quest'atto per l'appunto io dò il nome di coscienza, ed è la percezione del me nello stato de' suoi pensieri. A questa percezione tutto comincia pel mio spirito, ed al di là di questa percezione non v'è scienza per me; questa percezione intima mi dà le verità primitive. Colui che disse: So una cosa, cioè che nulla so, pronunciò una contraddizione evidente ne' termini, poiché il nulla esclude ogni cosa, ed il sapere una cosa non è certamente nulla sapere. Qualunque cosa, che pronuncia il mio spirito, suppone l'esistenza della conoscenza; se egli dice: io dubito di tutto, afferma la conoscenza del dubbio, e la conoscenza del me che dubita; se egli enuncia una qualche conoscenza, egli pone la conoscenza pel fatto stesso, ed anche perché conosce che conosce. L'esistenza del me, e delle sue modificazioni, e l'esistenza della conoscenza sono adunque delle verità primitive, immediate, indimostrabili. L'esistenza del me è ella una verità immediata primitiva, o pure mediata, secondaria; cioè a dire, nell'ordine scientifico, questa verità: lo sono, è capace di essere dimostrata, o pure è ella una verità primitiva sperimentale? L'atto che ci rivela quest'esistenza è una percezione, o un giudizio? L'esame, e la risoluzione di questi due problemi, è più interessante di quel che si crede.

Galluppi affronta le idee di Condillac sulla formazione della conoscenza. Per Condillac la conoscenza si forma mediante le informazioni che giungono attraverso i sensi. La tabula rasa di Locke viene rigettata da Galluppi che afferma come all'origine della formazione della conoscenza ci siano delle "idee primitive" attraverso le quali l'individuo considera le informazioni che gli derivano dai sensi. Quel "me conoscitore", che secondo Galluppi non consente all'individuo di partire da una "conoscenza da zero" della realtà in cui si nasce perché nell'individuo vi sarebbero delle "idee primitive" a fondamento del suo conoscere il mondo.

C'è sempre stata nella filosofia la difficoltà di pensare l'uomo come un qualche cosa di diverso dalla ragione, dal logos, dal verbo. La filosofia imprigionata all'interno dell'idea della bibbia cristiana, ha sempre faticato a liberarsi dai legacci della sottomissione all'idea del logos, della parola, del verbo, che delimita la condizione del pensiero dell'uomo.

Il fatto che gli esseri non pensino mediante le parole, il logos, sconvolge la capacità del filosofo di pensare all'intelligenza progettuale della vita. E' come se l'ossessione dei filosofi fosse quella di trovare delle conferme logico-scientifiche alle affermazioni della bibbia per come i cristiani la presentano. Dal momento che secondo la bibbia il logos crea il mondo e Gesù stesso è presentato come il logos, il verbo (Giovanni), non essendo i filosofi capaci di dire a questo apriori "E' una cagata pazzesca!", cercano di manipolare con sotterfugi retorici la condizione umana affinché si adatti al logos.

Locke afferma che l'uomo nasce come una tabula rasa e forma, attraverso i sensi, la sua conoscenza, Condillac conferma. Galluppi afferma che alla base della formazione della conoscenza mediante i sensi ci siano delle "idee primitive", una conoscenza primitiva dalla quale l'individuo, mediante i sensi, inizia ad elaborare la sua visione dell'esistenza, la sua conoscenza.

Io conosco dopo aver conosciuto, ma posso conoscere dopo che io manifesto la mia esistenza. Io manifesto, ma la mia esistenza, come espressione della mia conoscenza, della mia coscienza, della mia intelligenza sono il mio abitare il mondo. La mia trasformazione nel mondo.

Dove sta l'inganno?

L'inganno sta nei presupposti; nella statua di Condillac!

Il prete Condillac era partito dalla Genesi biblica affermando:

"Allora il dio padrone formò l'uomo dalla polvere della terra e alitò nelle sue narici un soffio vitale, e l'uomo divenne un essere vivente". Genesi 2, 7

Ecco, questa è la "tabula rasa" di Locke e la statua di Condillac. A questa idea Galluppi oppone una "conoscenza primitiva"

"L'esistenza del me conoscitore è questa verità primitiva, ma chi me la rivela? Un atto che analizzato mi dice: io conosco che penso; a quest'atto per l'appunto io do il nome di coscienza, ed è la percezione del me nello stato de' suoi pensieri. A questa percezione tutto comincia pel mio spirito, ed al di là di questa percezione non v'è scienza per me; questa percezione intima mi dà le verità primitive."

Per Galluppi la coscienza inizia partendo da alcune verità primitive sulle quali si innesta l'esperienza costruita dalle sensazioni del mondo esterno.

Le verità primitive non sono altro che le verità del dio padrone di Galluppi che appartengono allo spirito, all'anima.

Se noi prendiamo quest'idea e la proiettiamo nei meccanismi costruiti dalla specie al fine di attrezzare i nuovi nati, non di idee primitive si tratta, ma di strumenti mediante i quali affrontiamo la vita. Se poi vogliamo superare una volta per tutte la trappola del logos, del verbo, della parola del pensatore pensante, allora possiamo capire che quel "io sono", di ogni soggetto nell'immenso in cui viviamo, non lo si pronuncia mediante le parole, ma lo si pronuncia mediante l'azione veicolando l'Eros primordiale in una tensione espansiva che manifesta la propria esistenza. L'individuo, il soggetto che dichiara "io sono" è un soggetto che si è trasformato in un mondo dove la parola non esisteva e quel "Io sono" lo ha espresso in modi che nulla hanno a che vedere con la parola. Il feto afferma quel "io sono" senza affermare, mediante le parole, "io sono".

Ogni Essere della Natura non è in quanto pensa, ma in quanto risponde alla tensione di espansione nella realtà in cui è venuto in essere. Quel "io sono" viene espresso mediante le strategie di espansione del soggetto o, se preferite, mediante le sue strategie di sopravvivenza in un ambiente in cui la sua coscienza inizia ad agire. Le idee primitive di Galluppi è stato un tentativo di negare quel nulla della coscienza che, secondo i cristiani, viene riempito dalla sapienza di dio o dall'esperienza dopo la tabula rasa.

Scrive il bignami del 1984 del pensiero di Pasquale Galluppi:

1) A fondamento della filosofia vi è per Galluppi un fatto primitivo, la coscienza, la cui analisi permette di stabilire le più importanti verità metafisiche.

2) L'esistenza dell'io conoscente è un'intuizione immediata della coscienza: infatti "la coscienza di qualunque sensazione è inseparabile dalla coscienza del me".

3) Anche la conoscenza del mondo esterno ha la medesima certezza immediata. Infatti l'io conoscente può percepire solo qualcosa che è fuori di lui: "se l'io e le sue modificazioni, ed in conseguenza le sensazioni sono l'oggetto dell'atto chiamato coscienza, che è il sentimento di ciò che avviene in noi, non rimane altro oggetto per le sensazioni che un oggetto esterno al me; dunque ogni sensazione, in quanto sensazione, è la percezione di un'esistenza esterna".

4) In quanto all'esistenza di dio, essa è provata dal fatto che il soggetto, che è mutabile, deve fondarsi necessariamente su un oggetto immutabile: "il pensiero filosofico non può non salire dal condizionato all'assoluto, dal finito all'infinito, dal mutabile all'immutabile, dal composto al semplice, dal tempo all'eternità".

Quando il Galluppi afferma:

"Questa verità: lo esisto, è una verità primitiva, e si sono ingannati quei filosofi, che han cercato di darle l'appoggio di un argomento; ella è una verità sperimentale; la percezione di noi stessi è la percezione del soggetto modificato; l'esistenza del nostro essere non si deduce mica da quella delle nostre modificazioni; ma l'Io è percepito insieme colle sue modificazioni. Sono in conseguenza nel diritto di concludere, che vi sono delle verità primitive di fatto', cioè delle verità primitive ch'enunciano delle cose esistenti, e che sono un dato dell'esperienza. Possiamo dunque stabilire, che il fondamento della realtà delle nostre conoscenze non può essere che nell'esperienza, cioè nell'atto della coscienza, che l'istruisce di ciò che si passa in noi."

La condizione espressa del Galluppi è una condizione propria del cristiano. Io non posso dimostrare a me stesso, me stesso. E' l'unica condizione che è data a me stesso come dato immediato senza il quale nessun altro dato è possibile. Semmai devo dimostrare il dio padrone, ma me stesso mi si rivela come conoscenza immediata al di là di come io esprimo tale esistenza: con l'azione, con l'emozione e con la parola. In generale possiamo dire che la vita si manifesta a sé stessa proprio mediante la consapevolezza che separa sé stessa dalla non consapevolezza.

La coscienza emerge. La mia coscienza è emersa dalle condizioni che ne hanno "permesso" o "costretto" il suo venir in essere. Al suo venir in essere sommo la mia volontà per espandermi nel mondo in cui sono divenuto consapevole. IO SONO VIVO!

Un corpo è un corpo non perché pensa sé stesso, ma perché agisce in un mondo. Nessun corpo pensa sé stesso, ma pensa a sé stesso attraverso le relazioni che ha nel mondo.

E' un aspetto della contraddizione che vive il filosofo cristiano quando immagina il suo dio padrone pensare sé stesso.

Il filosofo cristiano nega "il corpo che conosce" e per questo vive le contraddizioni di uno spirito a cui deve attribuire la conoscenza che in realtà appartiene al corpo.

Scrive Galluppi a pag. 18-19:

Tutta la questione circa la realtà della nostra conoscenza consiste a sapere, come può passarsi dalla regione del pensiero a quella dell'esistenza: se lo spirito non ha che pensieri, che idee, ed i filosofi comunemente ne convengono, «egli è evidente, dice Locke, che lo spirito non conosce le cose immediatamente, ma solamente pel mezzo delle idee, ch'egli ne ha. E per conseguenza la nostra conoscenza non è reale che in tanto che vi è della conformità fra le nostre idee, e la realtà delle cose ». Se gli oggetti, se la regione dell'esistenza son separati dallo spirito, chi getta un ponte per passare dal pensiero all'esistenza, all'oggetto? Questo ponte si fa consistere nelle immagini degli oggetti. Lo spirito, dicesi, possiede le immagini degli oggetti; ma in questo caso lo spirito non potrà giammai conoscere la conformità di queste immagini cogli originali, e la verità andrà sempre lungi da lui.

Gli oggetti del mondo sono conosciuti dal corpo. Un corpo che conosce è un corpo da coltivare. Se, al contrario, come affermano i cristiani, è lo spirito che conosce e non il corpo, allora il corpo può essere distrutto in quanto nulla del corpo tocca lo spirito. Ne consegue che ciò che il cristiano distrugge è la sua capacità di forgiare la conoscenza per cortocircuitare il suo conoscere in una patologia quale prodotto di un corpo malato. "Lo spirito", come dicono i cristiani, possiede solo la malattia di una perenne illusione che si perde nel desiderio che immagina. Un'immaginazione per cui Galluppi elabora delle "immagini originali". Le "immagini perfette" o l'"l'immagine dell'oggetto in sé" con cui lo spirito non potrà mai confrontare l'immagine immaginata con l'immagine in sé. Il modello del dio padrone dell'immagine.

All'interno di questo cortocircuito dell'immaginazione, Galluppi immagina il suo dio padrone. L'immagine perfetta proiettata da un soggetto imperfetto su un mondo che il soggetto non è in grado di controllare: c'è sicuramente – per Galluppi – qualcuno che controlla il mondo. Un soggetto perfetto che non può non esistere per ovviare alla sua imperfezione.

NOTA: Le note, dove non precisate, sono tratte dagli estratti di Carmelo Librizzi dal Saggio filosofico sulla critica della conoscenza di Pasquale Galluppi edito da Signorelli senza data.

 

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Marghera, 06 gennaio 2013

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.