Giandomenico Romagnosi (1761 - 1835)

Il principio di contraddizione e la relazione dialettica

Il commercio sostanziale fra interno ed esterno

Riflessioni sulle idee di Romagnosi.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185785

Teoria della Filosofia Aperta - Volume due

 

Ottava parte

La relazione dialettica nella trasformazione e nel divenire dei soggetti

Romagnosi, portando il discorso dall'astratto logico alla vita reale, fa a pezzi il principio aristotelico di contraddizione. Il principio aristotelico di "non-contraddizione", formulato in antitesi ai sofisti come formulazione logica del pensiero dimostra tutti i suoi limiti una volta calato nella vita reale e sottratto alla ragione astratta.

La contraddizione fra oggetti nel reale quotidiano si risolve nel tempo, nella trasformazione.

Questa intuizione, presente nella cultura filosofica del tempo di Romagnosi, viene dal Romagnosi assunta a metodo per analizzare una realtà in trasformazione in contrapposizione alle verità di una realtà manifestata dal dio padrone e creatore.

Romagnosi non adotta né l'empirismo di Cardillac né considera la coscienza frutto di un'esperienza razionale e determinata nel tempo. Rigetta pure le condizioni dell'associazionismo secondo cui si giungono ai concetti universali mediante la sperimentazione e l'esperienza.

Quella di Romagnosi non è contraddizione, ma è dialettica.

Per Romagnosi il soggetto si trasforma nelle contraddizioni con la Natura essendo esso stesso natura e portatore di contraddizioni nella natura.

Scrive Romagnosi:

Commercio sustanziale fra l'esterno e l'interno

Senza abjurare il principio di contradizione non si può negare l'esistenza delle cose esterne che agiscono su di noi: dunque senza abjurare il principio di contradizione non si può negare un commercio reale e sustanziale fra queste cose esterne e l'io nostro pensante. La verità infatti della loro esistenza vien tratta dalla necessità assoluta del loro intervento per determinare i primi modi d'essere del nostro interno. Dunque la connessione delle cose è tale, che o conviene ammettere l'idealismo assoluto escludente l'esistenza dì ogni cosa esterna, o conviene confessare questo reale commercio. Ma tostoché confessate un commercio reale di azione delle cose esterne su l'interno, conviene necessariamente ammettere anche un commercio di reazione fra l'interno e l'esterno. Ma agire e reagire egli è sinonimo di produrre un dato effetto: ciò suppone essenzialmente una potenza autrice. Dunque se per quel mezzo, con cui le cose esterne agiscono su'l me interno, questo me reagisce su quelle, egli è per sé evidente che lo stesso mezzo ch'eccita la intelligenza, eccita pur anche la possanza: E siccome la possanza è determinata dalla intelligenza, e questa dall'azione delle cose esterne; così ne segue la subordinazione degli atti umani alle leggi supreme che dirigono l'universo.

Il commercio, termine usato da Romagnosi, è la qualità della relazione dialettica che trasforma i soggetti che entrano in relazione costruendo il reciproco divenire. La soluzione della contraddizione, della relazione, non si risolve nello spazio, ma nel tempo. Nella trasformazione.

Che cosa modifica la relazione, Romagnosi non lo sa. Sa che è la necessità dell'intervento di oggetti esterni che determinano le prime prese di posizioni della nostra esistenza. Come avviene una sollecitazione del nostro interno attraverso l'azione degli oggetti esterni, così gli oggetti esterni si adattano in relazione all'azione espressa dalla mia necessità.

Questo meccanismo individuato dal Romagnosi altro non è che il principio di adattamento soggettivo alle variabili oggettive in cui le variabili oggettive sono altrettanti soggetti che si adattano in relazione all'azione di ogni soggetto, compresa la mia.

Si tratta del meccanismo del divenire della vita nel quale non c'è presenza del determinismo del dio padrone né del finalismo dello stesso.

La vita è un attraversare di processi adattativi in cui i fini della vita, come dei singoli soggetti che agiscono nel mondo, è solo l'agire nel mondo in funzione della veicolazione di un proprio desiderare. Il desiderare dei soggetti si veicola nelle possibilità offerte dall'oggettività che viene perturbata da tali veicolazioni che determinano e delimitano i processi adattativi di ogni soggetto agente nell'oggettività.

E in che cosa Romagnosi individua l'intelligenza dei soggetti?

Dalle loro azioni.

Le cose esterne che agiscono dimostrano intelligenza. Le cose esterne, nella loro azione e nella direzione della loro azione, noi chiamiamo intelligenze, che perturbano il nostro giudizio dimostrano il loro potere. Un potere che è determinato dall'intelligenza con cui dirigono le loro azioni.

Con questo Romagnosi affronta il tema della libertà:

Le condizioni della libertà interiore non cadono che su la scelta delle azioni, e non su la legge delle forze fisiche dell'uomo. Noi quì prendiamo di mira il commercio reale e sustanziale fra la possanza nostra interna e quella delle cose esterne che ne circondano e che agiscono su di noi; e domandiamo se sia o no reciproco. Quì non si tratta del modo del fatto, ma bensì dell'esistenza di questo fatto. Ora, data l'azione reale, ne segue che in qualunque modo l'uomo determini le sue facultà, sarà sempre vero ch'egli infatti communica con la natura per quello stesso mezzo che la natura communica con lui; e però l'intelligenza e la potenza dipendono dallo stesso motore tanto per determinare le cognizioni al di dentro, quanto per communica con lui; e però l'intelligenza e la potenza dipendono dallo stesso motore tanto per determinare le cognizioni al di dentro, quanto per communicare la reazione al di fuori. Così i raggi del conoscere, del volere e dell'operare cospirano allo stesso centro, e si uniscono nello stesso foco misterioso, dal quale l'intelletto umano si sente attratto quando si occupa del Vero.

Le condizioni della libertà interiore è determinata dalle azioni che l'uomo compie. Si tratta del rapporto fra soggetti del mondo; che è un rapporto fra poteri che vengono a rappresentare gli esseri nel loro agire nel mondo. Dove, il Romagnosi sottolinea che non si tratta del modo in cui il fatto si manifesta, ma del fatto stesso. Il fatto come manifestazione soggettiva del potere del soggetto che lo attua.

Il fatto, l'azione, è una comunicazione che fa l'uomo nei confronti della Natura. Con gli stessi mezzi con cui i soggetti della Natura comunicano con lui. E' il medesimo motore in ogni essere della natura composto da potenza e intelligenza che si manifesta mediante le azioni che subiamo come le reazioni che mettiamo in atto.

Le azioni sono "raggi del conoscere". Raggi del "volere e dell'operare" che portano allo "stesso centro". E qui Romagnosi subisce la coercizione dell'educazione: "la ricerca del vero". Il vero come oggetto in sé e non la comunicazione come oggetto e fine in sé della veicolazione libidica dei soggetti che operano nel mondo. Un mondo che non prescinde dai soggetti che lo abitano e che non tendono al vero ma tendono ad abitare al meglio il mondo.

Le citazioni sono tratte da:

Giandomenico Romagnosi, Scritti Filosofici, Volume I, Gnoseologia, psicologia e Morale,a cura di Sergio Moravia, pag. 130 - 131, Casa Editrice Ceschina Edizione 1974

Nota: Le citazioni di Giandomenico Romagnosi sono tratte da "Della Costituzione di una monarchia nazionale rappresentativa" (La scienza delle costituzioni) edito dalla Reale Accademia d'Italia tomo II 1937. Il brano commentato è l'appendice chiamata "Teoria Speciale", da pag. 859 a pagina 974.

 

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Marghera, 16 febbraio 2013

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.