Galimberti e il nazismo di Heidegger

Capitolo sette

riflessioni su Heidegger e il nuovo inizio
di Umberto Galimberti

Claudio Simeoni

La Teoria della Filosofia Aperta

Galimberti e il nazismo di Heidegger

 

Mi sono sempre chiesto perché Umberto Galimberti ed Emmanuele Severino non riuscivano a capire che la filosofia di Heidegger era filosofia nazista come la filosofia di Giovanni Gentile era filosofia fascista.

La risposta che mi sono dato era che Emmanuele Severino e Umberto Galimberti erano ideologicamente nazisti e trovavano le idee di Heidegger assonanti al loro modo di vedere e pensare il mondo.

Heidegger non è diventato nazista dopo che Hitler ha preso il potere. Heidegger è sempre stato nazista e la sua filosofia è sempre stata nazista. Quando Jaspers, citato da Galimberti, afferma "Ci accomunava [con Heidegger] inoltre l'emozione davanti a Kierkegaard". (pag.75) Non vi svela l'attività nazista? Kierkegaard è colui che si emoziona e che freme di piacere "seguendo" i passi di Abramo e Isacco mentre Abramo sta per ammazzare suo figlio per compiacere il suo padrone, Dio. Il sentimento di accettazione del sacrificio umano di Isacco è un sentimento che indica l'uomo che ideologicamente e sentimentalmente è un nazista. Ammazzare un persona in sacrificio per la gloria di Dio o ammazzarne milioni in gloria alla purezza della razza o del popolo eletto, il meccanismo è sempre lo stesso. Varia quantitativamente, ma non qualitativamente.

Scrive Umberto Galimberti in "Heidegger e il nuovo inizio" edito da Feltrinelli 2020 a pag. 77

"Dopo quel discorso non gli parlai più apertamente. Gli dissi solo che ci si era aspettato da lui un impegno per la nostra università e la sua grande tradizione. Lui non rispose. Parlai della questione ebraica, dell'assurdità e della malvagità della invenzione dei 'Saggi di Sion', al che lui: 'Esiste però un pericoloso collegamento internazionale tra gli ebrei'. A tavola disse, con tono abbastanza duro, che l'esistenza di tanti professori di filosofia era un non-senso, se ne sarebbero dovuti mantenere non più di due o tre in Germania. 'Chi?' chiesi. Nessuna risposta. Chiesi: 'Come può un uomo così privo di cultura come Hitler governare la Germania?'. E lui: 'La cultura non c'entra - rispose. - Guardi invece le sue meravigliose mani!'.

"Heidegger stesso sembrava cambiato. Già all'arrivo si era creata tra noi un'atmosfera che ci divideva. Il nazismo era una specie di droga per la gente. Andai a cercare Heidegger nella sua stanza per salutarlo. 'Sembra d'essere nel 1914 ... ' cominciai e avrei voluto continuare: 'Siamo di nuovo in presenza dell'esaltazione ingannevole delle masse'. Ma quando mi accorsi dell'assenso raggiante di Heidegger alle mie prime parole, il resto della frase mi rimase in gola. Quella frattura radicale mi colpì straordinariamente. Con nessun'altra persona avevo vissuto qualcosa di simile. Ed era tanto più sconvolgente in quanto Heidegger sembrava non accorgersene. E' vero che del suo cambiamento era testimonianza il fatto che dal 1933 non venne più a trovarmi, e anche in occasione dell'allontanamento dal mio incarico nel 1937 non trovò il modo di dirmi una sola parola. Però seppi ancora nel 1935 come durante una sua lezione egli parlasse del suo 'amico Jaspers'. Dubito che a tutt'oggi egli abbia compreso questa frattura di allora".

p. 77

Se Heidegger divenne un militante nazista, Jaspers non lo poté fare. La filosofia di Jaspers non è molto differente da quella di Heidegger. Jaspers non critica l'ideologia nazista. Jaspers critica la mancanza di cultura di Hitler ed è infastidito dall'antisemitismo becero dei nazisti. La moglie di Jaspers era ebrea e per questo motivo ci fu una sorta di tacito accordo. Jaspers accettava di isolarsi con la moglie e in cambio non sarebbe stato perseguitato.

E' un po' come molti personaggi dell'epoca, nazisti nell'ideologia anche se magari erano contrari alla squallida rozzezza di Hitler, ma costretti al silenzio o alla fuga perché erano ebrei. Hannah Erendt era una di questi. Dopo la guerra hanno continuato a sviluppare la filosofia nazista pur stupendosi della vastità del genocidio degli ebrei per nascondere la vastità del genocidio degli slavi.

Come si può non leggere l'assolutismo nazista in queste frasi che prendo ad esempio? [potrei prendere interi paragrafi sul concetto di "cura" perché lo sterminio ebreo fu una cura per la purezza della razza.].

Scrive Heidegger:

L'Esserci esiste in vista di un poter-essere se stesso. Esistendo esso è gettato e, in quanto gettato, è consegnato all'ente di cui abbisogna per poter-essere com'è, cioè in-vista-di se stesso. In quanto esiste effettivamente, l'Esserci si comprende in tale connessione dell'in-vista-di-se-stesso con un rispettivo per-che. Ciò- dentro-cui l'Esserci esistente si comprende, «ci» è con l'esistenza effettiva dell'Esserci. Il ciò-dentro-cui dell'autocomprensione primaria ha il modo di essere dell'Esserci. L'Esserci, esistendo, è il suo mondo.

Heidegger, Essere e tempo, editore Longanesi, 2001, pag. 431

E com'è possibile che uno come Emmanuele Severino o Umberto Galimberti in queste frasi non scorga i fondamenti dell'ideologia nazista?

Eppure, Rudolf Carnap contestava la metafisica di Heidegger quando affermava nel 1930, lo riprendo direttamente da Galimberti in "Heidegger e il nuovo inizio", che:

"l'impossibilità di ogni metafisica che tenta di trarre inferenze dall'esperienza a qualcosa di trascendente, che sta aldi là dell'esperienza e che non è sperimentabile, come la 'cosa in sé' dietro le cose dell'esperienza, l''Assoluto' dietro la totalità del relativo, l''essenza' e il 'significato' degli eventi dietro gli eventi stessi. Poiché non si può mai rigorosamente inferire dall' esperienza al trascendente, le inferenze metafisiche necessariamente trascurano passaggi essenziali. E' da ciò che deriva la parvenza di trascendenza. Si introducono concetti che sono irriducibili sia al dato sia a ciò che è fisico. Sono pertanto concetti puramente illusori che vanno rigettati dal punto di vista epistemologico, come pure da quello scientifico. Sono parole senza senso, qualunque sia il grado in cui sono santificate dalla tradizione o impregnate di sentimento".

Scrive Umberto Galimberti in "Heidegger e il nuovo inizio" edito da Feltrinelli, 2020 a pag. 70

La filosofia metafisica è importante, ma per essere manifestata dal filosofo è necessario che il filosofo metta in gioco sé stesso. Non è che esiste l'Assoluto, esiste un filosofo che afferma l'esistenza di un Assoluto. Ed è lui, personalmente, che deve assumersi la responsabilità dei principi che va affermando. La filosofia metafisica è un'esposizione soggettiva di una realtà immaginata e la cartina di tornasole della filosofia metafisica è il filosofo stesso.

La filosofia metafisica non può essere provata con esperimenti da laboratorio, può essere verificata nella vita quotidiana mediante le scelte che le persone fanno partendo dai principi metafisici annunciati.

Filosofi nazisti hanno occupato lo spazio culturale italiano dichiarando guerra feroce ad ogni pensiero che non fosse allineato con l'ideologia nazista. Un pensiero che devastava la società civile e che produceva emarginati e precariato sociale come imitazione squallida dei campi di sterminio nazisti o dei forni per bruciare loglio tanto amati da Gesù.

E' triste aver assistito, in tutti questi anni, a personaggi che si definivano "materialisti" mentre sventolavano idee riconducibili all'ideologia Nazional-socialista.

Triste, ma è così!

Marghera, 06 maggio 2021

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.