Gottlob Ernst Schulze (1761 - 1833)

Riflessioni sulle sue idee.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

La filosofia della Religione Pagana.

Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):

1) Non è infatti possibile, egli dice, affermare che la conoscenza è altrettanto limitata al campo dell'esperienza e, di altra parte, porre a suo fondamento delle forme a priori che sono fuori dell'esperienza stessa e che perciò sono inconoscibili.

2) Nello stesso modo è contraddittoria la teoria della cosa in sé o noumeno, perché non se ne può sostenere l'esistenza e contemporaneamente dichiararla inconoscibile.

3) Il filosofo critico deve essere scettico, riconoscendo con Hume, che il carattere oggettivo della conoscenza non ha giustificazione.

Stando alla preposizione secondo cui una cosa necessariamente ne cancella un'altra devo dire che Schulze non riesce a pensare all'esistenza del mondo prima della sua venuta.

Le forme a priori non sono poste nell'assoluto, a meno che egli non concepisca la conoscenza come un assoluto in sé, sono le basi sulle quali è costruita l'oggettività con la quale l'essere si relaziona.

Le forme a priori non sono intese necessariamente come assolute ma come relative al conoscere dell'essere stesso.

Si conosce quanto l'esperienza riesce a fondare, si conosce quanto l'esperienza passata è riuscita a trasmetterci, ma, direttamente, non si conosce quanto ha agito e come ha agito onde produrre l'esistente, a meno di non risolvere la contraddizione attraverso il creazionismo. Dunque, nel momento stesso in cui fondiamo l'esperienza, c'è un divenuto e, quel divenuto, rappresenta per noi l'apriori. Per l'assoluto rimandiamo da qualche altra parte.

Il concetto di inconoscibilità delle cose, per Schulze e per l'oggetto della sua critica, è limitato alle capacità di sviluppo del percepire da parte dell'essere. O, meglio ancora, alla capacità di oggettivazione del percepito dell'essere all'interno della propria specie. Un cieco dalla nascita e permanente, ha davanti a sé un inconoscibile che, anche se raggiunto e descritto attraverso l'uso di altri sensi, non riuscirà mai a percepire nella forma percepita da chi ci vede e nel modo in cui ci vede.

L'inconoscibilità di un oggetto non nega necessariamente la formazione dell'idea dell'esistenza di qualcosa non raggiungibile mediante i sensi, riconosce semplicemente la limitatezza delle proprie capacità di percezione onde raggiungere l'oggetto e formularne la descrizione. Diverso è il discorso quanto l’oggetto viene costruito mediante la fantasia onde imporlo agli esseri come cosa in sé.

Per quanto riguarda l'inconoscibilità della cosa in sé o noumeno la contraddizione viene risolta soltanto se si considera l'essere non perfetto in sé, ma perfettibile mediante mutazioni continue.

L'inconoscibilità è quanto un Essere intuisce come vuoto all'interno della propria Coscienza, come insoddisfazione del proprio sapere. La ricerca del riempimento di quel vuoto e della soddisfazione del proprio sapere avvicina continuamente l'Essere alla percezione della cosa in sé.

La quantità di fenomeni percepiti e concorrenti alla formazione della descrizione della cosa in sé portano l'Essere a modificare il descritto e, nello stesso tempo, a modificare sé stesso in relazione al descritto.

L'inconoscibilità pertanto va intesa come incapacità dell'essere di modificare sé stesso in relazione all’oggetto percepito. Io dichiaro l'esistenza di uno sconosciuto accingendomi ad esplorarlo rendendolo conosciuto e percepisco l'esistenza dell'inconoscibile che affronto modificandomi e fornendomi di strumenti mediante i quali renderlo, dapprima sconosciuto e poi elemento della coscienza. E' esattamente la consapevolezza dell'esistenza dello sconosciuto e dell'inconoscibile che risolve la contraddizione fra la cosa in sé e la mia dichiarazione di inconoscibilità della cosa in sé. Nello stesso tempo in cui riconosco l'esistenza della cosa in sé e la mia limitatezza nella sua percezione posso cominciare a modificarmi onde pervenire alla consapevolezza di quell'inconoscibile.

Ed è da condividere appieno la necessità di assunzione dell'atteggiamento scettico attraverso la sospensione del giudizio davanti ai vari gradi di sviluppo della Conoscenza e della Consapevolezza. La Coscienza si modifica, ma quando la sua modificazione è conclusa? Si può arrestare quando il giudizio da sospeso diventa giudizio divino, assoluto, ma non si può affermare che quello sia il grado massimo in cui la Coscienza poteva giungere nel corso del proprio sviluppo. Così, l'atteggiamento scettico è in grado di garantire lo sviluppo ulteriore della Coscienza e impedirgli di arrestarsi al grado raggiunto. La Coscienza non ha valore oggettivo in quanto questa non è dono di questo o quel dio, ma è divenuta attraverso lo sviluppo dell'Essere. Dunque, se alcuni elementi della Coscienza sono comuni alla Specie e da questa vengono definiti oggettivi, in realtà non esiste un'oggettività della Coscienza perché questa appartiene al singolo Essere e al suo specifico grado di sviluppo.

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

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Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano.

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Marghera, 21 aprile 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.