Platone (427 a.c. - 347 a.c.)

Teoria delle idee - Terza parte

di Claudio Simeoni

Cod. ISBN 9788827811764

La Teoria della Filosofia Aperta: sesto volume

 

Filosofia Aperta su Platone

 

Mito e tirannia in Platone

 

Combattere gli Dèi.

Per controllare l'uomo Platone deve combattere gli Dèi. Deve togliere agli Dèi le possibilità di intervenire nella realtà. Dal momento che Platone non può negare la realtà degli Dèi, altrimenti negherebbe la realtà nella quale vive, deve negare la possibilità degli Dèi di intervenire nel reale quotidiano.

Il mondo delle Idee di Platone non sta fra gli Dèi e gli uomini, ma sta oltre gli Dèi e gli stessi Dèi sono manifestazione delle Idee.

La prima operazione che fa Platone attraverso la teoria delle idee è quello di negare la relazione esistente fra Dèi e uomini; fra gli uomini e il mondo in cui gli uomini vivono.

La separazione che opera è una separazione di conoscenza e per farlo ricorre a definire la conoscenza attraverso la scienza.

Scrive Platone nel Parmenide:

Può Dio avere la scienza in sé e non conoscere la realtà umana?
«Guarda che c'è una conseguenza anche peggiore».
«Quale?».
«Se esiste l'Idea di scienza in sé, non dovresti dire che è molto più perfetta della scienza che è presso di noi, e lo stesso della bellezza e di tutte le altre realtà?».
«Sì».
«Dunque, se qualcun altro partecipa della scienza in sé, non pensi di dovere attribuire a Dio più che ad ogni altro la scienza più perfetta?».
«Necessariamente».
«Allora, ti pare possibile che Dio, possedendo la scienza in sé, conosca le cose che sono presso di noi?». «Infatti, perché no?».
«Perché - disse Parmenide - abbiamo già ammesso, Socrate, che né quelle Idee hanno sulle realtà presso di noi il loro potere, né queste su quelle, ma solo tra loro nel proprio ambito».
«L'abbiamo ammesso, infatti».

La perfezione della conoscenza del "dio", il suo potere di possedere una scienza perfetta lo allontana dalla scienza imperfetta che possiedono gli uomini. Va da sé che l'Idea di scienza è il modello, la scienza perfetta è posseduta dal dio e gli uomini possiedono una parvenza di idea di scienza, una similitudine.

Nel ragionamento di Platone l'Idea è separata dalla manifestazione che ha lo stesso nome fra gli uomini e, proseguendo nella logica, è separata dalla perfezione di quella stessa Idea che è nel "dio".

Ne segue, col ragionamento di Platone, che la scienza perfetta posseduta dal "dio", molto più simile all'Idea di scienza, separa il dio dagli uomini che hanno una scienza imperfetta e che richiama solo col nome l'Idea di scienza.

Seguendo la teoria delle idee di Platone, il mondo delle idee è un mondo separato dal mondo degli Dèi che è, a sua volta, un mondo separato dal mondo degli Esseri Umani e degli Esseri della Natura più in generale che non viene nemmeno preso in considerazione da Platone.

Secondo Platone gli Dèi se la vedono fra loro nel mondo degli Dèi; le Idee se la vedono fra loro nel mondo delle Idee; gli uomini se la vedono fra loro nel mondo degli uomini.

Scrive Platone nel Parmenide:

«Dunque, se presso la Divinità è lo stesso potere assoluto e la stessa scienza assoluta, né il potere degli dèi dominerà su noi, né la loro scienza conoscerà noi o qualcosa presso di noi. Analogamente noi non possiamo dominarli con il nostro potere e non conosciamo nulla del divino con la nostra scienza; così anche quelli né sono i nostri padroni né conoscono le cose umane, pur essendo dèi».
«Ma temo - ribatté Socrate - che sia un discorso ben strano, il privare la Divinità del sapere".
«Certo - disse Parmenide - queste difficoltà, Socrate, e molte altre ancora, necessariamente si legano alle Idee, se esistono le Idee in sé delle cose e se qualcuno definisce l'Idea come qualcosa di distinto. In tal caso chi ascolta è in difficoltà e può obiettare che non esistono o che, se esistono, necessariamente sono inconoscibili alla natura umana; così dicendo sembrerà dire una cosa sensata e, come osservavamo prima, sarà difficile convincerlo. Solo un uomo molto dotato potrà comprendere che esiste un genere per ogni realtà e una sostanza in sé e per sé; solo uno ancora più eccezionale saprà scoprirlo e potrà essere capace di insegnarlo ad un altro, dopo averlo esaminato in tutti gli aspetti».
«Sono d'accordo con te, Parmenide - confermò Socrate -. Dici esattamente quello che penso».

Stabilita la credenza secondo cui, ontologicamente parlando, esistono le "Idee", la difficoltà logica sta nel legittimare oggettivamente le "Idee" nate dalla credenza fideistica e farle passare come una realtà scientifica oggettivamente dimostrata.

Affermare che esiste un genere per ogni realtà significa proiettare la realtà del proprio vissuto come immutabile e assoluta. Significa negare ogni trasformazione soggettiva. Significa negare di essere nati, di essere stati dei bambini, di aver accumulato conoscenza e di essersi trasformati fino ad essere ciò che si è in questo presente.

Con la teoria delle Idee e la necessità di separare le Idee dal mondo e dalla realtà vissuta, Platone nega il mondo e la vita. Nega gli uomini e la loro volontà con cui manifestano la loro necessità d'esistenza. Platone relega gli uomini in una dimensione di schiavitù in cui le Idee sono i guardiani di un presente immutabile che priva l'uomo della sua esistenza.

Platone è ben consapevole dell'inganno che propone. Solo la violenza può costringere le persone a pensare che il mondo sia una rappresentazione delle sue Idee. Dal momento che Platone non dispone personalmente di tale violenza può argomentare dando del "cretino" a coloro che non accolgono il suo sistema ma che, negando il suo sistema di Idee, pensano che il mondo sia in perenne modificazione. Serve un uomo eccezionalmente "criminale", dice Platone, per giustificare il sistema di Idee e privare l'uomo nella sua volontà d'esistenza.

Scrive Platone nel Parmenide:

«Però, Socrate - disse Parmenide- se qualcuno non vorrà ammettere che esistano le Idee delle realtà, a causa di tutte le difficoltà già dette e di altre ancora, e non vorrà porre un'Idea per ogni singola realtà, non avrà un punto di riferimento per il suo pensiero, in quanto non ammetterà un'Idea di ciascuna delle realtà che esistono, che sia sempre la stessa per ciascuna realtà: così distruggerà la forza della dialettica. Ma di un tale problema mi sembra che tu abbia già avuto particolare sentore».
«Dici il vero» riconobbe.

O ammetti che esistono le Idee, o ti sparo in bocca!

Questa è la sintesi del discorso di Platone. Non ammettere le Idee significa non accettare che la realtà in cui viviamo sia una verità assoluta per come noi la percepiamo e la viviamo.

La teoria delle Idee di Platone vuole affermare che la realtà esiste per ciò che noi la descriviamo eliminando la realtà per ciò che noi percepiamo perché se accettasse che la realtà fosse ciò che percepiamo e che la percezione dell'uomo si può modificare, non potrebbe accettare nessun sistema di verità applicato alla realtà che descrive.

Le Idee sono le guardiane della realtà descritta. Una realtà che "è simile" al modello delle Idee, ma che non può essere diversa da quel modello che diventa la prigione dell'uomo. Chi afferma il modello dell'Idea, bello, grande, grosso, giusto, ingiusto, ecc. determina il comportamento dell'uomo che deve o non deve aderire a quel modello. E' il tiranno dell'ideologia platonica che determina i comportamenti dell'uomo. Il padrone di schiavi che devono conformarsi al padrone.

In altre parole, Platone ruba la vita degli uomini per conformarla alla Teoria delle Idee e la Teoria delle Idee è quella che lui vuole che sia per giustificare il furto della vita degli uomini.

La dialettica di Platone è la dialettica dello schiavista che argomenta il suo essere padrone di schiavi per impedire agli uomini di prendersi nelle proprie mani la loro vita.

Quando Platone dice: "non vorrà porre un'Idea per ogni singola realtà, non avrà un punto di riferimento per il suo pensiero, in quanto non ammetterà un'Idea di ciascuna delle realtà che esistono" afferma una realtà che è divenuta per adattamento soggettivo alle variabili oggettive che ogni coscienza ha incontrato e il divenire della coscienza è l'unica cosa di cui noi possiamo parlare. Ma se, come Platone, vogliamo negare il divenuto di ogni coscienza, dobbiamo affermare che quella coscienza, priva di divenuto e di trasformazione, è venuta in essere obbedendo ad una realtà esterna ad essa che può essere il dio creatore, l'artefice, il demiurgo o le Idee dalle quali quella "coscienza" dipende per la sua esistenza. E se la coscienza, ogni coscienza, dipende da qualche cosa, quel qualche cosa è il padrone e il dominatore della coscienza.

Una volta che Platone ha separato gli Dèi dalla vita e le coscienze che vengono in essere, gli Esseri Umani, compresi come Esseri della Natura, non percorrono il cammino segnato dal Mito. Non si trasformano per diventare degli Dèi. Non resta loro che l'obbedienza al modello delle Idee. Obbedienza al dio creatore. Obbedienza al demiurgo o all'artefice.

Platone separa gli Dèi dalla vita degli uomini trasformandoli in una sorta di "assoluto", detentori della scienza assoluta e relegandoli in un erebo oscuro a cui gli uomini non accedono. Il loro stesso Erebo è determinato dai modelli delle Idee e queste Idee dominano, con i loro modelli, sia quegli Dèi che la vita degli uomini.

L'uomo non è più il soggetto che coraggioso affronta la propria vita per trasformarsi in un "DIO", ma è l'Essere sottomesso alla verità che solo obbedendo a quella verità compiace il suo padrone.

La dialettica in Platone ha questo scopo. Argomentare le ragioni per le quali il suo schiavo deve continuare ad essere il suo schiavo e come il padrone abbia diritto di possedere i suoi schiavi.

Sono le argomentazioni del bello, del giusto, del buono che costringono le persone ad essere schiavi di chi, come padrone, determina l'Idea del giusto, del buono o del bello. Il padrone dell'Idea. Il padrone dei contenuti dell'Idea è il padrone della verità a cui lo schiavo si deve sottomettere.

Scrive Platone nel Parmenide:

«Infatti, Socrate - disse -, tu hai tentato di definire il bello, il giusto, il buono e ogni singola Idea troppo presto, prima di esserti esercitato adeguatamente. Infatti, l'ho capito l'altro giorno, ascoltandoti qui mentre discutevi con il nostro Aristotele. Bello e divino, sappilo, è lo slancio che ti spinge verso gli argomenti. Ma, visto che sei giovane, esercitati, impegnandoti a fondo in quell'attività che può sembrare inutile e che i più considerano puro gioco di parole, altrimenti la verità ti sfuggirà».
«Ma qual è, Parmenide, questo tipo di esercizio?» chiese.
«Quello che hai ascoltato da Zenone - rispose -. Fatto salvo quello che mi sono compiaciuto di sentirti dire a lui, cioè che non accettavi che l'indagine si applicasse alle cose sensibili o si limitasse a queste, ma che si doveva rivolgere a quelle che soprattutto si conquistano con il ragionamento e che si possono giustamente considerare Idee».
«Mi sembra infatti - disse Socrate - che non sia per niente difficile in tal modo dimostrare che le cose sono simili e dissimili e che sono affette da altre opposizioni».
«è giusto! - ribadì -. Occorre però aggiungere anche un altro elemento, se vuoi esercitarti al meglio: non devi solo considerare le conseguenze che emergono dall'ipotesi che ciascuna cosa esista, ma devi anche supporre che questa stessa cosa non sia».
«Come dici?» chiese.
«Come esempio, se vuoi - disse - prendiamo la stessa ipotesi fatta da Zenone: se i molti esistono, bisogna esaminare che cosa deve conseguirne sia per i molti rispetto a se stessi e rispetto all'Uno, sia per l'Uno rispetto a se stesso e rispetto ai molti; e poi dall' altra parte, se i molti non esistono, di nuovo verificare che cosa ne conseguirà sia per l'Uno sia per i molti, in rapporto a se stessi e nel rapporto reciproco. E così ancora, se si suppone che ci sia la somiglianza, o che non ci sia, bisogna esaminare che cosa ne consegue da entrambe le ipotesi, sia per le stesse cose affermate ipoteticamente, sia per le altre, tanto rispetto a se stesse quanto rispetto alle relazioni reciproche.

A questo punto diventa necessario per Platone manifestare un esercizio di dialettica retorica per determinare il padrone delle Idee.

Chi determina le Idee?

Se le Idee sono i modelli a cui gli Dèi stessi si adeguano e gli uomini, con i loro concetti si adeguano per similitudine, l'Idea da chi dipende? Chi è il padrone delle Idee?

La teoria platonica dell'Uno interviene per giustificare la teoria delle Idee.

Chi è l'Uno?

E' Platone!

Platone si erge ad Uno che afferma e nega sé stesso in quanto l'unica trasformazione che Platone ammette per sé stesso è la propria morte: il suo nulla.

Questo delirio patologico diventa un esercizio di dialettica retorica con cui, sul lettino di uno psichiatra, Platone afferma la sua onnipotenza facendo dell'Uno il sé stesso che si erge al di sopra della realtà in una verità che deve essere sempre uguale a sé stessa per poterla controllare e dominare.

Il tiranno, il monarca, il despota, necessita di una realtà immodificabile che perpetui il suo dominio e nello stesso tempo necessita di altri despoti, tiranni o monarchi con cui costruire delle relazioni di conflitto in cui coinvolgere i suoi schiavi che in suo nome sacrificano sé stessi. Sacrificano la loro vita come la loro intelligenza in una vuota retorica che li separi dalle condizioni della vita.

L'Uno, il re, il padrone, il dio cristiano, l'Allah, dei musulmani o il dio degli ebrei combattono per il loro assolutismo. Loro sono l'Uno, ognuno di loro ha il "vero UNO", il detentore della verità, e chiamano le masse dei fedeli alla guerra santa a partecipare alla gloria di quell'Uno adeguandosi al sistema delle Idee che ha permesso loro di esistere.

Il mondo è pieno di Dèi, dice il Mito.

La vita è la grande sfida dei nati, sia essi Dèi che mortali. Tutti vivono. Tutti affrontano le condizioni e le contraddizioni della loro esistenza per trasformarsi in Dèi. Dèi e uomini combattono la comune battaglia che li porta nell'infinito dei mutamenti.

Poi arriva Platone che nega il divenire dell'uomo. Lo relega in una verità di cui le Idee sono espressione. Relega gli Dèi in un mondo in cui gli uomini non accedono. Non ci sono più gli Ercole, i Teseo, le Ninfe, ma solo individui che manifestano similitudini di Idee sottomessi alle verità di chi definisce il giusto, il bello o il grande.

E chi è che lo definisce?

Platone!

Platone è l'Uno e Platone argomenta sull'Uno affermandolo e negandolo in un esercizio retorico dove l'Uno è e non-è purché siano le interpretazioni del bello, del giusto e del grande a cui l'uomo deve sottomettere la sua vita pensando che le interpretazioni del bello, del giusto o del grande del padrone sia l'oggettività del bello, del giusto o del grande.

Questo è il motivo per il quale il discorso sulla teoria delle Idee nel Parmenide di Platone continua con la definizione dell'Uno. Una definizione che si conclude con la non esistenza dell'Uno che significa la non esistenza della Teoria delle Idee.

Ma chi è che si ricorda, dopo aver letto il Parmenide di Platone, di tornare all'inizio e di ragionare sul significato della Teoria delle Idee?

Rimane l'impressione nel lettore, la stessa impressione fatta propria dai neoplatonici, secondo cui l'Uno è l'entità che manifesta le Idee e gli Dèi altro non sarebbero che Idee manifeste dall'Uno e i neoplatonici elaborano la realtà dell'Uno dal quale le Idee, la realtà del loro vissuto, si manifesta per tornare all'Uno.

In tutto questo movimento i neoplatonici dimenticano le trasformazioni dell'uomo.

Dimenticano che l'uomo era nella pancia della loro madre e che nella pancia della loro madre ha iniziato a forgiare la sua coscienza. Dimenticano che un giorno erano neonati e dimenticano che hanno affrontato la loro quotidianità trasformando sé stessi giorno dopo giorno.

Nel tentativo di riaffermare la teoria delle idee riaffermano l'assolutismo il sui unico scopo è distruggere la vita dell'uomo in funzione di un padrone.

Platone è il dittatore che inizia l'assoluta lotta della dittatura, dell'assolutismo, contro la democrazia. E gli Dèi del mito sono la democrazia che resiste all'assolutismo spingendo gli uomini ad uscire dalla sottomissione per riprendersi nelle proprie mani la responsabilità del la propria esistenza e trasformarsi in Dèi a loro volta.

Marghera, 29 marzo 2017

NOTA: Le citazioni del Parmenide di Platone sono tratte da "Platone – tutti gli scritti" a cura di Giovanni Reale traduzione di Maurizio Migliori edito da Bompiani Editore edizione 2014

 

 

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Marghera, 29 marzo 2017

Claudio Simeoni

Meccanico

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Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.