Soren Aabye Kierkegaard (1813 – 1855)

Dalla negazione della necessita' d'esistenza all'esaltazione della scelta nelle possibilita' offerte da dio (2^ parte)

Riflessioni sulle idee di Kierkegaard.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

La filosofia della Religione Pagana.

Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):

1) Poiché l'unica realtà è il singolo individuo, non vi può essere in essa un processo razionale necessario che concili gli opposti in una sintesi superiore.

2) Gli opposti non sono unificabili, ma sono alternative che si escludono a vicenda: nella realtà, in altri termini, si ha un complesso infinito di possibilità.

3) La categoria dell'esistente, perciò, non è la necessità ma la possibilità tra due alternative diverse; e la possibilità comporta il "rischio della scelta", in quanto la libertà consiste nella Coscienza della possibilità.

4) Questa possibilità può essere positiva o negativa, anche possibilità del nulla. Esistere significa trovarsi al limite tra l'essere e il non essere.

Qualunque processo si realizzi nel singolo individuo o attraverso il singolo individuo è sempre un processo razionale, anche se non rientra nel pensato della ragione. E' razionale in quanto segue necessariamente una logica di svolgimento obbedendo a bisogni e necessità. La soluzione degli opposti si ha nel divenire dell'Essere stesso. Nel suo continuo modificarsi attraverso le sue stesse scelte o attraverso le scelte dell'oggettività nei suoi confronti.

Stabilito che l'individuo non è un Essere creato da un dio pazzo, ma è il divenuto di una serie di trasformazioni e che, attraverso le sue scelte egli fonda (o subisce) la trasformazione di sé stesso, la necessità del suo adattamento è la necessità all'interno della quale avvengono le sue scelte. L'individuo si trasforma in base alla propria necessità di trasformazione. La necessità di trasformazione è nell'individuo ed è parte integrante dell'individuo senza la quale l'individuo stesso non ha divenire.

Gli opposti vengono conciliati SEMPRE in una sintesi che modifica gli “opposti” che sono venuti in relazione. Questa modifica è la sintesi superiore che Kierkegaard nega in quanto la sua presenza mette in discussione la staticità del dio creatore.

La necessità è la scelta, le possibilità entro le quali scegliere appartengono alla volontà e all’arbitrio del soggetto. Senza la spinta psichica della necessità che spinge per agire modificando il presente esprimendo dei bisogni, la vita non esisterebbe. Questa è la scelta di necessità che appartiene alla vita. Cosa estranea al campo religioso cristiano in cui la pecora del gregge può scegliere fra la possibilità di stare nel gregge ingraziandosi il pastore o evadere dal gregge subendo l’ira del pastore divino.

E' come se io potessi scegliere di crescere come un essere della specie formica. Mi manca la base soggettiva e la struttura fisica per essere un essere della specie formica. Non posso scegliere di trasformarmi come Essere Formica, devo obbedire necessariamente alla necessità di trasformarmi all'interno della mia specifica struttura che è il mio divenuto di specie e base sulla quale fondare il mio divenire.

All'interno di questa necessità io posso effettuare delle scelte. Spesso le scelte sono obbligate e comunque il mio scegliere risponde sempre alla mia necessità. Obbedendo alla necessità di mangiare posso scegliere cosa mangiare (spesso la maggior parte degli Esseri Umani non lo può fare), ma non posso scegliere se mangiare o non mangiare in funzione del mio divenire, a meno che non decida che il mio divenire è il nulla in quanto sono stato sconfitto sul mio cammino. Allora pratico l'auto annientamento. Ma come Essere della Natura devo obbedire alla necessità, io posso scegliere il modo col quale obbedire alla necessità, ma non posso uscire dalla necessità. Ogni volta che scelgo una cosa escludo una serie di scelte possibili. Quella scelta mi costruisce e costruisce la direzione nella quale provo a sviluppare il mio divenire. All'interno del ventaglio di scelte che mi si presentano la mia scelta esclude tutte le altre, dunque le possibilità offerte non erano unificabili, a meno che nella mia scelta non abbia costruito una sintesi, ma anche questa è una scelta che esclude tutte le altre.

Kierkegaard vuole saltare la fase della necessità perché quella fase lo disturba, lo costringe a pensare; egli preferisce considerarsi creato da un dio perfetto senza subire nessuna necessità (neanche quelle socialmente imposte). Preferisce scegliere fra le opzioni dell'esistente conservando egli stesso il libero arbitrio nella scelta. E' necessario chiedersi: se egli dovesse operare una scelta nei confronti del cibo sceglierebbe di mangiare vermi? Esistono delle scelte possibili già escluse a priori nel momento in cui si affronta la necessità della soddisfazione di un bisogno? Se così è allora le scelte non sono una scelta soltanto razionale dell'individuo, ma sono anche, e soprattutto, una scelta del condizionamento educazionale cui l'individuo è stato sottoposto. L'Essere Umano, che si considera creato da un dio assassino si considera portatore di diritti di assassinare uguale a lui, e teme di dover affrontare le spinte psichiche di necessità in quanto, assumersi tali responsabilità implica l’abbandono della sottomissione a dio e, dunque, la rinuncia al suo “amore”. La necessità implica perseguire scelte che soddisfano la trasformazione dell’individuo e tali trasformazioni mettono in discussione la perfezione della creazione del dio padrone.

La scelta nelle possibilità comporta il rischio di dispersione di energie, comporta il rischio dell'errore, ma se la scelta nelle possibilità avviene all'interno dell'obbedienza alla necessità come spinta alla base della vita, dell’individuo desiderante, il pericolo all'interno della scelta diminuisce in quanto ogni scelta porta ad un guadagno psico-fisico-emotivo dell’individuo che sceglie. Egli ha agito. Ha agito per sé stesso e in funzione di sé stesso. Sé l'Essere Umano nega l'esistenza della necessità come elemento costitutivo di sé stesso in quanto egli nega di esistere per necessità, ma esiste per il gioco di un dio scemo e cretino che dall’alto dei cieli pensa a lui, allora le sue scelte non saranno in obbedienza alla Necessità, ma in obbedienza ai dettami del dio scemo. Pertanto, saranno scelte autodistruttive nei confronti del proprio divenire. Aumenteranno il potere del dio scemo, ma non quello dell’individuo nel suo abitare e vivere nel mondo.

Esistere significa avere una possibilità attraverso la quale fondare il proprio futuro di Esseri Eterni; solo da questo punto di vista è accettabile l'affermazione secondo cui esistere significa trovarsi al limite fra l'essere e il non essere. Bruciare la possibilità di diventare eterni è bruciare la possibilità di Essere uno con l'universo: significa sprecare la possibilità. Distruggere la propria eternità implica rinunciare alla vita e sottomettersi all’idea di un dio pazzo e cretino che afferma di essere il padrone dell’universo in quanto creatore dello stesso.

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

vai indice del sito

Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano.

Vai all'indice della Filosofia Aperta

Marghera, 11 luglio 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.