Johann Friedrich Herbart (1776 - 1841)

I Reali (2^ parte)

Riflessioni sulle idee di Herbart.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

La filosofia della Religione Pagana.

Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):

1) I REALI - Se la realtà è piena di contraddizioni bisogna riconoscere che "vi sono realmente fuori di noi una quantità di enti (i "reali"), la cui natura ci è ignota ma sulle cui condizioni interne ed esterne possiamo acquisire un insieme di cognizioni aumentabili all'infinito".

2) Ciascuno di questi reali deve necessariamente essere semplice, perché "ogni tentativo di introdurre la molteplicità risolverebbe la ricerca dell'uno", immateriale, perché "se fosse esteso conterrebbe un molteplice" immutabile, perché deve evitare "le negazioni del non esser ancora e del non esser più".

3) I reali, che sono autonomi, hanno tra loro dei rapporti accidentali. In questi rapporti i reali subiscono un "perturbamento", al quale reagiscono con un atto di "autoconservazione".

4) Gli atti di conservazione di un reale, che non gli fanno perdere la propria identità con se stesso e la propria unità, costituiscono le sue diverse "note", intese come la resistenza che il reale oppone ad un altro.

5) La conoscenza dei reali, cioè la metafisica, è resa possibile dalla psicologia e dalla filosofia della natura, che ci fanno acquisire cognizioni rispettivamente sulle loro condizioni interne ed esterne.

Quanto esiste è reale, come è reale quanto turba ed influisce sul soggetto al di là che il soggetto riesca ad individuare razionalmente o meno quanto agisce e influisce su di lui. Non essendo il soggetto razionalmente perfetto e sapiente, come la sua ragione immagina, ma essendo questo divenuto all'interno della natura nella quale agisce attraverso la fondazione della propria ragione, gran parte dell'esistente gli è sconosciuto. Sappiamo che l’esistente è razionalmente sconosciuto perché il divenire sistematico della specie cui apparteniamo, svela e scopre continuamente elementi, cose, meccanismi e quant’altro che prima erano sconosiuti alla ragione. La ragione dell’individuo deve vivere necessariamente attraverso un processo di acquisizione delle informazioni attraverso le quali fondare il proprio pensato. Il processo di acquisizione non determina la perfezione dell'individuo all'interno dell'esistente, ma determina una relazione razionale monca fra il soggetto e l'esistente. Una relazione che la ragione vive con sofferenza in una continua modificazione e in una continua rielaborazione. Attraverso la relazione fra soggetto ed oggetto, che nell’individuo si realizza nella sua attività di abitare il mondo in cui è nato, si fonda il proprio pensato e, in quel processo di fondazione, l’individuo vive tutte le contraddizioni e tutte le lacune del divenuto del proprio pensato.

Le cognizioni culturali possono essere aumentate all'infinito. Dunque, il pensato della ragione può essere modificato all'infinito e l'atteggiamento razionale del soggetto nei confronti dell'esistente può essere modificato all'infinito. Nulla è certo se non l'infinita modificazione del soggetto in funzione del proprio divenire.

La semplicità o la complessità del reale appartiene al divenuto soggettivo che determina qualità e quantità di relazioni col reale in cui vive. L'atomo è un elemento più semplice di un aereo a reazione pur essendo quest'ultimo formato da atomi, nello stesso tempo un quanto è elemento più semplice dell'atomo in quanto quest'ultimo è formato da quanti ecc.. Io però non mi relaziono col quanto e nemmeno con l'atomo, mi relaziono con forme ed oggetti funzionali al mio esistere e al mio divenuto come individuo. Le relazioni che costruiscosono utili al mio divenire. Anche se gli oggetti sono semplici o complessi io devo considerarli comunque come oggetti in sé semplici nelle azioni con cui perturbano il mondo, ma senza dimenticare la complessità attraverso la quale sono divenuti e l'esercizio della loro volontà attraverso la quale fondano il loro divenire in relazione all'oggettività nella quale si trovano ad esistere.

La definizione di immateriabilità e di immutabilità sono soltanto dei giri di parole attraverso i quali definire aspetti immaginati dell'esistente, ma il concetto di immaterialità è un concetto puramente astratto come la Coscienza.

Questa indica un Essere in quanto tale e in quanto forma del proprio divenuto e fondazione del proprio divenire, ma in sé il concetto Coscienza è un concetto manipolabile in molti modi, così come il concetto di immaterialità. La Coscienza di Sé è un ente immateriale, ma non per questo è meno reale e definita. Nello stesso tempo la Coscienza è un ente materiale in quanto essendo noi Esseri Umani ci dobbiamo riferire alla nostra coscienza come “prodotto” di una forma fisica. La qualità di un corpo; di questo corpo! Possiamo leggere il divenire e la fondazione di questo corpo che manifesta questa coscienza, ma sempre comunque, noi, partiamo dall'esistenza di una forma fisica. Anche il concetto di immutabilità è un concetto assolutamente astratto. Un concetto delirante della ragione che si proietta in un assoluto statico come ideale del proprio esistere. L'ipotesi di un qualche cosa di immutabile è fuori da ogni tipo di realtà in quanto nulla, di quanto conosciamo, è immutabile. Soltanto la farneticazione fideistica del concetto del dio dio padrone, elaborata dagli ebrei mentre erano schiavi a Babilonia per poter esaltare la schiavitù e ripreso da ogni religione rivelata per scopi di devastazione sociale, contiene il concetto di immutabilità come attributo al loro dio eterno. Ma è pura fantasia riferita ad una descrizione fantasiosa di un ente fantasticato che si traduce nella patologia psichiatrica chiamata “fede”.

La relazione fra "reali" porta al riversarsi dell'uno nell'altro. Premesso che i reali sono ciò che rientra nei nostri sensi o, quanto meno, ciò che interagisce con la nostra azione e non enti immaginari a cui si attribuiscono delle proprietà in modo aprioristico e arbitrario, non esiste un oggetto, ente, noumeno, o quant’altro che interviene in una relazione, in una contraddizione, e risolve la relazione o la contraddizione continuando ad essere uguale al sé stesso di prima della relazione o della contraddizione. Il prima e il dopo è una sequenza di mutamento che comporta la modificazione di ogni attore che concorre al prima e al dopo e comporta una modificazione dell’ambiente in cui è avvenuto il prima e il dopo. Che siano atti di autoconservazione è un’idea soggettiva prodotta da un’adesione psico-emotiva del soggetto all’idea di creazione. Gli atti di un ente, di un soggetto, che agisce nella sua oggettività non sono mai finalizzati a conservare il suo status, ma sono finalizzati ad espandere sé stesso in quell’oggettività. Dal momento che tutti gli enti e i soggetti dell’oggettività tendono ad espandere sé stessi, si osserva che spesso, enti o soggetti “soccombenti” all’altrui espansione tendono a conservare sé stessi. Tale conservazione non ` finalizzata alla conservazione, ma ` la conservazione che è finalizzata a porre le basi per la futura espansione quando le condizioni lo permetteranno. Quanto noi osserviamo è la relazione dell'esistente in tutte le sue parti e una modificazione continua dell'esistente. Quando un oggetto entra in relazione con un altro oggetto, dalla relazione scaturiscono due diversi oggetti. Essi sono esattamente quelli di prima ma modificati attraverso la relazione avvenuta. Tutto è come prima eppure nulla è come prima. Da questa relazione, considerando il soggetto oggetto della relazione, il soggetto non è più quello di prima della relazione. Possiamo affermare di aver acquisito un'esperienza, concetti da elaborare, condizioni nuove ecc.. Affermare che ciò avviene in obbedienza ad una legge di autoconservazione appare limitato. Sembra piuttosto che ogni oggetto, nell'esistente, obbedisca al bisogno di espansione più che all'autoconservazione. La sopravvivenza è l'elemento minimo attraverso il quale il soggetto pratica il mondo quotidiano. Prima di tutto evitare di farsi distruggere, in secondo luogo espandere sé stessi nell'esistente. Espandere sé stessi è l'obbedienza alla pulsione di vita come bisogno nel soggetto; sopravvivere è espressione del soggetto all'interno di un'oggettività che tende a distruggerlo al fine di espandere sé stessa come insieme di soggetti in espansione. L'oggettività non distrugge gratuitamente un soggetto, a meno che l'oggettività non sia appannaggio dei cultori della pulsione di morte: gli adoratori del macellaio di Sodoma e Gomorra, dei cristiani. In quel caso il soggetto ha delle difficoltà ad espandere sé stesso nell'oggettività e deve guardarsi e difendersi da quest'oggettività in quanto lo scopo dell'oggettività, malata di morte propria di ebrei e cristiani, è l'annullamento del soggetto all'interno dei propri bisogni e dei propri scopi.

Gli atti di conservazione e sviluppo di un soggetto della natura, di qualunque specie, all'interno dell'oggettività sono atti di volontà attraverso i quali quell’individuo impone sé stesso, adattandosi, all'oggettività. L'oggettività tende ad imporsi sull'individuo con tutta la forza di adattamento dei soggetti che la compongono e che mettono in atto azioni di adattamento soggettive al fine di espandersi con tutta la loro volontà, e con tutte le loro determinazioni limitate dal poter prorogare la loro azione nei mutamenti. A questo, ogni singolo individuo, soggetto, della natura oppone come resistenza la propria volontà, le proprie determinazioni il cui scopo non è soltanto quello di difendersi, ma quello di sviluppare sé stesso aumentando le possibilità di sviluppo della propria Coscienza di Sé mediante la propria volontà e delle proprie determinazioni. L'oggettività, a meno che non sia in mano ai cultori della pulsione di morte quali manifestati dall’ideologia religiosa di ebrei e cristiani, non distrugge l'essere, ma ne stimola lo sviluppo in quanto soltanto lo sviluppo di ogni singolo individuo, di ogni singola specie della natura, porta allo sviluppo dell'oggettività stessa. Quell’individuo non perde la propria identità, ma viene continuamente modificato, modificando a sua volta l'oggettività.

La conoscenza dei reali avviene soltanto attraverso il vivere, l’esperienza quotidiana, relazionandosi con la realtà nel suo insieme. Non è accettabile l'idea di una relazione con un "reale" frutto dell’illusione di un soggetto desiderante che non vive la realtà quotidiana del mondo, ma che tende a separarsi da essa rifugiandosi in un eremitaggio nei confronti della vita. La realtà è complessa e il soggetto deve affrontare l'intera complessità come se si trattasse di "un reale semplice". L’individuo della natura, qualunque sia la specie, non affronta la realtà mediante la ragione descrittiva, ma affronta la realtà col suo corpo e con gli strumenti del divenuto della sua specie alla quale aggiunge la sua volontà nei suoi processi adattativi nel mondo. Solo afferrando la realtà in tutti i suoi aspetti e complessivamente il soggetto si relazione col reale impedendo alla realtà di soggiogarlo. Per farlo, deve vivere e non attendere di descrivere la realtà anziché viverla. Soltanto imponendo alla realtà la propria volontà e le proprie determinazioni il soggetto può arricchire la realtà stessa. La metafisica, la psicologia e la filosofia della natura possono permetterci di giocare sulla costruzione di concetti da inserire nel pensato della ragione, ma non possono permetterci di relazionarci né di capire il reale. La realtà è comprensibile soltanto dall'individuo come insieme e dalle sue relazioni con il mondo circostante. Tutto il resto è descrizione dipendente dalle capacità dell'individuo di trasformare in concetto filosofico quanto la relazione nel quotidiano ha impresso in lui.

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

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Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano.

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Marghera, 18 maggio 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.