Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) (1927 - -)

L'Enciclica Spe Salvi:
ricostruire la città di Dio come bisogno di salvezza

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185815

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume quattro

Tutte le pagine dell'Enciclica Spe Salvi

L'argomento del ventottesimo paragrafo dell'Enciclica Spe Salvi è il tentativo di Ratzinger di dimostrare che la distruzione della società civile deve essere totale. Non basta la distruzione dell'individuo, del singolo individuo, che legandosi patologicamente col Dio padrone si immagina nelle sue grazie. E' necessario distruggere la società civile per ridurla nelle grazie del Dio padrone. Solo in questo modo la fede, per Ratzinger è completa.

Afferma Ratzinger:

"Ma ora sorge la domanda: in questo modo non siamo forse ricascati nuovamente nell'individualismo della salvezza? Nella speranza solo per me, che poi, appunto, non è una speranza vera, perché dimentica e trascura gli altri? No. Il rapporto con Dio si stabilisce attraverso la comunione con Gesù - da soli e con le sole nostre possibilità non ci arriviamo. La relazione con Gesù, però, è una relazione con Colui che ha dato se stesso in riscatto per tutti noi (cfr 1 Tm 2,6). L'essere in comunione con Gesù Cristo ci coinvolge nel suo essere "per tutti", ne fa il nostro modo di essere. Egli ci impegna per gli altri, ma solo nella comunione con Lui diventa possibile esserci veramente per gli altri, per l'insieme."

In questo "L'essere in comunione con Gesù Cristo ci coinvolge nel suo essere "per tutti", ne fa il nostro modo di essere." E' una vera e propria dichiarazione di guerra alla società civile. L'imposizione di quell'assolutismo religioso che non ammette la presenza di nessun relativismo che salvaguardi la scelta del singolo individuo: GESU' VA IMPOSTO A TUTTI!

Si tratta degli ordini del Dio dei cristiani di uccidere chiunque non si adegui alla propria morale.

Uccidere chiunque non lo adori come unico e vero dio.

Uccidere chiunque non faccia sesso come il Dio dei cristiani e il cristo Gesù (o l'impotente Paolo di Tarso) vuole.

Far ammalare la società civile aggredendo chiunque non si conformi al "Il rapporto con Dio si stabilisce attraverso la comunione con Gesù". Da soli gli Esseri Umani non arrivano al Dio dei cristiani, lo reputano un criminale. E' necessario costringere gli Esseri Umani alla sofferenza per indurli alla fede nella speranza del suo padrone. Non esiste, per il cristiano, una morte in solitudine. Per il cristiano il "muoia Sansone con tutti i Filistei" è l'apoteosi comunitaria della fede.

Gli altri non chiedono a Ratzinger o ai missionari cristiani che stanno devastando Africa ed Asia, di impegnarsi per loro. Ma i missionari cristiani, incapaci ed impotenti a vivere nel loro paese, hanno bisogno di saccheggiare ogni altro paese, debole e indifeso, per impedirgli di uscire dalla miseria e imporgli il proprio cristo Gesù attraverso la disperazione sociale.

Cosa c'è di più disperato di una donna che vuole abortire e i cristiani condannano al carcere a vita; alla dipendenza a vita ad un sacrificio atroce di negazione di sé stessa per punirla di un rapporto amoroso in nome della visione atroce qual è la vagina della loro madonna?

Il fatto che Ratzinger "creda" (concedendogli in ipotesi una "buona fede") che: "La relazione con Gesù, però, è una relazione con Colui che ha dato se stesso in riscatto per tutti noi" è un fatto che non si può permettere di imporre con la violenza, come sta facendo in tutto il mondo, ma si DEVE pretendere che nel momento in cui tale affermazione esce dall'"individualismo della salvezza" venga dimostrato e non affermato.

Lo pretende la società civile!

E il fatto stesso che Ratzinger all'Università La Sapienza di Roma sia scappato per paura di svelare la vergogna del suo Dio, non depone certo a suo favore. Ratzinger è scappato perché, senza i ferri roventi, i roghi o il supporto del ricatto mafioso, la sua dottrina si dimostra per ciò che è: un delirio di esaltazione da sindrome da onnipotenza.

I cristiani giustificano nella pratica la loro attività di terrorismo col pretesto della "salvezza". Una "salvezza" che impongono attraverso la costruzione della miseria, il terrore e il genocidio.

Proviamo a leggerci, un po' più estesa la citazione fatta da Ratzinger:

"E' cosa buona, questa, e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità. Non vi è, infatti, che un Dio solo e un solo mediatore fra Dio e gli uomini, cristo Gesù, che diede sé stesso in riscatto per tutti. Questa è la testimonianza resa a suo tempo, per la quale io sono stato costituito banditore e apostolo - dico il vero, non mento - e maestro dei Gentili nella fede e nella verità." Timoteo 2, 3-7

La menzogna di Paolo di Tarso è talmente palese e ridicole le sue affermazioni che ha necessità di dire che non mente. "Davvero, sapete, non vi sto proprio mentendo!". Affermazioni senza dimostrazione che richiedono adesione psicologica ad un'idea di disperazione: considerare la propria vita un fallimento dal quale si chiede di essere redenti! Il fine della vita spostato fuori dalla vita. Scopo della vita non è vivere, ma il fine del vivere. Scopo del viaggio non è il viaggio, ma la meta preconfezionata da un soggetto esterno che determina tempi, modi e mete del viaggio: il destino! Un destino al quale fallisci. Devi fallire. E proprio perché fallisci sicuramente necessiti di un salvatore. Fallire tutti insieme; fallire tutta la comunità degli Esseri Umani. Solo così può esserci un "salvatore" comune per tutti i falliti.

All'interno di questo progetto è necessario che la vita non sia piacere, non sia felicità, non sia godimento, ma sofferenza e dolore. Consapevolezza del proprio fallimento!

Dice Ratzinger:

"Vorrei, in questo contesto, citare il grande dottore greco della Chiesa, san Massimo il Confessore ( 662), il quale dapprima esorta a non anteporre nulla alla conoscenza ed all'amore di Dio, ma poi arriva subito ad applicazioni molto pratiche: "Chi ama Dio non può riservare il denaro per sé. Lo distribuisce in modo 'divino' [...] nello stesso modo secondo la misura della giustizia". Dall'amore verso Dio consegue la partecipazione alla giustizia e alla bontà di Dio verso gli altri; amare Dio richiede la libertà interiore di fronte ad ogni possesso e a tutte le cose materiali: l'amore di Dio si rivela nella responsabilità per l'altro."

E qui veniamo all'obbiettivo di Ratzinger: la distruzione del benessere sociale.

E' un motivo ricorrente nei vangeli. Chi vive nel benessere materiale ha una parte dei bisogni soddisfatti e non può essere costretto in ginocchio a pregare farneticando di una speranza di salvezza.

Disperdere le ricchezze, anziché usarle per costruire il benessere sociale, è sempre stata la strategia del cristianesimo verso ogni società civile. Il cristianesimo riserva a sé, Dio, le ricchezze, ma deve toglierlo alle società civili. A tutte le società civili e impone alle persone schiavitù. La ricchezza che la schiavitù produce viene rubata dai cristiani che distribuiscono il minimo per la sopravvivenza sotto forma di carità. Quella carità è sinonimo di amore. In pratica, dice il cristiano: "Io ti derubo di tutto quello che tu hai, ma dal momento che ti amo ti permetto di sopravvivere anche domani, così posso continuare a rubarti quello che tu produci. Ma se tu non sei riconoscente del mio amore e non ti lasci derubare, la mia ira si abbatterà feroce su di te!".

Così troviamo nel cristianesimo esempi di persone che abbandonano le ricchezze per favorire il piano di distruzione delle società degli uomini. Questi esempi vengono esaltati non solo quando queste persone distruggono le loro "ricchezze" rispondendo a bisogni psichici impellenti, ma anche quando vanno a distruggere le ricchezze di altri popoli, come i missionari cristiani. Distruggono le loro ricchezze, il loro benessere e li costringono a popolare e abitare le bidonville delle città. Come la Teresa di Calcutta i cui "ospedali" erano dei lager e quando lei necessità di cure preferì andare in un ospedale USA.

Se il povero, l'indigente, può essere ossessionato dalla necessità di benessere economico e aspira alla ricchezza; l'operaio salariato delle economie occidentali sogna di riappropriarsi del suo tempo; il ricco sogna quel benessere psicologico che il denaro non può comperare. Qualunque sia la collocazione economica dell'uomo le sue pulsioni costruiscono sempre uno stato di insoddisfazione costringendolo a modificare il suo stato. Le pulsioni sono il motore della vita che non accetta nessun momento di staticità. In questo stato l'uomo può essere aperto al futuro o chiuso al futuro. Può chiudersi su sé stesso o aprirsi al futuro della vita. Può chiudersi nell'illusione psicologica della forma che lo avvolge o può continuare ad essere il viaggiatore nella propria vita. Solo che la forma che avvolge l'individuo è intessuta col dolore di altre persone, non solo per quello che lui fa per tessere quella forma, ma anche per quello che non fa e che il mondo in cui vive avrebbe voluto che facesse.

Che ci piaccia o meno, noi facciamo parte del mondo in cui viviamo e dobbiamo vivere in esso.

Solo vivendo in esso noi esistiamo. Il cristiano vive nel mondo per sottometterlo alla sua pulsione di morte. Il cristiano vive nel mondo per sottometterlo al suo Dio. Il cristiano vive nel mondo per stuprarlo e costringerlo a sottomettersi alla verità assoluta rivelata dal suo salvatore. Il cristiano deve costruire la miseria e la disperazione nel mondo affinché il mondo aneli ad essere salvato.

Le forze della vita si aprono al futuro. E' Eros primordiale, il Fanete, che emerge dall'uomo primigenio del tempo che spinge ogni essere ad abbattere ogni ostacolo che impedisce il suo sviluppo. Come l'universo si dilata, così il singolo Essere della Natura, ad imitazione di Urano Stellato tende a dilatarsi nell'insieme in cui è germinato. Sia che il cristiano intenda distruggere la società civile sia che il Pagano intenda alimentare il benessere sociale e l'apertura verso il futuro, devono agire fra gli uomini e fra gli uomini devono costruire le loro sfide d'esistenza.

Come lo schiavista non si può separare dagli schiavi, così chi viene spinto dalla libertà non può che collettivizzare tale bisogno ed espanderlo nella società civile. O la società civile sarà una società di schiavi sottomessi a Ratzinger e al suo Dio padrone, o la società civile sarò una società di cittadini che costruiscono il loro divenire nel benessere sociale. O Ratzinger sarà ricco e tutti i cittadini poveri; o la società vivrà nel benessere evitando di sottomettersi ad un padrone.

Quando Ratzinger dice:

"Dio richiede la libertà interiore di fronte ad ogni possesso e a tutte le cose materiali".

Non lo sta dicendo né a sé stesso, né lo dice al suo Dio padrone. Come Dio padrone lui possiede tutte le cose, comprese le cose materiali e, secondo Ratzinger, possedere le cose materiali significa considerarsi uguali a Dio. Uguali a lui come dio.

Per questo motivo le persone devono essere in miseria. Non devono anelare a vivere, né devono attendere al loro benessere per continuare a vivere in una società felice. Altrimenti, come possono amare il suo Dio di odio e di perversione che deve costringere le persone a considerare sé stesse talmente miserabili da dover essere salvate?

Tutta la psicologia, oggi come oggi, agisce affinché le persone abbiano STIMA IN SE' STESSE. Abbiano cioè quella capacità di stimare le proprie capacità di agire nella vita. Cosa assolutamente ignobile per il cristiano che vuole che le persone siano in ginocchio davanti al suo Dio padrone, disperate e speranzose di essere salvate.

Dice Ratzinger:

"La stessa connessione tra amore di Dio e responsabilità per gli uomini possiamo osservare in modo toccante nella vita di sant'Agostino. Dopo la sua conversione alla fede cristiana egli, insieme con alcuni amici di idee affini, voleva condurre una vita che fosse dedicata totalmente alla parola di Dio e alle cose eterne. Intendeva realizzare con valori cristiani l'ideale della vita contemplativa espressa dalla grande filosofia greca, scegliendo in questo modo "la parte migliore" (cfr Lc 10,42). Ma le cose andarono diversamente. Mentre partecipava alla Messa domenicale nella città portuale di Ippona, fu dal Vescovo chiamato fuori dalla folla e costretto a lasciarsi ordinare per l'esercizio del ministero sacerdotale in quella città. Guardando retrospettivamente a quell'ora egli scrive nelle sue Confessioni: "Atterrito dai miei peccati e dalla mole della mia miseria, avevo ventilato in cuor mio e meditato la fuga nella solitudine. Ma tu me l'hai impedito e mi hai confortato con la tua parola: "Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto per tutti" (cfr 2 Cor 5,15)". Cristo è morto per tutti. Vivere per Lui significa lasciarsi coinvolgere nel suo "essere per"."

Si tratta di quel delirio da onnipotenza psicologico con cui Agostino legittima la sua necessità di aggredire e distruggere i sistemi sociali umani. Che Agostino di Ippona considerasse sé stesso una "merda umana" è affare suo. Come ogni cristiano, ammalato di sensi di colpa si batte il petto considerandosi una "merda umana" al cospetto del suo padrone.

Dove sta la responsabilità degli uomini? La responsabilità consiste nel rispondere all'amore di Dio. L'uomo non esiste, è una "merda" e cessa di essere tale solo in presenza del Dio padrone di Ratzinger. E' l'odio dei cristiani per gli Esseri Umani. Il disprezzo dei cristiani per gli Esseri Umani, che onora il loro Dio padrone.

In Agostino troviamo il delirio di chi si ritiene il Dio padrone, in diritto di macellare tutti quelli che non si mettono in ginocchio davanti a lui. Agostino, un maniaco incapace di argomentare, doveva perseguire militarmente coloro che ne mettevano in discussione le sue tesi. La vicenda di Pelagio è chiarificatrice. Agostino era il Dio padrone e tutti dovevano mettersi in ginocchio davanti a lui:

"Agostino vedeva in Pelagio e Celestio dei "palloni gonfiati" ed esultava perché erano stati "fatti a pezzi". Lodava la soppressione della libertà di parola e gli "imperatori cristiani" perché "hanno inflitto, come loro dovere, a questa gente le giuste pene". "Essi devono venire illuminati, e ciò risulterà tanto più facile, a mio avviso, se i maestri della verità verranno aiutati nella loro missione dal timore della severità". La vecchia solfa di Agostino!" Storia criminale del cristianesimo pag. 427 vol. 1

Agostino si è fatto cristiano per avere uno strumento con cui colpevolizzare e criminalizzare le persone. Questo soddisfaceva molto la sua psiche ammalata di dominio:

"A. Adler vede nell'aspirazione alla dominanza "il modo più diffuso con cui si tenta di nascondere un senso di inferiorità, nato nella prima infanzia, attraverso la costruzione di una sovrastruttura psichica compensatoria che tenta, nel modus vivendi nervoso, di riacquistare nella vita la superiorità e un punto d'appoggio con disposizioni e sicurezze bell'è pronte e in pieno esercizio." (1920, P.37)" Dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti

Agostino anelava a macellare le persone. L'opposizione alla grazia di Pelagio ne è un esempio. Le persone, dice Agostino, possono entrare nella grazia del mio Dio padrone soltanto se si mettono in ginocchio davanti a me. Queste affermazioni aggredivano la teoria di Pelagio secondo cui bastava comportarsi bene per essere nella grazia del Dio cristiano. Mi sembra che Ratzinger, abolendo il limbo, abbia dato ragione a Pelagio e torto ad Agostino. Agostino era un mediocre pensatore e un violento. Un esempio di come deve essere un cristiano cattolico.

E' la voglia di dominio che fa scrivere ad Agostino:

"Ripudiamo, dunque, coloro che filosofeggiano senza religione, o che, senza buona filosofia, trattano le cose sacre, e quelli che per empia opinione o per privato rancore si allontanano, superbi, dalla rettitudine e dalla comunione della chiesa cattolica; ripudiando anche quelli, da me accennati, cioè i Giudei, i quali non vollero ricevere il lume delle sacre scritture né la grazia del nuovo popolo spirituale, che è chiamata nuovo testamento; noi dobbiamo aderire tenacemente alla religione cristiana e alla comunione della sua chiesa che è universale; perciò è detta cattolica non soltanto dai suoi fedeli, ma altresì da' suoi nemici. Anche gli stessi eretici e gli scismatici, volenti o nolenti, quando parlano tra di loro ma con estranei, sono soliti chiamare cattolica la sola chiesa che è cattolica." Agostino d'Ippona "La vera religione"

Si tratta di arroganza prodotta dall'onnipotenza. La stessa che tenta di far passare come "ragione" la superstizione nella credenza di un Dio creatore e padrone dell'universo.

Non fu Agostino ad essere scelto, ma Agostino mise in atto quella strategia per far del male alle persone dopo aver fallito avendo tentato di far del male alle persone con un'altra religione cristiana.

E' vero, Agostino era un grande malfattore. I cristiani chiamano le sue malefatte "peccati". E i sensi di colpa erano una copertura per continuare a far del male ad altre persone accusandole di "peccati" che stavano solo nella sua immaginazione di Dio padrone.

Per il fatto che "Cristo è morto per tutti" senza chiedere il permesso a nessuno, Agostino si sente in dovere di torturare e vessare le persone che non si mettono in ginocchio davanti al suo Gesù. Così i missionari cristiani in Africa hanno fatto 300.000.000 di morti e distrutto decine di società civili e ricche perché volevano che le persone si mettessero in ginocchio davanti al loro Gesù. La necessità di distruggere per riaffermare la speranza cristiana.

La logica di Ratzinger è quanto di più inumano la società civile abbia visto manifestarsi in questi giorni!

Marghera, 13 Marzo 2008

Scrive Ratzinger nel ventottesimo paragrafo dell'Enciclica Spe Salvi:

28. Ma ora sorge la domanda: in questo modo non siamo forse ricascati nuovamente nell'individualismo della salvezza? Nella speranza solo per me, che poi, appunto, non è una speranza vera, perché dimentica e trascura gli altri? No. Il rapporto con Dio si stabilisce attraverso la comunione con Gesù - da soli e con le sole nostre possibilità non ci arriviamo. La relazione con Gesù, però, è una relazione con Colui che ha dato se stesso in riscatto per tutti noi (cfr 1 Tm 2,6). L'essere in comunione con Gesù Cristo ci coinvolge nel suo essere "per tutti", ne fa il nostro modo di essere. Egli ci impegna per gli altri, ma solo nella comunione con Lui diventa possibile esserci veramente per gli altri, per l'insieme. Vorrei, in questo contesto, citare il grande dottore greco della Chiesa, san Massimo il Confessore ( 662), il quale dapprima esorta a non anteporre nulla alla conoscenza ed all'amore di Dio, ma poi arriva subito ad applicazioni molto pratiche: "Chi ama Dio non può riservare il denaro per sé. Lo distribuisce in modo 'divino' [...] nello stesso modo secondo la misura della giustizia". Dall'amore verso Dio consegue la partecipazione alla giustizia e alla bontà di Dio verso gli altri; amare Dio richiede la libertà interiore di fronte ad ogni possesso e a tutte le cose materiali: l'amore di Dio si rivela nella responsabilità per l'altro. La stessa connessione tra amore di Dio e responsabilità per gli uomini possiamo osservare in modo toccante nella vita di sant'Agostino. Dopo la sua conversione alla fede cristiana egli, insieme con alcuni amici di idee affini, voleva condurre una vita che fosse dedicata totalmente alla parola di Dio e alle cose eterne. Intendeva realizzare con valori cristiani l'ideale della vita contemplativa espressa dalla grande filosofia greca, scegliendo in questo modo "la parte migliore" (cfr Lc 10,42). Ma le cose andarono diversamente. Mentre partecipava alla Messa domenicale nella città portuale di Ippona, fu dal Vescovo chiamato fuori dalla folla e costretto a lasciarsi ordinare per l'esercizio del ministero sacerdotale in quella città. Guardando retrospettivamente a quell'ora egli scrive nelle sue Confessioni: "Atterrito dai miei peccati e dalla mole della mia miseria, avevo ventilato in cuor mio e meditato la fuga nella solitudine. Ma tu me l'hai impedito e mi hai confortato con la tua parola: "Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto per tutti" (cfr 2 Cor 5,15)". Cristo è morto per tutti. Vivere per Lui significa lasciarsi coinvolgere nel suo "essere per".

Marghera, 13 marzo 2008

NOTA: Quando scrissi questi testi non segnavo perfettamente l'indirizzo della citazione pertanto, ci sono delle citazioni delle quali non sono in grado di rintracciare la fonte, tuttavia, pur essendo parte integrante del testo, voglio indicarla come citazione nella speranza di rintracciarne un giorno la fonte e perché sia chiaro che quella è una citazione di un altro autore.

 

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