La dottrina di Pitagora in Diogene Laerzio
alcune analogie col cristianesimo

Pitagora (580 a.c. - 495 a.c.)
Diogene Laerzio (180 d.c. - 240 d.c.)

di Claudio Simeoni

Settimo volume:
cristianesimo, nazi-fascismo, identitarismo e sovranismo
la genesi dell'assolutismo

capitoli del settimo volume della Teoria della filosofia aperta

La dottrina religiosa di Pitagora in Diogene Laerzio

Premessa:

Ho fatto un commento riassunto della "dottrina" di Pitagora come presentata da Diogene Laerzio nella sua "Vite dei filosofi" partendo dal paragrafo 11 al paragrafo 21, prima frase.

Inizialmente era prevista la presenza dei paragrafi di Diogene Laerzio commentati, ma poi, per rendere la pagina meno pesante, ho tolto i paragrafi di Diogene Laerzio e ho lasciato solo il mio commento.

In questo modo la lettura non risulterà molto fluida, ma la pagina è meno pesante e non compromette la qualità del commento.

Pitagora in Diogene Laerzio

Se si dovesse conoscere in che cosa "credeva Pitagora" dobbiamo prestar fede a Diogene Laerzio che nella sua opera, "Le vite dei filosofi", ci lascia un riassunto delle credenze fideistiche di Pitagora all'interno del racconto della sua vita.

L'elenco non ci consente di conoscere davvero il pensiero di Pitagora in quanto si tratta di un elenco di affermazioni e di comportamenti, da cui si desumono credenze, che sono slegati da una vera e propria filosofia d'insieme.

E' come dire: "Anch'io come il muratore posso mettere un mattone sopra l'altro per costruire una casa!" Ma se non conosco come si compone la giusta malta con cui legare i mattoni, nel momento in cui imito il muratore, la casa crolla. Non basta saper mettere un mattone sopra l'altro se non si ha la conoscenza complessiva dell'insieme che permette di rendere funzionale il mettere un mattone sopra l'altro per costruire una casa.

Diogene Laerzio ci fa un elenco dei mattoni, ma non ci dice la filosofia complessiva da cui quei mattoni sono tratti e lascia all'immaginazione del lettore il compito di legare quei mattoni in un complesso filosofico esaustivo e funzionale. Un compresso filosofico complessivo e funzionale che non è più quello di Pitagora, ma quello del lettore di Diogene Laerzio che si assume il compito di usare quei mattoni a proprio uso e consumo.

Nell'analizzare le credenze dei pitagorici descritte da Diogene Laerzio, devo partire dal presupposto che quanto scrive Diogene Laerzio sia del tutto vero. Non perché ciò sia assolutamente attendibile, ma perché nel corso dei secoli si è ritenuto che fosse attendibile e si è agito come se lo fosse. Un po' come ho fatto con i vangeli cristiani. Gesù non è mai esistito, ma nell'analizzare i vangeli cristiani sono partito dal presupposto che questi parlino di Gesù in quanto le persone, che praticano l'ideologia di Gesù, credono che sia esistito.

Pitagora, cosa diceva di sé stesso? O, che cosa Pitagora faceva credere di sé stesso?

Diceva di essere Apollo venuto dalle terre degli Iperborei e per farlo metteva in atto dei trucchi come quello di mostrare una gamba dorata. Inoltre, molti andavano dicendo che mentre attraversava un fiume il fiume stesso lo avesse salutato.

Il secondo aspetto che ci viene presentato è la "classificazione" delle donne che convivono con gli uomini: ragazze, amanti e madri. Il nome delle Dee altro non appare che un sistema di classificazione senza nessun riferimento a condizioni religiose, ma solo relativo al loro stato in rapporto agli uomini.

Il terzo elemento che ci viene rappresentato da Diogene è che Pitagora avrebbe sviluppato la geometria mentre, un tale Meride, scopre gli assiomi fondamentali della stessa.

In questo paragrafo (Diogene Laerzio 11) riscontriamo 2 trucchi con cui Pitagora legittimerebbe la sua autorità: 1) sono un Dio; 2) il fiume mi riconosce come un uomo superiore.

Il secondo aspetto è quello della classificazione delle donne. Apparentemente sembra banale, ma classificando le donne Pitagora arroga a sé stesso il diritto di classificare l'intera società. Classificandola, distribuisce diritti e doveri a seconda delle sue predilezioni.

Il terzo aspetto è di natura scientifica: Pitagora sviluppa la geometria. Non è un aspetto da poco. Noi oggi conosciamo molto bene questo meccanismo. E' lo stesso meccanismo adottato da Pascal: siccome Pascal fa fatto delle scoperte scientifiche, queste avvalorerebbero, secondo alcuni, la morale filosofica assolutista di Pascal. Non si mette in discussione la morale filosofica assolutista di Pascal perché Pascal è uno scienziato e, come tale, in diritto di fare affermazioni metafisiche demenziali in quanto è uno scienziato.

Ci sono molte analogie con i vangeli cristiani.

La prima analogia è la certificazione dell'individuo come autorità. Come Pitagora si spacciava per Apollo Iperboreo, così Gesù si spaccia come figlio del Dio creatore dell'universo. In questo modo ci si attribuisce un'autorità in quanto persona, indipendentemente da che cosa si offre agli uomini.

Dal momento che non solo non si offre nulla agli uomini, ma si chiede agli uomini di sottomettersi alla persona, è necessario che l'autorità sia tale in quanto circoscritta alla persona e non manifestata dalle parole o dalle azioni della persona. L'autorità delle persone, in quanto figlio di Dio o l'identificazione con Apollo Iperboreo, conferisce autorità ad ogni stupidaggine che la persona pronuncia.

Il secondo aspetto è la classificazione della società. Pitagora classifica le donne in relazione agli uomini; Gesù qualifica la posizione della donna in relazione agli uomini: prostituta, moglie, madre, vedova. Attraverso questo, Gesù e Pitagora si arrogano il diritto di dividere la società in classi alle quali assegnare doveri e diritti a seconda dei loro interessi.

Il terzo aspetto è la natura scientifica che legittima ogni affermazione fantasiosa. Le illazioni di Pitagora sono legittimate dall'autorità scientifica in materia di geometria. Lo scienziato Pitagora legittima il Pitagora moralmente farneticante. La stessa cosa noi la troviamo nei vangeli (Matteo 11, 25-27) dove Gesù non è dipinto come uno scienziato, ma come portatore di scienza rivelata dal padre. Gli evangelisti, non potendo attribuire a Gesù scoperte scientifiche, gli attribuiscono la conoscenza scientifica quale "dono" del Dio creatore. In questo modo, Gesù può, come Pitagora, fare affermazioni fantasiose prive di dimostrazione perché è in possesso del sapere assoluto.

Secondo Diogene Laerzio, Pitagora si interessò principalmente di geometria e di matematica. Si interessò anche di medicina. La gamma di interessi di Pitagora, da queste frasi, appare come relegata ad interessi scientifici oltre che la ricerca di risultati medici mediante la variazione della dieta per ottenere qualche cosa di diverso nelle prestazioni atletiche.

Secondo Diogene Laerzio, l'attività di Pitagora introduce la "necessità soggettiva della conoscenza" come razionalizzazione della realtà del mondo.

Da quanto dice Diogene Laerzio, "conoscere il mondo è potere". La conoscenza dà la possibilità di agire nel mondo.

Nei vangeli cristiani non esiste la ricerca della conoscenza perché la conoscenza è Gesù: l'oggetto della conoscenza in sé. E' la verità, a cui le persone devono tendere.

Il problema della conoscenza è vissuto dai cristiani come necessità di negare la conoscenza in funzione di una verità aprioristicamente definita della realtà del mondo che Dio rivela.

In questo c'è l'opposizione fra cristianesimo e pitagorismo.

Rimane controversa l'idea che Pitagora mangiasse di tutto o fosse vegetariano. A volte si dice che mangiasse ogni cosa meno che il bue e l'ariete. Altre volte si dice che fosse vegetariano. Altre volte ancora che integrasse la dieta con miele e pesce. Se qualcuno intende far diventare Pitagora il prototipo dei vegetariani è un suo intento non suffragato da informazioni.

Diogene Laerzio è perplesso. In effetti, la reincarnazione predicata da Pitagora, a differenza della reincarnazione predicata da Platone, implicava che l'"anima" degli uomini si reincarnasse anche negli animali attraversando un ciclo di reincarnazioni che viene normalmente definito come metempsicosi mentre, la reincarnazione di Platone riguardava, a quanto ne so, gli uomini. L'idea di Platone è chiamata reincarnazione. E' probabile che l'idea della reincarnazione Platone l'ha mutuata dai pitagorici.

Il non mangiar carne, ci dice Diogene Laerzio, era essenzialmente un pretesto con cui Pitagora costringeva i suoi seguaci alla vita frugale adducendo il motivo che, non mangiando carne e non cucinando i cibi, avrebbe fatto bene al corpo e all'anima. Però Pitagora mangiava verdure cotte e pesce che, indubbiamente, cuoceva.

Pitagora induceva gli uomini che lo seguivano a vivere nell'indigenza per poter ottenere una migliore adesione alla setta. Si faceva consegnare i beni che, da lui gestiti, erano gestiti per la "comunità" a sua discrezione. La stessa cosa la faceva Gesù che si faceva consegnare i beni per gestirli con la scusa che "E' più facile che un cammelo passi attraverso la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli".

La caratteristica della setta pitagorica era quella di non dare nulla agli uomini, salvo la promessa della conoscenza, ma di pretendere dagli uomini obbedienza ai dettami e a conferire alla setta i loro beni.

Si dice che a Delo, Pitagora si fosse avvicinato all'altare di Apollo Genetore, un altare nel quale si sacrificavano solo vegetali. Su quell'altare non si accendeva il fuoco e non si sacrificavano vite animali. Pitagora preferiva sacrificare vegetali piuttosto che uccidere animali anche se, in altra parte, si parla di sacrificare galli o agnelli e capretti.

Nel cristianesimo le proibizioni morali e comportamentali aumentano. Il cristianesimo dichiara guerra ai principi morali dei farisei, come il rispetto del sabato, il lavarsi le mani, il diritto al divorzio, ecc. Nello stesso tempo, il cristianesimo, impone limitazioni morali che sopprimono più violentemente la sessualità delle persone liberando l'autorità dall'obbligo di rispetto nei confronti delle persone sottomesse. La violenza sessuale, nel cristianesimo, come nell'ebraismo, è ammessa come diritto del più forte sul più debole.

In questo il cristianesimo va a pari passo col pitagorismo. Entrambi hanno la necessità di imporre obblighi comportamentali per irregimentare i propri seguaci. Un po' come la circoncisione ebraica, ma senza modificazioni fisiche, solo psicologiche. Oppure come i tatuagi che si facevano agli schiavi.

Pitagora, a quanto dice Diogene Laerzio, fu il primo che separando l'anima dal corpo, afferma che l'anima entra nel circolo della necessità (per quale motivo e attraverso quali "mezzi", non lo rivela) passando di essere vivente in essere vivente (animali compresi).

Questo è il primo aspetto teologico che incontriamo, al di là della "ricerca scientifica" e pratica, in Pitagora.

Diogene Laerzio, subito dopo questa affermazione sulla credenza predicata da Pitagora, ritorna alla materialità della vita di Pitagora affermando che Pitagora fu il primo ad introdurre in Grecia pesi e misure. Certamente funzionali al commercio.

Poi, sempre Laerzio, ci dice che Pitagora sostenne che Vespro e Lucifero era la stessa stella e in questo associa Pitagora a Parmenide.

Ed ecco il "panino" confezionato da Laerzio. Dopo aver detto che Pitagora credeva nella metempsicosi, Laerzio ci fornisce la prova della realtà della metempsicosi di Pitagora affermando che Pitagora dice di essere tornato dall'Ade fra gli uomini dopo duecentosette anni. Per questo le persone vivevano di meraviglia e andavano da Pitagora.

Il meccanismo è quello cristiano ove Gesù afferma l'esistenza del paradiso come promessa di lui che sta per venire con grande potenza sulle nubi affermando che non passerà quella generazione senza che arrivi la fine del mondo e sarete assunti in cielo col corpo. Anche il Gesù dei cristiani afferma di essere disceso agli inferi e di essere risorto dalla morte. Con questa azione Gesù dice: come io sono risorto nella carne, anche voi un giorno, risorgerete nella carne. Ovviamente, essendo un'illazione, Paolo di Tarso crede effettivamente di essere assunto in cielo con tutto il corpo anziché morire, salvo sperare di morire quando la promessa di Gesù non si realizza.

Ci sono molte analogie fra Pitagora raccontato da Diogene Laerzio e il Gesù dei vangeli.

La differenza fra Pitagora e Orfeo appare evidente. La leggenda di Orfeo dice che Orfeo è disceso all'Ade per portare via dall'Ade Euridice, ma che fallisce nella prova. Orfeo non fa della discesa all'Ade culto di sé stesso. Pitagora dice di essere tornato dall'Ade per fare culto di sé stesso. Per quel che mi riguarda, Orfeo può anche aver sognato di essere stato all'Ade, a me non cambia nulla. Ma Pitagora mi deve dimostrare la sua affermazione perché Pitagora, con questa affermazione, pretende un atto di fede dai suoi sodali. In questo caso, credere o non credere alla storia mi può cambiare la vita.

Quando Diogene Laerzio (21) dice che Ieronimo riferisce che nel soggiorno all'Ade Pitagora avrebbe visto l'anima di Esiodo, disperata e legata ad una colonna di bronzo, e l'anima di Omero, appesa ad un albero e circondata da serpenti, Pitagora, mediante l'induzione nelle persone della credenza del proprio soggiorno all'Ade, sta incitando all'odio nei confronti di Esiodo ed Omero per distruggere l'idea sugli Dèi che Esiodo ed Omero hanno trasmesso.

Secondo Diogene Laerzio Pitagora non divulgò per scritto nessuna dottrina. Motivo? C'è un solo motivo per cui non si rivela, sottoscrivendolo, un complesso di idee sociali o religiose ed è lo stridere fra un'idealità immaginata, che viene prospettata, e una pratica che contraddice quell'idealità immaginata.

Non erano meno di 600, dice Diogene Laerzio, quelli che andavano ad ascoltare Pitagora e di 600 persone nessuno che parlasse della dottrina di Pitagora che rimaneva segreta.

Tutti e 600 erano selezionati. Erano i "degni di vederlo" mentre gli altri, gli indegni, erano esclusi.

L'abitazione di Pitagora era detta "Tempio di Demetra". Demetra, nei misteri di Eleusi, è colei che cerca Persefone viaggiando per il mondo e associare Pitagora a Demetra che cerca, probabilmente, voleva significare la ricerca scientifica di Pitagora. La strada in cui c'era la casa di Pitagora venne chiamata vicolo delle Muse. Le Muse rappresentano la ricerca di conoscenza.

In Pitagora la conoscenza, in relazione alla filosofia, appare più millantata che non fattiva mentre lo sviluppo della matematica e della geometria sembra non lasci dubbi. Ma quando si esce dalla matematica e dalla geometria le idee dei pitagorici vagheggiano in un indefinito che appare, quanto meno, fantasioso se non utile al dominio dell'uomo sull'uomo.

La tecnica di millantare "insegnamenti esoterici", che non esistevano nel pensiero del "maestro" alimentando nelle persone il desiderio di conoscere, è stata adottata anche dai vangeli cristiani.

Scrive Matteo:

Allora i discepoli si avvicinarono e gli dissero: "Perché parli loro in parabole?" 11 Egli rispose loro: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato. Perché a chiunque ha sarà dato, e sarà nell'abbondanza; ma a chiunque non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole, perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono né comprendono. E si adempie in loro la profezia d'Isaia che dice:
"Udrete con i vostri orecchi e non comprenderete;
guarderete con i vostri occhi e non vedrete;
perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile:
sono diventati duri d'orecchi e hanno chiuso gli occhi,
per non rischiare di vedere con gli occhi e di udire con gli orecchi,
e di comprendere con il cuore
e di convertirsi, perché io li guarisca".
Ma beati gli occhi vostri, perché vedono; e i vostri orecchi, perché odono! In verità io vi dico che molti profeti e giusti desiderarono vedere le cose che voi vedete, e non le videro; e udire le cose che voi udite, e non le udirono.

Vangelo di Matteo 13, 10-17

Pitagora non ha scritto nulla della sua dottrina esoterica o essoterica. Solo Filolao, in ristrettezze economiche, scrive tre libri relativi al pensiero filosofico di Pitagora. Questi tre libri sono andati perduti, ma si dice che siano stati acquistati a caro prezzo da Platone che si è servito di quei libri per confezionare il Timeo.

In effetti, il Timeo è un dialogo di Platone molto anomalo. Una storia di una creazione che potrebbe essere sia in relazione con Pitagora sia in relazione con Parmenide. Che Platone abbia attinto l'attività del "Dio creatore" da Filolao o da Archita di Taranto, alla fine è poco importante perché, se effettivamente parte delle idee religiose di Pitagora vengono espresse nel Timeo, Pitagora aveva molte ragioni per tener segrete quelle idee rispetto ad una ricerca scientifica nella matematica e nella geometria che permetteva, a differenza delle idee espresse nel Timeo, riscontri misurabili e verificabili.

Pitagora, quando veniva a sapere che qualcuno apprezzava i suoi simboli, lo trasformava immediatamente in un sodale e diventava suo amico.

Questo comportamento è molto simile a quello che troviamo nei vangeli in Gesù.

Scrive il vangelo di Giovanni:

Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

Vangelo di Giovanni 15, 14-17

Per quanto poi riguarda la risposta del pitagorico Senofilo al cittadino che gli chiedeva che cosa dovesse fare per educare suo figlio, la risposta fu quella di "educarlo nella fede" in una città ben governata. Dove il concetto di "ben governata" è un concetto soggettivo che, non esprimendo gli elementi che caratterizzano un buon governo, rimane solo la "fede" che in quella città ci sia un buon governo.

Su questo punto ci sarà un Platone che educherà, all'obbedienza alle gerarchie che dominano lo Stato, i giovani come nella tripartizione classista de "La Repubblica". Per Platone, la violenza che costringe le persone alla classe di appartenenza è un buon governo.

I "simboli" attribuiti a Pitagora sono "norme di comportamento" e non è chiaro se tali norme sono da Pitagora attribuite a sé stesso, e per estensione ai sodali, o se sono ammonimenti alle persone per salvaguardare la sottomissione delle persone a Pitagora. Un po' come il Gesù dei vangeli che dice alle persone che loro devono amare i loro nemici quando egli si pone al di fuori del contesto delle persone, e come tale, nemico delle persone che le persone devono amare.

Commento alcuni simboli dei pitagorici:

Non suscitare l'ira o il furore dei potenti è uno dei simboli di Pitagora. Pitagora, come si colloca? Fra i potenti in cui l'ira è suscitata o nella persona che non deve usare il coltello per attizzare il fuoco e suscitare l'ira dei potenti?

Non si scavalchi una bilancia è uno dei simboli di Pitagora. Pitagora, come si colloca? E' colui che gestisce la bilancia o è colui che deve praticare giustizia e non scavalcare la giustizia, la bilancia?

Non ci si sieda sulla chenice è uno dei simboli di Pitagora (la chenice è il cibo quotidiano di una persona). Pitagora, come si colloca? Dice di non sedersi sulla sua chenice o dice che lui non si deve sedere sulla chenice delle persone?

Non si mangi il cuore è uno dei simboli di Pitagora. Pitagora si riferisce alle persone che possono procurargli affanni o sta parlano a sé stesso affinché non si affanni o, ancora, sta vietando a sé stesso di procurare affanni alla persone?

Non ci si volti indietro sul confine nel momento in cui ci si allontana dalla patria è uno dei simboli di Pitagora. Il migrante che lascia la patria per disperazione non si volta indietro come non si volta indietro colui che sta per morire. Ma non si capisce bene se Pitagora parla a sé stesso che ha abbandonato Samo o se parla alle persone che nel momento in cui stanno per morire si volgono verso Pitagora, l'Apollo Iperboreo, nella speranza di un miracolo.

La stessa tecnica è usata dai cristiani, prendo una rapida carrellata dal vangelo di Tommaso Didimo:

"Dove si trovano tre Dèi, sono tre Dèi; dove sono due o uno io sono con lui" (31)

"Un profeta non è accetto nel suo paese. Un medico non cura quelli che lo conoscono" (32)

"Se un cieco guida un cieco, cadono ambedue in una fossa" (35)

"Non è possibile che uno entri nella casa di una persona forte e la prenda con la forza se prima non le lega le mani. Allora potrà saccheggiare la sua casa". (36)

"Non siate ansiosi da mattina a sera e dalla sera al mattino su come vi vestirete" (37)

Fine citazioni dal vangelo di Tommaso Didimo.

Si tratta di affermazioni buone per qualsiasi uso. Affermazioni che costringono l'ascoltatore a riempirle di significato.

Questi "simboli" si possono attribuire a tecniche retoriche con cui coinvolgere l'ascoltatore senza esporsi per definire che cosa si intende con l'espressione.

Diogene Laerzio ora ci parla dei comportamenti personali di Pitagora e delle sue raccomandazioni anche in materia di cibo.

Pitagora diceva di astenersi dal magiare il pesce fragolino (pagello fragolino) e il pesce melanuro (oblada melanura). Raccomandava di non mangiare fave anche se in altra parte (Strabone) si dice che lui le mangiava. Astenersi dalla triglia ecc. Diceva anche di non mangiare il cuore degli animali. Pitagora si cibava di miele, pane e verdure e pesci. Usava una veste di lana bianca e una coperta di lana.

Diogene Laerzio ci dice che Pitagora non fu mai visto defecare o orinare. Non fu mai visto ad avere un rapporto carnale né lo si è mai visto ubriaco. Non raccontava storie volgari e non picchiava né liberi né schiavi.

Praticava la divinazione traendo auspici dagli uccelli, ma evitava quella che necessitava di sacrifici animali,

Aristosseno affermava che Pitagora consentiva di mangiare ogni carne di animali ad eccezione del bue e dell'ariete.

E' Aristosseno che ci racconta che tutte le dottrine di Pitagora furono insegnate a Pitagora dalla sacerdotessa delfica Temistoclia.

Tutta la dottrina di Pitagora doveva essere tenuta segreta. Nessuno la doveva conoscere al di fuori dei suoi sodali. Nessun valore hanno le notizie del suo comportamento personale perché, dal comportamento personale non si può desumere nessuna dottrina. Al massimo siamo davanti al comportamento di un uomo pieno di sé che pretende di dominare le città.

Diogene Laerzio scrive nel 180 d.c. di Pitagora che non voleva divulgare le sue idee filosofiche, tutto è da prendere col beneficio d'inventario anche se Diogene Laerzio, Porfirio, Giamblico e Platone hanno detto in che cosa consiste la dottrina filosofica di Pitagora senza parlare della filosofia di Pitagora distinguendola da altre filosofie.

Una volta letto questo, pur tenendo presente che alcune notizie contrastanti sono in altri autori: che cosa resta della filosofia di Pitagora?

Ci resta la tavola pitagorica e i teoremi geometrici, ma ben poca filosofia metafisica.

Marghera, 24 aprile 2023

 

capitoli del settimo volume della Teoria della filosofia aperta

 

 

Sito di Claudio Simeoni

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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Ultima formattazione 07 ottobre 2021

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