Johann Gottlieb Fichte (1762 - 1814)

La società e lo Stato (8^ parte)

Riflessioni sulle idee di Fichte.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

La filosofia della Religione Pagana.

Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):

1) Infatti il singolo non può affrontare da solo la dura e incessante lotta che l'io impegna per superare la sua finitezza, ma deve avere accanto a sé chi lo aiuti e lo stimoli a compiere il proprio dovere.

2) Ciascun individuo deve "limitare la propria libertà con il concetto della possibilità della libertà dell'altro": questa reciproca limitazione si chiama rapporto giuridico, e costituisce il principio del diritto. Esso garantisce le libertà dei singoli nelle loro reciproche limitazioni e viene realizzato dalla forza dello Stato.

3) Lo Stato deve difendere le proprietà degli individui. E Poiché tale difesa sarebbe illusoria se esistessero individui privi di proprietà, esso deve provvedere affinche tutti abbiano una proprietà e un lavoro.

4) Lo Stato deve curare la distribuzione della libertà e della ricchezza in modo che "tutti e ciascuno possono vivere il più agiatamente possibile". Ciò può essere fatto solo da uno Stato commerciale chiuso, che detenga il controllo della produzione, del commercio con l'estero e della distribuzione della ricchezza. Perché lo Stato possa svolgere il proprio compito, e avere vera indipendenza e unità, occorre che sia saldamente radicato nella coscienza dei cittadini e che sappia infondere nel popolo la "fede nella sua missione morale".

5) La patria è una realtà spirituale, non composta da un determinato territorio, ma dalla comunanza delle istituzioni, delle leggi, della fede del popolo.

Stabilito il concetto di dovere è necessario attribuire il dovere a qualcuno e in funzione di un qualche cosa. Che ne è del dovere se questo rappresenta il fare in sé dell'individuo per sé? Non può definirsi dovere, ma scelte comportamentali in funzione di sé. Il dovere nasce dal tentativo di un comando sociale di codificare e omologare il comportamento degli individui. Prima di argomentare sul concetto di dovere deve essere imposta la morale nella quale costringere la relazione fra io finiti. La morale è un dovere che viene calato nella struttura emotiva delle persone impedendone ogni ricerca di libertà come superamento del dovere imposto.

Se prima troviamo la contrapposizione fra io infinito ed io finito ora, per formare il concetto di dovere, si deve necessariamente riconoscere un insieme di io finiti. Questo concetto è tale da annullare il concetto di io infinito primo e puro, assolutamente incondizionato, del sapere umano. Nulla, infatti, vieta di formulare l'ipotesi che il "principio del sapere umano" altro non sia che diffuso e frammentato fra i vari io finiti della specie ed, essendo questi tanto numerosi da non poter essere abbracciati da un solo io finito, appaiono a questo di una tale portata da ispirargli il concetto di principio primo, di un io infinito quanto gli appare infinita l’insieme degli io finiti della specie cui appartiene.

Il concetto di dovere sembra ispirare a Fichte la presenza di più io finiti mentre sembra che più io finiti non gl'ispirino la relazione fra più io finiti e lo sviluppo dell'io nella ricerca dell'infinito attraverso le trasformazioni personali. Secondo Fichte gli io finiti aiutano il singolo io finito a compiere il suo dovere. Perché non usare il termine costringono?

Il dovere è codificazione del comportamento nella relazione. La relazione avviene soltanto mediante i parametri fissati dal dovere. Dovere è, dunque, costrizione!

Non costrizione venuta maturando dalle relazioni fra gli individui, ma imposta attraverso un atto coercitivo fin dalla prima infanzia. Una cosa è che io rilevi, nei rapporti fra gl'individui, dei costumi, dei mezzi, degli strumenti culturali, mediante i quali, nelle varie situazioni, gli Esseri si relazionano e un'altra cosa è che io rilevi l'esistenza di un corpo di leggi alle quali gli esseri sono costretti ad attenersi pena la fine della loro esistenza. Il primo nasce dalle relazioni sociali degli individui, il secondo viene calato sulla testa degli individui dal Comando Sociale e imposto loro mediante il terrore delle armi, delle galere, dei roghi (vedi il dio della bibbia degli ebrei e dei cristiani).

Formulato il concetto di dovere è necessario formulare il concetto di limitazione della propria libertà. Che cosa sia la libertà, Fichte non lo specifica se non come tensione dello spirito nella ricerca di qualche cosa che chiama libertà. La libertà non è un fatto materiale se non come ossessione smodata di soddisfazione del desiderio del singolo individuo nell'esistente. Fichte ha un solo pensiero di libertà ed è quello riferito all'io infinito nella collocazione biblica. "o fai quello che voglio io o t'ammazzo". Si è già visto come Fichte non tenga in nessun conto, ignorandola, l'azione dell'oggetto sul soggetto. Per Fichte dunque il soggetto non può trasformarsi in dio e dire "o fai quello che voglio io o t'ammazzo". Per Fichte questa libertà va limitata mediante il rapporto giuridico.

Il concetto di libertà non si può riferire in un contesto articolato sul Potere di Avere. Non si può parlare di “libertà di costruire i campi di sterminio” o di “libertà di stuprare bambini” o di “liberà di imporre una religione”. Esiste indubbiamente il desiderio di farlo da parte di alcuni individui, come esiste chi effettivamente lo fa, ma imporre la schiavitù è una pulsione di dominio, come quella imposta dal dio degli ebrei e dei cristiani, che non ha nulla a che vedere col concetto di libertà. Chi vive impossessandosi del lavoro di altre mani deve necessariamente stabilire i limiti nei quali quelle mani si possono muovere e quali sono i limiti, travalicando i quali, egli è in pericolo. In altre parole, il Potere di Avere deve delimitare la libertà degli Esseri Umani al fine di salvaguardare le sue possibilità di appropriarsi del lavoro prodotto da altre mani. Nel Potere di Avere non ci sono limiti. Il Potere di Avere si riferisce alle azioni di distruzione e di odio del dio della bibbia di ebrei e cristani: o fate quanto voglio io o vi mando il diluvio universale; o fate quello che voglio io o vi distruggo come Sodoma e Gomorra ecc.. Nella soddisfazione dei bisogni all'interno del Potere di Avere c'è solo il saccheggio dell'esistente mediante il quale l'Essere Umano si realizza. La libertà è riferibile soltanto al Potere di Essere e al bisogno di espandere se stesso nell'esistente. Il bisogno di espansione non saccheggia né danneggia gli Esseri che tendono ad espandersi nell'esistente, anzi, più esseri si espandono nell'esistente e maggiore è l'impulso attraverso il quale l'essere si proietta nell'infinito dei mutamenti.

Il concetto di limitazione della libertà è un concetto utilizzabile soltanto all'interno del Potere di Avere, in quanto tende a limitare l’assolutezza del dominio, e non in quello del Potere di Essere. La questione è che il Potere di Avere usa la limitazione della libertà per bloccare lo sviluppo del Potere di Essere degli Esseri della propria specie. La ricerca del Potere di Essere impedisce al Potere di Avere il saccheggio degli Esseri della propria specie impedendogli di appropriarsi del lavoro delle loro mani attraverso il controllo psico-emotivo dei loro corpi. La limitazione della libertà mediante il dovere all’obbedienza e alla sottomissione, non è all'interno dell consesso che domina mediante il Potere di Avere, dove del resto viene osannata (chi ha mai condannato il dio biblico per i propri delitti?), ma è usata dal Potere di Avere per bloccare lo sviluppo del Potere di Essere negli individui della propria specie.

Come viene imposto il concetto di limitazione della libertà? Mediante la forza dello stato nemico della società civile! Fichte dimentica di stabilire i limiti dell'intervento dello stato e i mezzi attraverso i quali intervenire onde punirne il superamento dei limiti. Lo stato ha le galere per i singoli, e i singoli? Il concetto di limitazione della libertà è un concetto assolutamente contrario allo sviluppo della specie umana, non tanto perché gli Esseri possono fare quello che vogliono indiscriminatamente all'interno del Potere di Avere, ma perché impedisce la contraddizione sociale attraverso la quale costruire un ordine naturale; un equilibrio fra individui e classi all'interno del corpo sociale.

C'è un solo concetto di limitazione della libertà che può essere fatto ed è nei confronti del Comando Sociale. Stabilire i limiti di intervento del Comando Sociale sugli Esseri del Sistema Sociale: limiti e mezzi. A questo deve attenersi un concetto giuridico; non nell'identificazione dei mezzi attraverso i quali trafficare in schiavi.

Innanzi tutto Fichte sembra non precisare cosa sia lo Stato. Lo Stato non è un'entità astratta; non è un ente in sé lo Stato è formato da un insieme di individui che lo costituiscono in difesa dei propri specifici interessi. Dal più piccolo impiegato insignificante, al banchiere, al deputato al presidente e ministro, all'impiegato di banca, al maestro di scuola elementare lo Stato è necessario come l'acqua che respirano. Lo Stato è formato da un coacervo di individui assolutamente incapaci di trasformare merci in prodotti atti a soddisfare i bisogni umani e organizzato per rapinare lavoro (attività atta a trasformare merci in prodotti) ad altri Esseri della propria specie.

Pensare lo Stato come un ente astratto significa chiudere gli occhi davanti al reale da cui partiamo per elaborare i concetti. Lo Stato non è ente di mediazione, lo Stato è ente col quale le parti mediano onde sopravvivere. Tutte le parti, meno quella la cui funzione è la trasformazioni di merci in prodotti atti a soddisfare i bisogni umani. Con quella parte lo Stato non media, a quella parte lo Stato deve impedire di esistere e di autodeterminarsi il divenire. Quella parte, dalla quale lo Stato trae la sua ragione di essere deve essere, da parte dello Stato, impedita di espandersi culturalmente ed eticamente pena la sopravvivenza dello Stato stesso nella forma attuale.

Lo stato non è dunque ente in sé, ma la somma degli interessi di Esseri Umani vuoti che possono continuare ad esistere soltanto nella misura in cui lo Stato esiste, dunque saranno ferocemente in difesa dello Stato e ferocemente coercitivi nei confronti di chi non è direttamente impegnato nel far funzionare lo Stato in sé.

Lo Stato deve difendere la proprietà dei singoli. Lo stato non è forse l'accentratore delle proprietà dei singoli? Lo Stato esiste soltanto perché i singoli delegano lo Stato al controllo delle loro proprietà. O, meglio, perché lo Stato concede ai singoli il controllo di una qualche proprietà. Qualora lo Stato cambi una legge, il singolo perde il diritto di proprietà e, se si oppone, lo Stato usa la forza per esautorarlo della proprietà. La proprietà appartiene al singolo perché lo Stato ha stabilito che quella proprietà appartenga a quel singolo in quel modo e a quelle condizioni. Lo Stato non può distribuire la proprietà in quanto egli sancisce lo status esistente al suo formarsi e, anche se gli individui modificheranno il modo di essere e di porsi dello Stato, questi non modificheranno mai la realtà della proprietà al fondamento della sua nascita.

Fichte si preoccupa che tutti abbiano una proprietà e un lavoro; egli non si preoccupa che gli individui possano scegliere il lavoro o formarsi una loro proprietà. Come ci si può formare una proprietà se di fatto la proprietà già esiste? Sarebbe necessario violare i diritti di proprietà altrui! Come si può, inoltre, delegare allo Stato il compito affinché tutti lavorino? Trasformare le città in campi di lavoro coatto? La scelta del lavoro è elemento di libertà del singolo e non può essere sottoposta al controllo dello Stato. Il sistema giuridico deve stabilire i confini fra lavoro e schiavitù e deve stabilire i limiti della proprietà non certo la proprietà o il lavoro.

Lo Stato non può curare la distribuzione della proprietà, semmai lo Stato dovrà essere costretto a limitare lo sviluppo dell'accumulo della proprietà a danno di chi trasforma merci in prodotti atti a soddisfare i bisogni umani.

Ed ecco giungere Fichte alla conclusione dello Stato: lo stato come padrone della libertà degli Esseri. Lo stato cura la distribuzione della proprietà e della ricchezza. Uno Stato commercialmente chiuso che può decidere tempi e mezzi attraverso i quali distribuire proprietà e ricchezza (come se la proprietà e la ricchezza fossero prodotte dallo Stato e non da questo sottratte ai produttori). Uno Stato in contrapposizione ad altri Stati . Lo Stato come io contrapposto agli altri Stati, i non-io.

Dalla relazione fra io infinito e io finito siamo giunti alla relazione fra io di Stati. Dove questi devono diffondere e radicare la coscienza dello Stato nei cittadini e infondere nel popolo la fede nella missione morale dello Stato: da qui al “dio lo vuole”. Siamo alla negazione del concetto di libertà dell'io. Siamo alla costruzione dell'individuo in funzione dello Stato. Lo Stato deve assolvere alle sue necessità? Ma se il singolo capace di trasformare merci in prodotti atti a soddisfare i bisogni umani cessasse tale attività con cosa lo stato assolverebbe alle sue necessità? Facendo una guerra e rapinando lo Stato vicino? Non è dunque lo Stato che soddisfa i bisogni dei cittadini, ma sono i cittadini che soddisfano i bisogni dello Stato e per assicurarsi che questo avvenga, lo Stato li priva della loro libertà personale e del loro divenire come esseri che si trasformano nell’infinito dei mutamenti.

Fichte afferma come attraverso l'inculcamento della missione morale dello stato e la costruzione di una coscienza in cui sia contemplato l'annientamento dell'Essere Umano in funzione del divenire dello Stato stesso; tipo i kamikaze. Come per il dio biblico l'abitante di Sodoma e Gomorra doveva essere riportato sotto la propria legge morale impedendogli l'esercizio della propria libertà per poter continuare a prosperare (e visto che non lo ha fatto, lo ha sterminato), così lo Stato deve distruggere il cammino di libertà dei singoli individui per poter disporre di schiavi attraverso i quali continuare ad esistere.

La patria non è una realtà spirituale, ma una realtà materiale calata nella struttura psichica delle persone medainte la violenza dell’educazione che costringe l’emozione a sottomettersi ad una illusione che crea dipendenza. Un condizionamento educazionale il cui scopo è quello di strappare dal cuore dell'Essere Umano la sicurezza del proprio agire come Essere per mantenerlo nel grembo di una condizione, di una tradizione, che lo sottomette e nella quale trova il consenso dei propri simili. E' un appiattimento dell'Essere Umano, la sua sconfitta. Se la patria dell'Essere Umano è il pianeta, non si comprende come ci possa essere una tendenza naturale a delimitare il proprio esistere entro dei limiti se non come limiti funzionali a questo o quello Stato, a questo o a quel padrone. Rompere una tradizione non significa andare alla ricerca di uno Stato diverso, di un popolo diverso, di costumi diversi, significa andare alla ricerca della propria libertà che, assaporando cose diverse, si proietta nell'universo libera dalle costrizioni del quotidiano.

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

vai indice del sito

Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano.

Vai all'indice della Filosofia Aperta

Marghera, 26 aprile 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.