Vincenzo Gioberti (1801 - 1852)

Il Gesuita Moderno e l'educazione cristiana

L'educazione alla vigilia dell'unità d'Italia

Riflessioni sulle idee di Gioberti.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185785

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

Con Gioberti affrontiamo un tema fondamentale per la storia del pensiero filosofico: la questione dell'educazione dell'infanzia. Questo è un tema che nessuno, nelle Istituzioni della Repubblica Italiana, si è mai posto. I figli sono di proprietà del dio padrone e per esso devono essere gestiti dal padre padrone che nei loro confronti esercita le prerogative del dio padrone. Io stesso quando mi sono indignato per un articolo del giornale Il Gazzettino a firma di Lauredana Marsiglia che, minimizzando e instillando il dubbio sulla realtà dei fatti denunciati, tentava di legittimare la violenza delle suore cattoliche sui bambini dell'Asilo Sanguinazzi di Feltre (Bl), dovetti subire un processo per il tentativo dei magistrati di Belluno di legittimare la violenza sui minori al fine di violentarne la psiche davanti al crocifisso. Per loro era normale violentare la struttura psichica dei ragazzi e ritenevano un reato che un cittadino si indignasse per quella violenza. E, purtroppo è normale per molte Istituzioni della Repubblica, ancor oggi nel 2014 minacciare di morte i cittadini esponendo il crocifisso e i principi criminali e anti Costituzionali che rappresenta.

Violentati nella loro personalità e costretti alla sottomissione, più le ragazze che non i ragazzi, nella società cristiana i bambini sono considerati solo delle bestie da bastonare per condurre all'obbedienza. Un'obbedienza che non è finalizzata a raggiungere un qualche obiettivo, ma è finalizzata ad ottenere un atteggiamento di sottomissione e deferenza acritico ad un'autorità qualunque sia quella autorità o comunque si presenti.

Quando Gioberti scrive Il Gesuita Moderno, siamo nel 1846-1847. Ancora si ricorda la guerra combattuta dai Giansenisti contro i Gesuiti in cui la contesa dottrinale era molto semplice: o l'uomo è creato da dio a sua immagine e somiglianza o l'uomo, che viene pensato come creato da dio, viene forgiato dall'educazione per adattarlo alle esigenze dell'ordine. La soluzione dei Gesuiti fu semplice: affermiamo pubblicamente che l'uomo è creato da dio e dunque, la sua fede è un fatto naturale, intanto noi stupriamo la psiche dei ragazzi al fine di imporgli sia la fede che il dovere di obbedienza all'autorità mediante paura, angoscia, sensi di colpa e rimorsi ossessivi ogni volta che tentano di uscire dalla morale imposta.

Scrive Vincenzo Gioberti, "Il Gesuita Moderno" Fratelli Bocca – Editori – Milano 1940 Volume V Da pag. 393-394 e 400

Quanto ai particolari poi, mi contenterò di toccare un solo punto che è di grandissimo rilievo, perchè si connette con quelle abitudini di veracità, di lealtà, di franchezza, di confidenza, di reciproca fratellanza, che sono uno dei fondamenti più principali del vivere civile e che vogliono essere con più sollecitudine infuse e piantate negli animi teneri e novizi dei giovanetti. Già feci parola nei Prolegomeni di un'indegna usanza, comune a tutte le classi di persone, nelle quali si allarga comechessia l'influsso gesuitico; come quella che si pratica non solo dai soci e dagli alunni dell'Ordine nei vostri noviziati e collegi, ma da tutti gli ordini donneschi e virili, clericali e laicali, sacri e profani, pedagogici e benefici della vostra clientela e consorteria numerosissima. Voglio parlare della delazione; intorno alla quale voi vi avvolgete, secondo il solito, nelle contraddizioni e' nelle ambagi, e vi guardate di dare una risposta precisa. Confessate in prima che l'uso è brutto, vile, e che muove da viziosa inclinazione; e ciò nullameno non osate pronunziare che sia cattivo e non possa essere giustificato dalla onestà del fine; anzi recate la vostra condiscenza sino a chiamarlo virtù. Ma come mai può essere virtù ciò che procede da inclinazione viziosa? Come può essere legittimato dal fine ciò che è in sé medesimo brutto e vile? Invano ricorrete a Platone e alle denunzie fatte per ben della patria, argomentando per induzione sforzata dal privato al pubblico, dal morale e dal religioso al politico, dal magistrato civile che rappresenta la repubblica all'institutore privato, dalle specialità del tirocinio dorico e pagano alla disciplina universale e cristiana, e confondendo insieme generi differentissimi. Vorrete forse giustificare la comunion delle donne ed il furto, perchè l'autor della Polizia, e il legislatore di Sparta l'approvarono? Tutti gli uomini onorati si accordano a dire che in certi casi è non solo lecito, ma debito il riferire alla potestà legittima le trame scellerate che si ordiscono contro di essa; correndo l'obbligo a ogni buon cittadino di salvare lo stato dalle gravi calamità che lo minacciano; e niun uomo certo di mente sana vorrà affermare che i consapevoli delle Baccanali e di Catilina, del Fieschi e del Vachero, dei Cappelli e della Polveriare, dovessero osservare in silenzio.

[...]

Ma si usa da voi e dai vostri creati, e si legittima la delazione? Ecco il fatto, a cui dovevate rispondere con precisione. Ma voi invece vi avvolpacchiate, contentandovi di dire che il fatto non è proprio e comune alle vostre case di educazione. Ben dite che non è proprio di esse; poichè ha luogo in tutte le consorterie e aderenze dell'Ordine. Fra le quali io non so se sia possibile il trovarne una sola che non sia infetta dalla brutta consuetu- dine. Voi la recate nei seminari e nei collegi eziandio laicali che si reggono sotto le vostre influenze, nelle congregazioni religiose di giovani, di plebei, di servi e di poveri, e l'introducete persino nel seno delle famiglie. Se altri ha un servitore che appartenga a qualcuna di tali congreghe, egli ha da temere di trovare in esso uno spiatore e un riferitore diligentissimo di tutti i fatti e secreti della casa; e il padre, il marito han da paventare altrettanto dei figliuoli e della moglie, se essi per mala ventura appartengono a qualche pia fratellanza gesuitica o ricevettero l'educazione dei Padri. Le spie caritatevoli e ufficiose degli esterni esercitano il pio ministero eziandio tra lor medesime; e non è gran tempo che fioriva in alcune città del Belgio una vostra confraternita di giovani, i cui soci se l' accoccavano amichevolmente fra loro. Altrettanto accade in tutti i paesi; e chi non sa quanto i vostri figli di Maria siano poco degni per questa parte di quel nome divino e soave, che ricorda la perfezione del pudore e dell'innocenza?

[...]

Il Gesuitismo moderno non è così puro come l'antico nell'uso che fa e nello scopo che si prefigge adoperando quest'arte; perchè invece di usarla soltanto all'emendazione e salute spirituale de' prossimi, esso se ne prevale principalmente per mantenere ed accrescere la propria potenza. La delazione è oggi nelle mani della setta uno stromento di dominio e di terrore, come già sotto i Cesari imbecilli e ribaldi della scaduta Roma; frenando e soggiogando agevolmente i timidi, cioè i molti, colla paura del male, e porgendo il modo a chi domina di liberarsi in altra guisa dai pochi e forti che osano contrastargli. Testè vedemmo che con tali arti il Gesuitismo, quando è in colmo, messe da canto le condiscendenze, le umiltà e le dolcezze che adopera per sofficcarsi, regna con le minacce e lo spavento; come si vede ora in Napoli e nella misera e sanguinosa Lucerna. Ora nella pedagogia esso fa altrettanto, servendosi della paura, della diffidenza del sospetto per comprimere i tenerelli cuori, per ispegnervi ogni seme di generosità, di coraggio e di vigore, e formare quelle tempre d'uomini pusillanimi, codardi ed imbelli, che sono il provento più ordinario della coltivazione dei Padri. Ma il terrore morale non basterebbe ancora a far l'effetto, sovrattutto, in quegli animi nuovi alla vita e poco suscettivi di levarsi sopra le cose sensate, se non gli si aggiugnesse quello di un altro genere; onde i savi institutori sogliono aggiungere alla delazione un' altra molla ancor più eloquente, perchè meglio sensibile; cioè lo staffile. La delazione e lo staffile, le spie e gli aguzzini, le arti vili e le arti crudeli, la prostrazione degli annimi e l' afflizione dei corpi sono i cardini della polizia educativa dei Gesuiti; e porgono un'imagine e un saggio di ciò che sarebbe la loro polizia civile, quando giugnessero a signoreggiare i popoli, come signoreggiano i fanciulli.

Il meccanismo che Gioberti mette in luce è il meccanismo che è stato calato in tutta la società per violentare i ragazzi e sottometterli ad un'autorità, qualunque essa sia, violentando il loro naturale sviluppo.

Siamo nel 1850. Non esistono scuole pubbliche. Poche le università che non siano sotto il controllo dei preti cattolici. Il dio padrone è il modello sociale. Solo in quegli anni sta volgendo al termine il periodo storico della restaurazione cristiana contro i bisogni di libertà degli uomini espressi durante la rivoluzione francese.

La rivoluzione francese non ha posto in luce la questione dell'infanzia. Troppe questioni dovevano essere affrontate per liberarsi dall'orrore del cristianesimo: dalla libertà delle donne all'abolizione della schiavitù, all'abolizione della monarchia, all'abolizione dei privilegi nobiliari, alla servitù dello Stato padrone.

La questione dell'infanzia era percepita come una questione secondaria rispetto al mare magnum dei problemi che attanagliavano la società che stava emergendo dal medioevo del campo di concentramento chiamato la "città di dio" in cui il cristianesimo aveva rinchiuso gli Esseri Umani.

Mentre gli uomini rivendicavano la libertà sociale, i cattolici, con i Gesuiti e altri, continuavano a manipolare la struttura psichica dell'infanzia in modo da impedire loro di fissare le idee di libertà dal dio padrone costruendo angoscia, paura, sottomissione sensi di colpa per il peccato in tutti coloro che anelavano alla libertà contro la sottomissione al dio padrone.

Non si tratta di imporre, come dice Gioberti, solo il concetto di delazione come metodo agli allievi, si tratta di imporre un metodo generale in cui i futuri adulti potevano gestire la loro vita: sottomissione al più forte a prescindere (da ogni considerazione) e violenza sui più deboli, a prescindere (da ogni considerazione).

"Tu sapevi e hai taciuto..." "Tu sapevi e non mi hai dato l'informazione per ricattare, punire, controllare, l'altro...".

Questo metodo di controllo capillare del territorio fu messo a punto, dopo vari secoli di sperimentazione, durante la controriforma tridentina. Si trattava di controllare le persone delle città e dei paesi mediante una delazione sistematica che avveniva nei confessionali. Il prete raccoglieva tutte le informazioni per minacciare, ricattare, far arrestare, indicare al pubblico disprezzo, tutti coloro che si sottraevano al suo controllo o che potevano interferire con i suoi progetti. La delazione sistematica mediante i confessionali era pagata dal prete con "l'assoluzione dai peccati" che soddisfaceva i sensi di colpa del penitente.

Perché questa azione così capillare sul territorio andasse a buon fine era necessario che tutta l'infanzia che poteva accedere all'istruzione fosse violentata al punto tale da ritenere che le relazioni fra le persone possono avvenire solo attraverso rapporti di forza ricattatori ad imitazione delle azioni del dio padrone cristiano. Solo la violenza e il controllo fisico permette al cristiano di relazionarsi con le persone. Se il cristiano non mette in atto rapporti di forza e di violenza il cristiano non è in grado di costruire relazioni civili con le persone.

I Gesuiti avevano molte necessità di controllo delle persone in quanto erano una vera e propria armata volta a distruggere i popoli. Dall'America Latina, dall'Africa (nella quale organizzarono il traffico di schiavi verso l'America con una vera e propria flotta), all'Asia dovevano distruggere ogni cultura. Avevano bisogno di soldati obbedienti che non stessero in riga per la forza delle armi, ma stessero nei ranghi per la coercizione emotiva che avevano subito e per la medesima tecnica con cui controllare le persone: la confessione come contrizione e pentimento che rappresenta un atto assoluto di sottomissione. Una sottomissione attiva la cui azione era volta a diffondere sottomissione nella società.

Attenzione da non confondere col: denunciare un delitto o un reato. Il commerciante che non batte lo scontrino, commette un reato contro il cliente. Sottrae valore alla società pur fruendo dei servizi che questa società gli mette a disposizione. Se viene rapinato, interviene la Polizia. Ma la Polizia è pagata dai cittadini che pagano le tasse e il commerciante, pur fruendo dell'intervento, non ha contribuito a pagarlo. Chi commette un reato contro la società, commette un reato contro ogni singola persona e ogni persona ha il diritto e il dovere di chiedere giustizia.

La confessione e la delazione violano non la segretezza nella quale viene commesso il reato, ma la persona nel suo agire nel mondo. La delazione dei Gesuiti aggredisce la persona, non le azioni o i delitti che vengono commissionati dai gesuiti per "maggior gloria del dio padrone".

Proprio perché la confessione e la delazione gesuitica aggredisce la persona nella sua intimità può intervenire ed agire nella struttura emotiva e imporre i sensi di colpa, l'angoscia, la paura, ecc. Una volta imposti i sensi di colpa, l'angoscia, la paura la persona può agire con gli stessi metodi con cui gli è stata imposta l'angoscia, la paura e i sensi di colpa per dominare a sua volta col terrore, l'angoscia e la paura. La persona può vivere bene con questo sistema se "l'autorità", a cui fa delazione, approva il suo comportamento e ne promuove le iniziative. Se "l'autorità" sospetta che la sua attività delatoria sia funzionale ad acquisire meriti nei confronti dell'"autorità" stessa o che possa, mediante la delazione, mettere in discussione la sua autorità su quella stessa persona, o ancora che la persona voglia liberarsi dell'autorità mediante l'uso della delazione ad un'autorità terza o per altri fini, allora quella attività delatoria perde la sponda in cui va ad infrangersi la sua angoscia e se non trova un'altra sponda l'individuo che fa delazione si trova sperso e smarrito. Vive anche l'angoscia dell'abbandono. Vivendo l'angoscia dell'abbandono tende a tornare all'ovile qualora gliene si fornisca una possibilità. Ed è un ulteriore strumento di controllo psicologico forgiato dai gesuiti.

I "tenerelli cuori" verso i quali l'azione dei Gesuiti si fa feroce, non ha nulla a che vedere con l'azione dei Cesari, che si rivolgevano solo ad individui adulti in una società di adulti e non violentavano l'infanzia. Solo il cristianesimo ha fatto della violenza dell'infanzia uno strumento di dominio sociale.

Le pratiche del gesuitismo le vediamo oggi espresse nell'azione di Bergoglio che nella propaganda usa "condiscendenza, umiltà e dolcezza", ma nella pratica la sua ferocia non solo è accondiscendenza rispetto al genocidio argentino, ma, come dice Gioberti, ad opera "minacce e spavento" che sta usando oggi come nell'epoca di Gioberti. Uno degli episodi censurati da Gioberti, relativo alla violenza dei gesuiti, è il massacro di Lucerna. Gioberti accusa i gesuiti di essere la causa di scontri sanguinari che avvennero 1'8 dicembre 1844 e il 31 marzo e 1 aprile 1845 tra i corpi franchi svizzeri (in gran parte composti da protestanti) e i fedeli del Municipio di Lucerna, cattolici legati ai Gesuiti. I primi promuovevano l'accentramento dei poteri federali in Berna, gli altri volevano le autonomie cantonali. La decisione del Municipio di Lucerna di affidare ai Gesuiti un importante collegio della città e l'opposizione dei corpi franchi a tale invadenza fu il motivo degli scontri sanguinosi.

Tutta l'educazione dei Gesuiti, ieri come oggi, e ripresa da tutti gli ordini educazionali cristiani, è riassunta nella frase di Vincenzo Gioberti:

La delazione e lo staffile, le spie e gli aguzzini, le arti vili e le arti crudeli, la prostrazione degli annimi e l'affiliazione dei corpi sono i cardini della polizia educativa dei Gesuiti; e porgono un'imagine e un saggio di ciò che sarebbe la loro polizia civile, quando giugnessero a signoreggiare i popoli, come signoreggiano i fanciulli.

Il clima di terrore che anticipa la "città di dio" dei cattolici, nella resurrezione della carne, è anticipata dai gesuiti. C'è da stupirsi se Bergoglio trova del tutto normale l'uso dello staffile ad opera dei generali argentini contro gli oppositori politici? Il cardinale Cattolico Pio Laghi era a conoscenza delle attività, le ha appoggiate con tutti i cappellani militari argentini. Appare ovvio che ne fosse a conoscenza tutta l'organizzazione dei vescovi e dei cardinali cattolici che, anche se senza tanto esporsi, l'hanno di fatto favorita e aiutata. Lo staffile, la frusta che Gesù usa per scacciare i mercanti dal tempio, è l'esempio usato da Hitler per giustificare la soluzione finale ed è l'esempio di Gesù che giustifica il generale Videla. E' la frusta di Gesù che giustifica la violenza dei gesuiti nello stupro fisico e psichico dei ragazzi in modo da indurli a formare le schiere della distruzione umana gesuita.

Scrive Vincenzo Gioberti, "Il Gesuita Moderno" Fratelli Bocca – Editori – Milano 1940 Volume V Da pag. 400-401

Così l'animo umano è interamente domo; poichè tronchi i nervi dello spirito, non si risparmiano nè meno i muscoli e la pelle, e il dominio della Compagnia si stende dall' epidermide e dai tendini al celabro e al cuore. Questi ordini singolari di civiltà puerile ed adulta, di pubblica e privata creanza, parrebbero incredibili in un sodalizio religioso, cristiano, claustrale, che porta il nome adorabile e mite di Gesù in fronte; se non sapessimo che i principii teoretici professati da esso non possono figliare una pratica disforme. La pedagogia dei Gesuiti corrisponde alla speculativa, alla teologia e alla mistica propria dell'Ordine. Il sensismo, conseguenza logica ed espression naturale del panteismo più volgare, e l'odio del pensiero governano, come vedemmo, tutte le parti del sistema dottrinale dei Gesuiti, e sono il vincolo secreto che ne congiunge insieme tutte le parti, ancorchè alcune di esse paiano al sembiante disparatissime. Ora il sensismo e l'odio del pensiero escludono l'Idea, come abbiam pure accennato; onde, di tutte le proprietà escogitabili, l'idealità è quella che più si dilunga dal costume e dagli spiriti gesuitici. Ma tolta via l'Idea, che rimane? Il senso. Il sensibile è la sola cosa interposta tra l'ideale ed il nulla, perchè è l'involucro e il rudimento dell'intelligibile. Ora il senso applicato alla vita pratica ed esterna partorisce la pena e la forza; le quali sono i due cardini di ogni società in cui predomina il sensibile, come l'amore e il diritto sono i perni delle comunanze fondate nella signoria dell'intelleggibile.

I risultati del terrore dei Gesuiti, come manipolazione mentale dell'infanzia e menomazione della struttura psico-fisica (che chiamiamo comunemente STUPRO DELL'INFANZIA), porta al controllo totale della personalità del ragazzo che non è più in grado di rispondere a sé stesso in quanto il sé stesso è stato annientato, ma risponde alle categorie morali e imperative dell'ordine dei gesuiti che hanno sostituito nella sua personalità la "volontà d'esistenza" con la "volontà d'obbedienza e di sottomissione".

La scienza non aveva scoperto il ruolo della struttura emotiva nella formazione del pensiero, ma i Gesuiti avevano già, riprendendo dal deuteronomio della bibbia, perfezionato il meccanismo di coercizione mentale per distruggere e programmare la struttura psico-emotiva dei bambini. Rimane l'idea di Gioberti che, a differenza dei Gesuiti, immagina un Gesù buono e mite anziché l'individuo feroce e sanguinario descritto nei vangeli ed imitato dai Gesuiti.

La violenza dei Gesuiti, dice Vincenzo Gioberti, corrisponde alla speculazione teologica, alla mistica, che caratterizza l'ordine dei Gesuiti. I Gesuiti, a differenza di come Gioberti immagina il ruolo delle idee che provenienti dal suo dio padrone si manifestano nell'uomo, sanno perfettamente che per costringere le idee dell'uomo è necessario mettere sotto coercizione e violentare la sua struttura emotiva nella primissima infanzia. Si imprigiona la struttura emotiva del bambino in modo da distruggere la volontà, la capacità critica, bisogni e desideri espressi dalla sua struttura psico-emotiva. Come scrive James Bodrick in "Il progresso dei gesuiti",

"il vero martire è colui che è divenuto strumento di dio, che ha perduto la sua volontà in quella di dio, e che non desidera nulla per sé stesso, nemmeno la gloria del martirio."

Tratto da James Bodrick "Il progresso dei gesuiti" Edizione Ancora 1966 p. 106

Dove gli intenti della manipolazione mentale e della distruzione emotiva dei ragazzi sono ben delineati in una missiva che nel novembre 1574 il gesuita Mercuriano rivolse all'altro gesuita Antonio Cordeses provinciale dei fratelli gesuiti di Toledo:

"Nonostante padre Ignazio ha stabilito che l'abnegazione completa è il fondamento dell'edificio dalle solide virtù che il nostro Istituto richiede da noi, perché la mortificazione dei nostri appetiti e l'annullamento della nostra volontà e del nostro giudizio sono un elemento principale della vita cristiana... secondo le parole di cristo nostro signore: abneget semetipsum. Vostra reverenza, ne son certo, comprenderà che la preghiera non è fine a sé stessa, per noialtri, cioè la nostra principale vocazione, come invece in altri Ordini religiosi, ma piuttosto uno strumento universale che noi usiamo con altri esercizi per renderci capaci di acquistare la virtù e di esercitare i nostri ministeri secondo il fine assegnatoci dalla Compagnia. Abbiamo visto in passato che molti fra noi hanno fatto della preghiera la loro occupazione principale ma per questo non sono divenuti uomini mortificati e pieni di abnegazione di sé, ma piuttosto estremamente difficili da trattare quando i superiori desideravano disporre di loro per la maggior gloria di dio in qualche modo che non era conforme al loro giudizio personale."

Tratto da: Astrain "Historia de la compagnia de Jesus en la Asistencia de Espagna II, 188 riportato da James Bodrick ne "Il progresso dei gesuiti" Edizione Ancora 1966 p. 393

Mezzi e fini.

I mezzi sono quelli indicati da Vincenzo Gioberti e il fine lo dicono gli stessi Gesuiti: distruggere la volontà, la capacità critica del ragazzo per impedirgli di vivere la vita secondo i suoi desideri.

Quello che Gioberti chiama "sensismo" non è altro che la visione pragmatica dei gesuiti che hanno capito perfettamente come le idee non provengono dal loro dio padrone, che non esiste, ma provengono dalla struttura emotiva dell'individuo che si adatta al mondo crescendo e che, per ottenere un adattamento funzionale alla loro struttura di dominio, deve essere violentato nella struttura psico-emotiva in cui la preghiera ossessiva è un elemento concorrente alla distruzione dell'uomo.

Pregare è un mezzo attraverso il quale prendere il controllo della struttura emotiva dell'individuo. La preghiera unita alla coercizione del collegio in cui viene esercitata la pratica della delazione che incute timore e terrore di essere scoperti nelle piccole debolezze quotidiane e la frusta con cui si somministrano punizioni, costruisce una miscela di veleno emotivo che viene somministrata alla struttura psichica dei ragazzi nella totale indifferenza delle Istituzioni che dovrebbero proteggere la loro crescita e il loro sviluppo psico-fisico.

Il sensismo, denunciato da Gioberti, non è altro che la pratica della manipolazione mentale, la manipolazione della struttura psico-emotiva dei ragazzi in contrapposizione all'idea che, secondo Gioberti, è inviata da dio all'uomo affinché l'uomo, esprimendola, partecipi alla "seconda creazione" del dio padrone.

E per cosa si distrugge la loro struttura psico-emotiva? Per averne il controllo. Per costringerli a rinunciare alla loro volontà. Per costringerli a rinunciare alla loro capacità critica. Per costringerli a rinunciare ad essere dei cittadini e costringerli a soggettivare una fede imposta mediante la violenza.

La condizione, individuata da Vincenzo Gioberti, è l'idea sensistica. L'azione dei Gesuiti sulla struttura psico-emotiva dei bambini è il fondamento del sistema dottrinale dei Gesuiti ed è il vincolo segreto che tiene insieme tutte le parti ideologiche.

Scrive Vincenzo Gioberti, "Il Gesuita Moderno" Fratelli Bocca – Editori – Milano 1940 Volume V Da pag. 401-403

La teologia gesuitica piantata sulla base panteistica del sensismo produsse ad un parto il triplice sistema dei Moliniani, dei probabilisti e degli attrizionari , che esprimono sotto tre aspetti diversi un concetto unico, cioè il sensismo antropomorfitico applicato a Dio, il sensismo scettico accomodato alla morale, che è quanto dire alla legge in sè medesima, e il sensismo afflittivo adatto alla sanzione di essa. Dalla teologia il principio sensuale passò nell'ascetica e nella mistica dei Padri; le quali si aggirano egualmente sulla nozione di pena e fanno della perfezione spirituale una lenta distruzione del corpo e un continuo suicidio. Si rammenti il lettore delle flagellazioni introdotte dal P. Berzeo e dagli altri missionari della Compagnia in Oriente. E non si vuol credere che queste siano eccezioni ed eccessi di zelo particolari: perchè in tutte le storie dell'apostolato gesuitico ricorrono si può dire a ogni pagina. Il Bartoli non parla quasi mai della virtù di un uomo o di una comunanza cristiana, senza annoverare le penitenze immoderate; e sovrattutto le terribili discipline; cosicchè si può dire che il Cristianesimo dei Padri non diede mai un passo, senza farsi la via col flagello; il che serve a spiegare come, cessato il primo bollore, tutti i popoli fossero unanimi a ripulsarlo; quando una religione d'amore e di sapienza mal si accorda colla sferza. So che i Gesuiti non furono gl'inventori di queste esagerazioni, che nacquero e fiorirono nel medio evo; ma essi ebbero il grave torto di voler conservarle e propagarle quando la coltura crescente le rendeva inescusabili, mostrandone il vizio e la necessità di abolirle. Laddove invece le promossero e dai santuari della vita spirituale le portarono nell'educazione, introducendovi lo staffile che è la disciplina dei putti, come la disciplina è lo staffile dei penitenti. Disciplina e staffile sono un'applicazione temporaria del sistema attrizionale; il quale prosciogliendo gli uomini dal debito dell'amore, ci sostituisce il terrore, e alla dilezione figliale surroga la servitù. Non potendo o non volendo il Gesuita far del tempio e del ginnasio un santuario di amore, dove i supplici e i principianti chiamino con fiducia il Signore e il maestro col dolce nome di padre, è costretto a mutarli in purgatorio e in ergastolo per non dire in galera e in inferno, dove il fischio servile e doloroso del flagello supplisca ad ogni altra molla per incutere la riverenza. Così tutto lega nella teologia, nella politica, nella mistica, nella pedagogica dei Padri; i quali avendo sperimentato che le carezze non bastano per sedurre gli uomini, ricorsero al terrore, e gli diedero l'universale indirizzo e l'assoluta signoria delle cose umane.

Le teorie di Luigi Molina, gesuita spagnolo 1535-1601, nel suo libro "Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis, divina praescientia, providentia, praedestinatione et reprobatione" del 1588 sosteneva che la grazia divina è efficace solo se la volontà dell'uomo coopera ed è aperta a dio. Se invece l'uomo resiste, la grazia divina è inefficace.

Ne segue che il progetto dei Gesuiti consisteva nella distruzione della volontà e della capacità critica nei bambini affinché la loro volontà e la loro rinuncia alla critica del presente fosse predisposta favorevolmente a riceve la grazia divina. I gesuiti affermavano di torturare i bambini per il loro bene. Per consentire loro di ricevere la grazia divina. Essi sostenevano che se non avessero torturato i bambini, questi non avrebbero accolto la grazia divina e sarebbero stati dannati. Da qui frusta e violenza per costringere la psiche e la struttura emotiva dei bambini ad arrendersi davanti alla grazia del dio padrone. Questa è la teoria gesuitica moliniana.

Il molinismo ci congiunge col probabilismo gesuita. In sostanza i Gesuiti applicano lo scetticismo di Sesto Empirico a tutte quelle ideologie e forme di pensiero che dissentono dal dogma cristiano. Ogni ideologia, dal liberalismo al materialismo, dallo scientismo all'idealismo, sono tutte cose "probabili", ma non certe e pertanto conviene ritenere vere e certe i dogmi e le certezze della chiesa cattolica. Il probabilismo gesuita rivendica il diritto di non aderire a "certe massime" esercitando il libero arbitrio. Il probabilismo non era usato nei confronti della chiesa cattolica, del dio padrone dei cristiani, del criminale in croce. Queste erano le certezze per le quali valeva la pena, secondo i Gesuiti, di violentare i bambini. Imponendo queste certezze, tutto il resto diventava una cosa incerta, probabile, ma non degna di attenzione o di adesione.

Il terzo elemento che Gioberti censura nell'attività dei Gesuiti è l'attrizionismo. L'attrizionismo veniva imposto dai Gesuiti ai bambini e consisteva nell'imporre ai bambini un esagerato timore e terrore di incontrare la collera del dio padrone per i peccati. Tali colpe venivano fatte espiare ai bambini, da parte dei Gesuiti, mediante mortificazioni del corpo, pratiche ascetiche e negazione dei bisogni del bambino. In altre parole: con la tortura.

Gioberti ci racconta dell'uso della frusta e della pratica del terrorismo nei confronti dei bambini. Una pratica che, come abbiamo visto, serve alle gerarchie gesuite per poter disporre di personale sottomesso e obbediente agli ordini, ma pronto al terrorismo, alla frusta e all'omicidio nei confronti di chi non si mette, come loro, in ginocchio davanti al dio padrone.

Vincenzo Gioberti ci dice che l'introduzione della frusta, nell'attività missionaria in oriente, fu introdotta da Berzeo. Un criminale sadico che nella violenza trovava sommo piacere. La frusta lo avvicinava all'onnipotenza del dio padrone.

Vincenzo Gioberti ha capito la correlazione esatta fra una società galera e i centri di addestramento dei gesuiti. La frusta sui ragazzi e la frusta per il terrore nella società. Tutto è terrore finalizzato alla manipolazione mentale, a sottomettere la struttura psico-fisica dei ragazzi.

Scrive Vincenzo Gioberti, "Il Gesuita Moderno" Fratelli Bocca – Editori – Milano 1940 Volume V Da pag. 403-406

L'uso delle pene corporali nei pargoli è nocivo e detestabile per ogni verso; e io non mi fermerò a provare un vero che oggi è consentito da tutte le persone di buon sentimento e capaci di giudicare in queste materie. Ma il più vizioso de' suoi effetti, che versa in quell'abito di meticulosità servile, di docilità schiavesca, di diffidenza, di viltà, che tronca ogni nervo generoso dell'anima, è ciò che lo rende più caro ai Padri ed ai loro satelliti, avidi come sono di prostrare e di rompere l'umana natura per averla docile e duttile al loro imperio. L'uso della scutica è comune a tutte le scuole degl'Ignorantelli, che perciò in alcuni paesi hanno il soprannome di staffilatori; e siccome essi sono gli ausiliari dei Padri, si potrebbero chiamare i loro aguzzini chè certo niuno è più abile a disciplinare i putti, secondo l'intendimento meno spirituale di questo verbo. Se in tutti i collegi propri della Compagnia il rio flagello ferisca l'aria di un romor cupo, come nelle scuole di quei maestri d'ignoranza, nol so; so bene che si usa in parecchi di essi; il che basta a mostrare che le battiture non sono interdette dalla vostra ratio studiorum, e che i poveri putti non hanno da sperare che nel retto senso individuale e nella clemenza spontanea dei maestri; magra speranza, quando i maestri sono alunni della Compagnia. Vi racconterò a questo proposito un fatterello di fresca data e che so di buon luogo. Nel giugno di quest'anno, Pietro Delconte, ragazzetto di tredici anni, che studiava nel vostro collegio di Voghera, andando un giorno con licenza dei superiori a visitare i suoi parenti che soggiornavano in villa, passò a guazzo un torrente che si trovava sul suo passaggio. La cosa rapportata ai Padri suscitò un grave scandalo; perchè pochi giorni prima essi avevano per legge interdetto il nuoto agli scolari; onde sentenziarono per reo il fanciullo, che avea guadato un rigagnolo coll'acqua a mezzo stinco quasi che avesse valicato l'Ellesponto a imitazione di Giorgio Byron, o fatto il tombolo e il nanieruzzolo come il Dafni di Longo e di Annibal Caro. Il P. Rotari di longibardica memoria e Prefetto, mandò rapire il piccolo Leandro e condursoli innanzi; postosi quindi a sedere in maestà, se lo fece accoccolare boccone tra le ginocchia presso a poco in quella acconciatura, in cui furono messi gli ambasciatori di Davide dal re ammonita, e le ambasciatrici d'Islanda da Marganorre. La tragedia che venne appresso il lettore se la immagina: basta che i colpi furono cinquanta, dati per mano onorata del bidello con una ferula di cordicelle nodose; cosicchè il poverino filava sangue e fu sì mal concio, che tornato a casa, dovette stare in letto una settimana e darsi alle mani del chirurgo per riaversi. Ma ciò che è più singolare si è, che il P. Rotari lo obbligò per giunta a pagare cinque soldi di scotto per la flagellatura dicendo che il bidello non era fatto per esercitar gratis l'uffizio di manigoldo. I parenti convennero il Prefetto dinanzi al fisco, dove fu udita la testimonianza di sei scolari; i quali confermarono il fatto ed aggiunsero che tal sorta di castigatura era frequente nelle scuole dei Padri. Non so qual sia stata la conclusione del negozio, ma so bene che il P. Rotari dovette ringraziare Iddio che la legge del contrappasso più non sia in uso; altrimenti il giudice avrebbe dovuto fargli per diversa cagione lo stesso scherzo che toccò anticamente al pedagogo dei Faleriati.

Per ultimo, intorno a ciò che riguarda la religione ed il culto, le avvertenze fatte generalmente su questo proposito, sono applicabili al caso presente; chè una setta avvezza a mutare la religione di verità e di spirito in brutta e ignobile superstizione riguardo al popolo, non può governarsi meglio coi giovanetti. L'annoverare le devozioncelle minute, le pratiche insulse, le osservanze spigolistre, con cui l'idea religiosa si guasta in quei nuovi animi, e si apparecchia la loro imbecillità o incredulità futura, sarebbe infinito. Chi non ha inteso parlare delle lettere a san Luigi? L'uso è tuttavia vigente nei collegi gesuitici; e un ottimo ecclesiastico, che ne fu convittore, mi scriveva che ogni anno avvicinandosi la festa di san Luigi, si consigliava ai giovani (e il consiglio era obbligo) di porgergli una supplica piegata in forma di lettere e chiusa in una borsa più o meno elegante, secondo il fervore e le facoltà di ciascuno. Raccolte tutte le borse si collocavano sull' altare e quindi si leggevano. E siccome molti ragazzi chiedevano un felice successo negli esami, i Padri gli ammonivano che non bisognava domandare grazie di' tal natura, chè il santo non se ne impacciava; ma sì favori spirituali per la salute dell' anima. Così le lettere a san Luigi servivano a scoprire, i secreti del cuore di ciascuno. Tal è lo scopo serio di quelle ridicole ragazzate; le quali nel secolo scorso si praticavano in alcuni luoghi eziandio dal popolo, secondo la testimonianza di un viaggiator francese.

Umiliare ed esecrare ogni condizione che possa portare il ragazzo fuori dall'orrore dei centri di detenzione dei gesuiti. Centri di detenzione illegali come sono i centri di recupero per tossicodipendenti strutturati sul modello delle camere di tortura alle quali il diritto e la giustizia sono banditi in funzione della costruzione della sottomissione del tossico. Il tossico, il consumatore di droga, viene trattato a frustate e a violenza come i gesuiti trattano i ragazzi costruendo una società di galera dove, i loro addestrati a colpi di frusta, diventano gli addestratori della società come politici, amministratori, poliziotti, militari che trasportano nella società lo stesso odio dei gesuiti sotto forma di violenza.

Tutte le persone sono trattate come oggetti di possesso che devono essere sottomesse ed adeguate alla morale del dio padrone e del criminale in croce mediante la violenza. Ha poco da dire Vincenzo Gioberti quando accusa i gesuiti di sensismo. L'idea, che il suo dio padrone manda agli uomini e che gli uomini trasferirebbero nella società, è una pura illazione frutto del suo desiderio, ma la violenza del sensismo con cui i Gesuiti manipolano la struttura mentale dei ragazzi trasformandoli in angosciati il cui unico sollievo viene trovato nel ripetere il terrore e riprodurlo nella società, è un dato reale, è una condizione oggettiva.

Voglio concludere con una lunga riflessione di Vincenzo Gioberti in cui il gesuitismo viene tacciato di asocialità. Ed è la stessa asocialità che oggi vediamo manifestata in Bergoglio e nel suo odio sociale che maschera di gentilezza pur di perpetuare lo stupro e la violenza emotiva nei confronti dei ragazzi affinché si sottomettano al suo dio padrone.

Queste tecniche gesuitiche sono praticate massicciamente anche oggi perché solo in questo modo si può avere il controllo degli individui ridotti a non-persone, ad oggetti di possesso da parte delle gerarchie che usano queste non-persone per destabilizzare le società civili. Ne è un esempio l'Argentina e la massiccia partecipazione dei Gesuiti al genocidio di Videla. Il genocidio fu eseguito dalle squadre di Videla, ma i mandanti del genocidio fu la chiesa cattolica e i Gesuiti nel tentativo di controllare militarmente il paese sud-americano. Chissà da chi sarà andato a scuola Videla e dove ha soggettivato il clericalismo cattolico che ha caratterizzato la sua ideologia stragista. Anche se non ho informazioni dirette, certamente sono connessi i gesuiti di Bergoglio molto presenti in Argentina.

Il prete cattolico Vincenzo Gioberti mette in guardia la società italiana dall'azione dei gesuiti. Se è vero che lui distingue un'interpretazione del cristianesimo diversa da quella dei Gesuiti, sta di fatto che le azioni pratiche dei Gesuiti, che poi saranno riprese da altre congregazioni dall'Opus Dei ai Legionari di cristo a Comunione e Liberazione, sono tecniche volte alla costituzioni di associazioni mafiose che attraverso intrallazzi e mutui interessi con apparati istituzionali distruggono i diritti civili e il senso di appartenenza dei cittadini vessandoli e perseguendoli qualora non si mettano in ginocchio davanti al loro dio padrone.

Scrive Vincenzo Gioberti, "Il Gesuita Moderno" Fratelli Bocca – Editori – Milano 1940 Volume V Da pag. 410-413

Ora nei dubbi si dee eleggere la parte più sicura; sovrattutto trattandosi di cose pratiche, di grandissimo momento, e tali che gli errori commessi intorno ad esse non hanno rimedio. E quantunque, come fautori dei Gesuiti, voi foste probabilisti nelle altre materie, sarebbe cosa snaturata ed empia il guidarvi con tal norma quando si tratta della salute dei vostri figli. Se voi non affidereste a mani sospette il maneggio dei vostri capitali e l'amministrazione dei vostri beni, vorrete abbandonare a uomini di dubbia fede e sperienza la parte più cara e più preziosa di voi medesimi? Se vi fareste scrupolo di seguir la dottrina dei probabilisti intorno alla cura del corpo, e quando si tratta, pogniamo, di preservare i vostri figli da un mal contagioso o dal rompersi il collo, oserete abbracciarla per ciò che concerne le loro anime, e l'esito morale, religioso, civile di tutta la loro vita? Dio buono! Voi eleggerete per nutricarli quelli che possono avvelenarli; per coltivare e tirar su quelle tenere piante, coloro che secondo l'opinione di molti non valgono che a troncarle ed a spegnerle, od a fare che i fiori invaniscano? - Ma noi crediamo il contrario. - Sia pure; ma i fatti che vi ho raccontati e altri infiniti dello stesso genere debbono almeno mostrarvi che la vostra opinione è lontanissima da quella certezza, che si vuol avere in proposito sì rilevante. E non parlo solo dei fatti che concernono in particolare l'educazione, ma eziandio di tutti gli altri che arguiscono la corruzione dell'Ordine. Come volete che riescano bene a instituire i giovani coloro che guastano gli adulti? Che insegnino ai putti una pura morale, coloro che praticano una legge tale, che un Gentile se ne vergognerebbe? Il primo ammaestramento non è forse l'esempio? E che esempi volete che i vostri figli ritraggano da preti e religiosi, che si fanno lecito di sparlare, mentire, calunniare, infamare, perseguitare, rapire, combatter la beneficenza, attizzar la guerra civile e commettere tutte le altre tristizie, che abbiamo vedute? La base della vita morale e domestica non è l'amore dei genitori e dei congiunti? E i Gesuiti lo spiantano. Il fondamento della vita civile non è riposto nella carità della patria? E i Gesuiti la spengono. La radice di ogni convitto sociale, pubblico e privato, non è la lealtà delle parole, delle azioni, dei portamenti? E i Gesuiti sostituiscono in suo luogo l'immorale usanza dello spiare, del riferire e quella doppiezza, quell'ipocrisia, che sono impresse in tutte le parti dell'Ordine e scolpite persino sul volto de' suoi satelliti. E voi affiderete a tali uomini la sorte presente e futura di chi vi è più caro di voi medesimi? Un padre darà loro in preda il pegno delle sue fatiche e de' suoi sudori? E una madre il frutto doloroso e diletto delle sue viscere? La prudenza più comunale e l'affetto più debole in questo caso andrebbero a rilento; e la sollecitudine, l'amore dei genitori pei propri figli comporteranno loro di gittarsi a occhi chiusi nel precipizio? Si capisce che l'uomo talvolta si arrischi, e faccia saggi, tentativi e sperimenti, quando il negozio è di tal natura, che non riuscendo, il male si può correggere e ricuperare il tempo perduto. Ma nel caso presente ciò non ha luogo; perchè se pigliate errore in un affare di tanto rilievo, non sarete più in grado di rimediarvi quando ve n'avvedrete. Difficilissimo e per lo più impossibile è il ravviare una torta educazione; poiché a tal effetto conviene distruggere una consuetudine radicata e passata in natura e introdurne in vece una nuova; due cose malagevoli a fare disgiuntamente, e non possibili ad accoppiarsi insieme, se non per miracolo. Voi vi avvedrete del vostro inganno quando vi sarà tolto ogni modo di ripararne agli effetti; e piangerete a caldocchi, disperatamente, e per sempre la cecità e imprudenza vostra. Vi chiamerete in colpa di aver prevaricati i doveri e traditi gli affetti più sacri; di avere ucciso, per così dire, moralmente coloro, a cui deste le aure spirabili e prometteste le gioie della vita. Un padre che male alleva la sua prole o la commette a chi la corrompa è peggio che parricida. Non crediate che io parli a caso e per mero presupposto; perchè conosco uomini onorandi, che avendo messi per semplice error d'intelletto i loro nati in balia dei Padri, e veggendoseli ora innanzi affatturati e malconci irreparabilmente, se ne chiamano micidiali, e darebbero volentieri il proprio sangue per ammendare il commesso fallo. Guardatevi, Italiani, dal distruggere le più care speranze dell'età cadente, e dall' attossicare la vostra vecchiezza. La quale è orba, trista, sconsolata, quando non è rallegrata da eletta prole, in cui i genitori si veggan rivivere e per dir così rifiorire al di là del sepolcro. Ma che dico orba? Meglio è perdere i figli nell'infanzia o nella giovinezza, che mirarseli davanti imbecilli o cattivi; meglio è piangerli estinti per fato di natura e volere di Dio, che lamentarli rovinati per colpa propria. Acerbo è il dolore che un padre, una madre provano nel primo caso, ma non però senza la sua consolazione; laddove è inconsolabile nel secondo, perchè alla punta del cordoglio si aggiunge il rantolo intollerabile del rimorso. Immaginatevi in che stato sarà il cuor vostro, quando canuti e col piè sulla fossa, vi vedrete intorniati da una prole caparbia, dissoluta, infìngarda, sbrigliata, miscredente, ribelle, ovvero stupida ed inetta ad ogni impresa utile e onorata; incapace di fare il bene per volontà o per impotenza. Che tale, salvo pochi casi, è l'effetto del tirocinio gesuitico ; e se voi non ne siete capaci, l' opinion degli altri dee bastare a darvi spavento. Grande felicità dei genitori è lo spettacolo di una lieta e virtuosa figliolanza; e suprema beatitudine, quando alla virtù si aggiunge la gloria, e ne escono opere lodate ed illustri. Se Epaminonda si rallegrò di aver vinto a Leuttra, mentre ancora viveano il suo padre e la sua madre, quanto più questi non dovettero gioire di aver per figlio un Epaminonda? Ora se voi avete prole ingegnosa ed eletta potete affidarvi di gustare almeno un saggio di questa beatitudine. Ma ancorchè i vostri nati avessero la mente di Dante e di Michelangelo, correrete gran pericolo di non cavarne alcun costrutto, se gli abbandonate alle mani dei Padri eviratori, cui non costa molta fatica lo spegnere in germe i doni più pellegrini. Essi non faranno del figlio vostro nè un poeta, nè un artefice, nè un filosofo, nè un erudito, nè uno scrittore nè un uomo di stato, di chiesa, di guerra, che meriti il nome di grande. Ne faranno alla men trista un uomo nullo o mediocre, di concetti ed affetti bassi, volgari, vili, che sarà di peso a sè medesimo ed agli altri; ne faranno un Gingillino e un Gesuita, non un Italiano nè un cittadino. Dico un Gesuita, perchè poco importa che non se ne vesta l'abito, quando se ne hanno i pensieri, il costume, i portamenti; onde la maggior parte degli alunni della Compagnia ne diventano soci, qualunque sia il grado secolare, in cui li colloca la fortuna. Oltre che voi non potete anco assicurarvi che dando i vostri figli alla disciplina dei Padri, non divengano Gesuiti compitamente; giacchè per poco che essi abbiano una immaginazione viva e un cuore propenso ai mistici affetti, i Padri cercheranno di conquistarli e facilmente ci riusciranno. Questa fu l'arte loro in ogni tempo per rifornire le proprie squadre; e oggi tanto più la mettono in opera, quanto meno abbondano di tironi, che spontaneamente volino nelle loro braccia. Potrei recarvi non pochi esempi di giovani eccellenti, che rassegnati imprudentemente alla scuola dei Padri, ne furono sobillati; e invano i parenti usarono ogni arte per divolgerli dal loro proposito e impedire che entrassero in un instituto, che insegna a' suoi membri e aderenti la patria rinegare, padri, figliuoli e fratelli per niente avere. Oh evitate, evitate, padri e madri, questo grandissimo pericolo, se quando vi uniste insieme coi dolci vincoli di un casto e generoso amore vi proponeste di mettere al mondo Italiani e non Gesuiti.

I gesuiti hanno compreso l'insegnamento di Gesù, a differenza di Gioberti che su quell'insegnamento preferisce proiettare i suoi desideri e le sue illusioni.

Quando Gesù dice:

"Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figliuolo o figliuola più di me, non è degno di me..." Matteo 10, 37

E ancora:

"Se uno viene a me e non odia il padre e la madre e la moglie e i figli e i fratelli e le sorelle e anche la sua stessa vita, non può essere mio discepolo." Luca 14, 26

E ancora:

"Ecco tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e desiderano parlarti", ma egli, rispondendo a chi aveva parlato, disse: "Chi è mia madre? E chi sono i miei fratelli? Poi, stendendo la sua mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli. Perché chi fa la volontà del padre mio che è nei cieli, egli è mio fratello e mia sorella e mia madre" Matteo 12, 47-50

Chi dunque è fratello dell'addestrato al gesuitismo? Chi fa la volontà della compagnia. Chi è disposto a distruggere la società civile, come Videla, per la maggior gloria del dio padrone rappresentato dai gesuiti.

Gioberti, del criminale Gesù non ha capito nulla. I gesuiti hanno messo in pratica gli insegnamenti di Gesù con gli scopi che Gioberti intuisce, ma che la sua educazione gli impedisce di individuarne la fonte. L'odio di Gesù per gli uomini, per i bambini, per la società civile è il fondamento ideologico dal quale i gesuiti procedono per danneggiare la struttura psico-emotiva dell'infanzia.

Le conclusioni sono presto tratte. In una società analfabeta il controllo dei ragazzi era fondamentale per mantenere il controllo degli analfabeti da un lato e delle Istituzioni dall'altro. I gesuiti dettavano legge in campo educativo. Tutti gli istituti cattolici si adeguavano alle loro direttive. Anche quando la scuola pubblica fu istituita, dopo l'unità d'Italia, non fecero altro che applicare i metodi dei gesuiti nei confronti dei ragazzi.

L'idea generale secondo cui l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di un dio pazzo e cretino assolve la società e le Istituzioni da ogni violenza commessa nei confronti dell'infanzia al fine di creare adulti angosciati e incapaci di affrontare le loro realtà esistenziale se non attraverso atti criminali di violenza nei confronti dei più deboli.

Come rileva Gioberti, la violenza messa in atto nei confronti dei ragazzi dall'orda criminale gesuita ha il fine di creare obbedienza e sottomissione in modo, come affermano i gesuiti, che i superiori possano disporre dei loro sottoposti per la gloria di dio. Quel "per la gloria di dio" implica "per la distruzione della società" dove le pratiche di genocidio, massacro, torture e devastazioni sociali messe in atto per la gloria del dio padrone vengono santificate dalla chiesa cattolica. La chiesa cattolica li fa santi perché la distruzione sociale non è avvenuta per "la carne", per i loro interessi, ma per gli interessi della chiesa cattolica, la "gloria di dio" (Paolo di Tarso).

Queste riflessioni del Gioberti sull'educazione dei gesuiti nei confronti dei ragazzi, ci fanno capire molte delle difficoltà incontrate nella costruzione dell'unità d'Italia. I passi balbettanti fra necessità di costruire una società civile e ripristino dell'odio sociale, del razzismo, dell'odio per chi non si sottomette trovano nell'educazione gesuitica il loro fondamento ideologico.

Quando apriremo la linea della filosofia pedagogica all'interno delle riflessioni della Teoria della Filosofia Aperta, dovremmo partire da qui, dall'orrore dei gesuiti, per comprendere gli sforzi dei riformatori sociali in campo pedagogico. Se noi non capiamo che la restaurazione dopo la sconfitta Napoleonica non fu solo un momento di ripristino dei regimi a monarchia assoluta, della schiavitù, del clericalismo come manifestazione del dio padrone, del razzismo giustificato dal positivismo scientifico in funzione colonialista, ma fu soprattutto l'industrializzazione che modificò i meccanismi di formazione della ricchezza e con essi i metodi di attacco all'infanzia generalizzando i metodi dei gesuiti, allora non ci possiamo spiegare tutti i problemi sociali e politici che oggi viviamo con tanta sofferenza.

Il Gioberti proponeva un'istruzione dell'infanzia più benevola, ma i gesuiti sapevano che se si fosse applicata un'educazione più benevola si sarebbe data la cultura senza avere in cambio il controllo dell'individuo acculturato. Questo era uno scambio che i gesuiti non erano disposti a fare né erano disposti a farlo gli altri ordini che gestivano le scuole cattoliche. Se le scuole cattoliche avessero cessato la violenza coercitiva nei confronti dei ragazzi (che spesso sfocia nella pratica dello stupro fisico, nella pederastia e nella pedofilia), era necessario riappropriarsi dei ragazzi per altre vie. Le scuole cattoliche dovevano controllare i ragazzi per poter controllare le Istituzioni nazionali. Lo scontro clericale fra scuola pubblica e scuola privata sarà caratteristico in Italia. Solo che tale scontro non va letto come uno scontro fra scuola pubblica e scuola privata, ma uno scontro fra i diritti dei cittadini e i diritti di Gesù e chi lo rappresenta di stuprare la struttura psico-fisica dei ragazzi sottoponendoli spesso e volentieri a pratiche di pederastia e di pedofilia.

Anche questo sarà oggetto di riflessione della Teoria della Filosofia Aperta.

NOTA sono stati usati:

Vincenzo Gioberti, "Il Gesuita Moderno" Edizione Nazionale delle opere Edite ed Inedite di Vincenzo Gioberti Fratelli Bocca – Editori – Milano 1940 A cura di M. F. Sciacca Volume V Da pag. 392 a pag. 414

James Bodrick "Il progresso dei gesuiti" Edizione Ancora 1966

Citazioni dalla bibbia cristiana

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

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Marghera, 04 febbaio 2014

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.