Antonio Rosmini Serbati (1797 - 1855)

L'Essere Reale:
l'idea innata come manifestazione di Dio

Meccanismi ed effetti della manipolazione mentale cristiana

Riflessioni sulle idee di Rosmini.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185785

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

La questione fondamentale nell'opera di Rosmini è la giustificazione del Dio padrone come fondamento ideologico e legittimazione dell'attività della chiesa cattolica. Rosmini non entra nella qualità del Dio padrone, ma intende dimostrarne la necessità e il suo fondamento nel pensiero umano.

Per capire razionalmente lo stridere fra realtà immaginata e realtà vissuta nel pensiero di Rosmini e, in generale, in tutta quella filosofia che mette al centro del proprio pensiero l'idea del Dio creatore, si è dovuto aspettare l'analisi sul campo della psicologia infantile. L'idea del Dio creatore come idea innata è difficile da confutare se non si ragiona sull'insieme sociale che generalizzando tale idea la rende appetibile al nuovo nato nei suoi processi di adattamento per essere accettato come membro della società.

In particolare il prof. Vianello dell'Università di Padova ha svolto un'indagine approfondita sul campo relativa alla religiosità infantile. Esistono due condizioni psichiche nell'infanzia che vengono a coincidere. Da un lato la necessità da parte del neonato di agganciare la propria sopravvivenza alle persone che gli stanno attorno (atto che Lorenz ha dimostrato presente negli animali come nelle anatre) e dall'altro soggettivare le categorie razionali della dipendenza in cui la figura genitoriale viene identificata col Dio padrone. Il Dio padrone legittima la figura genitoriale apparendo all'infante come una garanzia che il legame parentale agganciato per la propria sopravvivenza funziona in quanto lui e il genitore sono uguali in ginocchio davanti a quell'idea di genitore assoluto: la sottomissione al Dio padrone appare al neonato il modello di uguaglianza al quale può ricorrere per avere giustizia, sia pur desiderata, fra sé e i propri genitori.

Non un'idea innata, ma un'idea necessaria per la sopravvivenza familiare e sociale dell'individuo. Un'idea alla quale agganciare le proprie emozioni dovuto al vuoto familiare e sociale in cui le emozioni dell'infanzia sono abbandonate. In una società cristiana i genitori sono estranei alle emozioni del bambino. Non le capiscono.

Una società che non comunica emotivamente col neonato, ma che deve piegare il neonato, il bambino, nella prima infanzia, ad una veicolazione emotiva obbligatoria mediante una violenza che impone gli "oggetti necessari" sui quali il bambino DEVE fare affidamento per lenire il dolore dell'incomprensione che il costante e veloce mutamento e trasformazione della sua struttura psicofisica ingenerano, è una società che fa dell'imposizione della malattia psichiatrica il fondamento di ciò che chiama "educazione". I lavori del 1974 di Renzo Vianello dell'università di Padova, le cui ricerche furono pubblicate nel 1976 in "La religiosità infantile", dimostrano i gradi di acquisizione psicologica e di trasformazione di quella che Rosmini chiama "idea innata del Dio padrone". Aspetti confermati da Robert Coles in "La vita spirituale dei bambini" (2013) in cui accetta la forma ma non coglie la malattia mentale indotta dall'educazione e dalle condizioni di vita del bambino.

Scrive Robert Coles:

Sophia, dodici anni, figlia di una cameriera che viveva a poche miglia da New Orleans, seguì il consiglio della madre e rappresentò Gesù come nero. Mi disse che era Dio, che era nero, e che lei era certa che «i bianchi», un giorno o l'altro, avrebbero scoperto quella verità, anche se forse non prima che Lui tornasse qui sulla Terra, e allora «avrebbero visto tutti quanti». Chiesi a Sophia la fonte di quella informazione, di quella certezza. Rispose immediatamente: «Il nostro pastore lo sa». Volevo conoscere di più ma non dissi nulla per alcuni secondi, anche se ero convinto, dallo sguardo franco di Sophia verso di me, e dal suo sorriso appena accennato, che si rendeva pienamente conto del mio stato d'animo. Infine, le domandai se si era mai chiesta come potesse saperlo il pastore. A quel punto, il suo viso si aprì a un sorriso pieno e gli occhi le si illuminarono, preludio all' ardore della sua voce nel parlarmi: «Un giorno, il Signore verrà quaggiù, noi Lo vedremo e Lui parlerà alla gente. Lui era povero come noi, e ci parlerà. Ha parlato a Martin Luther King, che il nostro pastore ha conosciuto. Mia mamma e mio papà, prima di diventare grandi, sono andati a vedere Martin Luther King, e ricordano quando ha parlato; c'era anche il nostro pastore. E c'era anche Dio, che veniva a vederci. La domenica, a volte, presta attenzione a chi lo prega con vero fervore. Parla attraverso noi, e lo si può vedere se si lasciano gli occhi liberi di aspettare e guardare finché Lui non arriva».

Sophia mi aveva parlato delle lunghe ore che trascorreva in chiesa, la domenica. Ci andava tutte le settimane, nello stesso banco, in mezzo ai suoi numerosi familiari e parenti. Lei stessa, da piccola, lo aveva visto: "Non andavo ancora a scuola, mi pare. Ero là [in chiesa] con i miei genitori e con i parenti, e mia madre si è messa a gridare che Lo aveva visto, il Signore, e allora Lo vidi anch'io. Aveva una lunga veste nera, e potevo vedere solo il Suo viso, un viso grandissimo, e diceva qualcosa: era una cosa importante, ma io non riuscivo a distinguere le parole. Aveva occhi grandi, i più grandi che io abbia mai visto, e una grandissima fronte, con un sacco di rughe, e poi i capelli, alcuni bianchi e altri normali, cioè non bianchi. Stava parlando, quindi aveva la bocca aperta, ma non ricordo altro di Lui, eccetto che non guardava verso di noi: stava fissando qualcosa, ma non noi. Dio non guarda la gente, non credo. Ti scruta dentro, ma non in faccia, non credo. Forse guarda al di sopra di tutti noi, ma non ci guarda negli occhi".

Avevo sentito i genitori di Sophia parlare di Dio e sapevo che alcune delle loro idee e convinzioni avevano influenzato l'immaginazione della figlia. L'atteggiamento severamente attento eppure austero e distante del suo Dio l'aiutava, come aiutava i suoi genitori, a comprendere la vita dei poveri negri di New Orleans. «Dio sta lassù a guardarci ogni secondo», mi disse un mattino, e commentò: «Poi farà i conti, per ogni ruga sulla sua fronte, dopo farà qualcosa». Finalmente mi aveva spiegato la ragione di quella fronte evidente e solcata dalle tante rughe che attribuiva al suo Dio dalla pelle scura.

Tratto da: "La vita spirituale dei bambini" Robert Coles editore Castelvecchi 2013 pag. 83-84

Affermare che l'idea di Dio e di Gesù sia un'idea innata e non un'idea necessaria alla sopravvivenza sociale della bambina, significa non riconoscere la malattia da dipendenza e la disperazione sociale imposta ai nuovi nati da una società profondamente malata di morte e di disperazione.

Una disperazione ben conosciuta da Rosmini perché è lui uno degli artefici che la impone con la violenza sull'infanzia; è lui che vigliaccamente vuole legittimarla per legittimare il dolore sociale.

Scrive Rosmini:

L'idea dell'essere è innata all'intelletto e lo costituisce nel suo potere conoscitivo.

Resta adunque a spiegarsi onde proceda l'idea dell'essere universale, che è la sola idea indeterminata; data la quale allo spirito umano, non incontra più alcuna difficoltà la spiegazione di tutte le altre idee, perché, come abbiamo veduto, esse non sono altro che questa stessa idea dell'essere, che lo spirito umano veste di determinazioni in occasione delle sensazioni e in qualunque de' sentimenti che sperimenta.

E per giungere alla spiegazione di tale quesito conviene prima di tutto mettersi davanti all'animo que' corollari che dalle cose esposte discendono, i quali sono.

1°) L'idea dell'essere in universale è anteriore a tutte le altre, perché le altre idee non sono che la determinazione di lei, e il determinare una cosa presuppone che sia già la cosa da determinarsi.
2°) Questa idea non può venire dalla sensazione o da' sentimenti, non solo perché le sensazioni sono reali, particolari e con- tingenti, quando quell'idea porge allo spirito la notizia dell'ente possibile, universale e necessario nella sua possibilità; ma ben anche perché le sensazioni e i sentimenti non somministrano allo spirito altro che le determinazioni dell'idea dell'essere, le quali la limitano e la restringono.
3°) Ella non può venire né pure dalle operazioni dello spirito umano, quali sono l'universalizzazione e l'astrazione; perocché queste operazioni altro non fanno che aggiungere determinazioni a quell'idea, togliere dopo aggiunto, e ciò in occasione delle sensazioni e de' sentimenti.
4°) Queste operazioni dell'intendimento umano non sono possibili se non presupposta l'idea dell'essere, che è il mezzo, l'istrumento, la condizione del medesimo.

Citazioni tratte da:

"Breve schizzo dei sistemi di filosofia moderna e del proprio sistema" di Antonio Rosmini a cura di Pasquale Mazzarella Editore Signorelli Roma 1965 da pag.69 a pag. 72

Non c'è da spiegarsi da dove procede l'idea dell'essere necessario, il Dio padrone, di Rosmini. Procede dalla manipolazione mentale, dalla violenza, di Rosmini sull'infanzia. Il fatto che egli voglia legittimare la sua violenza per rendere "naturale" il suo effetto non fa che aggravare la sua corresponsabilità morale nella violenza perpetrata.

Alla ricerca scientifica deleghiamo di svelare le dinamiche e le relazioni attraverso le quali la manipolazione mentale dell'infanzia viene attuata.

Gli atti con cui avviene la manipolazione mentale dell'infanzia per imporre l'idea del Dio padrone e farla accettare dall'infante come idea "naturale" e aprioristica di ogni sua idea, sono chiari nell'osservazione empirica delle persone. Che poi la scienza ci dica che tali azioni vengono trasferite come idee innate anche attraverso l'attività dei neuroni specchio che favoriscono l'adattamento e l'omologazione dell'infante ai modelli socialmente proposti, costituisce una conferma del meccanismo sociale con cui spacciare un'idea imposta con la violenza come se fosse un'idea innata o naturale.

La mancanza di percezione empirica da parte di Rosmini certifica la sua malafede di stampo criminale che ha come oggetto della sua attenzione criminale la distruzione dell'infanzia in funzione della sua sottomissione all'idea del Dio padrone propria di Rosmini. Non siamo in campo puramente filosofico, ma siamo anche nel campo del delitto come tentativo di legittimare la distruzione dell'uomo nella società al fine di controllarla. Ci troviamo in una situazione in cui il manipolato mentale Rosmini giustifica la manipolazione mentale ricevuta come "idea innata" e cancella ogni osservazione possibile sull'imposizione di tale idea sull'infanzia al fine di non dover giustificare o cercare i meccanismi di come tale idea si sia impressa in lui. In queste condizioni, ogni azione che viene fatta per imporre l'idea del Dio padrone all'infanzia sparisce dall'orizzonte percettivo di Rosmini costringendolo a "guardare stupito" come quell'idea emerge nell'infanzia.

Scrive Rosmini:

5°) Quindi senza l'idea dell'essere lo spirito umano non farebbe più alcuna operazione razionale, resterebbe privo della facoltà di pensare e d'intendere, il che è quanto dire cesserebbe dal- l'essere intelligente.
6°) Che se col togliersi all'anima l'idea dell'essere ella rimane priva dell'intelligenza, e coll'accordarlesi questa idea ella diventa essere intelligente, dunque può dirsi che questa idea costituisca lo stesso lume della ragione, e così si scopre che cosa sia il lume della ragione da tutti ammesso, da nessuno definito.
7°) E poiché i filosofi sogliono chiamare forma quello pel quale una cosa è quello che è, perciò l'idea dell'essere in universale può giustamente chiamarsi la forma della ragione o dell'intelligenza.
8°) Per la stessa ragione questa idea merita l'appellazione di idea prima, di idea madre, di idea per se stessa e di luce intellettiva. E' idea prima, perché anteriore a tutte le altre; è l'idea madre, perché genera tutte le altre associandosi coi sentimenti mediante le operazioni dello spirito; è l'idea per se stessa, perché i sentimenti non sono idee, e lo spirito ha bisogno di aggiungerli come determinazioni a quell'idea prima a fine d'averne le idee determinate; finalmente è luce intellettiva, perocché essa è conoscibile per se stessa; laddove i sentimenti sono conoscibili per mezzo di lei, divenendo sue determinazioni, e come tali conoscendosi. Le quali cose tutte attentamente considerandosi, viene sopra modo agevolata la soluzione del gran problema dell'origine delle idee e delle cognizioni umane. Che anzi, questo problema rimane già sciolto dallo stesso senso comune degli uomini. Perocché il senso comune ammette nello spirito umano un lume della ragione o dell'intelligenza, e questo lume lo dichiara così naturale e proprio dell'uomo, che differenzia l'uomo stesso dalla bestia.
Ora, essendo dimostrato che questo lume della ragione non è altro che la stessa idea dell'essere in universale, consegue che, secondo la testimonianza del senso comune, questa idea è naturale all'uomo e propria della sua natura, e perché non è un'idea formata od acquistata, ma innata, cioè inserta in lui da natura, resa presente al suo spirito dallo stesso Creatore che lo ha formato. Infatti, l'essere conviene che sia noto per se stesso, o niuna altra cosa si trova che lo renda noto; che anzi, qualunque altra cosa si renda nota per lui, perocché ogni cosa essendo essere, se non si conosce che cosa è essere, non si conosce nessuna cosa.

Citazioni tratte da:

"Breve schizzo dei sistemi di filosofia moderna e del proprio sistema" di Antonio Rosmini a cura di Pasquale Mazzarella Editore Signorelli Roma 1965 da pag.69 a pag. 72

Dopo che Rosmini ha costretto il canarino in una gabbia, lo ingiuria pure: senza di me che ti do da mangiare, moriresti. E' il ragionamento di Rosmini che dopo aver violentato il bambino dice che l'adulto, senza la veicolazione della violenza subita, sarebbe privo della facoltà di pensare e di intendere. In sostanza, senza la veicolazione della violenza subita mediante la manipolazione mentale nell'infanzia il futuro adulto mancherebbe di intelligenza. E' il discorso delirante di Rosmini che vuole chiudere l'idea del suo Dio padrone come manifestazione dell'anima del singolo soggetto.

Rosmini usa la superstizione per avallare le sue paure: solo accordandosi con l'idea del Dio padrone l'individuo è intelligente, ma se non si accorda con tale idea, portata dall'anima, l'individuo è privo di intelligenza. E' come dire che, se ti masturbi ti crescono i peli sulle mani.

Che i filosofi chiamino forma ogni oggetto che ricade sotto i loro sensi è legittimo, ma è illegittimo attribuire una forma alla farneticazione che giustifica la violenza della manipolazione mentale indotta. E' un atto di degenerazione mentale che grida giustizia e vendetta davanti all'intera umanità.

Che cos'è il lume della ragione? E' la capacità dell'uomo di definire il mondo per come percepisce il mondo e non per quello che farnetica nel suo delirio di onnipotenza del mondo. Affermare "l'intelligenza dell'anima" significa farneticare. Farneticare attorno al concetto di anima e farneticare attorno al concetto di intelligenza.

Rosmini la chiama "idea prima" la dipendenza del neonato dalla madre. Perché? Perché secondo Rosmini è un'idea "per sé stessa".

Una volta legittimata come "idea" la sottomissione psico-emotiva al Dio padrone, Rosmini prosegue sviluppando un discorso che è logico sviluppo della farneticazione dell'idea del Dio padrone che fa dipendere le idee e la coscienza dal padrone stesso.

Quando Rosmini afferma, nello specifico:

Ora, essendo dimostrato che questo lume della ragione non è altro che la stessa idea dell'essere in universale, consegue che, secondo la testimonianza del senso comune, questa idea è naturale all'uomo e propria della sua natura, e perché non è un'idea formata od acquistata, ma innata, cioè inserita in lui da natura, resa presente al suo spirito dallo stesso Creatore che lo ha formato.

Tale farneticazione assume il carattere di assoluto (proprio farneticazione senza se e senza ma) quando l'osservazione empirica è portatrice di ben altre condizioni come quelle di cui parla Renzo Vianello in "La religiosità infantile" e queste sfuggono all'attenzione di Rosmini tanto da non prenderle nemmeno in considerazione. Perché Rosmini non usa le stesse nozioni di Vianello, ma perché gli interrogativi ai quali vuole rispondere Vianello sono completamente fuori dall'orizzonte cognitivo di Rosmini. Rosmini vive al di fuori della realtà. Vive in un legame di onnipotenza col Dio padrone che lo rende un estraneo alla vita. Il Prof. Renzo Vianello conduce le ricerche sul campo anche per bambini da 3 a 5 anni e a tale proposito riflette.

Scrive Renzo Vianello:

Anche Werner ha esaminato l'atteggiamento magico infantile, e le sue osservazioni non differiscono molto da quelle di Piaget. Egli afferma, infatti: "Una delle condizioni preliminari più importanti per ogni forma magica di comportamento è un'unità altamente integrata (sincretica) fra mondo ed Io. Il mondo è separato dall'Io soltanto in misura molto piccola; esso è configurato soprattutto secondo i bisogni emotivi dell'Io (egomorfismo). Ma, diversa- mente, l'Io è altamente suscettibile di stimolazione emotiva da parte dell'ambiente. La visione egomorfica dell'ambiente significa "personalizzazione" delle cose, tale che le cose cessano di essere oggetti rigidi, inanimati e diventano entità vive ed attive. Da un simile egontropomorfismo può derivare un vero demonismo, non appena un'emozione d'intensa ansietà comincia a colorire una situazione di elementi sinistri" (1948, p. 355). A differenza di Piaget, infine, egli preferisce classificare gli atti di magia in due gruppi, distinguendo la magia attraverso il pensiero e il desiderio, dalla magia attraverso pratiche magiche.
E' da notare, comunque, che né Piaget né Werner ci descrivono sufficientemente l'evoluzione dell'atteggiamento magico. Ciò è probabilmente dovuto alla difficoltà estrema che si incontra nell'esaminare l'atteggiamento magico infantile, dato che il bambino tende a non rivelare questo suo atteggiamento e soprattutto tende a negarlo nel corso di eventuali colloqui. E' significativo che sia Piaget sia Werner si siano serviti, per le loro osservazioni, di metodologie notevolmente insufficienti (come ricordi di adulti) e di scarsi dati ricavati con l'osservazione libera o con il colloquio clinico. Soprattutto ciò che non risulta sufficientemente chiaro (data per scontata la presenza di questo atteggiamento magico nel bambino) è quanto, e quando esso agisce (sappiamo invece, grosso modo, come agisce). Per quanto riguarda i riflessi dell'atteggiamento magico nella religiosità infantile, ben poco è ciò che noi conosciamo. E' pur vero che quasi tutti gli studiosi di psicologia religiosa affermano che la religiosità infantile è magica (tra questi Aragò Mitjans, Grasso, Lorenzini, Gruehn, Terstenjak, Vergote, Milanesi e Aletti, ecc.), ma non si va al di là, molto spesso, di questa semplice ed ovvia affermazione. A me personalmente pare importante fare, intanto, due osservazioni che reputo utili. Innanzitutto spesso è stato detto che il bambino ha un atteggiamento magico perché pensa di comandare agli astri o a Dio, o perché pensa di agire sulle cose, ecc. Questa affermazione mi sembra particolarmente equivoca, dato che non risulta chiaramente se il bambino pensa che i suoi pensieri o le sue azioni abbiano sicuramente effetto, oppure se il bambino pensa che esse possano avere un certo effetto. Questa affermazione è stata quasi sempre intesa nel suo primo significato. In realtà a me pare che la differenza tra il bambino e l'adulto (che non abbia un atteggiamento residuo) sia che mentre il bambino accetta anche questa possibilità (attraverso la magia) di agire sulla realtà, l'adulto la esclude totalmente.
In secondo luogo a me pare che l'atteggiamento magico sia una forma di conoscenza e di azione sulla realtà, presente nel bambino solo finché egli non trova altre forme di conoscenza e di azione più adeguate. Da ciò deriva che lo stesso bambino può dimostrare un certo atteggiamento magico a contatto con una certa realtà, mentre questo atteggiamento può essere del tutto assente a contatto con una realtà più conosciuta.
Ho reputato necessario premettere queste due osservazioni, dato che esse mi aiuteranno a cercare un'interpretazione organica dei dati che esporrò a proposito dei riflessi dell'atteggiamento magico nella religiosità.

Tratto da "La religiosità infantile" del Prof. Renzo Vianello Editore Giunti 1976 pag.244-245

L'attività di costruzione fra sé e il mondo è stata individuata dalla psicologia pedagogica in una sorta di atteggiamento magico che sarebbe interpretato dal bambino non avendo ancora esplorato i meccanismi del mondo e della vita. Questo atteggiamento magico, la risposta come soluzione adottata dalla psicologia, è un tentativo dello psicologo di pensare a come egli avrebbe interpretato il mondo se fosse stato un bambino così piccolo e non conoscesse i meccanismi del mondo in cui vive.

L'immaginazione dello psicologo riempie i vuoti che la ricerca razionale non riesce a individuare. L'Io infantile è MANIPOLATO dall'ambiente in una fase della crescita infantile in cui il bambino non ha strumenti critici per discriminare fra i fenomeni ambientali che si presentano pur vivendo una situazione emotiva conflittuale fra le proprie necessità e lo stridere della realtà che non comprende nell'immediatezza dei suoi bisogni. La veicolazione emotiva infantile è guidata dagli input, più o meno violenti che sono propri dell'ambiente familiare del bambino.

Gli oggetti hanno una personalità nella struttura psichica dell'uomo, sia perché sono estensione dell'uomo stesso, sia perché costituiscono l'ambiente nel quale avvengono le azioni adattative. Il neonato non afferra la forma degli oggetti, ma la loro esistenza e le loro emanazioni emotive. Il collegamento che fa il neonato con la madre è un agganciarsi delle stesse sensazioni emotive che percepiva e che elaborava per costruire i suoi adattamenti nella pancia. Il collegamento del neonato col mondo avviene tramite la madre. La qualità della veicolazione delle sue emozioni avviene mediante la madre. E' mediante la madre che il neonato inizia a costruire i propri adattamenti emotivi che la madre dirige verso atteggiamenti religiosi nei confronti di sé stessa e poi sui surrogati che diventano dio, Gesù o la madonna.

La stessa azione magica tanto decantata dalla psicologia è un modo dello psicologo di definire un modo di interpretare la realtà del neonato che lui non capisce. Il bambino può non sapere perché gli oggetti si muovono o siano venuti in essere alla sua attenzione, non per questo pensa di essere lui a farli muovere o a farli venir in essere.

Pensare che il bambino pensi, come rileva Vianello che

"... spesso è stato detto che il bambino ha un atteggiamento magico perché pensa di comandare agli astri o a Dio, o perché pensa di agire sulle cose, ecc. Questa affermazione mi sembra particolarmente equivoca, dato che non risulta chiaramente se il bambino pensa che i suoi pensieri o le sue azioni abbiano sicuramente effetto, oppure se il bambino pensa che esse possano avere un certo effetto.."

E' abbastanza comprensibile che quando un bambino può comunicare qualche cosa per cui l'analista deduce che:

"atteggiamento magico perché pensa di comandare agli astri o a Dio..."

O l'idea di Dio è innata, come afferma Rosmini, oppure qualcuno gliel'ha già inculcata ben prima che l'analista ponesse la domanda al bambino che risponde con risposte a domande che vengono interpretate come la manifestazione del pensiero magico nel significato che di magico ne dà l'analista.

E' sempre esistita una strategia precisa della chiesa cattolica, e delle chiese cristiane in generale, per imporre l'idea del Dio padrone prima dell'età verbale del bambino.

La strategia della chiesa cattolica per "fottere" gli analisti psicologici come Vianello ce la racconta il vescovo cattolico Toth Tihamer.

Tihamer spiega come avviene la manipolazione della struttura emotiva dei ragazzi. Si chiama manipolazione mentale o plagio inteso come plasmare la struttura emotiva di individui indifesi. Tale attività manifesta la volontà di stuprare la struttura psico-emotiva dei ragazzi.

Scrive Tihamer:

111. - LE VIRTù DA INCULCARE NEL BAMBINO NELL'EDUCAZIONE FAMIGLIARE

Il timor di Dio.

S. Giovanni Grisostomo, esorta a non ritardare l'educazione religiosa del fanciullo: "La cagione della cattiveria infantile è da cercarsi nella nostra negligenza, perché noi non esortammo abbastanza il fanciullo al timore di Dio ed alla pietà fin dai suoi primi anni".
Il proverbio dice bene: "Dalla casa paterna viene ogni benedizione". Del resto fino dal tempo di Mosè (Deut. 6, 6,7) [Nota: nel Deuteronomio 6, 6-9 è descritto l'assillo da usare nei confronti del bambino per manipolarlo mentalmente e sottometterlo all'idea del Dio padrone.] Iddio ordina l'ininterrotta educazione religiosa dei figli.
La madre deve vedere nel suo bimbo battezzato una creatura di Dio e sentire, quindi, di avere da Dio una missione presso il suo bambino.. Dall'amore materno, che avvolge nei suoi caldi raggi il piccolo fanciullo, sboccia anche l'amore verso Dio. Sotto lo sguardo della madre devono formarsi nel bimbo i primi principi della vita dell'anima. Quando la mamma prega devotamente col suo fanciullo, nell'anima di lui si risveglia l'elevato pensiero del Padre che sta nei cieli al di sopra del padre e della madre terreni.
Il pensiero del Padre Celeste è di grande efficacia per l'educazione. Per guidare la volontà del bimbo, per lungo tempo basterà dire semplicemente: "E' Dio che vuole così!". Oppure: «Il Buon Dio lo ha proibito! ».
Badino anche i genitori, che i primi concetti religiosi del fanciullo siano sereni e gioiosi. Il nominare troppo spesso il diavolo come fattore d'educazione, (il diavolo ti porterà via!), è un errore pedagogico, che distrugge i germi dell'affetto verso Dio e che esercita sul fanciullo, per tutta la vita, un influsso opprimente.
Le impressioni religiose devono essere, dunque, care; devono unirsi agli avvenimenti lieti ed elevati della vita del fanciullo.
L'esercizio di devozione del piccolo bimbo non si deve protrarre troppo a lungo.
Dobbiamo più spesso lodare il bene, che biasimare il male. Non dobbiamo sempre minacciare il cattivo col castigo di Dio, ma invece ripetere, come Egli si rallegri del bene.
La personalità dei genitori, in prima linea quella del padre, è di influsso decisivo per formare nella piccola mente del bimbo il concetto di Dio. Chi sa quanto poco astrattamente sappia pensare il fanciullo, e come realizzi tutto in forma concreta, non si meraviglierà, che i tratti del padre terreno - buoni e cattivi - vengano da lui trasmessi al concetto che si fa del Padre Celeste. Ecco il fondamento psicologico dell'influsso dei genitori religiosi! Beato il fanciullo, che ha un padre, dai cui tratti può costruire un'elevata immagine di Dio!
Non si possono leggere, senza commozione, le parole di adulti, che ricordano come la loro madre seppe radicare nei loro cuori di bimbi, una profonda religione.
Sailer dice di essere in questo grato a sua madre e di rimanerle eternamente debitore. Ogni qualvolta gli vennero in mente il suo sguardo, i suoi movimenti, il suo passo, le sue sofferenze, il suo silenzio, le sue preoccupazioni, le sue continue silenziose preghiere ... ritornò in lui dalla sua giovinezza, il sentimento dell'eterna vita, della pietà; e questo sentimento non poté mai venir ucciso da nessuna idea, da nessun dubbio, da nessun esempio contrario, nè dal dolore, nè dalla paura, e nemmeno dal peccato. In lui ella vive ancora, benchè da più di quarant'anni sia scomparsa dalla vita terrena.
La mancata educazione nella giovane età è, come dice Fénélon, un secondo peccato originale. Durante tutta la vita mancherà all'anima qualche cosa che essa avrebbe dovuto possedere. Nell'età di tre o quattro anni il fanciullo ascolta volentieri i racconti di Gesù Bambino, della Sua Nascita, della Crocifissione, della Vergine Maria, dell'Angelo Custode. Come si rallegra, quando in un quadro o in una statua riconosce il piccolo Gesù! La notte di Natale, una funzione religiosa, una visita ad una chiesa sono sensazioni che lasciano profonde tracce nel suo animo.
Aristotele dice giustamente: «La buona educazione consiste in ciò che i fanciulli già in tenera età imparino ad amare e ad odiare ciò che è degno d'amore e di o Dio ». (2 Ethic. cap. 3).

è una delle più importanti virtù, alle quali si deve abituare per tempo il fanciullo. Essa è inerente alla natura umana; il compito dei genitori dunque non è di formarla, ma solo di conservarla. Da quale sguardo malsicuro, da quale timoroso arrossire è sempre accompagnata la prima menzogna! I genitori intelligenti sanno benissimo, che è la paura, che dà alla verità il colpo mortale. Per ciò devono sempre essere pronti ad intervenire con incoraggiamenti ed affettuose ammonizioni a favore della verità quando la lotta tra questa e la paura s'ingaggia nell'anima del fanciullo; perchè la prima menzogna, che il fanciullo dice per paura, significa, nel suo microcosmo, una vera tragedia.

La seconda virtù che si deve inculcare, anche nel fanciullo più piccolo, è l'obbedienza. Una volta le famiglie ben ordinate si distinguevano per la severa educazione data in casa. Oggi, "nel secolo del fanciullo '" i genitori si piegano sempre più alle pretese dei bambini ostinati. E' triste cosa vedere come un bimbo di tre o quattro anni, sappia, con i 'capricci inesauribili e la sua ostinazione, imporsi ai suoi genitori che si affrettano, accecati da un falso amore, che tutto scusa, ad accontentare i desideri del loro promettente rampollo. Tali genitori, certamente non sanno che questi piccoli esseri, dopo ogni capriccio accontentato, sono sempre più consci del loro tirannico potere. Soltanto più tardi, di fronte alla prepotenza e all'ingratitudine del bimbo diventato uomo, i genitori si pentono di non aver abituato il figlio all'obbedienza. «Puer, nisi obediat, imperat» (Quintiliano) [Nota: trad. "Il fanciullo se non obbedisce, comanda" Quintiliano era contro la violenza nell'educazione e non era cristiano.] Educare all'obbedienza non significa usare inflessibile severità e continue punizioni. L'obbedire è cosa dura e difficile. I genitori devono dunque, con giusta e opportuna fermezza nel comandare, far comprendere al fanciullo che obbedendo ai genitori, obbedisce a Dio.
Meditino i genitori sulle parole della Bibbia: "Noli subtrahere a puero disciplinam; si enim percusseris eum virga, non morietur. Tu virga percuties eum, et animam eius de inferno liberabis" (Prov.23, 14, 14) [Nota: Proverbi 23, 13-14 dice: "Non risparmiare al figlio la correzione, anche se lo batti con la frusta non morirà; anzi, perquotilo con la frusta, salverai l'anima sua dallo sheol (inferno)".] . «Qui diligit filium suum, assiduat illi flagella, ut laetetur in novissimo suo» (Eccli. 30, l) [Nota: Ecclesistico 30, 1 dice: "Chi ama suo figlio gli farà spesso provare la frusta, perché più tardi possa rallegrarsi di lui".]. Pianga il fanciullo nella sua infanzia per i genitori piuttosto che questi debbano piangere per lui, quando sia cresciuto. «Equus indomitus evadit durus, et filius remissus evadit praeceps» (Eccli. 30, 8) [Nota: Ecclesiastico 30, 8 dice: "Un cavallo non domato diventa intrattabile, e un figlio abbandonato a sé stesso diventa testardo".].

I genitori devono anche badare di non offendere mai nel pudore i loro figliuoli (mentre si vestono, prendono il bagno, giuocano ecc.), devono invece assecondare e rafforzare a tempo debito questa tendenza così preziosa che la natura stessa ha posto in ogni fanciullo. Il naturale pudore, curato e non offeso da cattivi esempi nell'infanzia, sarà al giovanetto l'aiuto più grande per dominare più tardi gli stimoli sensuali.
Appunto per questo, è estremamente pernicioso il voler abituare il fanciullo ad una certa indifferenza, prendendo l'abitudine alla nudità.
Chi agisce cosi dimostra di non conoscere a fondo la natura umana. Essa ha i suoi sacri misteri, che è superfluo voler penetrare, e non è possibile mettere impunemente in chiaro innanzi agli occhi del fanciullo, come sarebbe assurdo scalzare le radici di un albero. Questo metodo d'educazione potrebbe provocare nel fanciullo inutili domande e morbose curiosità. Del resto, anche se si riuscisse così ad educare il fanciullo ad un certo grado di indifferenza, questo successo durerebbe appena qualche anno e sparirebbe certamente al 14' o 15' anno, al sopraggiungere della pubertà. Per ciò dobbiamo far sì, che ogni madre sia una conscia sacerdotessa e custode del naturale pudore del figlio fino dalla sua più tenera età [Pio XI: Enciclica: "Divini illius magistri" 31 dicembre 1929].
Occorre anche biasimare i cosidetti balli infantili, che si potrebbero molto spesso chiamare "sepoltura di gigli". I vescovi ungheresi così si esprimono: "Rimaniamo colpiti dalla malizia che si trova spesso nelle compagnie e nei giuochi di fanciulli di appena nove o dieci anni, specialmente di quelli abbandonati a se stessi, che hanno per educatori la strada ed i molti cattivi istinti".
Potrebbe però qualcuno obiettare che i giovani, nella normalità dei casi, non sono abbandonati a se stessi. Ma quante sono le madri esemplari, che educano veramente i loro figliuoli, che osservano le parole della Sacra scrittura: "Hai dei figli? Ammaestrali e piegali dalla fanciullezza! Hai delle figlie? Custodisci il loro corpo!" (Jes. Sir 7, 25-27). Le associazioni, i balli, i divertimenti, i doveri di società sono passati in prima linea e in luogo della madre, è la serva che educa, persona spesse volte la più corrotta di tutta la casa. I fanciulli, in certe famiglie, vedono la mamma raramente, tutt'al più sono con lei, se essa li prende con sè al caffè, ove i piccoli possono divertirsi osservando le illustrazioni dei giornali umoristici - uno peggiore dell'altro - invece che rinvigorire il corpo e l'anima all'aria fresca e pura". Oh! sorgano le madri veramente cristiane, conscie della sublime missione che il Signore ha loro affidato e dei relativi doveri !

Citazione tratta da: "L'educazione spirituale del giovane" del vescovo cattolico Toth Tihamer, Libreria Emiliana Editrice Venezia Edizione 1943 da pag. 28 a pag.33

La strategia per sottomettere il bambino al Dio padrone inizia non appena il bambino è nato attraverso il controllo della madre che deve, per la chiesa cattolica sottometterlo alla fede con atti continui. La strategia è articolata, come si può leggere in Tihamer. Nulla è lasciato al caso. Il bambino, avvinghiato alla madre che ne afferra e stupra la struttura emotiva, non ha scampo.

Quando arriva Renzo Vianello ad analizzare le idee religiose del bambino a tre anni, tali idee, per quando riguarda la religione e il Dio padrone, sono già state impresse e la struttura del bambino risulta malata in quanto dipendente dall'idea del padrone e insicura nel gestire la propria vita.

L'atrocità di quanto ci racconta Toth Tihamer sull'educazione dell'infanzia, diventa per Vianello una riflessione sul mondo magico del bambino: come viene raccontato il Dio dei cristiani o il Gesù dei cristiani se non come individui magici che modificano la realtà in cui il bambino deve crescere e vivere?

Fin da quando nasce, il bambino viene sottoposto ad un rito magico: il battesimo. Un rito esorcistico in cui la madre crede e il prete cattolico, dopo aver ricevuto in dono il bambino dalla madre, lo riconsegna alla madre affinché la madre ne violenti la struttura psico-emotiva imponendogli la fede nel dio padrone. Un'attività che inizia nel "parentame" che si preoccupa di approvare gli atteggiamenti sottomessi all'idea di Dio del bambino e di disapprovare ogni atteggiamento che, secondo loro, porta il bambino fuori dalla rotta che il loro Dio padrone ha tracciato.

Una volta manipolata la struttura psico-emotiva dell'infanzia il bambino non può più pensare agli avvenimenti del mondo e della vita al di fuori delle categorie religiose che gli sono state impresse fin dalla primissima infanzia. Il ricercatore come Renzo Vianello non vede le trasformazioni. Non vede i percorsi della formazione della veicolazione della struttura psico-emotiva del bambino. Tutto è statico. Per il ricercatore come Renzo Vianello, tutto appare come magia: non ci si chiede che cosa ha portato il bambino piccolissimo a veicolare in quel modo le sue emozioni, ma si prende atto, come fosse un atto di magia, che il bambino veicola in quel modo le sue emozioni.

Quella veicolazione imposta nell'infanzia appare spesso in tutta la sua atrocità devastante. Tutta l'azione di devastazione e stupro descritta da Toth Tihamer nei confronti dell'infanzia. La violenza con cui ha imposto i sensi di colpa vengono descritti anche da Robert Coles dell'università di Harvard nelle sue ricerche.

Scrive Robert Coles in "La vita spirituale dei bambini":

Tutta la sfera della vita mentale dei bambini, infatti, facilmente è correlata alloro pensiero religioso e spirituale. Gli atteggiamenti morali, comprese emozioni quali vergogna e colpa, sono una parte rilevante dell' aspetto psicologico e talvolta psichiatrico della spiritualità infantile. Sotto questo profilo, i discorsi dei bambini stanno alla pari con quelli dei santi cristiani, come Sant'Agostino, Santa Teresa d'Avila e San Giovanni della Croce. Sentiamo cosa diceva Tony, ad esempio, quando è stato in grado di lasciare il polmone d'acciaio, ormai sulla via della completa guarigione: «Spero di essere degno ... del sorriso di Dio e del fatto che mi lasci restare qui. Avrei potuto essere migliore, lo so, e aiutare di più i miei. Sono stato fortunato, ma non sono sicuro di meritarlo. Forse Dio dà una seconda possibilità, forse dice: "Sono giovani, questi ragazzini con la polio, e possono avere un'altra opportunità" .

«Ma perché, allora, certi si ammalano e poi muoiono? So di avere fatto delle cose cattive. Sono scappato da casa, e mio papà è venuto a riprendermi, dicendo di vergognarmi, che ero un "ingrato". Quando stavo male, proprio tanto male, ho pensato che Dio mi stesse dicendo la stessa cosa, che ero "ingrato". Sono stato "un po' fannullone" a casa; me lo ha detto mia' mamma un anno fa, me lo ricordo. Mi ha fatto stare male sentirla parlare con durezza, ma mi è servito, perché ho cercato di migliorare e ho pregato Dio di aiutarmi ad essere più forte. «Spero di ricordare questo polmone d'acciaio per il resto della mia vita; spero, ogni volta che non faccio una cosa che dovrei, di fermarmi, chiudere gli occhi e immaginare questo polmone, con me dentro. Forse, allora, mi comporterò meglio con i miei e con gli amici. A volte sono di cattivo umore e non apprezzo la fortuna di avere tanti buoni amici, e la mia famiglia, ma Gesù ti dice di essere gentile, di pensare agli altri, non solo a te stesso, e io desidero migliorare in questo. Quando ero sul punto di morire, mi chiedevo cosa avrebbe pensato Lui se fosse stato malato e dentro una macchina come me. Credo che Gesù non si sarebbe dispiaciuto per sé, ma avrebbe chiesto degli altri ricoverati, e non sarebbe sempre stato lì a premere il campanello per chiamare infermieri e dottori, come facevo io. Vorrei essere stato un paziente migliore! Ora provo un po' di vergogna. Dico le preghiere e penso che se Gesù non si è accorto di me, perché era impegnato ad aiutare gli altri, forse non è rimasto neppure troppo deluso. Prego di essere "degno", come facciamo a casa prima di mangiare. Credo che Lui sappia tutto, comunque, e che non si possa "passare attraverso la sua rete": lo dice mio papà! Io ho fatto delle stupidaggini, come mettere della gomma da masticare sulla sedia di un bambino, ma quando lui se l'è presa con un altro bambino che pensava colpevole e sono finiti nei pasticci con il maestro, io sono stato zitto, e ho fatto male. Allora l'ho detto al prete, ma lui mi ha consigliato di non fare niente, forse pensava che ormai fosse come piangere sul latte versato. Ora che sono qui, e ho tutto il giorno e tutta la notte per pensare, ricordo benissimo ogni errore che ho fatto!».

Incidenti, malattie e sfortuna, momenti di pericolo e di dolore inducono alla riflessione i bambini proprio come i grandi. La vulnerabilità di un bambino diventa un'occasione per pregare, per ricordare i passati contatti con il clero come pure con i genitori, per analizzare la mente e 1'anima. Le religioni sono note, certo, per la loro insistenza su vari principi e valori morali che rafforzano le coscienze dei loro fedeli e la cultura delle varie nazioni. Meno evidenti sono le strategie escogitate dai bambini per adattare la morale laica e familiare alla morale religiosa che sentono esporre in chiesa, nella moschea, nella sinagoga. Il compito di questi bambini è quello di sviluppare una morale al tempo stesso personale eppure collegata alla tradizione religiosa, e (essenza della vita spirituale) considerare di conseguenza i propri successi, fallimenti e le proprie prospettive di esseri umani che, un giorno o 1'altro, moriranno.

Tratto da: "La vita spirituale dei bambini" di Robert Coles Lit Edizioni da pag. 137-138 edizione 2013

Coles assiste agli effetti della manipolazione mentale dei bambini nella primissima infanzia. Assiste agli effetti devastanti delle strategie cristiane per perpetrare la sottomissione al Dio padrone. Quella sottomissione che deve essere ottenuta "con tutto il cuore e con tutta l'anima". Anziché indignarsi per i problemi esistenziali imposti dall'educazione cristiana, finge di stupirsi di questi bambini che ragionano come degli adulti e non si avvede che gli adulti, a cui vuole imputare i ragionamenti, altro non sono che bambini mai cresciuti vittime di stupro emotivo messo in atto dai cristiani per perpetrare la sottomissione al loro Dio padrone.

Ora possiamo maggiormente apprezzare l'attività criminale di Rosmini nel tentativo di definire l'essere reale. In pratica non parla di un soggetto rappresentato nella realtà, ma di una violenza psico-emotiva che costringe gli individui a rappresentarsi un soggetto che viene definito dalla malattia mentale che lui impone.

Rosmini prende gli effetti patologici della malattia da sottomissione imposta e pretende di dargli una veste dignitosa in un Dio padrone che altri non è che Rosmini stesso che si pensa come soggetto reale e assoluto. Pretende di trasformare gli effetti della malattia mentale in "idea innata".

Rosmini descrive i sintomi della malattia che chiama "essere reale", ma si tratta del Dio padrone Rosmini che pretende di estendersi sugli Esseri Umani.

Scrive il bignami di filosofia del 1984 vol 3 a proposito dell'essere reale di Rosmini:

1) L'essere, cioè tutto ciò che esiste, si presenta in tre forme: l'essere ideale, cioè l'essere come oggetto di pensiero (idea dell'essere), l'Essere reale, cioè l'essere come cosa in sé, universale e assoluto (dio) o particolare e contingente (il mondo), l'essere morale, cioè l'essere come adesione perfetta tra il suo pensiero e la sua realtà.
2) Le tre forme dell'essere coincidono in dio, al cui concetto Rosmini giunge esaminando l'idea dell'essere innata nell'uomo.
3) questo non può essere l'idea di dio, perché l'idea dell'essere più indeterminato, mentre Dio è infinitamente determinato.
4) Ma Poiché l'esperienza non riesce a determinare completamente nell'uomo l'idea dell'essere deve pur esistere un essere reale, dio, che esaurisce l'infinità di tale idea. Dio possiede attuate in sé tutte le infinite possibilità di determinazione dell'essere.
5) Gli esseri finiti sono creati da dio, il quale astraendo tutte le sue infinite determinazioni, pensa l'idea dell'essere, cioè la sua possibilità. Tale possibilità è il principio di ogni essere finito.

Oggi, con l'avvento delle analisi della psicologia, attraverso l'esperienza, si è in grado di dimostrare l'inganno di Rosmini. La sua "vigliaccheria" di uomo che censura i dati di realtà e che usa l'inganno per nascondere gli effetti distruttivi della sua attività.

1) La malattia mentale che costringe l'individuo a legare la propria vita all'idea del Dio padrone, è indotta da tre forme: l'individuo appena nato, cioè il soggetto che elabora la propria conoscenza nel mondo; la madre e il circuito parentale che impongono l'idea del Dio padrone; la società che approva la sottomissione dell'individuo all'idea del Dio padrone; approva l'adesione perfetta dell'individuo nell'accettare e riprodurre la propria sottomissione.

2) Le tre forme inducono il bambino al pensiero magico prima e al delirio di onnipotenza in età adulta che Rosmini confonde con l'idea innata.

3) Il delirio di onnipotenza imposta al bambino costringe il bambino a delirare dando la forma del Dio padrone al proprio delirio e ritiene che questa forma sia un'idea innata.

4) Ma Poiché l'esperienza non riesce a determinare completamente nell'uomo l'idea del Dio padrone, esiste la malattia mentale da dipendenza che induce il delirio di onnipotenza che, come delirio, è oggetto in sé. Il delirio, prodotto dalla malattia mentale, è spiegazione al soggetto dell'idea del Dio padrone con cui si identifica. La malattia mentale ha la possibilità di attuare le infinite veicolazioni nelle diverse condizioni culturali in cui l'individuo è costretto ad ammalarsi dalla ferocia dell'educazione cristiana.

5) Gli individui, ammalati da delirio di onnipotenza, immaginano sé stessi come un Dio padrone che ha creato il mondo. L'individuo finito ammalato, anziché vivere pensa sé stesso come un individuo infinito, onnipotente e onnisciente. Il farneticare sull'infinito, è proprio della malattia dell'individuo finito: come anelare l'immortalità è il fallimento del mortale.

L'Essere reale di Rosmini non è soltanto un'idea inconsistente dal punto di vista filosofico, ma è un'idea socialmente malvagia portatrice di intenti malvagi.

Una malvagità totale, assoluta.

Una malvagità che distrugge gli individui nel mondo in cui vivono e che legittima la violenza psico-fisica nei confronti dei ragazzi in nome di un dio padrone che è solo una proiezione di Rosmini nel suo delirio di onnipotenza.

Quando non precisate le citazioni sono Tratte da:

"Breve schizzo dei sistemi di filosofia moderna e del proprio sistema" di Antonio Rosmini a cura di Pasquale Mazzarella Editore Signorelli Roma 1965 da pag.69 a pag. 72

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

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Marghera, 23 maggio 2013

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.