Hermann Rudolph Lotze (1817 – 1881)

I fondamenti dello spiritualismo

Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788892610729

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

I fondamenti dello spiritualismo

 

Lotze fu un oppositore delle teorie vitalistiche. Che cos'è una teoria vitalistica? E' una teoria che identifica nei fenomeni vitali un principio loro proprio. In sostanza a dio che anima la materia, il vitalismo contrappone un principio animatore della materia che come dio interviene trasformando il non vivente in vivente. Al principio animatore della materia, Lotze contrappone dio che anima la materia.

Il primo vitalismo viene messo in discussione quando un laboratorio chimico sintetizza l'urea, di fatto, da materia inorganica produce una materia organica. Il principio vitale, come oggetto in sé, non esiste distinto dalla materia esattamente come non esiste il dio padrone degli spiritualisti.

Lotze afferma che la sostanza del mondo è il bene. Avrebbe dovuto dimostrare, innanzitutto, il bene come sostanza e realtà oggettiva, ma non lo ha fatto. Lo ha affermato riempiendo l'idea di bene di ciò che egli vuole che sia il bene. Lo ha riempito della sua immaginazione pretendendo che il lettore convenga con lui sull'idea di bene.

Lotze prende il suo concetto di bene e lo proietta come oggettività del mondo in cui esiste e tutto il mondo deve corrispondere alla sua idea di bene. E' un classico del delirio soggettivista in cui l'individuo, identificandosi con l'assoluto, interpreta l'assoluto come egli sarebbe se fosse l'assoluto e, dunque, l'assoluto può essere come lui vuole che sia. Il soggetto pensa l'assoluto del mondo e il mondo è come lui pensa l'assoluto.

Lotze ritiene che la filosofia debba dimostrare:

"il compito che spetta al meccanismo nell'ordinamento dell'universo è universale senza eccezione quanto alla sua estensione, ma nel tempo stesso affatto secondario quanto alla sua importanza".

La filosofia dovrebbe dimostrare un meccanismo pensato aprioristicamente nella testa di Lotze. Piuttosto, dovrebbe essere Lotze a dimostrare il meccanismo che ha in testa. Dovrebbe argomentare per dimostrare il meccanismo che egli vuole far dimostrare dalla filosofia. Affermare che esiste un meccanismo nell'ordinamento dell'universo significa voler insultare l'universo offendendo tutti gli sforzi di adattamento soggettivo fatto da ogni ente che si è adattato al mondo in cui è venuto in essere. La somma di tutti gli esseri, dei loro sforzi di adattamento noi la chiamiamo genericamente "universo".

Secondo Lotze la Natura ha leggi "brute" e questo fatto, per Lotze, che non vede la Natura adattarsi al suo schema mentale, risulta incomprensibile. Ammette, all'interno di una propria illusione finalista, la necessità bruta della Natura affermando però che questa è finalizzata al bene. La violenza della natura realizza il bene.

La natura, come macchina che realizza le dure condizioni che portano al bene, sarebbero per Lotze la dimostrazione della subordinazione ad un piano razionale, a un principio superiore, al suo dio padrone proprio della sua immaginazione.

Gli atomi, come tante forze delle monadi leibniziane, alterano la loro azione reciproca, la loro necessità, la loro aggregazione togliendone la sua immutabilità. In questo modo la materia non è estranea allo spirito. La materia stessa diventa spirito diventando parte di un sistema in cui non c'è altra realtà che lo spirito.

In questa condizioni, dice Lotze, anche ammesso che la scienza riesca a provare che tutta la natura divenga per trasformazione, in una continua evoluzione, il fine è la vita spirituale dell'uomo. Proverà soltanto che la vita spirituale dell'uomo è il fine di tutto il processo di trasformazione naturale. Tutto il processo evolutivo serve a riprodurre e a conservare la vita spirituale.

I "miracoli" della scienza, afferma Lotze, non saranno mai in grado di eliminare la creazione immediata, ma possono solo respingere l'atto della creazione in un tempo remoto. Un'epoca antica in cui dio, la sapienza infinita, deponeva nel caos la facoltà di tutta l'evoluzione.

Per Lotze, dio è la condizione di ogni fatto. Di ogni evento. Origine della Natura mediante un atto di creazione. Dio è la legge. Dio è l'origine e causa di ogni ordine nella Natura. Tutto è congiunto da dio.

"Tutte le attività e tutte le vicende delle cose si aggirano con apparente necessità intrinseca dentro la cerchia di quelle leggi nelle quali l'Uno eterno comandò a ciascuno dei suoi effetti di rimanere."

E' l'uno eterno, il dio padrone, che comanda alle cose dove e come essere. Non sono le cose che si adattano alle condizioni dell'esistenza. Lo spiritualismo è un'operazione ideologica che ha il solo scopo di privare le cose, gli oggetti, gli Esseri, della loro volontà, della loro capacità d'esistenza, dei loro adattamenti soggettivi, della loro stessa intelligenza e delle loro stesse emozioni per attribuire tutto questo alla volontà di un padrone. Il dio padrone, l'uno, l'assoluto, che determina l'azione e la posizione nell'esistenza dei soggetti dopo aver preteso di determinare il venir in essere degli stessi soggetti.

Questo è uno dei maggiori atti criminali messi in atto dalla filosofia perché trasforma i soggetti in non soggetti; in cadaveri, in non persone, che si possono portare al macello della vita in nome di quel dio padrone in cui Lotze si identifica.

Questa privazione delle caratteristiche dei soggetti, che una persona normale chiama "crimine", per gli spiritualisti si chiama "realizzazione del bene".

Il fatalismo, come abbandono dei soggetti nelle condizioni volute dal dio padrone di Lotze, appare evidente:

Ogni cosa finita è una creatura dell'infinito. «Tutto l'essere, tutto ciò che piglia nome di forma o di figura, di cosa o di avvenimento, tutto ciò insomma dal cui complesso risulta la natura, non può considerarsi se non come una condizione preliminare per l'effettuazione del bene, non può esistere così com'è, se non per la ragione che così e non altrimenti vi si manifesta il valore eterno del bene» (Ib., p. 404).

Tutto è un valore eterno del bene del dio padrone. Tutto è inutile per gli oggetti finiti perché tutti, qualunque sia la loro scelta, concorrono alla condizione preliminare per l'effettuazione del bene: della volontà del dio padrone!

Questo modo di pensare nasce dal puro desiderio di Lotze. Lotze vuole che sia così perché altrimenti la sua psiche ne soffrirebbe. Se non fosse così dimostrerebbe l'esistenza del suo dio padrone e del suo ordine universale. Ma lui non lo dimostra, lo immagina e lo farnetica in un desiderio che davanti al mondo, reclamando sé stesso, dimostra quanto è sofferente e smarrito. La sofferenza e lo smarrimento lo costringono a desiderare un mondo d'ordine regolato dalla sua stessa intelligenza che veicola il suo desiderio di armonia universale.

Afferma Lotze:

"«La sicurezza della nostra speranza e la gioia della nostra esistenza, dice Lotze (Microcosmo,II, trad. ital., p. 13), riposano sulla fede nell'unità premeditata del sistema cosmico, che ci ha preparato il nostro posto e che già nei ciechi effetti della natura ha messo il germe dell'evoluzione che la vita spirituale deve accogliere e continuare".

Tutto ciò riposa sulla fede "dell'unità premeditata del sistema cosmico". In sostanza, tutto riposa sul suo desiderio di una natura psicologica sofferente per le diversità e le articolazioni del mondo. Una psiche sofferente che fugge dal mondo e che trova rifugio in una dimensione delirante in cui la fede descrive un mondo immaginario in cui quella psiche vive in armonia e dove un padrone ha preparato il suo posto, la sua collocazione. Immagina che quel padrone abbia "nei ciechi effetti della natura messo il germe dell'evoluzione della vita spirituale" che la natura, secondo Lotze, deve accogliere.

Il desiderio di dipendere dal dio padrone in Lotze è talmente forte che tale desiderio invade l'intera coscienza razionale che diventa, in Lotze, il suo modo per immaginare il suo dio padrone. Questa immaginazione, alla quale Lotze sottomette la sua esistenza e le sue strategie di vita, Lotze la chiama "giungere a dio" mediante le esigenze del cuore.

Lotze fa propria la prova anselmiana di dio: dio esiste perché lo penso e non posso immaginare altra realtà senza l'assoluto dio padrone. Egli è certo che il padrone più grande e più bello e più ricco di valore non è puro pensiero, ma dev'essere realtà. Esattamente come nel malato schizofrenico le sue allucinazioni visive e uditive, sono realtà oggettiva dalla quale partire per agire nel mondo. Il malato schizofrenico riterrebbe insopportabile credere che le sue allucinazioni siano un prodotto del suo pensiero. Per lo schizofrenico le allucinazioni hanno una realtà valida, esattamente come per Lotze il suo dio padrone.

Scrive Lotze:

"Vi è una certezza immediata, egli dice (Mikrokosmos, IlI, p. 557), che l'essere più grande, più bello e più ricco di valore non è un puro pensiero, ma dev'essere realtà. Sarebbe infatti insopportabile credere a un ideale che sia una rappresentazione prodotta dal pensiero col suo lavoro, ma che non abbia in realtà alcuna esistenza, alcuna potenza e alcuna validità. Se l'Essere più grande non esistesse, non sarebbe il più grande e questo è impossibile, perché esso non sarebbe allora il più grande di tutti i pensabili".

Il bisogno patologico di proiettare sé stessi nell'immenso in un delirio assoluto è il motivo per il quale Lotze trova il suo dio padrone: egli, veicolando il suo desiderio, è il dio padrone!

Come uno schizofrenico veicola nelle sue allucinazioni i suoi desideri, più o meno controllabili, così Lotze veicola nel dio padrone un desiderio di relazione che la vita gli nega.

Davanti all'affermazione cristiana che dio crea le verità eterne, Lotze contrappone l'idea secondo cui le verità eterne sono modi con cui il dio padrone agisce. Lotze cerca di salvare il dio padrone cristiano dalle prove con cui la scienza demolisce le affermazioni di bibbia e vangeli smussando la contrapposizione fra lo spirito e la natura e separando l'azione del dio padrone nella natura.

Quando Lotze afferma che l'unità fra i valori spirituali e le forme naturali possono essere affermate e credute, ma non conosciute. Sta dicendo che solo nella patologia psichiatrica, nella malattia che si risolve nell'illusione fideistica in una realtà fantasticata può esistere un'unità di valori e materia che sono, in quella stessa fantasia, separati mediante l'azione del dio padrone che usa la Natura come strumento della sua creazione. Tutto può essere immaginato e l'immaginazione può diventare soggettivamente reale in una dissociazione del soggetto dalla realtà vissuta. Ma il fatto che tale realtà sia soggettivamente reale, non significa che sia una realtà oggettivamente reale se non si costringono altre persone a sottomettersi alla propria immaginazione. Il fatto che molte persone condividano un'immaginazione, quell'immaginazione può diventare un dato culturale, ma non per questo è reale. L'immaginazione che manifesta un "reale immaginato" e che pretende l'oggettivazione del reale immaginato, sta mettendo in atto un atto di violenza, un'attività di stupro dell'immaginazione possibile dei soggetti al fine di costringere la loro immaginazione a sottomettersi alla propria immaginazione che reputa reale.

La libertà umana è possibile ed è possibile affermarla nella realtà solo se si individuano i caratteri che impediscono la libertà umana.

La libertà umana non è un dato oggettivo in sé, è un processo di trasformazione all'interno di una realtà che condiziona il vissuto umano. Dal momento che Lotze, come gli spiritualisti, antepone all'uomo il suo dio padrone, il suo assoluto, il suo uno che termina il posto dell'uomo nel mondo, la libertà umana comprende la distruzione del dio padrone, dell'assoluto o dell'uno. Il processo che porta l'uomo ad uscire dall'assolutismo del dio padrone, al quale Lotze vuole sottometterlo, è il processo di libertà dell'uomo. Lo schiavista è il dio padrone, l'assoluto, Lotze stesso. Da loro l'uomo si deve liberare e fintato che ci saranno altri filosofi spiritualisti che stupreranno l'uomo privandolo di tutte le qualità emotive, etiche, psicologiche, morali con cui abita il mondo per sottometterlo ad un padrone, loro sono i nemici della libertà dell'uomo, del suo abitare il mondo, delle sue possibilità di scegliere i migliori adattamenti soggettivi alle variabili oggettive incontrate perché il loro dio padrone imporrà quegli adattamenti, quelle e solo quelle risposte soggettive, alle sollecitazioni che l'uomo incontra nel mondo e nella vita.

E' talmente grande il bisogno del dio padrone in Lotze che arriva a dichiarare che l'azione reciproca delle sostanze finite nell'universo è concepibile (possibile) solo come azione del suo dio padrone su sé stesso. Questa affermazione, tuttavia, Lotze la fa come pura affermazione alla quale chiede di credere per fede perché non sapendo come avviene la relazione fra le sostanze finite dell'universo egli non può concepire che tale azione avvenga attraverso il dio padrone che agisce come e in quanto dio padrone all'interno di sé stesso.

Voglio concludere col discorso di pensiero e atto del pensare (Lotze nel trattato di Logica). L'atto del pensare è proprio del soggetto che pensa. Solo che contenuto del pensiero e atto del pensare sono solo formule soggettive di un individuo che pensa e che, pensando, si pensa l'assoluto che pensa. Così l'assoluto che pensa è reale, ma il contenuto del pensiero ha, secondo Lotze, "validità". Ora non esiste in natura un soggetto che non pensi al di là di come esprime l'atto del pensiero e noi non possiamo avere nessuna idea di un soggetto che pensi se non deduciamo che abbia pensato partendo dalle azioni che quell'essere ha messo in atto nel mondo in cui vive. Dal momento che il pensiero dell'essere, qualunque essere, lo deduciamo dalla sua azione, ne deriva che ogni contenuto del pensiero che si traduce in azione è valido solo perché noi deduciamo che quell'essere abbia pensato dal momento che ha messo in atto un'azione. Tanto più il cristiano si allontana dal modello di sé stesso come uomo creato ad immagine e somiglianza del suo dio padrone che ha creato il mondo mediante la parola, tanto meno presume che il soggetto che agisce sia in grado di pensare.

La validità del pensiero, secondo Lotze, si identifica col significato di termini logici, siano essi proposizioni, concetti o ragionamenti. In realtà la validità di un pensiero si identifica con l'azione che produce perché solo dall'azione noi deduciamo il pensiero. Se all'interno della specie umana deduciamo il pensiero dai termini, dalle parole, è solo perché la specie umana ha cessato di osservare l'azione e di adattarsi, razionalmente, all'azione per conchiudersi nella farneticazione che diventa esercizio dell'immaginazione. Solo il dio padrone, il padrone, agisce mediante l'immaginazione parlata e pensata perché attraverso l'immaginazione parlata e pensata può costruire l'inganno distinguendo fra intenzioni enunciate e azioni messe in atto.

Enunciato: il dio padrone è buono!

Azione: il dio padrone macella gli abitanti di Sodoma e Gomorra!

Sintesi: il dio padrone è un criminale!

Conclusioni: la filosofia di Lotze serve a legittimare i crimini contro l'umanità!

NOTA: Le citazioni di Lotze sono tratte da Nicola Abbagnano, Storia della Filosofia Vol. VI – La filosofia dei secoli XIX e XX Editore TEA 1995.

Marghera, 01 febbraio 2015

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

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Marghera, 06 febbraio 2015

Claudio Simeoni

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.