Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831)

L’immanenza dell'infinito nel finito (2^ parte)

Riflessioni sulle idee di Hegel.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

La filosofia della Religione Pagana.

Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):

1) Il principio che comprende il soggetto e l'oggetto, e da cui derivano lo spirito e la natura, deve essere necessariamente ragione.

2) L'infinito si manifesta come finito, perché in esso è la sua vera realtà, la sua essenza.

3) Pertanto l'universale e l'individuale, l'infinito e il finito, l'ideale e il reale sono l'uno nell'altro, inscindibili fra loro, e la realtà non è che il progressivo realizzarsi della ragione infinita, la progressiva scomparsa della "coscienza infelice", cioè del senso di angoscia che prende l'individuale per la sua separazione dall'universale.

Ogni comprensione che avviene mediante l'intelletto è ragione; non necessariamente. Non esiste una comprensione che può avvenire senza l'uso dell'intelletto. Senza cioè la necessità di mettere ordine nella comprensione stessa. Nel momento in cui parliamo e descriviamo tutto diventa ragione, anche i parti di fantasia. Ciò non significa che attraverso la ragione si riesca a descrivere l'intero esistente pur vivendo noi in esso e compenetrandolo. Per ragione si intende la capacità di mettere ordine soggettivo nell'esistente descrivendolo, non la relazione fra soggetto ed oggetto. A meno che non si voglia definire ragione qualunque cosa. L'alterazione e lo sviluppo della percezione consentono di spostare elementi prima non compresi dalla ragione nell'ambito della ragione stessa. Le relazioni empatiche e l’azione non rientra nella ragione che interviene solo dopo per cercare di incanalare l’emozione o giustificare le azioni. L’agire dell’individuo non nasce dalla ragione, così come l’insorgenza dell’emozione e le risposte dell’individuo all’insorgenza non sono parte della ragione, ma la ragione le subisce salvo tentare di prenderne il controllo dell’individuo in un secondo tempo. La vita non è ragione, non è verbo; la vita è emozione. E l’emozione non rientra nell’ambito della ragione. Ai tempi di Hegel rientrava ancora nel campo del demoniaco o dell’anima. Anche lo sviluppo dell'intelletto e delle sue capacità di descrivere i problemi risolti consentono quest'operazione. Non si può considerare la ragione come onnicomprensiva dell'esistente in quanto questa è espressione del soggetto che l'esercita in relazione con l'oggettività in cui vive, non oggetto in sé. Se per ragione intendiamo l'esistente, come vogliamo chiamare la capacità di relazionarsi con l'esistente del soggetto mediate la descrizione di quanto egli è in grado di afferrare dell'esistente stesso?

O la ragione è relativa del soggetto o è oggetto in sé. Per ragione io intendo la capacità del soggetto di descrivere l'esistente e di relazionarsi con esso mediante il descritto. Per ragione intendo quantità e forma descritta mediante le parole con le quali comunico nella società. Solo i cristiani ritengono che la forma del mondo per la forma che essi percepiscono, al di là della loro conoscenza, sia ragione. Non ammettono nessuna realtà al di fuori di quella che percepiscono in quanto non possono ammettere che loro, creati ad immagine e somiglianza del dio padrone, possano non considerare una realtà che non è compresa nella forma della creazione del loro dio. I confini di questa ragione possono essere forzati e allargati comprendendo sempre nuovi elementi, ma difficilmente lo sviluppo della ragione, intesa come capacità di descrivere del soggetto, potrà comprendere l'intero esistente in quanto la ragione cessa di relazionare il soggetto con l'esistente nel momento in cui cessa l'esistenza del corpo fisico. Inoltre, la ragione non era presente nell'essere nel momento in cui egli sviluppa il proprio corpo fetale. Cosa che Hegel vuole ignorare.

L'infinito delle trasformazioni dell'universo (infinito relativo alla finitezza con la quale noi siamo in grado in questo momento di guardare e contare le trasformazioni dell'universo) si manifestano nelle nostre trasformazioni. Le trasformazioni degli Esseri della Natura, di cui l'Essere Umano è parte, sono parte delle trasformazioni dell'universo, esattamente come le trasformazioni delle stelle e dei pianeti.

L'infinito non sta nelle condizioni spaziali, ma nella sequenza dei mutamenti. L'Essere, qualunque Essere, quando riesce a mantenere compatta la propria Coscienza di Sé oltre la soglia del proprio esistere e mantenere compatta la propria Coscienza di Sé mutamento dopo mutamento, giunge all'infinito, diventa Universo. In questo senso, e solo in questo senso l'infinito o l'assoluto, come dir si voglia, è presente nel finito. L'unica eccezione, ed è regola, è che il finito può in qualunque momento cessare la sequenza dei mutamenti e cessare di far diventare eterna la propria Coscienza di Sé. Il finito può cessare mentre gli infiniti (sono perché noi non ne immaginiamo il numero) esseri dell’universo continuano nelle loro trasformazioni per formare l'Universo, comunque, continua all'infinito la sequenza dei mutamenti.

Le trasformazioni dell'Universo sono in relazione stretta con ogni trasformazione che si verifica all'interno dell'universo in ogni presente passato o in ogni presente futuro costruito attraverso le nostre azioni; ogni trasformazione è fondamentale per l'universo. Ogni essere deve imporre la propria volontà e il proprio volere per sviluppare il proprio Potere di Essere perché il proprio Potere di Essere deve diventare parte del Potere di Essere dell'universo. La realtà circostante e interiore è il progressivo realizzarsi delle trasformazioni attraverso le quali si costruisce la Coscienza infinita, o, se vogliamo con un termine inaccettabile e improprio, la ragione infinita.

Ed è da sottoscrivere anche la questione della scomparsa dell'angoscia. L’angoscia è il prodotto del fallimento dei propri mutamenti; del fallimento del proprio divenire. L'impossibilità di essere Coscienza Universo; la consapevolezza di aver fallito le possibilità della propria esistenza. L'angoscia, la solitudine e la disperazione sono presenti soltanto quando sono state tagliate le radici con le quali colleghiamo il nostro divenire al divenire dell'universo; il nostro divenire al divenire dell'Essere Natura, il nostro divenire al divenire dell'Essere Terra. In ultima istanza: quando ci scolleghiamo dal divenire della nostra società. L'angoscia è lo stato psichico della consapevolezza profonda del fallimento esistenziale. Le persone angosciate costruiscono angoscia alimentando la necessità di costruire nuovi fallimenti esistenziali onde non essere soli nel proprio fallimento e nella propria disperazione. Ne sanno qualche cosa gli adoratori del macellaio di Sodoma e Gomorra: loro, disperati, devono seminare disperazione. Loro, vuoti, devono seminare vuotezza istillando il concetto di un assoluto inesistente onde scippare gli Esseri Umani della capacità di trasformarsi per diventare eterni.

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

vai indice del sito

Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano.

Vai all'indice della Filosofia Aperta

Marghera, 30 aprile 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.