Aurelio Agostino d'Ippona (354 d.c. - 430 d.c.)

Agostino d'Ippona e la lotta contro gli Dèi di Roma

di Claudio Simeoni

Cod. ISBN 9788827811764 Il settimo volume è in preparazione

La Teoria della Filosofia Aperta: settimo volume

 

Filosofia Aperta - sezione Agostino d'Ippona

Gli Dèi di Roma visti da Agostino d'Ippona

 

La lotta che Agostino d'Ippona fece per distruggere Roma in nome del suo Dio, fu una lotta titanica che vide contrapposti gli uomini che intendevano costruire il loro futuro e un Dio che doveva distruggere il loro divino per ridurli a pecore di un gregge che il "buon pastore" avrebbe portato al macello della vita.

Agostino d'Ippona sintetizza tutto l'odio contro la sacralità della vita degli uomini. Come Platone, doveva ridurre uomini allo stato di animali per poterli addestrare e rendere ubbidienti. Agostino d'Ippona doveva distruggere il farsi Dio degli uomini per renderli sottomessi al suo Dio padrone.

La lotta contro gli Dèi di Roma inizia con la diffamazione, la denigrazione, lo svilimento, l'induzione al disprezzo che Agostino d'Ippona, incapace di abitare il mondo in cui vive, deve seminare fra gli uomini.

Scrive Agostino d'Ippona nella Città di Dio contro i pagani (IV, 8):

Se volete, ora possiamo ricercare in mezzo all'interminabile schiera degli dèi venerati dai Romani quello o quelli che, come essi credono, hanno particolarmente accresciuto e mantenuto l'impero. Per quest'impresa così illustre e degna di tanto onore non oseranno certo chiamare in causa la dea Cloacina, o Volupia, che deriva il suo nome dalla voluttà, o Libentina, così detta dalla libidine, o Vaticano, preposto ai vagiti dei neonati, o Cunina, che sorveglia le loro culle. Ma come si possono ricordare in un solo capitolo di questo libro tutti i nomi degli dèi e delle dee, che quelli a malapena riuscirono a raccogliere in enormi volumi, individuandone mansioni specifiche per ogni aspetto della realtà?

---fine citazione de La città di Dio contro i pagani di Agostino d'Ippona----

Agostino ritiene importante solo il suo Dio padrone che uccide le persone.

Ma gli Dèi di Roma Antica erano il crogiolo della vita. Ogni azione era un Dio che si esprimeva in quell'azione e le azioni divine non erano quelle del padrone che comandava, ma quelle delle azioni che costruivano la vita.

Per affrontare Agostino in "La città di Dio contro i pagani" dobbiamo partire da questa differenza. Per Agostino di Ippona il Dio è colui che ammazza le persone (poi, in subordine, le risparmia per bontà sua), per l'antica religione dei Romani gli Dèi erano espressi da ogni azione che esprimeva la vita degli Esseri della Natura.

Come può Agostino capire il vagito di un neonato è l'espressione di un dio? E' necessario vivere per costruire il futuro, consapevoli che il neonato può morire o crescere, per capire l'importanza del pianto dei neonati. Quel Dio, espresso nei vagiti, dice che il neonato è vivo. Sta vivendo con passione. E' attivo. In questo modo l'uomo capisce che il futuro, quel specifico futuro, sta maturando.

I cristiani disprezzano i neonati. Devono stare zitti e non devono disturbare. Il pianto dei neonati è fastidioso ai cristiani tant'è che le suore cristiane sterminarono centinaia di migliaia di bambini perché piangevano.

Scrive Agostino d'Ippona nella Città di Dio contro i pagani (IV, 8):

Non si sono neppure accontentati di affidare ad un'unica divinità l'incombenza di proteggere i campi; hanno scelto la dea Rusina per le campagne, il Dio Giugatino per i monti, la dea Collatina per i colli, la dea Vallonia per le valli. Né sono riusciti a trovare almeno la sola dea Segezia a cui affidare esclusivamente le messi, ma hanno voluto preporre la dea Seia alle sementi che giacciono nel terreno, la dea Segezia a quelle che spuntano e diventano messi, la dea Tutilina alla conservazione e alla protezione delle messi che vengono riposte dopo il raccolto. Chi non vedrebbe che la dea Segezia poteva bastare per tutto il tempo in cui la messe passa dal primo germogliare alle spighe ormai disseccate? Eppure non bastò per uomini che amavano una moltitudine di dèi, al punto da prostituire la loro anima infelice a questa schiera di demoni, disdegnando il casto abbraccio dell'unico vero Dio. Preposero dunque Proserpina alla germinazione del frumento, il Dio Noduto ai piccoli nodi degli steli, la dea Volutina alla guaina che li protegge, la dea Patelana al suo aprirsi per favorire l'uscita della spiga, la dea Ostilina alla maturazione e al livellamento delle spighe (poiché nella lingua arcaica livellare si dice hostire), la dea Flora 9 al frumento in fiore, il Dio Latturno al frumento quand'è lattiginoso, la dea Matuta io alla sua maturazione, la dea Runcina alle operazioni di mietitura, cioè allo sradicare dalla terra. E non ricordo tutti, poiché mi infastidisce ciò di cui quelli neppur si vergognano.
Comunque, ho fatto questi brevissimi cenni perché si possa capire che costoro non debbono assolutamente arrivare a sostenere che la edificazione, l'accrescimento e il mantenimento dell'impero romano fosse dovuto a questi numi, i quali avevano dei doveri talmente specifici che è inconcepibile per qualcuno di essi un potere su tutte le cose. Quando mai, perciò, Segezia avrebbe potuto prendersi cura dell'impero, se non le era concesso neppure di proteggere contemporaneamente e le messi e le piante? Quando mai Cunina avrebbe potuto occuparsi di armi, se la sua incombenza le impediva di lasciare le culle dei neonati? Quale aiuto avrebbe potuto portare in guerra Noduto, che era competente solo nei nodi dello stelo e neppure nella scorza della spiga? Si mette un solo portinaio alla propria casa e, come uomo, è più che sufficiente; costoro invece hanno scelto tre dèi, Forculo per le porte, Cardea per i cardini, Limentino per le soglie degli ingressi. Così Forculo non era stato capace di controllare contemporaneamente il cardine e la soglia dell'ingresso!

-----Tratto da La città di Dio contro i pagani di Agostino di Ippona----

Agostino ha un solo Dio, il Dio degli eserciti, il Dio sterminatore, il Dio assassino che aggredisce e sottomette gli uomini.

Nell'Antica Religione Romana di cui Agostino prende in considerazione ogni gesto degli uomini (degli animali e delle piante) manifesta un Dio. L'azione non è l'azione come la fa il cristiano che, reputandosi incosciente rispetto al mondo, confida nella provvidenza del suo Dio. I Pagani di Roma manifestano e incontrano un Dio per ogni azione che fanno. L'azione stessa è un'azione divina che Agostino non riconosce perché Agostino si considera umile e sottomesso al suo padrone. Al contrario, i Romani incontrano gli Dèi. Frequentano gli Dèi.

Che piaccia o meno ad Agostino d'Ippona, Roma divenne grande perché i Romani seguivano con attenzione questi Dèi, li esprimevano nelle loro azioni. Questi Dèi erano le relazioni che rendeva grande Roma.

Chi è che, passeggiando per le montagne, anche le nostre montagne, non incontra "Giugantino" o "Vallonia"? Alzando lo sguardo e facendo scivolare le nostre emozioni si viene invasi dalle emozioni dei luoghi. Quando il silenzio delle parole cessa dentro di noi si scoprono le emozioni del mondo che ci circonda. Si scopre l'intelligenza dei monti e l'intelligenza delle valli. Si scopre che il mondo attorno a noi respira, pensa, progetta. E il nostro pensiero si immerge in altri pensieri, in altri respiri, in altri progetti in cui monti e valli progettano le loro trasformazioni.

Agostino di Ippona che pensa a sé stesso come il padrone del mondo e che pretende di essere l'unico a cui il mondo si deve sottomettere, non sente quelle voci, non respira con quei respiri, non si emoziona con quelle emozioni. Vive la separazione dal mondo. Vive la sua alienazione dalla vita. Una separazione dolorosa che fa nascere in lui solo il desiderio di possesso, di dominio, di assolutismo. Agostino di Ippona si pensa il padrone di un mondo ridotto a mero oggetto, privato della sua intelligenza e delle sue emozioni.

E qual è il contadino che non segue con apprensione la trasformazione delle sue messi? Non le segue giorno dopo giorno in trepidante attese per conoscere se quel temporale porterà grandine o meno. Se la crescita delle piante non è robusta. Se le spighe non arrivano a maturazione. Attenzione assoluta per cogliere il momento della raccolta che non deve avvenire né troppo presto, né troppo tardi.

Come può Agostino d'Ippona pensare che il giusto raccolto, il raccolto pieno, messo in atto dal contadino che ha manifestato tutti gli Dèi, non faccia grande Roma? Dal momento che il cristiano non semina, non raccoglie e non si preoccupa del domani perché teso nell'attesa della provvidenza divina, come può arricchire, se non rubando ad altri il prodotto del loro lavoro?

Seia, Segezia, Tutilina, Noduto, Volutina, Patelana, Flora, Latturno e tutti gli altri Dèi partecipano alla crescita delle messi. E le messi producono il pane e il pane produce il benessere che rende grande Roma.

Non bastava, dice Agostino d'Ippona che pensa di essere il padrone del mondo per mandato del suo Dio padrone, un solo "dio" per fare tutto. Ma il "dio" non fa. E' l'uomo che fa! E' il mondo che ci circonda che agisce e si trasforma e in ogni trasformazione un "dio" si esprime capace di legare i partecipanti a quell'azione in un unico intento che fondi un futuro possibile.

Perché la cura dei neonati non deve essere un "dio" che deve essere manifestato continuamente e con assoluta attenzione? I neonati a Roma non sono il bestiame umano che diverranno con i cristiani che riempiranno la terra di lager chiamati "orfanotrofi" nei quali ammazzare i neonati dopo averli battezzati. Il neonato è importante perché è il futuro di una società che si costruisce e si trasforma, non la pecora del gregge del padrone. Per la cura dei neonati la dea Cunina fece grande Roma.

Agostino d'Ippona vede colo il suo Dio che macella gli uomini, uccide, distrugge e nel distruggere il mondo si pensa grande e potente. E' la distruzione, il terrore che qualifica il Dio che sta nella testa di Agostino di Ippona. Agostino d'Ippona di tutta la storia di Roma vede solo morte e distruzione perché non sa vedere gli uomini che hanno costruito, non sa vedere gli Dèi che esprimono le loro mani, non sa vedere la forza di un futuro voluto con passione e volontà da uomini circondati da Dèi.

La guerra che combatte Noduto rendendo gli steli del frumento forti e robusti, capaci di affrontare la grandine, è una guerra che Agostino d'Ippona non è in grado né di comprendere né di combattere. La comprende e la combatte il contadino che attende l'arrivo di Noduto nelle proprie messi.

Lo stesso discorso vale per la casa o, come afferma Agostino, per le porte della casa. Non c'è solo "una porta", c'è l'ingresso al personale regno delle singole persone. C'è l'ingresso al personale futuro delle singole persone.

Ci sono i cardini del presente costruiti con le azioni che si sono fatte nel passato e c'è un futuro incardinato nelle azioni di questo presente.

Cosa comprende Agostino dell'Antica Religione di Roma dal momento che non compre il significato di "essere un uomo o una donna che costruiscono e vivono" nella loro società? Agostino vive solo nell'attesa del suo salvatore, vive nell'attesa provvidenziale di un intervento salvifico del suo Dio, padrone della sua persona e della sua vita. Ma il padrone non arriva. Arrivano i vandali, cristiani come lui, che nell'attesa del loro salvatore, intanto, per provvedere al loro futuro distruggono Cartagine.

Marghera, 16 settembre 2017

 

Nota: Le citazioni di Agostino d'Ippona sono tratte da "Agostino – La città di Dio" a cura di Luigi Alici Editore Bompiani 2015

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Marghera, 16 settembre 2017

Claudio Simeoni

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Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.