Il concetto di uguaglianza nel marxismo
dall'Antidühring di Engels

Friedrich Engels - 1820-1895

Karl Heinrich Marx – 1818-1883

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185808

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre

 

E' facile confondere comunismo con marxismo.

Il marxismo è un insieme filosofico che partendo da Marx ed Engels apre una strada filosofica nuova nella storia di interpretazione della realtà. Il comunismo è un'idea popolare indotta dal cristianesimo che ha al suo centro il messianesimo in funzione del quale avviene o può avvenire la distruzione del presente.

Le due visioni fra il XIX e il XX secolo si sono saldate formando, nell'immaginario popolare, una visione unica di tipo messianico, la rivoluzione, come momento di veicolazione di una speranza che il presente angosciante negava.

I fraintendimenti fra ciò che si pensava fosse il marxismo e le idee cristiane furono molti. L'ideologia cristiana fu nascosta sotto la pattina di un marxismo di forma e il marxismo fu trasformato nel cristianesimo assolutista.

Uno dei concetti che fu maggiormente travisato fu il concetto di uguaglianza.

Che cosa intendono i marxisti per uguaglianza?

Togliere ai ricchi per dare ai poveri! I poveri che annientando i ricchi diventavano a loro volta ricchi. Lo diceva Gesù nella parabola del "Giovane ricco" (Matteo 19, 16-30 e Marco 10, 17-27) che i preti tuonavano dai pulpiti ad una massa di fedeli analfabeti.

I poveri che sognano di dividersi i beni dei ricchi e di non vivere più nell'indigenza. Questo è il motivo su cui fa leva il cristianesimo nella gestione dei poveri. Ciò che sfuggiva ai poveri era che la povertà è stata costruita dal cristianesimo per alimentare il desiderio dei poveri di appropriarsi dei beni dei ricchi. Tutti i ricchi, meno che i beni della chiesa che, spacciati per beni di dio, erano i beni che non potevano essere toccati.

Fece eccezione la Rivoluzione Francese. La Rivoluzione Francese mettendo alla gogna la chiesa cattolica finì per tagliare la testa al dio padrone dei cristiani nelle vesti del re di Francia. Lui era re di Francia per volontà del dio padrone cristiano. Con la restaurazione dopo Napoleone, questo ricordo andò sbiadito e il nuovo e diverso ruolo assunto dalla chiesa cattolica e dal cristianesimo nella società fece perdere di vista alle società il ruolo effettivo che i cristiani svolgevano nella costruzione della miseria sociale.

Nelle rivendicazioni sociali durante il periodo della restaurazione (1815-1850) il motivo dominante era la lotta ai ricchi con le maledizioni lanciate da Gesù nei vangeli e utilizzate dai parroci nelle prediche ad una massa popolare analfabeta a cui iniziava ad apparire la madonna.

La distruzione del ricco, il portare via la casa a chi aveva lavorato per comperarsela, era l'obbiettivo dell'ideologia cristiana. Era l'ordine di Gesù con cui privare le persone dei beni materiali e ridurle alla miseria. E' il cristianesimo, che fin da sempre, usava i processi giudiziari per privare dei beni materiali gli oppositori affinché fossero privati dei mezzi con cui opporsi alle gerarchie ricche della chiesa cattolica.

Questo motivo "portiamo via i beni ai ricchi, che sono ricchi perché hanno i beni" attraverso la propaganda fu spostato come idea di massa dai cristiani ai "comunisti" e per estensione ai marxisti. Da qui anche il principio di uguaglianza cristiana secondo cui "tutti gli uomini sono uguali davanti a dio" fu spostato dall'ideologia assolutista cristiana attribuendolo al "comunismo" e, per estensione, al marxismo assolvendo l'ideologia cristiana dell'appiattimento delle diversità che operava fra gli uomini. Un appiattimento delle diversità umane talmente violento che nella tradizione cristiana non si ringrazia mai gli uomini che hanno lavorato per risolvere i problemi esistenziali, ma si ringrazia il dio padrone che è intervenuto a risolvere i problemi esistenziali. Si priva l'uomo di genio, l'uomo coraggioso, l'uomo consapevole, delle sue caratteristiche per attribuirla a dio che ha scelto quell'uomo per dargli il coraggio che tutti gli uomini, ugualmente in ginocchio davanti al dio padrone, non devono avere per poter confidare nel dio padrone.

Scrive Engels nell'Antidühring criticando l'ideologia socialista assolutista di Dühring pag. 113-114:

La rivendicazione dell'eguaglianza ha così, sulle labbra del proletariato, un duplice significato. O, ed è quanto avviene specialmente nei primi inizi, per es. nella guerra dei contadini, è la reazione naturale contro le stridenti diseguaglianze sociali, contro il contrasto di ricchi e poveri, di signori e servi, dì crapuloni e affamati; e come tale è semplicemente espressione dell'istinto rivoluzionario, e trova la sua giustificazione in questo contrasto e solamente in esso. O invece è sorta dalla reazione contro la rivendicazione borghese dell'eguaglianza e da questa trae esigenze più o meno giuste che la oltrepassano e serve come mezzo di agitazione per eccitare i lavoratori contro i capitalisti con le affermazioni proprie dei capitalisti, e in questo caso essa si regge e cade con la stessa eguaglianza borghese. In entrambi i casi l'effettivo contenuto della rivendicazione proletaria dell'eguaglianza è la rivendicazione della soppressione delle classi. Ogni rivendicazione di eguaglianza che esce da questi limiti va necessariamente a finire nell'assurdo. Ne abbiamo dato esempi e ne troveremo ancora abbastanza allorché verremo alle fantasie avveniristiche del sig. Dühring. Conseguentemente l'idea dell'eguaglianza, tanto nella sua forma borghese quanto nella sua forma proletaria, è essa stessa un prodotto storico e per la sua creazione sono state necessarie condizioni storiche determinate che, alla loro volta, presuppongono, esse stesse, una lunga preparazione storica. è quindi tutto tranne che una verità eterna. E se oggi per il gran pubblico essa è chiara per se stessa, nell'uno e nell'altro dei suoi sensi, se, come dice Marx "ha già la solidità di un pregiudizio popolare", questo non è effetto della sua verità assiomatica, ma della diffusione generale e della perdurante attualità delle idee del XVIII secolo. Se dunque il sig. Dühring si permette casi senz'altro di far muovere i suoi famosi due uomini sul terreno dell'eguaglianza, ciò deriva dal fatto che questo appare assolutamente naturale al pregiudizio popolare. E infatti il sig. Dühring chiama naturale la sua filosofia, perché essa parte semplicemente da cose che a lui appaiono assolutamente naturali. Ma perché gli appaiano naturali, è cosa che, invero, egli non si chiede.

Engels fa notare che la rivendicazione dell'uguaglianza avviene nel momento storico in cui qualcuno percepisce la disuguaglianza come una forma di oppressione. Questo paragrafo, che conclude il discorso di Engels sull'uguaglianza, serve ad aprire il discorso sulla rivendicazione dell'uguaglianza nel tempo presente. Nel tempo in cui Engels scrive. Vedremo in seguito come Engels e Marx ritengono si sia formata la disuguaglianza sociale nel divenire della storia. Ciò che a noi interessa è la diseguaglianza in quel momento storico, i fattori che fissano la diseguaglianza e l'uso che della diseguaglianza ne viene fatto.

Quando Marx ed Engels vanno alla ricerca storica sulla formazione della diseguaglianza, sembra che giustifichino la diseguaglianza nel tempo presente con un divenuto "naturale" da un tempo passato in cui la disuguaglianza si è formata.

La disuguaglianza viene fissata dall'ideologia cristiana nelle caste o nelle classi sociali. Chiamatele come volete, si tratta sempre del concetto della tripartizione platonica elevata a modello sociale cristiano che prima della rivoluzione francese assumeva il nome di Stati: primo, secondo, terzo e quarto Stato.

La disuguaglianza viene fissata fissando per ogni Stato, Classe o Casta, dei privilegi particolari a discapito di una massa a cui non sono riconosciuti diritti, ma solo doveri.

Questa struttura sociale della diseguaglianza è propria del cristianesimo. E' propria dell'ideologia cristiana che la alimenta attraverso un odio sociale tenuto in vita dalle vessazioni sociali dei più forti sui più deboli.

Ammettiamo di non conoscere il processo storico che ha portato alla formazione della disuguaglianza sociale, ma la diseguaglianza sociale si presenta sotto i nostri occhi. Noi la vediamo e quello che vediamo, se ci identifichiamo con chi subisce le angherie, ci indigna. Se, al contrario, ci identifichiamo in chi mette in atto le angherie protetto dai privilegi sociali, allora giustifichiamo la diseguaglianza in vari modi. Questa giustificazione della diseguaglianza in vari modi dovrebbe essere, secondo il metodo marxiano, il modo con cui culturalmente si procede per individuare il problema e indicare le strategie e i metodi per rimuoverlo.

Dal punto di vista ideologico e filosofico, devo individuare le giustificazioni ideologiche dello stato di cose che legittima la diseguaglianza in essere per poter modificare lo stato di cose in essere.

Cosa indica Engels per uscire dalla diseguaglianza sociale?

In entrambi i casi l'effettivo contenuto della rivendicazione proletaria dell'eguaglianza è la rivendicazione della soppressione delle classi.

In sostanza, l'abolizione del sistema giuridico cristiano che dividendo la società in classi assicura privilegi di una classe, di una casta, di uno Stato sociale, contro un altro.

Una società classista non è fatta da ricchi e poveri. Una società classista è fatta da un sistema giuridico le cui leggi determinano condizioni e pene diverse a seconda del ceto sociale a cui le persone appartengono. Una società non è classista se al suo interno ci sono operai, contadini, industriali, banchieri, preti, senatori, magistrati ecc. Una società è classista se le leggi e le norme sanciscono privilegi e pene diverse per i medesimi reati distinguendo fra operai, contadini, industriali, preti, banchieri, ecc. Una società non è classista pur avendo ricchi e poveri al suo interno purché non ci siano leggi che sanciscano privilegi per il ricco e doveri per il povero.

Le leggi determinano se una società è classista o meno, non le tradizioni cattoliche che vengono imposte all'infanzia. Io posso modificare la legge che concede un privilegio ingiustificato, ma se il poliziotto è convinto che il prete sia un'autorità, agirà di conseguenza anche se la sua azione è illegale. Posso modificare una legge o la Costituzione, ma non la testa delle persone che tenderanno sempre ad agire come sono state educate a fare. Fintanto che gli industriali faranno le loro associazioni separandosi dalla società, gli operai faranno le loro associazioni separandosi dalla società, gli accattoni si separano dalla società, i sindaci fanno le loro associazioni e si separano dalla società, ecc. noi assistiamo ad una società che formalmente non è classista, ma al suo interno ci sono forze che tendono a ripristinare privilegi classisti in presenza di una Costituzione che non solo li nega, ma li condanna.

Scrive Engels:

Conseguentemente l'idea dell'eguaglianza, tanto nella sua forma borghese quanto nella sua forma proletaria, è essa stessa un prodotto storico e per la sua creazione sono state necessarie condizioni storiche determinate che, alla loro volta, presuppongono, esse stesse, una lunga preparazione storica.

Nella fase storica che stai analizzando che cosa fissa la disuguaglianza che osservi? Qual è il prodotto finale del "processo storico" che stai vivendo ? L'idea di uguaglianza o l'idea di disuguaglianza? L'una non cammina senza l'altra.

Ed è da questa riflessione che possiamo partire per analizzare il concetto di uguaglianza del marxismo come emerge dalla critica di Engels a Dühring.

Scrive Engels a pag. 103-104:

Il sig. Dühring scompone, dunque, la società nei suoi elementi più semplici e trova cosi, che la società più semplice consta almeno di due uomini. E con questi due uomini opera assiomaticamente. Ed ecco che spontaneamente si presenta l'assioma morale fondamentale: "Due volontà umane sono, come tali, assolutamente eguali tra di loro, e l'una non può, anzitutto, imporre nulla di positivo all'altra". Con ciò "è caratterizzata la forma fondamentale della giustizia morale" e lo è del pari quella della giustizia giuridica; infatti "per lo sviluppo dei concetti principali del diritto, a noi occorre soltanto il rapporto assolutamente semplice ed elementare di due uomini". Il fatto che due uomini o due volontà umane siano come tali assolutamente eguali, non solo non è un assioma, ma è perfino una grande esagerazione. Due uomini possono anzitutto, anche come tali, esser diseguali per il sesso, e questo semplice fatto ci porta subito alla constatazione che i più semplici elementi della società, se per un istante accettiamo una tale puerilità, non sono due uomini, ma un maschio e una femmina che fondano una famiglia, la più semplice e la prima associazione al fine della produzione. Ma ciò non può in nessun modo convenire al signor Dühring. Infatti, da una parte i due fonda tori della società debbono essere resi il più possibile eguali tra di loro e dall'altra persino il sig. Dühring non riuscirebbe a costruirsi, dalla famiglia primitiva, la parità morale e giuridica tra uomo e donna. Dunque, una delle due: o la molecola sociale Dühringiana, con la moltiplicazione della quale si deve costruire tutta la società, è sin dal principio condannata a rovina, perché tra loro i due uomini non potrebbero mai mettere al mondo un bambino, o invece dobbiamo immaginarceli come due capifamiglia. Ma in questo caso tutto lo schema fondamentale è rovesciato nel suo contrario: invece dell'eguaglianza degli uomini prova tutt'al più l'eguaglianza dei capifamiglia, e poiché delle donne non si fa questione, prova inoltre anche la subordinazione delle donne.

L'esempio da cui parte Dühring per definire l'uguaglianza nella società socialista che propone, è l'esempio di una prima unità umana composta da due uomini. Il fatto stesso di aver scelto questo esempio, secondo Engels, qualifica il sistema di pensiero di Dühring. Secondo Engels si tratta di discriminazione sessista.

Ad Engels sfugge che il concetto di uguaglianza da cui parte Dühring è il concetto di uguaglianza cristiano: due uomini sono perfettamente uguali in ginocchio davanti al dio padrone e avendo, solo il dio padrone la volontà, nessuno dei due può imporre nulla di positivo all'altro perché solo il dio padrone può imporre qualche cosa ad ognuno di loro.

Da dove escono quei due uomini?

Hanno un bagaglio culturale storico o sono stati creati?

Se questi due uomini, come esempio, sono il modello da cui Dühring parte per ragionare, è dovere di Dühring riempire quei due uomini di preposizioni atte a definirli nella sostanza della loro azione in un mondo che, a questo punto, Dühring stesso deve definire. La genericità dell'esempio presuppone l'assunzione di tutte le preposizioni comuni, cioè cristiane, attribuite ai due uomini. Data l'assunzione di idee cristiane con cui si apre aprioristicamente il discorso, questo non può proseguire in nessun altro modo che non con la logica cristiana.

Engels si limita a sottolineare l'incongruenza dell'uguaglianza fra due uomini intesi come modello.

DUE UOMINI NON POSSONO ESSERE UGUALI!

L'uguaglianza di cui parla Dühring non è l'uguaglianza davanti alla legge, ma è l'uguaglianza degli uomini in sé.

Dühring parla dell'uguaglianza della creazione di dio proiettata nei due uomini, che pertanto sono pensati uguali, a fondamento del suo esempio. Engels non si avvede di questo e contesta sia il fatto che i due uomini non potrebbero partorire sia che per "uomini" intendiamo uomini e donne mentre Dühring parlando di uguaglianza fra uomini,discriminando di fatto le donne. Del resto, è proprio il cristianesimo che discrimina le donne, considerandole non persone in quanto derivate dall'uomo e non create da dio allo stesso modo dell'uomo, e impone la discriminazione delle donne anche al giorno d'oggi. Ad esempio, con la sua feroce battaglia contro il diritto d'aborto.

Osserva Engels da pag. 104 a pag. 105:

Qui noi dobbiamo fare al lettore la comunicazione spiacevole che da ora e per molto tempo egli non si libererà più di questi famosi due uomini. Nel campo dei rapporti sociali essi rappresentano una parte simile a quella rappresentata sin qui dagli abitanti di altri corpi celesti, con i quali ora speriamo di essercela sbrigata. C'è da risolvere una questione di economia, di politica, ecc.? Ecco che si presentano i due uomini e in un batter d'occhio, "assiomaticamente", liquidano la cosa. Scoperta eccellente, originale, creatrice di sistema, del nostro filosofo della realtà: ma disgraziatamente, se vogliamo rendere onore alla verità, i due uomini non li ha scoperti lui. Essi sono un fatto comune a tutto il XVIII secolo. Sono già presenti nel Discorso sulla in eguaglianza di Rousseau, del 1754, dove, sia detto di passaggio, dimostrano assiomaticamente il contrario delle affermazioni Dühringiane. Rappresentano una parte di capitale importanza negli economisti, da Adam Smith a Ricardo; ma qui sono diseguali almeno nel fatto che ognuno di essi esercita un mestiere diverso, per lo più quello del cacciatore o quello del pescatore, e si scambiano vicendevolmente i loro prodotti. Inoltre, in tutto il secolo XVIII essi servono principalmente come semplice esemplificazione illustrativa, e l'originalità del sig. Dühring consiste soltanto nell'elevare questo metodo esemplificativo a metodo fondamentale di tutta la scienza della società e a misura di tutte le formazioni storiche. Certo non ci si potrebbe costruire in modo più facile la "concezione rigorosamente scientifica delle cose e degli uomini". Per stabilire l'assioma fondamentale che due uomini e le loro volontà sono assolutamente eguali tra di loro e nessuno ha ordini da dare all'altro, non possiamo servirei per ciò di due uomini presi a capriccio. Devono essere due uomini talmente liberati da ogni realtà, da ogni rapporto nazionale, economico, politico, religioso esistente sulla terra, e da ogni caratteristica sessuale e personale, che sia del primo che del secondo non resta altro che il semplice concetto di uomo, e in tal caso essi sono di certo "assolutamente eguali", Sono quindi due autentici fantasmi evocati dallo stesso sig. Dühring, che dappertutto fiuta e denunzia movimenti "spiritistici". Questi due fantasmi, naturalmente, devono fare tutto quello che il loro evocatore esige da loro, ed appunto per ciò tutte le loro produzioni artistiche non hanno assolutamente nessun interesse per il resto del mondo.

Questi due uomini, assolutamente uguali fra loro, sono il parto di una fantasia. Non sono soggetti reali. Non vivono in un mondo reale. Non sono il divenuto della specie. Non sono portatori di tensioni psico-emotive.

Se si immaginano due uomini uguali, lo si immagina solo come uomini creati da dio.

Engels rileva come un esempio esemplificativo è stato elevato da Dühring a modello fondamentale della società: almeno la bibbia ha messo un uomo e una donna e la storiografia, citata da Engels, nei due uomini a fondamento della società è stata presa da Caino e Abele in una fantasiosa relazione fra cacciatore e agricoltore che si scambiano i prodotti.

Tutta la struttura dell'esempio su cui si fonda la società da Dühring ai sociologi positivisti, è tutta di derivazione cristiana. Usa esempi cristiani. Usa categorie di pensiero cristiane. Svolge il tema secondo categorie cristiane. L'uguaglianza, citata, è quella dell'uomo in sé, non è l'uguaglianza nei rapporti sociali. Si accetta la diversità della funzione, ma non si accetta l'uscita dall'uguaglianza prodotta dalla creazione di dio e sottomessa a dio.

Il dio padrone è la legge; il dio padrone è lo Stato; il dio padrone è l'autorità che rende tutti ugualmente schiavi sotto sé stesso.

Scrive ancora Engels pag. 105:

Ma seguiamo ancora per un po' l'assiomatica del sig. Dühring. Le due volontà non possono esigere niente di positivo l'una dall'altra. Ché se tuttavia l'una delle due fa questo e impone la sua pretesa con la forza, sorge uno stato di ingiustizia; e con questo schema fondamentale il sig. Dühring spiega l'ingiustizia, la violenza, la servitù, in breve tutta la storia riprovevole che sin qui si è svolta. Ora, Rousseau, nello scritto citato sopra, proprio per mezzo dei due uomini ha dimostrato, in modo parimenti assiomatico, il contrario; cioè che, dei due, A può asservire B non con violenza, ma mettendo B in una posizione in cui questo non può fare a meno di A; il che per il sig. Dühring rappresenta una concezione già troppo materialistica. Prendiamo, allora, la cosa in un modo un po' diverso. Due naufraghi sono soli in un'isola e formano una società. Formalmente le loro volontà sono assolutamente eguali, e questo fatto è riconosciuto da entrambi. Invece, materialmente, sussiste una grande diseguaglianza. A è deciso ed energico, B indeciso, indolente e fiacco: A è sveglio, B è sciocco. Quanto tempo ci vuole perché A imponga regolarmente a B la sua volontà, prima con la persuasione, poi in virtù dell'abitudine, ma sempre sotto la forma del consenso? Che la forma del consenso sia mantenuta o calpestata, la servitù resta servitù, L'entrata volontaria nello stato servile dura per tutto il medioevo in Germania, sin dopo la guerra dei trent'anni. Quando in Prussia, dopo le sconfitte del 1806 e del 1807, fu abolita la servitù della gleba e con essa l'obbligo per i graziosi signori di soccorrere i loro sudditi in caso di bisogno, malattia e vecchiaia, i contadini presentarono petizioni al re, per essere lasciati ancora nella servitù, altrimenti chi li avrebbe soccorsi nella miseria? Quindi lo schema dei due uomini è tanto "fondato" sulla diseguaglianza e sulla servitù, quanto sull'eguaglianza e sulla mutua assistenza; e poiché dobbiamo ammettere che i due uomini siano capifamiglia, altrimenti il genere umano si estinguerebbe, è qui già prevista anche la servitù ereditaria.

All'idea dei due uomini creati da dio di Dühring, Engels oppone delle diversità dovute al divenuto e ai processi di adattamento soggettivo dei due ipotetici uomini considerati da Dühring.

In sostanza, il contrasto di vedute fra Dühring ed Engels è il contrasto fra chi considera i due uomini, presi come esempio, creati da un ipotetico dio padrone e chi considera i due uomini divenuti attraverso a dei processi di trasformazione.

Date le premesse, che cosa può costruire l'ingiustizia negli apriori attribuiti ai due uomini? La violenza, la forza e la prevaricazione. In sostanza il modello sulla formazione della disuguaglianza prima e dell'ingiustizia dovuta alla diseguaglianza viene spiegata da Dühring con la prevaricazione e la violenza del dio padrone sull'uomo. Un dio padrone che, imitato da uno dei due uomini, fa violenza all'altro sottomettendolo. Dühring spiega la nascita dell'ingiustizia con il modello Caino-Abele adattato alla bisogna.

Allo schema che il socialista Dühring ha preso dalla bibbia cristiana Engels contrappone dei processi di adattamento funzionali e funzionanti al divenuto della specie e alle trasformazioni della specie nell'evoluzione.

Nell'esempio che fa Engels di due naufraghi su un'isola non parte da due uomini uguali, ma parte da due uomini che hanno un diverso modo di approcciarsi ai problemi del mondo. Due uomini che hanno una cultura diversa frutto delle loro diverse esperienze prima di naufragare sull'isola. Engels, a differenza di Dühring, fotografa e ferma nella situazione due uomini divenuti e trasformatisi prima di considerare il loro arrivo sull'isola. I due uomini hanno un diverso bagaglio psico-emotivo e il diverso bagaglio psico-emotivo li rende più o meno adatti ad affrontare i problemi che i naufraghi devono affrontare sull'isola. I due uomini sono già differenti. Le loro differenze incidono sul loro modo di vivere e il loro diverso modo di vivere e di affrontare i problemi può essere premiante o può essere punitivo.

Nello schema di Engels, ripreso da Rousseau, i due uomini possono separarsi, e il più abile sopravvive, o possono aggregarsi e, in questo caso, il più abile riceve qualche cosa dal meno abile.

Questo "servire per vivere", comunque si sia fissato nella storia, diventa strutturale solo se viene fissato da leggi, da norme o, peggio ancora, da ordini divini che vengono imposti fin dalla più tenera infanzia a bambini indifesi. Se non vi sono ordini divini del dio padrone e non ci sono leggi che lo fissano, ad ogni generazione si riformano le relazioni, ma se vi sono leggi divine o leggi sociali e avviene l'imposizione nell'infanzia, allora il sistema castale o il sistema di classe si cala nella psiche delle persone perpetuandosi in sé e per sé.

E' il dio padrone cristiano che rende sgomenti i servi della gleba tedeschi:

Quando in Prussia, dopo le sconfitte del 1806 e del 1807, fu abolita la servitù della gleba e con essa l'obbligo per i graziosi signori di soccorrere i loro sudditi in caso di bisogno, malattia e vecchiaia, i contadini presentarono petizioni al re, per essere lasciati ancora nella servitù, altrimenti chi li avrebbe soccorsi nella miseria?

Si è abolito il dovere del padrone di soccorrere i servi, ma non si è abolito il servaggio e la miseria. Allora, dicono i servi della gleba, tanto faceva lasciare il regime precedente. Non si è abolita una schiavitù, ma si è tolto l'obbligo al nobile di soccorrere il servo.

In fondo, al dio padrone va tolto il fardello del dovere. I servi possono essere buttati a mare e, quando li si butta a mare, si dice che vengono liberati. Non sono più servi della gleba, ma uomini liberi di vivere nella miseria e di morire. Non si è divisa fra di loro la proprietà del nobile, si è liberato il nobile dal fardello.

Rileva Engels che i due uomini, naufraghi sull'isola, possono sì diventare uno al servizio dell'altro, ma possono anche socializzare le loro competenze e agire di mutuo accordo. Non necessariamente la relazione sociale che si crea è di tipo gerarchico, può essere semplicemente funzionale. Tutto è aperto alle scelte e alle competenze che muoiono con i due che, non potendo figliare, estinguono la società che funge da esempio a Dühring. In fondo, le diverse relazioni fra i nativi americani non era frutto di primitivismo come la filosofia positivista affermava, ma era uno sviluppo sociale diverso da quello europeo dovuto alla mancanza del terrore cristiano. Per questo motivo i cristiani li hanno macellati.

Scrive Engels a pag. 106:

Ma per un momento, lasciamo stare tutto ciò. Ammettiamo che l'assiomatica del sig. Dühring ci abbia persuasi, e che noi siamo fanatici della completa eguaglianza di diritti delle due volontà, della "sovranità umana in generale"; della "sovranità dell'individuo", veri fastosi colossi di parole, di fronte ai quali 1'"unico" di Stirner con la sua proprietà resta un pasticcione, per quanto anch'egli potrebbe reclamarvi la sua modesta parte. Dunque noi siamo oggi tutti assolutamente eguali e indipendenti. Tutti? No, non tutti. Ci sono ancora "dipendenze ammissibili" e queste si spiegano "con ragioni che si devono cercare non nell'attività delle due volontà come tali, ma in una terza sfera, quindi per es. per quel che concerne i bambini, nella deficienza della loro autodeterminazione". Infatti! Le ragioni della dipendenza non debbono cercarsi nell'attività delle due volontà come tali! Naturalmente no, infatti l'attività di una delle volontà è anzi proprio ostacolata! Ma invece in una terza sfera! E che cos'è questa terza sfera? La determinazione concreta di una volontà sottomessa in quanto insufficiente! Il nostro filosofo della realtà si, è allontanato a tal punto dalla realtà, che di fronte al termine astratto e privo di contenuto: volontà, il contenuto reale, la determinazione caratteristica di questa volontà costituisce già per lui, una "terza sfera". Ma comunque ciò sia, dobbiamo constatare che l'eguaglianza di diritti ha la sua eccezione. Essa non ha validità per una volontà affetta da deficienza di autodeterminazione. Ritirata n. 1.

Nell'uguaglianza di base di Dühring c'è una crepa. Ma come, gli uomini non sono creati tutti uguali dal suo dio padrone? La dipendenza è costruita con la violenza da parte di dio sugli uomini per renderli dipendenti dalla sua sovranità, però viene giustificata da alcune "inadeguatezze", per esempio i bambini.

Dio padre e i bambini, suoi figli, dipendono dalla provvidenza del padre. L'esempio di Dühring partiva da due persone adulte senza divenuto né responsabilità: individui creati. Guardandoci attorno, gli individui non sono creati. Gli individui nascono in un insieme e crescono. Dunque, i bambini sono dipendenti di quei due adulti che Dühring ha posto a modello del suo ragionamento.

Ma perché i bambini sono diseguali da quei due adulti? Non sono loro forse gli adulti che formeranno la società? E come si può partire ragionando su una società fatta da due persone come modello e non partire dalla società formata da quelle stesse due persone quando sono bambini?

Perché non viene considerata da Dühring l'uguaglianza fra i bambini e gli adulti? Che forse l'adulto meccanico e l'adulto calzolaio sono uguali fra di loro? Qual è il fattore che viene considerato per affermare che "sono uguali"?

I bambini non godono dell'uguaglianza perché sono "deficienti nella loro determinazione". Costringendoli alla dipendenza perché sono "deficienti nella loro determinazione", saranno necessariamente degli adulti "deficienti nella loro determinazione" perché privati dell'esperienza dei contenuti e degli effetti dell'uguaglianza che dovranno praticare.

In questo modo si costruiscono adulti "deficienti nella loro determinazione" che non potranno mai essere uguali perché saranno adulti "deficienti nella loro determinazione". Allora, quali sono i modelli che Dühring ha usato se quegli stessi modelli, qualora avessero figli, formerebbero degli adulti "deficienti nella loro determinazione"? Che società sarebbe dopo la loro?

Una delle cose che sfugge ad Engels e al marxismo è che la mancanza di uguaglianza di diritti dei bambini rispetto agli adulti comporta una condizione di dipendenza che sarà mantenuta per tutta la vita. Uguaglianza non significa che ai bambini devono essere dati i doveri che la società impone agli adulti. Significa che ai bambini vanno riconosciuti tutti i diritti che vanno riconosciuti agli adulti e, inoltre, questi diritti, per preservare la crescita, abbisognano di una particolare tutela proprio per prevenire le prevaricazioni degli adulti.

Nel cristianesimo, come afferma Dühring, i bambini non sono uguali perché non hanno diritti nei confronti degli adulti da cui dipendono e a cui non possono chiedere il rispetto dei loro diritti.

Ancora una volta Dühring sta manifestando un principio dell'ideologia cristiana ed Engels non è in grado di rispondere. Engels si limita a prendere atto che qualcuno, i deficienti nella loro determinazione come i bambini, non sono soggetti uguali agli altri. Eppure, già nel manifesto del Partito Comunista Marx ed Engels avevano rivendicato il diritto dei bambini di andare a scuola e di non essere costretti al lavoro nelle fabbriche e in altri luoghi. Questo ha comportato che in Russia e in Cina e dove c'è stato un Partito Comunista al governo è stato vietato il lavoro minorile, sia pur con grandi sforzi.

Dühring riafferma il principio cristiano dei figli come proprietà dei genitori, non come soggetti che hanno il diritto di crescere nell'uguaglianza.

Engels constata che nello schema di Dühring un individuo che ha una volontà affetta da deficienza di autodeterminazione, non può essere uguale agli altri individui.

Traducendo in termini attuali, secondo Dühring ci armiamo tutti di pistola per dimostrare, come nella tradizione degli USA che nascono dal banditismo cristiano, che con qualche pistolettata si dimostra la propria volontà senza deficienze di autodeterminazione. In altre parole, per Dühring non sono importanti le condizioni nelle quali un individuo cresce, ma è importante la volontà del super-uomo che viene limitato da un altro super-uomo altrimenti tutti sono dipendenti da questo super-uomo.

Scrive Engels a pag 106-107:

Andiamo avanti.

"Laddove la bestia e l'uomo sono fusi insieme in una persona, si può domandare, in nome di una seconda persona completamente umana, se il loro modo di agire possa essere lo stesso come se stessero di fronte persone per così dire solamente umane... perciò il nostro presupposto di due persone moralmente diseguali, una delle quali in un certo senso partecipi al carattere peculiare della bestia, è la forma fondamentale tipica di tutti i rapporti che, conformemente a questa differenza, possono presentarsi... all'interno dei gruppi umani e tra di loro."

[Engels qui sta citando During. Nota mia]

Ed ora il lettore segua con i suoi occhi la miserevole diatriba che segue questi impacciati sotterfugi, in cui il sig. Dühring si gira e si rigira come un gesuita per stabilire casisticarnente sino a che punto l'uomo umano possa intervenire contro gli uomini bestiali, sino a che punto possa usare contro di loro diffidenza, astuzia guerresca, mezzi di inganno sottili, anzi perfino terroristici, senza neppure derogare in qualche cosa dalla morale immutabile. Quindi se due persone sono "moralmente diseguali", anche l'eguaglianza cessa. Ma allora non valeva la pena di evocare i due uomini assolutamente eguali, infatti non esistono due persone che moralmente siano assolutamente eguali; la diseguaglianza consisterebbe però nel fatto che l'una è una persona umana e l'altra reca in sé qualcosa della bestia. Ma è già insito nella discendenza dell'uomo dal regno degli animali il fatto che l'uomo non si libera mai completamente dalla bestia, cosicché si può trattare sempre di un più o un meno, di una differenza nel grado della bestialità e rispettivamente dell'umanità. Una divisione degli uomini in due gruppi nettamente distinti, in uomini umani e uomini-bestie, in buoni e cattivi, in pecore e becchi, oltre alla filosofia della realtà la conosce soltanto il cristianesimo che, in modo del tutto conseguente, ha anche il suo giudice universale che compie la separazione. Ma nella filosofia della realtà, chi deve essere giudice supremo? Dovrà probabilmente avvenire come nella prassi cristiana, in cui le pie pecorelle si assumono loro stesse, e adempiono col noto successo, l'ufficio di giudice universale dei becchi, loro prossimo profano. La setta dei filosofi della realtà, se mai verrà al mondo, sotto questo riguardo certo non là cederà in niente ai Pacifici della terra [NOTA: Allusione alla setta pietistica Die Stillen im Lande, che fiori in Germania nel secolo XVIII]. Ma tutto questo può esserci indifferente; ciò che ci interessa è la confessione che, in conseguenza della diseguaglianza morale tra gli uomini, ancora una volta l'eguaglianza si riduce a niente. Ritirata n. 2.

Un altro fattore che consente la disuguaglianza fra gli uguali di Dühring è "l'istinto bestiale" di alcuni uomini. L'istinto bestiale che viene misurato dall'adesione del singolo uomo alla morale imposta.

E' un altro principio di ebrei e cristiani: chiunque non si sottometta alla morale del dio padrone deve essere lapidato. Dühring, anziché lapidarlo, lo priva del diritto di uguaglianza nel suo modello sociale.

Alle affermazioni cristiane di Dühring, Engels contrappone la logica secondo cui essendo l'uomo evoluto dal mondo animale, necessariamente nell'uomo esiste una parte dell'animale. Trova ridicola la contrapposizione fra l'uomo-umano e l'uomo-bestia. Engels riconosce l'ideologia cristiana nelle affermazioni di Dühring. Infatti, afferma:

Una divisione degli uomini in due gruppi nettamente distinti, in uomini umani e uomini-bestie, in buoni e cattivi, in pecore e becchi, oltre alla filosofia della realtà la conosce soltanto il cristianesimo che, in modo del tutto conseguente, ha anche il suo giudice universale che compie la separazione.

E' il "giudice universale" che impone la morale e impone il comportamento degli uomini. Non nasce prima il comportamento e poi il giudice. Nasce il giudice che determina il comportamento. E' il dio padrone cristiano che decide come gli uomini si debbono comportare per essere considerati il "popolo eletto". E sono gli uomini che si identificano col dio padrone e che vivono macellando chiunque non si comporta come il dio padrone vuole che costruiscono l'immagine del dio padrone assassino che legittima la loro azione. Con l'immagine del dio padrone assassino perpetuano i comportamenti criminali trasmettendoli di generazione in generazione. Alla domanda di Engels segue la risposta che Engels si affretta a scartare in quanto la ritiene ridicola e, invece, avrebbe dovuto trattare la sua risposta con più serietà.

Quando chiede chi, nella filosofia della realtà, determina la divisione fra uomini-uomini e uomini-bestie, Engels dà la risposta corretta:

Dovrà probabilmente avvenire come nella prassi cristiana, in cui le pie pecorelle si assumono loro stesse, e adempiono col noto successo, l'ufficio di giudice universale dei becchi, loro prossimo profano.

Qualcuno che si identifica col dio padrone deciderà che cosa vuole il dio padrone e agirà di conseguenza marchiando come uomo-bestia ogni oppositore alla sua morale di dominio.

Il dio padrone detta la morale, ma non ha capacità di intervento sull'uomo. La capacità di intervento sull'uomo è determinata da chi si identifica col dio padrone. Costui determina l'uomo-bestia. Il diseguale da ammazzare. Da sterminare. Da chiudere nei campi di sterminio.

Quando il concetto di uguaglianza è condizionato da modi di essere o da comportamenti del singolo, non è più un concetto di uguaglianza, ma un concetto di diseguaglianza. Dühring, nella sua visione socialista della società, non ha un concetto di uguaglianza, ma ha il concetto del gregge in cui le pecore possono essere uguali fra loro solo se si comportano come vuole il pastore. Se le pecore non si comportano come decide il pastore, Dühring le uccide in quanto non sono uguali, ma "bestie senza diritti". L'uguaglianza prevede diritti uguali a prescindere dal comportamento che, anche se fosse un reato penale, verrebbe censurato dalla legge ma non priverebbe l'individuo dei diritti di uguaglianza nella società.

Non esiste l'uguaglianza là dove l'uguaglianza può essere rimossa in base ad un principio che costituisce disuguaglianza.

Scrive Engels a pag. 107-108:

Andiamo di nuovo avanti.

"Se uno dei due uomini agisce secondo verità e scienza e l'altro, invece, secondo qualche superstizione o qualche pregiudizio... di regola devono intervenire mutue interferenze... Ad un certo grado di incapacità, di rozzezza o di cattiva tendenza del carattere, dovrà in ogni caso avvenire un conflitto ... Non sono semplicemente i bambini e i folli quelli nei cui confronti la violenza è l'ultima risorsa. Il carattere di interi gruppi naturali e di intere classi di uomini civili può rendere inevitabilmente necessario sottomettere la loro volontà, ostile per la sua perversità, al fine di ricondurre questa stessa volontà ai legami della comunità. Anche qui la volontà altrui viene considerata come avente eguali diritti; ma per la perversità della sua attività aggressiva e ostile ha provocato un'azione di compenso, e se ora subisce un'azione di forza, non fa che raccogliere la reazione alla propria ingiustizia."

[Engels qui sta citando During. Nota mia]

Quindi non solo la diseguaglianza morale, ma anche la siseguaglianza spirituale è sufficiente per eliminare 1'"assoluta eguaglianza delle due volontà" e per istituire una morale secondo la quale si possono giustificare tutte le infamie commesse da briganteschi Stati inciviliti contro popoli arretrati, sino alle atrocità dei russi nel Turkestan. Quando il generale Kaufmann, nell'estate 1873, fece attaccare la tribù tartara dei Jomudi, bruciare le loro tende, massacrare le loro donne e i loro bambini "alla buona maniera caucasica", come diceva il suo ordine, affermava anche lui che era diventata una necessità ineluttabile sottomettere la volontà dei Jomudi, ostile per la sua perversità, al fine di ricondurre questa loro volontà ai legami della comunità; che i mezzi da lui usati erano i più appropriati allo scopo e che chi vuole il fine, deve volere anche i mezzi. Solamente non era così crudele da schernire per soprammercato i Jomudi dicendo che li massacrava per una azione di compenso e che proprio per questo considerava la loro volontà come avente eguali diritti. E ancora una volta in questo conflitto sono gli eletti, coloro che pretendono di agire secondo verità e scienza, quindi in ultima analisi sono i filosofi della realtà, quelli che hanno da decidere che cosa sono superstizione, pregiudizio, rozzezza, cattiva tendenza del carattere, e quando sono necessari la violenza e l'assoggettamento come azione di compenso. L'eguaglianza è quindi ora: l'azione di compenso mediante la violenza, e la seconda volontà viene dalla prima riconosciuta come avente eguali diritti, mediante l'assoggettamento. Ritirata n. 3, che qui già degenera in fuga ignominiosa.

La visione ideologica cristiana si rafforza in Dühring. Il modello dio, con cui determinare l'uguaglianza fra gli uomini, assume dentro di lui la forma del delirio di onnipotenza. Diventa il diritto di sterminare e il "diritto" di essere sterminati. Il diritto degli abitanti di Sodoma e Gomorra di essere macellati dal dio padrone.

La diseguaglianza spirituale, caratteriale, culturale, razziale, è motivo di sterminio e nel sterminarli si riconosce loro la "stessa uguaglianza" a ogni singolo individuo che si sopprime con la violenza. E' l'idea socialista che nel ventesimo secolo sarà l'idea di Mussolini, Craxi, Blair, Hitler, Ben-Gurion. In quest'idea di uguaglianza di Dühring non si tratta di combattere un nemico. Il nemico è uguale, lui vuole cose mie o io voglio cose sue. Combatto e ammazzo il nemico per conquistare qualche cosa: un territorio, un controllo, un possesso. In Dühring si usa la violenza per portare all'appiattimento. Si usa la violenza per impedire al modello morale imposto di essere messo in discussione. Si ammazza per far trionfare la morale degli uomini-uomini contro i suoi nemici che devono essere necessariamente uomini-bestie.

E' il dio padrone cristiano, il dio della bibbia, che diffama i sacerdoti di Baal per poterli macellare e sterminare.

Questo è il modello che assume Dühring e che Engels censura. Nel censurare questo modello di dio padrone proposto da Dühring, Engels cita un episodio del 1873 del generale Kaufmann che fece massacrare i tartari di Jomudi. Li schernì, li derise e li fece massacrare uomini, donne e bambini alla maniera di come gli aveva insegnato a fare il dio della bibbia. Come il dio degli ebrei massacra i sacerdoti di Baal dopo averli insultati, ingiuriati scherniti ed offesi, così Kaufmann, ad imitazione del dio dei cristiani, procede con la stessa tecnica insegnata da quel dio criminale. Migliaia di popoli hanno fatto la stessa fine per mano dei cristiani.

Engels conclude la sua digressione critica su che cosa "compromette" il principio di uguaglianza di Dühring nella sua società socialista ideale rilevando che:

E ancora una volta in questo conflitto sono gli eletti, coloro che pretendono di agire secondo verità e scienza, quindi in ultima 'analisi sono i filosofi della realtà, quelli che hanno da decidere che cosa sono superstizione, pregiudizio, rozzezza, cattiva tendenza del carattere, e quando sono necessari la violenza e l'assoggettamento come azione di compenso.

Da cui il concetto di "uguaglianza" che sarà proprio del cristianesimo come religione, e dei regimi assolutistici del XX secolo che trasleranno la morale cristiana dal dio padrone allo Stato padrone. Appunto, assolutista!

L'eguaglianza è quindi ora: l'azione di compenso mediante la violenza, e la seconda volontà viene dalla prima riconosciuta come avente eguali diritti, mediante l'assoggettamento.

La condanna di Engels per l'atteggiamento di Dühring è totale. Ritiene che ciò che propone Dühring sia inumano e vada condannato.

Solo che ciò che propone Dühring, con la sua violenza, non nasce da Dühring, nasce dagli insegnamenti del dio padrone cristiano imposti nell'infanzia a Dühring.

Dühring ha tratto i sui concetti sull'uguaglianza e sui motivi della non uguaglianza dalla bibbia cristiana. La bibbia cristiana, la parola del dio padrone cristiano, legittima il genocidio e ogni perversità per suo conto (poi i criminale per conto del dio padrone la chiesa cattolica li fa "santi").

Engels avrebbe dovuto chiedersi: quanti altri Dühring ci sarebbero stati nel corso della storia?

Non siamo di fronte a Dühring che manifesta idee contro l'uguaglianza dell'uomo, siamo davanti a Dühring come prodotto dell'ideologia cristiana. Siamo di fronte al prodotto del dio padrone cristiano. Dühring, come Kauffmann, Mussolini, Craxi, Hitler, Blair, Ben-Gurion sono prodotti dal dio padrone ebreo e cristiano, ne riproducono gli insegnamenti solo perché il dio padrone ebreo e cristiano non è stato accusato di genocidio, strage e odio per l'umanità. Per questo, questi prodotti del dio padrone cristiano, si ritengono in diritto, come il dio padrone ebreo e cristiano o come Gesù, di macellare chiunque non si metta in ginocchio davanti a loro e, dunque, non ha i diritti di uguaglianza.

Engels può limitarsi a disprezzare Dühring, ma poi altri Dühring costruiscono campi di sterminio in nome del popolo eletto, della morale eletta, della religione cristiana eletta, della razza eletta. Negli stermini ogni atteggiamento soggettivo cade nello sgomento e nel rimpianto per non aver condannato il Macellaio di Sodoma e Gomorra, il pederasta in croce che ordina di scannare chiunque non si metta in ginocchio perché quella mancata condanna ha aperto le porte agli sterminatori dell'umanità in nome di una morale imposta: quella del dio padrone ebreo e cristiano.

Engels ha Dühring davanti a sé, ma il suo nemico è il Macellaio di Sodoma e Gomorra. Ha poco Engels da dire "il dio dei cristiani non esiste" e, dunque, come fa ad essere il mio nemico? Esiste il principio del genocidio, dello sterminio, e quel principio si chiama "dio dei cristiani". Perché la sostanza del dio dei cristiani non è data da una realtà in essere, ma dalla descrizione dell'insieme dei principi che ne fanno i testi "sacri" dei cristiani. Questi principi, imposti nell'infanzia a ragazzi che non hanno strumenti critici, forgiano la veicolazione emotiva con cui le persone, in età adulta affrontano e risolvono i loro problemi. Questa soluzione va dall'omicidio della moglie che vuole il divorzio ai campi di sterminio di Hitler al massacro dei palestinesi da parte di Ben-Gurion, allo sterminio dei popoli fatti dai cristiani colonialisti, allo stupro dei bambini e alla violenza sull'infanzia.

La fonte dell'odio e della discriminazione sta nel dio padrone di ebrei e cristiani e nel Gesù in croce. Una fonte che viene preservata affinché i piccoli Dühring, Mussolini, Ben-Gurion,Craxi, Andreotti, Hitler, Blair, Kauffmann e altri possano crescere e portare a termine i loro genocidi.

Scrive Engels pag. 109-110:

Ma se anche l'abbiamo fatta finita con la trattazione superficiale e dilettantesca che il sig. Dühring fa dell'idea di eguaglianza, non perciò l'abbiamo fatta finita con questa idea stessa, in quanto essa ha un'importante funzione teorica, specialmente grazie a Rousseau, pratico-politica durante e dopo la Grande Rivoluzione, e ancora oggi agitatoria nel movimento socialista di quasi tutti i paesi. La constatazione di quale sia il suo contenuto scientifico determinerà anche il suo valore per l'agitazione proletaria. L'idea che tutti gli uomini in quanto uomini hanno qualche cosa di comune e che essi sono anche eguali nei limiti di questo elemento comune, è ovviamente antichissima. Ma assolutamente diversa da tutto questo è la moderna rivendicazione dell'eguaglianza; questa consiste invece nel dedurre da quella proprietà comune dell'essere umano, da quell'eguaglianza degli uomini in quanto uomini, il diritto ad un eguale valore politico e, rispettivamente, sociale, di tutti gli uomini, o almeno di tutti i cittadini di uno Stato, o di tutti i membri di una società. Prima che da quella originaria idea di una eguaglianza relativa si sia potuta trarre la conclusione di un'eguaglianza di diritti nello Stato e nella società, prima ancora che questa conclusione sia potuta apparire come qualche cosa di naturale e ovvio, dovevano passare millenni, e millenni sono passati. Nelle comunità più antiche, nelle comunità naturali poteva parlarsi di eguaglianza di diritti tutt'al più tra i membri della comunità; va da sé che donne, schiavi, stranieri ne erano esclusi. Fra i greci e fra i romani le diseguaglianze degli uomini avevano un peso molto maggiore di qualsiasi eguaglianza. Che greci e barbari, liberi e schiavi, cittadini e clienti, cittadini romani e sudditi romani (per usare un termine comprensivo) potessero pretendere parità di condizioni politiche, agli antichi necessariamente sarebbe parso pazzesco. Sotto l'impero romano tutte queste differenziazioni a poco a poco si dissolsero, ad eccezione di quella di liberi e schiavi; si originò di conseguenza, almeno per i liberi, quell'eguaglianza dei privati cittadini sulla cui base si sviluppò il diritto romano, la più perfetta costruzione a noi nota del diritto fondato sulla proprietà privata. Ma sino a quando sussisté la contrapposizione di liberi e schiavi, non si poté parlare di conclusioni giuridiche tratte dall'eguaglianza umana in generale; cosa che anche di recente abbiamo visto negli Stati schiavisti dell'Unione nordamericana.

L'attuale rivendicazione dell'uguaglianza non procede dalla struttura dell'Antico Stato Romano o Greco.

L'idea secondo cui l'avvento del cristianesimo è un "progresso" o una "evoluzione" di regimi religiosi o sociali precedenti è un'idea falsa e fuorviante d'interpretazione della realtà vissuta. Noi non possiamo pensare le società anche come proiezione dei nostri desideri. Facciamo un esempio. Engels, in sintonia con la bibbia cristiana e con Erodoto pensava che le piramidi fossero state costruite da schiavi. Tale tesi è ripresa da Philip Smith nella sua "Storia dell'oriente antico" (1882) che dipinge la società egiziana come una società schiavista che fonda il proprio potere e il proprio dominio sul terrore. Oggi sappiamo che non è così. Sappiamo che le piramidi furono costruite da lavoratori liberi, ben pagati e con un sindacato che organizzava scioperi per migliorare le condizioni di vita. Sappiamo che avevano a disposizione un servizio sanitario che in Europa inizierà solo nel 1800 e con carenze che non raggiungerà la perfezione dell'antico Egitto. Oggi sappiamo che la costruzione delle piramidi era un metodo adottato per ridistribuire parte delle ricchezze accumulate dallo Stato. Engels davvero pensava che l'Egitto fosse uno stato schiavista assolutista.

Philip Smith vuole vedere nelle raffigurazioni egiziane la conferma delle tesi della bibbia come si è voluto credere per secoli che i fedeli di Baal bruciassero per i Tofet i loro figli.

Le antiche società non erano come i cristiani immaginavano e andavano ad affermare per diffamarle. Il codice di Hammurabi ne è un esempio. Di questo Engels non ne era consapevole. Pensare alla storia come ad una storia fatta di truffe, inganni e diffamazione sistematica è una cosa che nel 1800 non passava nemmeno dall'anticamera del cervello. Pensare ad un Platone come ad un diffamatore bugiardo: e chi avrebbe provato ad affermarlo?

I cristiani hanno mascherato la cesura operata nella storia con la forma di continuità dell'antico impero romano. Ma mentre le società antiche erano società che si adattavano alle esigenze degli uomini in quanto le leggi erano fatte dagli uomini, i cristiani imponevano la "parola immutabile del loro dio criminale". Questa parola immutabile elevava la schiavitù a volontà di dio ed elevava l'emarginazione e la diseguaglianza sociale, con lo sfruttamento e le torture consequenziali, a volontà del loro dio padrone.

Un esempio sono gli Stati Uniti in cui i cristiani hanno proceduto al genocidio di decine di milioni di nativi americani per sottrarre loro terre, spazio e possibilità di vivere. Lo stesso fecero i cristiani fin dalle origini. Il primo stato cristiano, l'Armenia.

Riporto da Karlheinz Deschner, Storia Criminale del Cristianesimo Vol 1 ed Ariele 2000 pag. 258-259:

In ogni caso – scriveva nel 1978 Mesrob Krikorian, rappresentante di primo piano della chiesa apostolica armena – il cristianesimo rivestì una grande importanza per l'Armenia e per tutti gli armeni sparsi nel mondo in quanto fu in grado di conferire alla cultura di questo paese un nuovo volto..." Fausto non si stancò di ripetere: "Gli armeni passarono le truppe persiane a fil di spada", "non risparmiarono nessuno", "né uomini, né donne", "annientarono le milizie persiane", "provocarono un bagno di sangue". Questo è il "nuovo volto" di cui parla Mesrob Krikonian...? Immediatamente tornano alla mente i racconti contenuti nell'Antico Testamento sui massacri e sui saccheggi compiuti dagli israeliti al tempo della conquista della terra promessa: "Gli armeni fecero un'incursione nei territori persiani". "Si impossessarono di un immenso bottino, tesori, armi, gioielli, diventando smisuratamente ricchi e degni della lode". Misero la terra dei nemici a "ferro e fuoco". occasionalmente e non con meno successo, gli Armeni impugnarono le armi anche contro la Roma cristiana (soli o in alleanza con i persiani pagani), devastando – racconta Fausto – "per sei anni i territori della Grecia", "sterminando senza eccezioni coloro che ivi risiedevano", "facendo incetta di bottini straordinari".

Questo è il primo stato cristiano che è nato, siamo attorno al 390 d.c., e ha vissuto per praticare il macello dei popoli vicini a maggior gloria del proprio dio padrone.

La storia viene spezzata dall'avvento del cristianesimo. Gli uomini sono schiavi per volontà del dio padrone. Vengono macellati perché paria del dio padrone. Il popolo eletto attraversa la storia macellando i popoli con una tale violenza da lasciare sgomenti chiunque.

Tutto ciò che nell'organizzazione sociale degli Antichi era una condizione contingente che la trasformazione sociale avrebbe modificato, nel cristianesimo diventa volontà assoluta del dio padrone e parola divina.

Così lo schiavo non è più schiavo per condizione economica, ma lo è con tutto il cuore e con tutta l'anima per volontà di dio. Gli uomini non sono più uomini e basta, ma il cristianesimo pratica il razzismo e l'odio razziale. Il ricco non è più ricco come società, ma lo è per volontà di dio. Il re non è più il re responsabile della società, ma è re per volontà di dio. Il padre è assunto a modello di dio e a cui dio conferisce la proprietà sui figli e sulle donne. Il cristianesimo fissa le condizioni contingenti degli uomini di un tempo antico e le assume a modello del suo dio padrone facendole ridiscendere nella società come condizioni imposte dal dio padrone rendendole, in questo modo, immutabili, permanenti e immodificabili.

Engels rileva che "a Roma nasce il diritto romano" che, al di là delle leggi, rimane il maggior esempio del diritto dell'uomo nei confronti dello stato e nei confronti delle relazioni sociali. Engels non sapeva che a Roma gli Auguri erano quella che oggi chiamiamo Corte Costituzionale e che avevano la funzione di impedire la nascita di leggi inique e aberranti.

Con l'avvento del cristianesimo gli uomini vengono macellati e la legge e i principi morali che spingono gli uomini a macellare i popoli (vedi colonialismo in Africa o America Latina) è legge immutabile del dio padrone e creatore del mondo di cui i cristiani fungono da braccio armato.

Scrive Engels a pag. 110:

Il cristianesimo conobbe solo una eguaglianza di tutti gli uomini, quella dell'eguale peccaminosità originaria, che era perfettamente adeguata al suo carattere di religione degli schiavi e degli oppressi. Oltre a questa tutt'al più conosceva l'eguaglianza degli eletti, che però fu accentuata solamente e unicamente agli inizi. Le tracce della comunione dei beni che si trovano del pari agli inizi della nuova religione si possono ricondurre molto più alla solidarietà dei perseguitati che a vere idee di eguaglianza.

Il cristianesimo non è "la religione degli schiavi", il cristianesimo è "la religione degli schiavisti che mediante la religione cristiana gestiscono gli schiavi come proprietà privata".

Gli uomini sono schiavi perché sono peccatori e sono peccatori perché sono schiavi: non è importante la gerarchia della schiavitù. Il "servo dei servi", il Bergoglio di ieri e di oggi, è il rappresentante di dio in terra ed è dio stesso che agisce in terra attraverso la volontà del servo dei servi.

Il cristianesimo conosce l'uguaglianza fra padroni sottomessi al super-padrone: il servo dei servi che rappresenta il padrone dio. Le tracce della "comunione dei beni"che si trovano agli inizi del cristianesimo altro non era che l'accumulo di ricchezza da parte delle gerarchie della sétta a cui i partecipanti la nuova sétta dovevano versare (rinunciare alle ricchezze) per poter accedere col corpo in paradiso perché di lì a poco stava arrivando la fine del mondo. Il cristianesimo altro non era che una sétta che rapina i suoi fedeli con l'inganno. Non c'era nessuna persecuzione contro i cristiani, come la storiografia ha dimostrato, salvo la repressione dei delitti che commettevano per la gloria del loro padrone: dal genocidio di Cirene al genocidio di Salamina.

Va da sé che Engels appare succube della propaganda cristiana e incapace di sviluppare un pensiero che parta dall'analisi del cristianesimo nel suo tempo e per il potere che il cristianesimo esprime. E' costretto a rincorrere un evoluzionismo storico delle civiltà che è frutto più di fantasia che non di analisi del reale.

Non aver riconosciuto la cesura nella storia operata dal dio padrone cristiano e dalle teorie di Platone, lascia Engels prigioniero delle categorie sociali di "progresso" derivate dalla filosofia positivista che costruisce uno schema sociologico completamente demenziale in quanto avulso dall'uomo e dalle sue pulsioni esistenziali e basato unicamente sulle verità di una bibbia che fa del logos, della parola, la miseria e l'insulto alla vita umana.

Scrive Engels a pag. 112 e 113:

La rivendicazione della liberazione dai vincoli feudali e dell'instaurazione dell'eguaglianza giuridica mediante l'eliminazione delle diseguaglianze feudali: questa rivendicazione, non appena fu posta all'ordine del giorno dal progresso economico della società, assunse ben presto necessariamente dimensioni sempre maggiori, Ma se essa veniva posta nell'interesse dell'industria e del commercio, la stessa eguaglianza di diritti doveva essere rivendicata per la grande masse dei contadini, che in tutti i gradi della servitù, a partire dalla completa servitù della gleba, dovevano offrire gratuitamente la massima parte della loro giornata lavorativa al grazioso signore feudale ed inoltre pagare a lui e allo Stato anche innumerevoli tributi. D'altra parte non si poteva fare a meno di esigere che parimente venissero soppressi i privilegi feudali, l'immunità dalle imposte della nobiltà e i privilegi politici dei singoli ceti. E poiché non si viveva più in un impero universale, come era stato l'impero romano, ma in un sistema di Stati indipendenti, le cui relazioni reciproche si muovevano su un piede di parità e nei quali lo sviluppo della borghesia era approssimativamente allo stesso livello, era naturale che la rivendicazione assumesse un carattere generale che oltrepassava i limiti di un singolo Stato e che libertà ed eguaglianza fossero proclamate diritti dell'uomo. Cosi per il carattere specificamente borghese di questi diritti dell'uomo è indicativo il fatto che la Costituzione americana, la prima che riconosca i diritti dell'uomo, confermi nello stesso tempo la schiavitù della gente di colore esistente in America: i privilegi di classe vengono banditi, i privilegi di razza santificati. è noto però che la borghesia, dall'istante in cui, come farfalla dalla crisalide, vien fuori dallo stadio di borghesia feudale, dall'istante in cui da ceto medievale diventa una classe moderna, sempre ed inevitabilmente è accompagnata dalla sua ombra, il proletariato. E parimente le rivendicazioni borghesi dell'eguaglianza sono accompagnate dalle rivendicazioni proletarie dell'eguaglianza. Dall'istante in cui viene posta la rivendicazione borghese della soppressione dei privilegi di classe, accanto ad essa si presenta la rivendicazione proletaria d'ella soppressione delle stesse classi: dapprima in forma religiosa, ricollegandosi al cristianesimo primitivo, più tardi poggiandosi sulle stesse teorie borghesi dell'eguaglianza. I proletari prendono in parola la borghesia: l'eguaglianza deve essere attuata non solo apparentemente, non solo sul piano dello Stato, ma realmente sul piano sociale, economico. E specialmente da quando la borghesia francese, a partire dalla Grande Rivoluzione, ha messo in primo piano l'eguaglianza civile, il proletariato francese le ha risposto colpo contro colpo, con la rivendicazione dell'eguaglianza sociale, economica, e l'eguaglianza è diventata il grido di guerra in modo speciale del proletariato francese.

Finalmente Engels comincia a guardarsi un po' attorno: le diseguaglianze sociali dell'età feudale spingono gli uomini a chiedere la rimozione dei privilegi dei loro padroni investiti da dio.

Una disuguaglianza è percepita dall'individuo quando quella disuguaglianza impedisce all'individuo di praticare qualche cosa che avverte come possibilità importante. Fintanto che la catena della disuguaglianza non appare agli occhi della necessità soggettiva, tale catena è come se per l'individuo incatenato non esistesse.

Chi porta alla presenza degli occhi dell'individuo gli ostacoli determinati dalla disuguaglianza? Le condizioni della vita e, in particolare, la modificazione delle condizioni economiche che permettono ai soggetti di accedere a migliori veicolazioni delle proprie condizioni emotive. E' la consapevolezza di sé stessi, del proprio ruolo all'interno del sistema produttivo che spinge a migliorare le proprie condizioni di vita date le azioni che si è in grado di mettere in atto.

I servi non rivendicano l'uguaglianza. Questa è un'interpretazione dell'intellettuale esterno alle rivendicazioni dei servi. I servi rivendicano un migliore trattamento, migliori condizioni di vita, migliori benefici. Il servo non mette in discussione il ruolo del padrone perché per il servo il padrone rappresenta una garanzia di sopravvivenza nel tempo presente. Il servo vuole che il padrone si comporti in maniera diversa, in maniera più umana e che diventi consapevole del vantaggio che il padrone può avere dal mettere in atto azioni che tengano presente il benessere dei suoi servi.

Il servo non vuole conquistare il potere perché non saprebbe come gestirlo se non come ha visto fare dal padrone che si appropria del suo lavoro. Può diventare un "ladro" come il suo padrone, ma se tutti i servi diventano padroni: a chi rubano?

Diverso è l'atteggiamento di chi vede crescere la propria condizione economica. Da quando il denaro ha iniziato a circolare, non solo è nata la borghesia, ma gli stessi servi della gleba potevano comperarsi, sia pure a caro prezzo di vita, condizioni migliori d'esistenza. Il comperarsi migliori condizioni di esistenza ha portato i servi a trattare sul prezzo per ottenere alcune libertà. Trattare sul prezzo significa imporre ai nobili di rinunciare al loro assolutismo e quando i nobili non hanno voluto rinunciare alla loro identificazione col dio padrone, la Rivoluzione Francese ha dimostrato che cosa può succedere. Dopo la rivoluzione Francese i nobili hanno ripreso il controllo e hanno proceduto alla restaurazione dell'assolutismo, ma il loro assolutismo si è scontrato con l'accumulo di denaro che di fatto ha limitato il loro potere costringendo i nobili a cederne un po'.

Questo processo viene notato da Engels che riferendosi alla Rivoluzione Americana e alla Costituzione Massonica afferma:

Cosi per il carattere specificamente borghese di questi diritti dell'uomo è indicativo il fatto che la Costituzione americana, la prima che riconosca i diritti dell'uomo, confermi nello stesso tempo la schiavitù della gente di colore esistente in America: i privilegi di classe vengono banditi, i privilegi di razza santificati.

Gli Stati Uniti dovevano legittimare il genocidio dei nativi americani e non potevano riconoscere di aver macellato degli uomini, ma solo dei non-uomini. Come il nazismo con gli zingari e gli ebrei.

Cosa ha bisogno la borghesia finanziaria a differenza dei nobili? Ha bisogno di quantificare col denaro il tempo di lavoro che chiede allo schiavo. Pertanto, lo schiavo continua ad essere schiavo legato al lavoro da catene burocratiche più o meno vincolanti, riceve un prezzo per il lavoro svolto, dal quale il "padrone" e le banche ricevono ricchezza, e viene costretto a sopravvivere elemosinando il proprio sfruttamento. Nella società uscita dalla servitù della gleba è lo schiavo che deve chiedere di essere sfruttato per poter sopravvivere in una società che ha sostituito le catene in ferro con delle catene burocratiche e ha sostituito la frusta col diritto che opprime.

In questa condizione alcuni uomini percepiscono come lo sfruttamento sia causato dalla disuguaglianza. La disuguaglianza non si limita a sfruttare l'individuo, ma ne diminuisce i tempi di vita. La disuguaglianza toglie all'individuo molti anni di vita. In altre parole, la disuguaglianza serve per uccidere gli individui.

La percezione di questo, porta Engels ad affermare a pag. 112-113:

E parimente le rivendicazioni borghesi dell'eguaglianza sono accompagnate dalle rivendicazioni proletarie dell'eguaglianza. Dall'istante in cui viene posta la rivendicazione borghese della soppressione dei privilegi di classe, accanto ad essa si presenta la rivendicazione proletaria della soppressione delle stesse classi: dapprima in forma religiosa, ricollegandosi al cristianesimo primitivo, più tardi poggiandosi sulle stesse teorie borghesi dell'eguaglianza.

Il primo concetto di uguaglianza è la pretesa che anche i nobili e i borghesi si mettano in ginocchio, come i "poveracci", davanti al dio padrone. Abbiamo uno stesso padrone, affermano gli schiavi ai loro padroni, e dunque anche voi, come noi, dovete mettervi in ginocchio davanti al dio padrone.

Il dio padrone viene gestito dalla chiesa cattolica, dai nobili, e pensare che loro si mettano in ginocchio davanti a colui con cui si identificano è un'illusione degli schiavi che vengono tenuti nella schiavitù anche attraverso l'idea messianica di "mari di tocio e montagne di polenta" tutte per loro.

Il cristianesimo primitivo, tanto decantato da cattolici falliti, era quello che prendeva in giro le persone che si ammalavano e affermava che loro si ammalavano e morivano perché non avevano fede mentre, se avessero avuto fede, sarebbero state assunte in cielo con tutto il corpo, non si sarebbero ammalati e non sarebbero morti (Paolo di Tarso). Il cristianesimo primitivo spacciava la promessa della vita eterna in cambio degli averi e delle ricchezze delle persone e incamerava i loro beni per comperare una massa di diseredati da usare per distruggere le società. La stessa tecnica era usata dai preti cattolici per impossessarsi delle eredità di nobili e vedove. Incamerare le ricchezze materiali con cui controllare le società civili ed impedire agli schiavi di raggiungere un'indipendenza sociale.

Come gli schiavi prendono in parola il messianesimo cristiano, così prendono in parola anche il messianesimo della borghesia e di ogni altro padrone che si presenta alla loro attenzione. In Italia recentemente abbiamo avuto il fenomeno Berlusconi. Altri miliardari e attori hanno sistemato le loro condizioni di vita spacciandosi per nuovi messia della politica.

Concludo con l'idea di uguaglianza di Engels pag. 113:

La rivendicazione dell'eguaglianza ha così, sulle labbra del proletariato, un duplice significato. O, ed è quanto avviene specialmente nei primi inizi, per es. nella guerra dei contadini, è la reazione naturale contro le stridenti diseguaglianze sociali, contro il contrasto di ricchi e poveri, di signori e servi, dì crapuloni e affamati, e come tale è semplicemente espressione dell'istinto rivoluzionario, e trova la sua giustificazione in questo contrasto e solamente in esso. O, invece è sorta dalla reazione contro la rivendicazione borghese dell'eguaglianza e da questa trae esigenze più o meno giuste che la oltrepassano e serve come mezzo di agitazione per eccitare i lavoratori contro i capitalisti con le affermazioni proprie dei capitalisti, e in questo caso essa si regge e cade con la stessa eguaglianza borghese. In entrambi i casi l'effettivo contenuto della rivendicazione proletaria dell'eguaglianza è la rivendicazione della soppressione delle classi. Ogni rivendicazione di eguaglianza che esce da questi limiti va necessariamente a finire nell'assurdo. Ne abbiamo dato esempi e ne troveremo ancora abbastanza allorché verremo alle fantasie avveniristiche del sig. Diihring.

Pensare che oggi la nostra Costituzione recita:

Art. 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 5

La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

E' fuor di dubbio che l'uguaglianza auspicata da Engels nella sua critica a Dühring è oggi sancita dalla Costituzione della Repubblica Italiana e, in generale, da tutte le Costituzioni salvo l'intervento di cristiani, musulmani, ebrei, induisti e buddisti che tentano di preservare i propri diritti particolare nella repressione della morale individuale e sociale.

In Italia le classi sociali sono state soppresse, esattamente come auspicavano Marx ed Engels. Almeno nella forma giuridica pur permanendo nella divisione della società e del lavoro costituendo pregiudizio sociale rispetto ad una gerarchia che si identifica ancora col dio padrone e con una nobiltà che vive in uno spazio ambiguo fra mafia e terrore sociale.

A questa uguaglianza giuridica si è opposta una pratica sociale di disprezzo dell'individuo che mira ad impedire l'esercizio dell'uguaglianza, ma questa è un'altra storia. Infatti, se con la Costituzione Italiana, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo possiamo dire che le idee di Marx e di Engels hanno avuto un riconoscimento in ogni paese, allo stesso modo dobbiamo riconoscere i fondamenti della sconfitta dei principi di uguaglianza effettiva in Italia.

Mentre Robespierre, con tutti i suoi limiti, auspicava l'uguaglianza degli uomini con dio riportando il dio dei cristiani sotto l'egida della legge umana, Marx ed Engels hanno separato le rivendicazioni di uguaglianza dell'uomo da dio finendo per legittimare la supremazia di dio sugli uomini. Non è una supremazia giuridica, ma è di fatto la legittimazione della disuguaglianza: il macellaio di Sodoma e Gomorra non viene perseguito a norma di legge per i suoi delitti. Di fatto, ogni padrone, ogni Berlusconi se vogliamo fare un nome e cognome, può continuare a derubare la società civile italiana senza che le leggi lo perseguano come farebbero col barbone che ruba una mela.

Se la Costituzione manifesta dei principi generali, gli educati sotto l'egida del dio padrone stuprano la Costituzione per costruire leggi che costruiscano la disuguaglianza e assicurino privilegi per chi si identifica col dio padrone.

Sotto questo aspetto c'è il fallimento dottrinale di Marx e di Engels: l'uguaglianza è stata proclamata, ma non certificata da leggi che tutelino i cittadini dal dio padrone.

Nota

Le citazioni di Engels sono tratte, anche quando specificato, da:

Friedrich Engels, Antiduring, Editori Riuniti ed. 1971 da pag. 102 a pag. 114

Karlheinz Deschner, Storia Criminale del Cristianesimo Vol 1 ed Ariele 2000 pag. 258-259:

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre

 

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Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.