Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) (1927 - -)

L'Enciclica Spe Salvi:
l'angoscia crea il bisogno di Dio

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185815

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume quattro

Tutte le pagine dell'Enciclica Spe Salvi

Ratzinger, che vive nella disperazione, ha bisogno di essere sorretto dalla speranza, altrimenti la disperazione lo travolge e allora non gli rimane che un salto dalla finestra fin sul selciato.

Gli uomini non hanno bisogno della disperazione che regga un'illusoria speranza, hanno bisogno dell'INTENTO!

Quell'INTENTO che si allontana dal loro orizzonte quando la disperazione della dipendenza e della sottomissione si cala nel loro cuore. Quando il padrone ruba il futuro agli Esseri Umani, li ha privati del loro INTENTO. Li ha privati della forza pulsionale che ha permesso loro di svilupparsi nella pancia della loro madre e di nascere come bambini dopo la morte del feto.

Gli Esseri Umani sono abbracciati dall'Universo durante le sue e le loro trasformazioni. Gli Esseri della Natura sono compresi nell'Universo; lo vivono; lo respirano; sono attraversati dalle stesse forze dell'Universo; sono collegati con tutti gli Esseri dell'Universo. Gli Esseri della Natura respirano l'Universo: SEMPRE! Quando alziamo gli occhi al cielo in una notte stellata; quando guardiamo con passione o con angoscia i fulmini in una tempesta; quando assistiamo ad un tramonto o ad un'alba dietro alle montagne o sopra un mare; si risveglia in noi un sentimento di nostalgia, un desiderio malinconico per qualche cosa che avrebbe potuto essere e non è stato, per qualche cosa che avremmo potuto, in quel momento, comprendere e non siamo in grado di comprendere. Rimpiangiamo facendo correre la memoria ad un "tempo che fù", ma non sappiamo perché!

Lo struggimento che attanaglia Ratzinger ora, vecchio, disperato e angosciato.

Così la sua follia lo conduce ad "un Dio dal volto umano" che lo ha amato fino alla fine; i tratti di quel volto sono quelli di Ratzinger che amava sé stesso in un delirio di onnipotenza!

Quando ci separiamo dal mondo tagliamo i legami con la vita, con tutto ciò che ha contribuito a generarci. Tronchiamo i legamenti fra gli Dèi dentro di noi e gli stessi Dèi nel mondo in cui viviamo e una parte di noi muore un po' alla volta. Quel morire dentro di noi che si somatizza fisicamente e psicologicamente manifestando lo struggimento, la nostalgia, per quello che avrebbe potuto essere e non siamo stati in grado, per le nostre scelte, di realizzare.

E' necessario partire da questo per riuscire a comprendere il trentunesimo paragrafo dell'enciclica Spe Salvi di Ratzinger. Ratzinger sta parlando di sé stesso. Sta parlando del suo turbamento emotivo mentre si guarda intorno smarrito.

Ratzinger è terrorizzato e smarrito. Allora si aggrappa all'unica cosa che per tutta la vita ha spacciato per sottomettere gli Esseri Umani. Nemmeno gli antichi greci credevano che gli Dèi avessero "un volto umano" pur rappresentandoli in forma umana e percependo di essi il loro lato umano. Semele stessa si brucia alla vista di Zeus per quello che è e non per quello che lei percepiva di Zeus. Ora Ratzinger è costretto a bere la stessa eroina, lo stesso oppio, che per tutta la sua vita ha imposto agli Esseri Umani: lui ha bisogno di credere che quanto spacciava fosse reale e non una truffa. Ratzinger è costretto, per placare l'angoscia, a iniettarsi l'eroina che spacciava. Prima fingeva, fingeva proclamando l'onnipotenza di un Dio padrone di cui lui ne faceva la volontà; ora è lui il Dio padrone e la sua volontà è quella del Dio padrone. E' l'eroina della credenza che induce sottomissione le cui doti prima Ratzinger millantava e ora si inietta in dosi massicce.

Dice Ratzinger:

"noi abbiamo bisogno delle speranze - più piccole o più grandi - che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l'universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l'essere gratificato di un dono fa parte della speranza."

La vita ha le sue regole. Non è proibito violarle, ma una volta violate si deve essere pronti a subirne le conseguenze. Ti puoi buttare da un aereo senza paracadute, ma poi subisci le conseguenze della caduta. Se desideri quelle conseguenze, ti butti dall'aereo. Ma se ti butti dall'aereo, quelle sono le conseguenze. E così è per le nostre scelte nella vita. Non tutte sono drammatiche o senza ritorno. Quasi sempre si può migliorare, tornare indietro e cambiare, ma per farlo è necessario acquisire esperienza che entra in ogni anfratto del nostro corpo e della nostra psiche. Bisogna vivere con passione. Gli individui che si pensano più furbi degli altri chiudono una parte della loro percezione alle conseguenze delle loro azioni. Così il delirio di onnipotenza di Ratzinger è montato un po' alla volta. E ogni volta che cresceva impediva a Ratzinger di prendersi nelle proprie mani la responsabilità della sua vita. Lui era irresponsabile; lui era il Dio padrone che giorno dopo giorno prendeva la forma che la sua psiche, bisognosa di riconoscimenti dell'onnipotenza, proiettava nella sua immaginazione.

Afrodite è potente nell'individuo quando è giovane. Eros si manifesta con tensioni specifiche e l'individuo lo veicola nelle sue azioni e nelle sue scelte. A mano a mano che il corpo cresce, si forma, deperisce e degenera, Eros deve essere veicolato in maniera diversa, ma sempre l'individuo manifesta Eros nel suo quotidiano. E quando l'individuo è anziano l'Eros, anche se continua a manifestarsi attraverso la sessualità delle persone, si manifesta essenzialmente nel pensiero astratto che RIELABORA in maniera magica le esperienze della vita. Solo che per rielaborare le esperienze della vita è necessario aver vissuto. Se hai vissuto soltanto per mettere in ginocchio le persone somatizzerai soltanto l'ideale della sottomissione. Da qui gran parte delle malattie mentali in età avanzata. Malattie che risolvono la loro elaborazione nella disperazione psicologica manifestata attraverso la speranza di una seconda possibilità sia come reincarnazione sia come un'altra vita oltre la morte fisica.

La gratificazione di una vita è data dall'aver vissuto. Ed è proprio per aver vissuto nella Natura, che la morte del corpo fisico si può trasformare in nascita del corpo luminoso. Separarsi da ciò che ha manifestato la vita crea solo angoscia e struggimento.

Afferma Ratzinger:

"Dio è il fondamento della speranza - non un qualsiasi Dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l'umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge."

Dio è manifestazione patologica dell'angoscia delle persone. Le persone psicologicamente disturbate trovano la giustificazione dei loro disturbi nella volontà di Dio o nella necessità di obbedire alla volontà del loro Dio. Il Dio dei cristiani non da speranza, illude le persone mantenendole nell'angoscia; giustificando l'angoscia; facendo persistere l'angoscia nella speranza di uscire dall'angoscia.

Il regno del Dio dei cristiani è nell'immaginario illusorio dei cristiani. Un immaginario che giustifica le loro attese chiudendo il loro futuro nella vita pratica. Un immaginario che giustifica le loro perversioni inumane. Un immaginario che hanno realizzato fin da quando l'Armenia divenne la prima nazione cristiana che fece dei massacri e del genocidio attività di evangelizzazione dell'umanità. Le stragi per l'evangelizzazione che hanno visto nella soluzione finale del nazismo in Germania e nel genocidio del Ruanda due momenti che hanno caratterizzato il XX secolo. Quanto era amato il Dio dei cristiani quando i cristiani giravano le chiavette del gas per spazzare via questi "perfidi giudei"; quanto era amato il Dio dei cristiani quando Seromba, dopo il macello dei Tutsi "avrebbe anche detto: "Levatemi di qui questa immondizia", riferendosi ai cadaveri dei civili massacrati". Quanto amore per dio! Si, il regno di del Dio dei cristiani era nel campo di sterminio nazista!

Dice Ratzinger:

"Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell'intimo aspettiamo: la vita che è "veramente" vita. Cerchiamo di concretizzare ulteriormente questa idea in un'ultima parte, rivolgendo la nostra attenzione ad alcuni "luoghi" di pratico apprendimento ed esercizio della speranza."

Ha ragione Ratzinger; c'era una grande sobrietà nei campi di sterminio nei quali il suo Dio trionfava. C'è una grande sobrietà nell'individuo che vive l'angoscia nei confronti del mondo. E' sobrio perché ha paura di tutto. Solo il suo Dio lo rassicura mentre aspetta la sua morte. L'intuizione le persone avrebbero dovuto dispiegarla nella loro quotidianità affrontando e risolvendo i problemi con la loro intelligenza e la loro intuizione, invece l'hanno rinchiusa dentro alla patologia della loro immaginazione che le ripara dall'angoscia nei confronti del mondo esterno.

A questo punto, come dice Ratzinger, non ci resta che volgere il nostro sguardo sui luoghi e sulle tecniche per privare gli Esseri Umani del loro futuro, impedire loro di aprirsi al mondo. Le tecniche "i luoghi" attraverso i quali si costruisce la disperazione che il cristiano gestisce a maggior gloria del suo Dio nella distruzione dell'uomo:

"Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, avendo la conoscenza del bene e del male: che non stenda ora la sua mano e non colga dall'albero della vita per mangiarne e viverne in eterno." Genesi 3, 22

Ratzinger è riuscito a materializzare dentro di sé il desiderio del suo dio.

Non ha colto dall'albero della vita, non ne ha mangiato, né potrà vivere in eterno completando la trasformazione che l'opportunità della sua vita gli ha presentato.

Marghera, 18 Marzo 2008

Scrive Ratzinger nel trentunesimo paragrafo dell'Enciclica Spe Salvi:

31. Ancora: noi abbiamo bisogno delle speranze - più piccole o più grandi - che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l'universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l'essere gratificato di un dono fa parte della speranza. Dio è il fondamento della speranza - non un qualsiasi Dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l'umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell'intimo aspettiamo: la vita che è "veramente" vita. Cerchiamo di concretizzare ulteriormente questa idea in un'ultima parte, rivolgendo la nostra attenzione ad alcuni "luoghi" di pratico apprendimento ed esercizio della speranza.

Marghera, 18 marzo 2008

NOTA: Quando scrissi questi testi non segnavo perfettamente l'indirizzo della citazione pertanto, ci sono delle citazioni delle quali non sono in grado di rintracciare la fonte, tuttavia, pur essendo parte integrante del testo, voglio indicarla come citazione nella speranza di rintracciarne un giorno la fonte e perché sia chiaro che quella è una citazione di un altro autore.

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

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