Karl Vogt (1817 - 1895)

Lezioni sull'uomo e il suo posto
nella creazione e nella storia della terra

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185785

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

Scienza, superstizione e preconcetto in Karl Vogt

Il positivismo materialista

Con Karl Vogt prenderemo in esame il concetto di scienza e religione come venne elaborato nel XIX secolo dai positivisti che dettero vita a tutta una serie di socialismi dai caratteri socio-religiosi.

Ho già preso in esame l’Origine della Famiglia e della proprietà privata di Engels ma Vogt, come i sociologi, trasformeranno in scienza la “magia simpatica”.

Il loro concetto di scienza si basa sulla forma e sulla verità.

Le “belle forme” rappresentano le condizioni positive della vita; le “brutte forme” rappresentano le condizioni negative. Loro, gli occidentali sono superiori, gli altri primitivi. Loro, gli occidentali, sono il vertice dell’evoluzione. Dall’alto guardano questi “primitivi” di razze diverse, e si identificano col loro dio padrone che guarda dall’alto in basso un’umanità fatta da “sottospecie di uomini”.

Che cos’è la magia simpatica?

La magia simpatica è la relazione che esiste fra un evento che il mago provoca, o che l’analista osserva, nel suo quotidiano, immaginando o affermando che quanto realizzato in quel quotidiano si manifesti e si realizzi nei movimenti cosmologici della vita. Trasferito nella scienza, la forma dell’oggetto manifesta l’essenza dell’oggetto. Ad ogni forma analoga corrispondono essenze analoghe. Secondo la scienza che applica la magia simpatica, gli oggetti non vanno analizzati nella loro essenza, ma vanno catalogati come forma in quanto la forma determina l’essenza.

Questo sistema viene applicato dal cristianesimo alle scienze sociali si ottiene un appiattimento del giudizio rispetto ai fatti e una violenza sui fatti affinché si adeguino al giudizio.

La scienza che si sviluppa in ambito cristiano, inizia in questo modo con tutti i disastri che i preconcetti creazionisti cristiani impongono sulla scienza.

Vogt è una vittima di questi pregiudizi. Nello sviluppo del suo pensiero Vogt tenta di dimostrare l’inconsistenza delle idee cristiane sull’intervento di una volontà esterna nel venir in essere dei soggetti della natura.

Tutti i processi della Natura, tutti i processi fisiologici, vengono ricondotti all’interno della Natura e sottratti all’intervento del dio dei cristiani.

Uno delle questioni che condizionerà il discorso sulle “razze” di Vogt è la “credenza” che la creazione del mondo (o la nascita del mondo anche togliendo la volontà creatrice) sia avvenuta 6-8000 anni a.c.

Questa credenza superstiziosa ha impedito a Vogt di pensare alle centinaia di milioni di anni nei quali è venuta in essere la diversificazione delle specie.

Scrive Karl Vogt a pag. 566-567:

Dopo la differenza originaria di razza, si può ancora osservare la loro persistenza nel tempo. Abbiamo già dimostrato che le razze hanno lasciato traccia attraverso il tempo storico fin dall’epoca della pietra, delle caverne le antiche alluvioni. I monumenti egiziani dimostrano che già la dodicesima dinastia, circa 2300 anni a.c. i negri furono introdotti in Egitto e che delle spedizioni per l’esportazione dei negri, che ancora di volta in volta, si sono ripetute da quel momento nelle differenti dinastie, come lo provano notoriamente i cortei trionfali di Totmès IV nel 1700 a.c. e quello di Ramsès III nel 1300 a.c.. Si vedono le colonne di negri prigionieri i cui colori e caratteristiche del viso sono resi in ogni dettaglio in una verità impressionante; vediamo gli scribi egiziani che registrano gli schiavi con donne e bambini; non si è dimenticato di disegnare sulla testa di costoro le nappe lanugginose caratteristiche dei negri; vediamo anche molte teste che riproducono le particolari caratteristiche di qualche negro abitante del sud dell’Egitto, dove l’artista indica espressamente l’origine meridionale per la presenza dello stelo dei loti. Oltre i negri, i nubiani e i berberi e pure gli antichi egiziani sono presenti con le loro particolari caratteristiche che si sono conservate senza modificazioni fino ad oggi. “I contadini ella valle del Nilo” dice Broca “che designiamo oggi col nome di Fella conservano perfettamente il tipo degli antichi egiziani, che è tanto più notevole in quanto, dopo la conquista araba, si sono incrociati con la razza conquistatrice. L’identità dei contadini egiziani con gli egiziani dei tempi dei faraoni è stata stabilita da Morton sulla comparazione dei crani e M. Jomard la conferma così: riguardo gli abitanti d’Esné, Ombos, Edfu o del paese di Selsele, crediamo che le figure dei monumenti di Latopolis, Ombos o Apollinopolis Magna, si sono staccati dalle loro pareti per scendere al piano”. Possiamo constatare la stessa costanza di caratteri delle altre razze con le quali gli Egiziani si sono trovati in contatto. Gli ebrei sono altrettanto riconoscibili come gli sciti o i tartari a cui Ramsete III ha fatto guerra. Vediamo anche sui monumenti assiri e indiani ripetersi i caratteri delle razze che abitano ancora il paese, in modo che la costante dei caratteri delle razze umane appare evidente.

Ai tempi di Vogt c’erano persone che affermavano che a pag. 568:

“La costante delle razze naturali del genere umano è incontestabile. Noi non possiamo, d’altra parte dimenticare che la maggior parte non manca di una certa flessibilità e che, trapiantati in altri ambienti subiscono alcune modifiche necessarie per adeguarle alle nuove condizioni. Questo punto è quello su cui notoriamente si basano in primo luogo chi sostiene l’unità del genere umano, per questo noi siamo costretti a guardare un po’ più da vicino.”

La differenza di razza non era l’idea costante del suo tempo. C’erano i sostenitori della non esistenza delle razze umane intese come diversità di specie che sarà propagandata dall’ideologia positivista.

Secondo i biblisti la razza umana era unica e all’interno dell’unicità, il loro dio aveva stabilito una sorta di gerarchia che gli antropologi cristiani classificavano come evoluti e non evoluti; più o meno primitivi; più o meno civilizzati. Costoro giustificavano il colonialismo partendo dal fatto che essendo la civiltà cristiana la più “evoluta” doveva portare la “civiltà” fra i primitivi che erano rimasti nella stessa condizione dopo il diluvio universale.

Vogt è costretto a tener conto delle idee della creazione propria del cristianesimo. Soprattutto è costretto a tener conto di Adamo che, secondo l’analisi degli scritti della bibbia al di fuori della fede cristiana, indicano come esistano altre “specie umane” diverse da quella di Adamo.

In effetti, leggendo la bibbia, gli ebrei indicano la creazione di sé stessi come “uomini” in antitesi ad altri non-uomini che popolano la terra. Si tratta del concetto di “razza eletta” che gli ebrei fanno risalire alla creazione di Adamo ad opera del loro dio padrone e che inquinerà la storia indicandoli sì come “razza superiore” ma costruendo quel conflitto con i cristiani che vogliono espropriarli di questa prerogativa mediante Gesù.

Gli ebrei si consideravano “uomini” in antitesi a tutti gli altri popoli che erano “non-uomini”. In quest’ottica scrissero la Genesi. Quando si è voluto far diventare la Genesi una sorta di cosmologia del dio padrone ebreo, nel testo sono rimaste tutta una serie di “scorie narrative” che hanno costruito una serie di “contraddizioni” alle quali si sono appellati coloro che volevano definire in maniera diversa il processo della creazione.

Scrive Vogt a pag. 563-564:

Le stesse storie religiose, che spesso ripercorrono così stranamente l’origine del genere umano, sembrano sempre ricondurre ad un ceppo originario e privilegiato. Queste storie lasciano sempre intravvedere degli accessori, una sensazione che nel primo momento della creazione del ceppo, la terra era già altrove popolata. Questa sensazione si riflette nella stessa leggenda biblica. Dopo l’uccisione di Abele, tutti i discendenti di Adamo derivavano da Caino, l’assassino, perché Seth e l’altro figlio e le figlie, menzionate nella Genesi, non erano ancora nati in quel periodo. Non meno Caino porta la moglie con sé nella sua fuga e fonda una città dopo essere stato contrassegnato con un segno in fronte affinché nessuno lo uccida. Questo segno doveva essere destinato agli uomini perché il lupo mangia le pecore anche se segnate.

Il concetto di “popolo eletto” degli ebrei, diventa in Vogt una delle razze umane che popolano la terra.

Vogt si misura col concetto di razzismo, ma un nuovo concetto di razzismo. Non solo quello definito dalla bibbia, ma quello definito dalla bibbia e convalidato dalla ricerca scientifica della forma.

Il delirio di onnipotenza razzista della bibbia diventa pre-concetto con cui Vogt prende in considerazione i popoli umani. Smentisce le interpretazioni cristiane che considerano gli uomini un’unica razza sopravissuta al diluvio universale e separa la specie umana in varie razze derivanti da “ceppi creazionisti” diversi più o meno vicini alle razze elette europee di cui, la più lontana, che considera quasi a livello animale (con tutto il disprezzo che ne consegue), era quella australiana.

Da un lato il pensiero di Vogt è materialista non concedendo nulla all’idealismo, dall’altra parte il suo materialismo si scontra con i limiti della scienza del suo tempo che pretende di giustificare un mondo in essere e che la teologia cristiana ha già rinchiuso in categorie che sono quelle della volontà di dio. Vogt strappa al mondo la volontà di intervento del dio dei cristiani, ma attribuisce l’intervento del dio dei cristiani ai meccanismi interni della Natura.

Questa volontà di dio si cala come un concetto di verità al quale Vogt deve piegare tutta la sua analisi scientifica.

Le forme dell’uomo corrispondono a specie diverse di uomo, confermano le teorie razziste? Oppure, sono le teorie razziste che guidano la ricerca scientifica per confermare sé stesse?

Scrive Vogt a pag. 565:

Baudin ha dimostrato che di tutte le razze umane conosciute, non ce né che una, vale a dire la razza ebraica, che si può acclimatare nei due emisferi con la stessa facilità nelle regioni calde e temperate e sussistere senza l’aiuto della razza indigena; tutte le altre razze europee studiate trapiantate dal clima temperato al clima caldo, devono necessariamente perire col tempo quando non viene mantenuta un’immigrazione costante dalla stessa patria perché il numero dei decessi sorpassa sempre quello delle nascite. Risulta necessariamente che, con l’eccezione di un piccolo gruppo di razze privilegiate che possono diffondersi su quasi tutta la terra, le altre razze umane sono circoscritte entro limiti più o meno ristretti che non possono modificare senza pervenire ad una graduale estinzione. Ma le leggi vigenti nel mondo di oggi erano una volta l'azione fisica innegabile, e le stesse circostanze esistenziali, per quanto riguarda i fatti pervenutici dell'esistenza dell'uomo ci possono insegnare, noi non vediamo il punto in cui sono stati modificati per ottenere un cambiamento nelle leggi di distribuzione, dobbiamo accettare l'azione e dono di queste stesse leggi, in passato come oggi.

Le azioni del mondo e le razze privilegiate sono uno dei limiti di Vogt.

Vogt è effettivamente convinto che la razza ebraica sia la razza creata da dio e, pertanto, la ritiene una razza privilegiata.

Se noi leviamo dio che determina la “razza eletta” e sostituiamo l’azione di dio con la considerazione secondo cui “la razza ebrea è la sola razza che si adatta ad ogni latitudine del pianeta”, non faciamo altro che riprodurre il concetto di “razza eletta” al di là del referente che noi assumiamo per proclamarne l’elezione.

Vogt attribuisce a Baudin la dimostrazione di un fatto che noi sappiamo che non è. Vogt ritiene una dimostrazione ciò che entra in sintonia con i suoi pre-concetti e, ciò che entra in sintonia con quei pre-concetti, diventa un fatto dimostrato.

La questione si fa più acuta quando “il fatto dimostrato” diventa apriori e fonte da cui sgorgano le nostre azioni dopo che abbiamo giustificato la nostra volontà d’agire dichiarando che “il fatto è dimostrato”.

Siamo sul terreno scivoloso della fede e della credenza in cui gli atti di fede, per il credente, diventano fatti da cui procedere nella sua attività nel mondo.

Sappiamo che un cammino di trasformazione inizia da “ciò che io ora sono”. Nessuna persona può prescindere da sé stessa.

Sappiamo pure che ogni volta che noi scopriamo, al di là che sia già stato scoperto da altri, qualche cosa questo appare alla nostra ragione come un’illuminazione che la ragione stessa vuole spiegare e giustificare.

Fu decisamente una lotta impari.

Da un lato le affermazioni di fede che affermando l’esistenza di una volontà fuori della materia che determina la vita si ritengono al di fuori dal dovere di fornire una dimostrazione, dall’altra parte a colui che nega i dati di fede attraverso delle osservazioni scientifiche gli si chiede di dimostrare il mondo e la vita in termini completi e soddisfacenti o, in caso che non ci riesca, si pretende che accetti le soluzioni acritiche della fede.

Per contro, un individuo cresce con l’imposizione della fede che determinano le sue verità apriori dando per naturali e scontate le affermazioni di fede ed è costretto, per non soffrire, ad interpretare i dati di realtà, i fatti, solo nelle categorie della fede o ad ignorarli.

La verità della fede contro la libertà di penetrare lo sconosciuto che ci circonda verità dopo verità, scoperta dopo scoperta, considerazione dopo considerazione.

E’ una lotta titanica per la quale scrive Vogt pag. 589-590:

Non neghiamo incroci o razze miste che sono pervenute, ma noi non possiamo ammettere che l’esistenza di razze miste potrebbe in qualsiasi modo cancellare interamente le differenze originali e fornire una prova in favore dell’unità primitiva che contrasterebbe con tutti i fatti conosciuti. Neghiamo molto meno la sparizione di razze umane ben caratterizzate, non mettono in discussione la nascita di nuove razze e specie attraverso l’incrocio di specie esistenti favorite, può essere dall’inluenza della modificazione delle circostanze esterne. Noi troviamo un perfetto accordo con tutti i fatti che noi conosciamo nel rimanente mondo animale. Noi non abbiamo bisogno di alcuna influenza extra-naturale, di alcuna azione diretta di una forza problematica fuori della natura e non più di Laplace per la costruzione della meccanica celeste, non abbiamo bisogno di rifugiarci nell’ipotesi di un intervento diretto della divinità, ipotesi alla quale un credente, nuovo difensore dell’unità del genere umano, si sforza di ricondurre davanti al peso dei fatti: “La mia opinione è che, dopo un periodo, probabilmente molti secoli, che dio aveva moltiplicato le lingue, separati gli uomini in vari ceppi, parlanti ciascuno una lingua specifica, e distribuiti questi diversi popoli sulla superficie terrestre, dona loro, nel corso delle generazioni, con un atto speciale della sua onnipotenza, delle peculiarità esteriori proprie a ciascuna razza a misura che la costituisce in nazione sia in misura che la conduce nella sua direzione speciale e ogni tensione verso una determinata località, lui gli conferisce per un atto di provvidenza il temperamento e le attitudini necessarie per abitare i poli, le zone temperate o i tropici; nella misura che lui costituisce queste nazioni ha insegnato loro i mezzi adatti i modi di soddisfare i loro bisogni attraverso delle industrie appropriate alla località e infine insegna loro a coltivare le piante utili adatte al clima e che non esistono allo stato selvaggio”. Ecco come il dottor Sagot spiega e accorda la verità dei fatti che esiste nel genere umano con l’unità biblica. Ma se è realmente dio a nutrire gli animali nell’arca di Noè col nutrimento celeste, tutte le difficoltà che si oppongono a questo mito si levano loro stesse. Quando tutte le circostanze naturali che si oppongono ad un mito possono essere scartate per l’azione divina diretta, non vi è più da fare ricerca nella storia naturale. Noi non siamo tuttavia ancora nel mondo civilizzato anche se molti ardentemente volgono lo sguardo in quella direzione.

Si tratta dello scontro fra scienza e fede.

Da un lato “io credo che....”. Dall’altro lato “Io ho visto questi fatti e desumo che...”.

Quando dico “Io credo che...” antepongo ai fatti la mia idea del mondo.

Quando dico “Io ho visto questi fatti e desumo che...” costruisco la mia idea del mondo in sintonia con i fatti del mondo.

Quando a chi dice “Io credo che....” rispondo: “Dimostralo!” trovo risposte di fede on riferimento ad un’autorità che legittima tale credenza, quando chiedo dimostrazione a chi ha desunto le idee dai fatti, mi trovo davanti ai fatti.

Posso discutere dei fatti da cui derivano tali idee.

Quando la persona dice: “Io credo che gli adoratori di Baal facessero sacrifici di bambini!” tale idea può nascere in vari modi. Quella del credente, perché lo ha detto la bibbia; quella dell’archeologo perché ha trovato i Tofet.

Perché l’archeologo pensa che quanto trova nei Tofet sia opera di sacrifici umani di bambini?

Perché gli è stato imposto fin dall’infanzia l’idea della bibbia secondo cui i sacerdoti di Baal facevano sacrifici di bambini.

Come nel primo pezzo di Vogt citato in questa pagina. Che cosa fa lo scriba? Per Vogt sta facendo esattamente ciò che fanno gli schiavisti cristiani del suo tempo in terra coloniale: fa l’elenco degli schivi deportati dagli egiziani. Lui non sa che cosa scrive lo scriba, né che cosa rappresenta la raffigurazione, ma immagina che gli ebrei furono schiavi in Egitto, anche se non era vero, e che le piramidi fossero costruite dagli schiavi (anche se non era vero). Dunque, che cosa può fare lo scriba se non l’elenco del bestiame umano come immagina facesse il dio padrone degli schiavisti cristiani? Sono i limiti della scienza e dell’opinione ai tempi di Vogt.

Quando uno come Vogt apre il Tofet e ne analizza i resti fra ossa di bambini e ossa di piccoli animali può comprendere che si tratta di un rito devozionale per le morti premature. Solo perché Vogt non ritiene la bibbia la parola del suo dio e la sua mente si può arrendere davanti all’evidenza sperimentale. Il credente continua a sostenere che si tratta di sacrifici di bambini perché se ammettesse che non si tratta di sacrifici di bambini a Baal il suo dio padrone della bibbia avrebbe mentito e lui non può ammettere che il suo dio sia un bugiardo (questo è il motivo della condanna a Galilei).

Questa è essenzialmente la differenza fra un materialista meccanicista e un idealista. L’idealista antepone il suo dio padrone all’uomo e alla natura, il materialista meccanicista antepone la natura e l’uomo al dio padrone.

La scienza che nasce dal materialismo positivista è il modello fondamentale della scienza attuale: la scienza dei cadaveri vivisezionati. Qualunque oggetto la scienza studi, è sempre nelle condizoni del cadavere. La scienza descrive, non dà risposte alle esigenze della vita. Con Vogt (probabilmente altri prima e dopo di lui) questo processo di "scienza del cadavere" prende il sopravvento nella società.

NOTA uno: Le citazioni sono tradotte da Leçons Sur l’Homme sa place dans la création et dans l’histoire de la terre di Carl Vogt Editore G. Reinwald 1865

NOTA due: Il testo originale di Carl Vogt citato è stato preso da:

http://www.google.it/books?id=PLk8AAAAYAAJ&hl=it

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

vai indice del sito

Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

Vai all'indice della Filosofia Aperta

Marghera, 15 marzo 2013

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.