Sigmund Freud (1856 - 1939)

L'Io, l'Es e il Super-io

Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185808

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre

 

Freud in Io, Es e Super-io

 

Il problema della coscienza in Freud è il problema della memoria. La memoria dell'individuo è la coscienza dell'individuo. Ciò che l'individuo dimentica è, per Freud, inconscio. Viene relegato nell'Es, una zona buia della psiche umana nella quale si agiterebbero i mostri della vita che devono essere controllati dalla coscienza pensante, dall'Io, che deve incatenare questi mostri in regole etiche e in valori morali come richiesto dalla società.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

La ricerca in campo patologico ha fatto sì che il nostro interesse si rivolgesse in modo troppo esclusivo al rimosso. Ora che sappiamo che anche l'Io può essere inconscio nel vero senso della parola, vorremmo conoscerlo meglio. Nel corso delle nostre indagini l'unico punto di riferimento è stato fino ad ora il tratto caratteristico dell'essere cosciente o inconscio; ma abbiamo veduto come tale indicazione possa assumere più di un significato. Va detto che tutto il nostro sapere è invariabilmente legato alla coscienza. Anche l'Inc possiamo imparare a conoscerlo solo rendendolo cosciente. Un momento: ma come è possibile questo? Che cosa significa "rendere cosciente qualche cosa"? Com'è che ciò può avvenire?

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Cosciente è ciò che viene memorizzato e reso disponibile per il ragionamento. Incosciente è ciò che viene dimenticato e non più reso disponibile per il ragionamento. Ciò che so è ciò che posso memorizzare e articolare mediante la memoria; ciò che avevo saputo, ho dimenticato, non posso utilizzarlo per l'analisi immediata nel presente e appartiene, secondo Freud, all'inconscio.

Tutto questo parte dal presupposto che la formazione dell'inconscio è data da esperienze che un tempo, in qualche modo, erano presenti alla coscienza e che poi sono state rimosse o relegate in un magazzino, l'inconscio, in cui si depositano gli scarti della conoscenza.

Tutto ciò che noi sappiamo e che trasmettiamo razionalmente mediante le parole, appartiene solo alla coscienza. Ciò che non appartiene alla coscienza, come considerata da Freud è un sapere che esula dalle parole, un'esperienza profonda e che si traduce in azione come risposta all'analisi soggettiva degli stimoli provenienti dal mondo.

Ciò che noi sappiamo, per Freud, è ciò che noi comunichiamo mediante le parole e la coscienza, per Freud è solo la coscienza che si esprime con le parole che descrivono il mondo e le sensazioni che noi abbiamo del mondo.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

Sappiamo già da dove dobbiamo partire. Abbiamo detto che la coscienza costituisce la superficie dell'apparato psichico: l'abbiamo cioè attribuita, in quanto funzione, a un sistema spazialmente collocato al primo posto, se si procede dal mondo esterno. Spazialmente non solo in senso funzionale, del resto, ma questa volta anche nel senso della dissezione anatomica. Anche la presente indagine deve partire da questa superficie percipiente. Innanzitutto sono c tutte le percezioni: quelle che ci giungono dall'esterno (le percezioni sensoriali) e quelle che provengono dall'interno, e che chiamiamo sensazioni e sentimenti. Come stanno però le cose con quei processi interni che - in modo rozzo e impreciso - possiamo indicare globalmente come processi di pensiero? Essi si producono in qualche luogo all'interno dell'apparato come spostamenti di energia psichica sulla via dell'azione. Orbene sono questi processi che si affacciano alla superficie dove si origina la coscienza? Oppure è la coscienza che giunge fino ad essi? E' qui visibile una delle difficoltà che si incontrano quando si voglia prendere sul serio la rappresentazione spaziale, topica, dell'accadere psichico. Entrambe le possibilità sono ugualmente inconcepibili, e dev'esserci una terza soluzione. Altrove ho già formulato l'ipotesi che la vera differenza fra una rappresentazione (o pensiero) inc e una rappresentazione prec consista nel fatto che la prima si produce in relazione a qualche materiale che rimane ignoto, mentre nella seconda (la prec) interviene in aggiunta un collegamento con rappresentazioni verbali. Questo è il primo tentativo di stabilire in modo diverso da quello del riferimento alla coscienza, contrassegni distintivi per i due sistemi Prec e Inc.

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Freud si chiede da dove parta l'analisi. Naturalmente, dal momento che l'analisi è fatta mediante le parole, le parole espresse dall'individuo sono le parole che esprimono la sua coscienza. La coscienza è l'oggetto mediante il quale descriviamo il mondo e, secondo Freud, la coscienza costituisce la superficie esterna dell'apparato psichico dell'individuo. Da qui sappiamo che l'apparato psichico di un individuo è, di fatto, un universo complesso di cui la coscienza, ciò che viene manifestato mediante le parole, è solo la superficie di quell'immenso.

Si colloca la coscienza al primo posto non perché sia in testa ad una gerarchia di comando, ma perché è il primo oggetto che incontriamo nell'analisi ed è l'oggetto che, esprimendosi mediante le parole, ci consente di aprire una breccia verso l'immenso dell'individuo.

La coscienza, quella che Freud chiama coscienza, l'Io, non percepisce. La coscienza elabora dei fenomeni, alcuni fenomeni e alcune qualità dei fenomeni, e li esprime mediante la descrizione, il parlato, nel mondo. E' il corpo che percepisce, la coscienza esprime parte dell'elaborazione, di una parte del percepito, limitando espressione e fenomeni in base alla formazione del suo divenuto sia come qualità che come quantità.

Sono coscienti, elementi della coscienza razionale, tutto ciò che elaboriamo e che comunichiamo. Noi non siamo consapevoli della percezione, se non per quella parte del fenomeno che perturba l'elaborazione descrittiva della coscienza ragionale che già abbiamo fatto. Nel momento stesso in cui affermiamo di essere coscienti di quell'aspetto percepito è solo perché lo abbiamo già elaborato e inserito in uno schema preesistente della nostra coscienza descrittiva del mondo.

L'adattamento dell'elaborazione di un fenomeno, che affermiamo di percepire all'interno di una coscienza che abbiamo già definito, implica necessariamente l'esistenza di un momento della nostra esistenza in cui quella coscienza, che descrive e comunica, non esisteva. All'inizio della nostra esistenza la vita era, la Coscienza di Sè era; non era una coscienza razionale che mediante le parole descriveva il mondo.

Quando noi affermiamo che quel "moto di spirito" è un sentimento, è solo perché lo abbiamo circoscritto in una descrizione che diventa manifestazione razionale di quell'impulso specifico, ma quando quell'impulso si esprimeva dentro di noi, noi avevamo sempre ciò che chiamiamo sentimento senza descrivere e definire quell'impulso che ora la coscienza individua, descrive e sul quale proiettala sua esperienza.

Per comprendere come avvengono i processi interni della formazione della coscienza dell'individuo è necessario capire i processi di formazione della coscienza, della sua emersione. Una volta che la coscienza, una struttura di coscienza razionale che descrive il mondo, si è impressa nell'individuo, si è stabilito in lui anche l'imprinting che guida lo sviluppo e l'eventuale dilatazione della sua coscienza nel mondo. Lo sviluppo della coscienza nel mondo altro non è che un afflusso di dati che passano dall'inconsapevole al consapevole costringendo quella coscienza a dilatarsi, a crescere, a svilupparsi.

La coscienza razionale, quella con cui comunichiamo descrivendo il mondo, prima che inizia a dilatarsi, deve costruirsi.

La coscienza razionale che descrive mediante le parole, nasce esattamente come ogni altra parte del corpo: non esiste in sé!

Dal momento che nasce, possiamo pensare che può crescere fagocitando nuovi "dati" che vengono fatti propri mediante, da un lato l'esperienza e dall'altro lato dall'imprinting di fondo che agisce come selezione a monte dei dati, dell'elaborazione e del fenomeno elaborato che può, o meno, giungere alla coscienza con più o meno forza per costringere la coscienza a farlo proprio.

La coscienza li forma attorno ad un nocciolo emotivo che si esprime in un imprinting predeterminato nell'individuo dalla struttura parentale fin da quando l'individuo è nella pancia della madre.

Freud parla di uno spostamento di energia psichica all'interno dell'apparato dell'individuo che si sposta sulla "via dell'azione". A Freud sfugge il concetto che l'individuo, fin da quando è nella pancia della madre, è tutta azione. Le sue tensioni interne sono tensioni che spingono al cambiamento e alla modificazione dello stato presente dove le sollecitazioni del mondo esterno, la madre, agendo su feto condiziona le pulsioni e dirige la formazione dell'imprinting emotivo che diventa generatore della futura coscienza. Soprattutto della qualità emotiva della coscienza.

Una volta che noi consideriamo la coscienza come oggetto in sé, abbiamo eliminato tutti i processi di trasformazione del soggetto che ha generato quella coscienza. Diventa faziosa la domanda che si pone Freud se "sono questi processi che si affacciano alla superficie dove si origina la coscienza oppure è la coscienza che giunge fino ad essi?" Indubbiamente la coscienza di Freud va alla ricerca dei processi della coscienza, ma la coscienza di Freud è venuta formandosi nelle condizioni oggettive nelle quali Freud è venuto formandosi.

In questa situazione Freud può essere diviso e sezionato in coscienza, preconscio e inconscio. Questo è un sezionamento del soggetto Freud. Un soggetto che nel suo insieme è una Coscienza di Sé che si rappresenta nel mondo razionale della descrizione con una coscienza razionale e descrittiva, ma che percepisce il mondo mediante un apparato infinitamente più complesso di come la sua coscienza descrittiva può definire.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

Allora la domanda: Com'è che qualche cosa diventa cosciente? andrebbe formulata più adeguatamente nel modo seguente: Com'è che qualche cosa diventa preconscio? E la risposta dovrebbe essere: attraverso il collegamento con le relative rappresentazioni verbali. Queste rappresentazioni verbali sono residui mnestici; esse sono state in passato percezioni, e come tutti i residui mnestici possono ridiventare coscienti. Prima di procedere oltre nella trattazione della loro natura, riusciamo a intravedere un nuovo punto di vista; soltanto quanto è già stato una volta percezione c può diventare cosciente; e, se si escludono i sentimenti, ciò che dall'interno vuol diventare cosciente, deve cercare di trasformarsi in percezioni provenienti dall'esterno. Questo è possibile mediante le tracce mnestiche. Riteniamo che i residui mnestici ci siano conservati in sistemi che premono direttamente sul sistema P-C, talché i loro investimenti possono facilmente estendersi dall'interno agli elementi di quest'ultimo sistema. A questo proposito vien subito in mente l'allucinazione, e il fatto che il ricordo più vivace si distingue pur sempre dalle allucinazioni, come dalla percezione esterna; nello stesso tempo si può osservare però che nella riattivazione di un ricordo l'investimento rimane trattenuto nel sistema mnestico, mentre per il prodursi dell'allucinazione (che in quanto tale non si distingue dalla percezione) bisogna che l'investimento non solo si estenda dalla traccia mnestica all'elemento P, ma trapassi completamente in esso. I residui verbali provengono essenzialmente da percezioni acustiche, cosicché si ha in un certo modo una origine sensoriale specifica per il sistema Prec. Per il momento si possono trascurare come secondarie le componenti visive, generate dalla lettura della rappresentazione verbale; lo stesso vale per le immagini motorie della parola, le quali - salvo che per i sordomuti - svolgono la funzione di segni ausiliari. La parola è essenzialmente il residuo mnestico di una parola udita.

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Da buon creazionista, adoratore del macellaio di Sodoma e Gomorra, Freud salta di pari passo, come se si vergognasse, tutto il divenuto della coscienza che ritiene un oggetto in sé al punto tale da non chiedersi come si forma la coscienza, ma come qualche cosa diventi cosciente o diventi precosciente. Chiedersi come fa qualcosa a diventare cosciente o precosciente significa ritenere la coscienza oggetto in sé.

Freud risolve la questione affermando che un oggetto diventa preconscio attraverso "il collegamento con le relative rappresentazioni verbali". Ne segue la logica deduzione che a fondamento della formazione della coscienza ci sono le rappresentazioni verbali quali "residui mnestici" che diventano coscienti.

E' necessario aver avuto una memoria verbale per aver avuto, di quella memoria, dei residui preconsci capaci di trasformarsi in oggetti della coscienza. In altre parole, è necessario avere una coscienza verbale per avere dei residui inconsci che si trasformano in nuovi elementi della coscienza.

Solo un adoratore del macellaio di Sodoma e Gomorra che ritiene l'uomo creato da un dio pazzo, assassino e criminale, può costruire un'idea tanto farneticante della coscienza. Farneticante in quanto la coscienza non è vista come uno strumento dell'uomo nei suoi processi di crescita e di trasformazione, ma come un oggetto creato di cui l'uomo non ha il controllo se non quando trasforma tutto in parola, in verbo, esattamente come il macellaio di Sodoma e Gomorra ha creato il mondo mediante la parola, il verbo e, per conseguenza ha creato anche tutte quelle tracce mnestiche che possono, secondo Freud, passare dallo stato di preconscio allo stato di coscienza.

La coscienza razionale, verbale, di un individuo si forma attorno al nucleo di imprinting emotivo costruito per adattamento come risposta alle tensioni della madre in cui l'individuo ha subito la gestazione. Nella formazione della coscienza verbale, l'elaborazione dei segnali del mondo è stata selezionata dal suo nucleo imprintato e solo una parte diventa coscienza attraverso una descrizione verbalizzata. I ricordi, anche non verbali sia come esperienza di vissuto razionalizzabile, sia come esperienza di vissuto non razionalizzabile, come i conflitti emotivi o le tensioni di trasformazione soggettiva, rimangono nella Coscienza di Sé dell'individuo, ma non sono presenti nella coscienza razionale, non vengono verbalizzati.

Appare evidente che la formazione della coscienza verbale si forma selezionando una ridondanza verbale che l'individuo genera nella sua razionalità: l'individuo è l'unico animale in natura che parla anche quando pensa. Significa che non è in grado di vivere l'oggetto che appare, ma deve pensare l'oggetto che appare e descriverlo affinché la sua coscienza verbale prenda atto dell'esistenza di tale oggetto. Poi, il corpo dell'uomo si adatta a fenomeni indescritti o indescrivibili, quali quelli provenienti dall'energia oscura o dalla materia nera. Tali adattamenti modificano il nucleo di imprinting di fondo che modifica la selezione soggettiva dei fenomeni e il carico di emozioni per cui modifica, indirettamente, la sua coscienza verbale. Tutto questo Freud non lo prende in considerazione.

Consideriamo i cinque sensi che noi usiamo normalmente. Freud riduce questi cinque sensi solo a ciò che è in grado di descrivere. Come funzionano i cinque sensi nell'individuo in pancia della madre?

Freud prende in esame solo l'individuo adulto, quello che ha accumulato una grande quantità di materiale verbale ridondante. Un materiale verbale che serve a descrivere il gusto, descrivere le immagini, descrivere i suoni, descrivere le sensazioni tattili, descrivere gli odori. Non prende in considerazione le percezioni sensorie, ma la descrizione razionale delle percezioni sensorie che Freud riduce alla descrizione che ne fa l'individuo. Freud non considera la vista, l'udito, il gusto, il tatto o l'odorato, ma solo ciò che descrive e attribuisce a tali sensi.

Freud ha scartato l'intero divenuto dell'uomo, della sua coscienza.

Sta fingendo che il divenuto dell'uomo non sia mai esistito e in questo "mai esistito" incontra i residui mnestici.

Un esempio di "residuo mnestico" viene fatto da Freud attraverso l'allucinazione. Secondo Freud il ricordo più vivace si distingue dall'allucinazione e si distingue dalla percezione esterna. Ora, l'allucinazione non è un residuo mnestico, come vorrebbe sostenere Freud, ma è una tensione emotiva che travolge la coscienza del soggetto e dalla quale il soggetto si difende rivestendola di elementi propri della descrizione che caratterizza il divenuto della sua coscienza. Le allucinazioni, le cui immagini hanno contenuto religioso o parentale, sono scoppi emotivi che la coscienza razionale, l'Io, riveste e giustifica con immagini di tipo religioso o parentale. Il contenuto dell'allucinazione non è come l'allucinazione si presenta, ma è il contenuto emotivo, la sofferenza emotiva che cerca conforto in una veicolazione che la coscienza contiene mediante le immagini proprie della coscienza. Immagini che non sono altro che descrizioni di quella sofferenza emotiva attraverso immagini che quella sofferenza giustificano nella sua stessa coscienza.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

Non dobbiamo tuttavia, per amor di semplificazione, dimenticare o misconoscere l'importanza dei residui mnestici ottici, quando essi si riferiscono a cose, né trascurare o negare la possibilità che il diventare cosciente dei processi di pensiero si realizzi attraverso il ritorno di residui visivi; ché anzi per molte persone proprio questa sembra la via preferita. Circa i caratteri di questo pensiero visivo possiamo farcene un'idea attraverso lo studio dei sogni e delle fantasie preconsce, come dimostrano le osservazioni di J. Varendonck. Si costata allora che perlopiù soltanto il materiale concreto del pensiero diventa cosciente, e invece non può essere data espressione visiva a quelle 4 relazioni che costituiscono le caratteristiche peculiari dell'attività di pensiero. Il pensare per immagini è dunque un modo assai incompleto di divenire cosciente. Un tale pensare è inoltre in certo modo più vicino ai processi inconsci di quanto lo sia il pensiero in parole, e risale indubbiamente, sia sotto l'aspetto ontogenetico che filogenetico, a un'epoca più antica rispetto a quest'ultimo. Tornando al nostro argomento, se la via da percorrere consiste nel determinare come qualche cosa di per sé inconscio diventi preconscio, alla domanda su come noi rendiamo (pre)conscio ciò che è rimosso bisogna rispondere nel modo seguente: mediante la inserzione, attraverso il lavoro analitico, di questi elementi prec intermedi. La coscienza rimane dunque al suo posto, né, d'altra parte, l'Inc è risalito fino alla coscienza. Mentre il rapporto della percezione esterna con l'Io è del tutto chiaro, quello della percezione interna con lo stesso lo richiede una indagine particolare. Esso fa sorgere nuovamente un dubbio sulla legittimità di ricondurre tutta la coscienza all'unico sistema superficiale P-C. La percezione interna fornisce sensazioni relative a processi appartenenti ai più svariati, e certamente anche ai più profondi strati dell'apparato psichico. Di tali sensazioni si sa poco; la cosa migliore è ancora rifarsi al modello costituito dalla serie piacere-dispiacere. Queste sensazioni sono più primordiali, più elementari delle sensazioni provenienti dall'esterno, e possono prodursi anche in stati di coscienza crepuscolare. Mi sono occupato altrove della loro grandissima importanza economica e del loro fondamento metapsicologico. Sono sensazioni plurilocalizzate al modo stesso delle percezioni esterne, e possono provenire contemporaneamente da località diverse, per cui le loro qualità possono essere diverse e anche fra loro opposte.

Pag. 31-33

Freud tratta le immagini del sogno come residui mnestici, non come elaborazione dei fenomeni attraverso meccanismi che in condizioni di veglia non priverebbero alla coscienza.

Per lui le immagini del sogno sono solo ricordi, mnestici ottici, e non elaborazioni indipendenti che arrivano all'attenzione quando la coscienza viene disgregata nel sonno e minore è il suo controllo. Le immagini visive usano, in maniera diversa e sovrapposta, lo stesso meccanismo del tatto e dell'empatia. Questo perché il divenuto della specie, nella costruzione delle relazioni col mondo, ha sovrapposto prima il tatto e poi la vista agli stessi meccanismi della comunicazione empatica.

Le immagini del sogno non sono ricordi mnestici visivi, ma usano descrizione della ragione, della coscienza, per descrivere in maniera visiva gli impulsi del cervello antico che sorgono e che non possono essere isolati da una coscienza del parlato in quel momento disgregata [NOTA: nel dormire si verifica la disgregazione della coscienza, la fagocitazione dell'esperienza quotidiana e una riaggregazione della coscienza al momento del risveglio].

Secondo Freud, pensare per immagini è un modo incompleto per diventare coscienti. Solo che pensare per immagini significa veicolare nelle immagini la struttura emotiva dell'uomo mentre, pensare per parole, significa distaccarsi dalla struttura emotiva dell'uomo. Non per nulla oggi abbiamo il successo dell'arte cinematografica che consiste nel coinvolgere emotivamente lo spettatore mediante le immagini in un modo talmente profondo che dimostra come le parole siano inadeguate e ci separino dalla realtà del mondo che si esprime mediante le emozioni: comunque espresse.

Inoltre, non è possibile "pensare" il mondo per immagini. Si può vivere nel mondo senza trasformare il mondo in parole, ma non si può "pensare per immagini" in quanto l'atto del pensare è relativo al dialogo interno che si svolge con le parole. Parole che ripetute continuamente formano la coscienza razionale della descrizione del mondo.

Non è vero che pensare per immagini sia vicino ai processi inconsci in quanto, semmai, il meccanismo è contrario: non è il soggetto che pensa per immagini, ma è il soggetto che ferma il flusso delle parole e che permette di far giungere alla coscienza una serie di stimoli che, comunque, la ragione trasforma in immagini perché le immagini sono il modo con cui si riassume ogni senso e ogni sensazione nell'uomo. La vista è una specie di riassunto di tutti gli stimoli dei sensi.

L'inganno avviene con la parola "pensare". L'inganno deriva dal concetto di "primo pensiero" del dio padrone che Freud vuole mettere a fondamento dell'uomo.

Quando dico che l'uomo è l'unico animale che "parla anche quando pensa" intendo dire che tutto ciò che viene percepito, per giungere alla coscienza, passa attraverso la descrizione razionale. L'oggetto deve essere descritto anziché essere vissuto. Questo allontana l'Essere Umano dalla Natura perché il modo di percepire il mondo non entra nell'azione, ma viene fatto proprio dalla descrizione. La descrizione mediante le parole determina le immagini nelle quali rinchiudiamo le sensazioni che dal profondo emergono quando la coscienza descrittiva perde il controllo dell'individuo (vedi dibattiti del Crogiolo dello Stregone).

La domanda che pone Freud, "come noi rendiamo preconscio ciò che è rimosso?" viene fatta in funzione di una risposta che la precede: "mediante la inserzione, attraverso il lavoro analitico, di questi elementi preconsci intermedi". Il momento di partenza dell'analisi freudiana è che "il rapporto della percezione esterna con l'Io è del tutto chiaro, quello della percezione interna con lo stesso Io richiede un'indagine particolare".

Per fare una simile affermazione Freud dovrebbe conoscere perfettamente il mondo esterno. Un mondo esterno che non si presenta solo per la sua ragione, ma si presenta all'uomo mediante la sua struttura emotiva che sollecita la struttura emotiva dell'uomo e che viene analizzata mediante una struttura che non interviene in maniera diretta nella formazione della coscienza. Sta di fatto che la relazione dell'Io col mondo esterno è del tutto sconosciuta. L'Io, la coscienza pensante del soggetto, antepone sempre la barriera del credere, della fede, delle idee aprioristiche all'analisi di una realtà che descrive in maniera imprecisa e parziale. La coscienza pensante del soggetto che interpreta descrivendola la realtà non può essere compresa dall'analista che, separato dal soggetto e proiettando sul mondo una diversa descrizione della realtà, proietta sul soggetto che analizza le sue credenze aprioristicamente determinate. L'inganno del transfert.

Se Freud, anziché assumere il punto di vista creazionista e ritenere che il mondo esterno sia muta forma e ritenere che l'Io sia rappresentato dalla coscienza pensante, fosse partito dai meccanismi che formano la coscienza, allora, anziché decidere la lettura della relazione del mondo esterno con l'Io avrebbe descritto come i meccanismi di relazione dell'Io col mondo esterno modificavano l'Io in funzione del mondo esterno. Anziché descrivere la verità delle relazioni oggettive che immagina, avrebbe descritto i meccanismi della trasformazione al di là dei risultati che avrebbero prodotto nelle trasformazioni soggettive.

Che cosa intende Freud quando afferma che alcune sensazioni sono più primordiali?

Primordiali di cosa? In che cosa?

E perché c'è la necessità di riferirsi a "sensazioni elementari" della serie piacere-dispiacere?

Non sono domande da poco perché Freud fugge dall'idea che la coscienza pensante sia divenuta e costruita dall'individuo, da ogni individuo, ma ne fa una sorta di elemento oggettivo predeterminato.

Il meccanismo che Freud considera è quello della bibbia: il dio padrone punisce, crea il dolore e il dolore stimola il soggetto ad uscire dal dolore. Al centro di tutto il ragionamento di Freud c'è il soggetto che crea dolore e devastazione.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

Le sensazioni con carattere di piacere non presentano in sé stesse nulla di propulsivo, mentre le sensazioni di dispiacere presentano questo elemento propulsivo in grado elevatissimo. Spingono al cambiamento, alla scarica; perciò interpretiamo il dispiacere come un'accentuazione, il piacere come una riduzione dell'investimento energetico. Se ciò che diventa cosciente come piacere o dispiacere viene indicato come un quid quantitativo-qualitativo nel corso dell'accadere psichico, si presenta il problema se questo quid possa divenire cosciente là dove si trova, o se debba invece venir trasmesso fino al sistema P. L'esperienza clinica decide per la seconda soluzione. Mostra che questo quid si comporta come un impulso rimosso. Può sviluppare una forza prorompente senza che 1'Io ne avverta la coazione. Solo la resistenza contro tale coazione, solo l'arrestarsi della reazione di scarica, rende immediatamente cosciente questo quid come dispiacere. Al modo stesso delle tensioni che nascono dal bisogno, può rimanere inconscio anche il dolore [fisico], questo alcunché di intermedio fra percezione esterna e interna, che si comporta come una percezione interna anche quando prende origine dal mondo esterno. Rimane pertanto esatto asserire che anche le sensazioni e i sentimenti diventano coscienti solo pervenendo al sistema P. Se la via d'accesso è sbarrata, non arrivano ad essere sensazioni, anche se il quid che ad esse corrisponde è il medesimo. In modo abbreviato, pur se non del tutto corretto, parliamo in tal caso di "sensazioni inconsce", mantenendo l'analogia (non completamente giustificata) con le rappresentazioni inconsce. La differenza sta nel fatto che la rappresentazione inc, per essere portata alla C, richiede che vengano prodotti gli elementi di collegamento [verbale] mentre ciò non vale per le sensazioni, le quali si trasmettono direttamente. In altre parole: la distinzione fra C e Prec per le sensazioni è priva di senso; il Prec qui manca, le sensazioni o sono coscienti o sono inconsce. Anche quando sono collegate a rappresentazioni verbali, non diventano coscienti a mezzo di queste ultime, ma in modo diretto.

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La sensazione indica la percezione di elementi della conoscenza sensibile provocati da stimoli esterni che agiscono sugli organi di senso.

Tali sensazioni implicano l'insorgenza di stati d'animo che spesso la coscienza non è in grado di attribuire a cause precise, ma solo a cause generiche e che ricadono all'interno della descrizione della ragione senza, tuttavia, individuare le cause che sono spesso di natura emotiva e che esulano dalla sfera della coscienza.

Affinché sensazioni spiacevoli possano fungere, come dice Freud, da elemento propulsivo in grado di spingere verso il cambiamento, è necessario che gli elementi che provocano quella sensazione siano tutti descritti all'interno del pensato della coscienza. Se tutti i fattori che provocano la sensazione spiacevole non sono presenti nella coscienza, la reazione a tali stimoli, per essere efficace, deve essere una risposta che non ha nulla a che fare con la coscienza. Quando il pensato della coscienza cerca di interpretare mediante il proprio descritto le ragioni della sensazione, cerca delle soluzioni che appartengono solo al proprio immaginato, a idee aprioristiche che la coscienza antepone all'analisi della sensazione e delle sue cause emotive dalle quali ella è estranea. L'individuo è prigioniero dell'Io, della coscienza pensante, che si frappone fra la sua necessità d'azione generata dalla sensazione e l'individuazione delle cause che, se pensate, modificherebbero la struttura della coscienza, dell'Io.

Gli interventi razionali sulle sensazioni di disagio, quando sono lasciati all'interpretazione del pensato della coscienza, provocano solo disastri. Come la persona che vive un disagio in famiglia e anziché seguire le proprie pulsioni usa il pensato della ragione e infila il coltello nella gola dei famigliari. In questo modo, il pensato di quella coscienza, ha pensato bene di risolvere il proprio disagio. Né fanno meglio gli analisti che volendo ricondurre il disagio delle sensazioni alla descrizione di elementi pensati e razionalizzabili della coscienza (vedi il lettino dei psicoanalisti) altro non fanno che proiettare sul disagio dell'altro l'interpretazione di quali cause avrebbe potuto produrre quel disagio se fossero stati loro a viverlo.

La struttura delle sensazioni è uno "strumento antico" della percezione umana in cui la sensazione prodotta dalla percezione trova la sua risposta nell'azione. Affinché questo sia coerente è necessario che la risposta con l'azione all'insorgenza della sensazione avvenga fin dal primo giorno in cui l'individuo è nato. Solo che l'ambiente parentale, essendo abituato a discutere della sensazione che insorge nell'individuo per "comprendere" razionalmente, pur dando risposte assolutamente inadeguate, non tollera che il bambino, dal momento che è nato e nelle varie fasi della crescita, possa sentirsi autorizzato a rispondere con l'azione all'insorgenza della sensazione. Il bambino viene costretto dall'ambiente parentale a spiegare le sue azioni ed è costretto a dare delle spiegazioni e quando non è in grado di dare spiegazioni sul perché è insorta quella sensazione che appartiene ad una percezione del mondo che poco o nulla ha a che vedere con il pensato della coscienza, il bambino ricorre a motivazioni di difesa che i cristiani chiamano "bugie".

Il piacere o il dispiacere giungono alla coscienza, ma non giungono alla coscienza le cause che inducono la sensazione di piacere o di dispiacere anche se l'uno e l'altro possono essere conseguenze di scelte o di azioni del soggetto nel mondo.

Il fatto che sia impossibile individuare le cause della sensazione, non toglie che l'individuo possa vivere stati di piacere o stati psicologici di dispiacere o di sofferenza. Da qui la possibilità di mettere in atto azioni di modifica del presente vissuto che portano l'individuo a superare la sofferenza o il dolore, ma rimane l'impossibilità di individuare le cause della sensazione di sofferenza o di dolore. Le pretese della psicanalisi di individuare i residui mnestici che hanno prodotto la situazione è assolutamente fallimentare. L'uomo non è creato da dio e i residui mnestici hanno prodotto forme di sofferenza, ma l'uomo si è costruito attraverso delle contraddizioni vissute che hanno attraversato situazioni di conflitto nelle quali l'uomo è cresciuto. Quelle situazioni, a parte alcune, non ha lasciato un residuo mnestico, hanno lasciato un terreno di scelte psico-emotive che lo hanno modificato in un modo anziché in un altro: in questo modo deve, comunque, affondare la sua vita e uscire dallo stato di sofferenza per espandersi nel mondo.

La nostra capacità di elaborazione profonda invia segnali intuitivi alla coscienza pensante che pretende di controllare l'azione. La coscienza pensante, l'Io, attraverso il pensiero che rifonda continuamente nell'individuo la forma e le ragioni del mondo, si oppone a questi segnali perché questi segnali non rientrano nella sua descrizione.

Le tensioni che nascono dal bisogno vengono, sempre e comunque scaricate. Dal come vengono scaricate dipende la continuità della vita dell'individuo. L'intelligenza o l'esperienza che consente alla coscienza di pensare ad un modo "intelligente" o appropriato in cui scaricare le tensioni legate al bisogno, è indipendente dal fatto che comunque le tensioni derivate da bisogni individuati vengono scaricate. Se non vengono scaricate, l'individuo muore. Non è importante come viene scaricato il bisogno del dormire. Può essere scaricato anche in situazioni allucinatorie, ma se non viene scaricato l'individuo muore.

Al contrario, l'impedimento da parte della coscienza di far affluire l'intuizione dalla parte profonda del cervello alla coscienza pensata non porta alla morte dell'individuo in quanto, per la coscienza pensante, impedire all'intuizione di giungere in essa è una questione di sopravvivenza.

Quando l'intuizione giunge alla coscienza pensante dell'individuo, la coscienza pensante dell'individuo muore per rinascere come una nuova coscienza che comprende, fagocita ed elabora il nuovo elemento dell'intuizione. Questo movimento è il processo di crescita della coscienza pensante dell'individuo. Quando il bambino è piccolissimo non esiste una coscienza pensante per cui l'arrivo dell'intuizione rivela al neonato il mondo per ciò che è: azione ed emozione. Poi il neonato inizia a distinguere il mondo per forma e quantità formando la base della sua coscienza pensante. La formazione del mondo come forma e quantità arriva alla coscienza del neonato sotto forma di intuizione che si fissa. A questa intuizione seguono intuizione dopo intuizione con una velocità inimmaginabile per un individuo adulto. Ogni volta che arriva un'intuizione, la coscienza pensante precedente muore disgregandosi e poi si riforma in modo nuovo. La coscienza pensante si forma attorno ad un imprinting imposto dalla madre al feto e confermato dall'ambiente parentale. Si instaura in quel momento un doppio meccanismo. Da un lato la coscienza è costretta ad accogliere nuove intuizioni che la disgregano e la riaggregano, dall'altro lato la coscienza pensante mette in atto dei meccanismi di difesa per impedire ad intuizioni troppo disgreganti di arrivare alla coscienza pensante.

Ne segue che l'individuo adulto si trova ad avere una coscienza pensante fissata e formata e un coacervo enorme di intuizioni della realtà che tiene lontane dalla coscienza pensante. Tanto più la coscienza pensante tiene lontane le intuizioni dell'individuo, tanto più l'individuo fissa in essa le sue idee sul mondo, tanto meno si modifica cessando di crescere e iniziando a morire. Non è più la coscienza pensante che muore disgregandosi all'arrivo dell'intuizione, ma è l'individuo che ha iniziato a ripiegarsi su sé stesso, a morire, perché la coscienza pensante ha fissato il suo dominio.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

La funzione delle rappresentazioni verbali diventa ora perfettamente chiara. Per mezzo loro i processi interni di pensiero si trasformano in percezioni. E' come se dovesse essere dimostrata la tesi che ogni sapere proviene dalla percezione esterna. Quando si verifica un sovrainvestimento dell'attività di pensiero, i pensieri vengono effettivamente percepiti come provenienti dall'esterno, e perciò considerati veri. Ora che abbiamo in tal modo chiarito i rapporti fra percezione, esterna e interna, e il sistema superficiale P-C, possiamo procedere nella costruzione della nostra immagine dell'Io. Noi lo vediamo estendersi dal suo primo nucleo che è il sistema P, così da comprendere innanzitutto il Prec che si appoggia ai residui mnestici. L'Io però, come abbiamo veduto, è anche inconscio. Mi sembra che si possa trarre un gran vantaggio seguendo il suggerimento di un autore il quale, per motivi personali, si ostina invano a dichiarare di non avere nulla da spartire con la scienza, intesa nel suo più rigoroso ed elevato significato. Mi riferisco a Georg Groddeck, il quale non si stanca di sottolineare che ciò che chiamiamo il nostro Io si comporta nella vita in modo essenzialmente passivo, e che - per usare la sua espressione - noi veniamo "vissuti" da forze ignote e incontrollabili. Abbiamo tutti provato tali impressioni, anche se esse non ci hanno sopraffatto al punto di farci escludere tutto il resto. Non disperiamo di trovare nel contesto della scienza il posto che compete alla concezione di Groddeck. Propongo di tenerne conto, e di chiamare "no" quell'entità che scaturisce dal sistema P e comincia col diventare prec; e di seguire Groddeck, chiamando "l'Es" quell'altra parte della psiche nella quale no si continua, e che si comporta in maniera inc?

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La fissazione del dominio della coscienza pensante avviene attraverso una scissione della coscienza: la coscienza che parla a sé stessa del mondo e la coscienza che ascolta la forma del mondo che descrive e che proietta. La coscienza ha un triplice funzione: raccontare a sé stessa ciò che sé stessa ha già descritto in modo da alimentare quella descrizione e proiettare quella descrizione sul mondo per raccontare a sé stessa il mondo descritto dalla sua stessa proiezione.

Col meccanismo della proiezione, del "già visto", e della ripetizione ossessiva della descrizione mediante le parole, la coscienza pensante opera una separazione fra ciò che descrive e ciò che non descrive, perché non appartiene alla "forma" assunta da quella coscienza, e a cui deve impedire di perturbare le sue certezze descrittive.

Mentre Freud afferma che attraverso le rappresentazioni verbali i processi interni del pensato si trasformano in percezioni, il meccanismo è esattamente il contrario: le percezioni, i fenomeni percepiti dal mondo, vengono regolati o impediti dall'ossessione del pensiero delle parole che ne limitano la capacità di giungere alla coscienza.

Non possiamo parlare di rimozione, perché rimozione significa nascondere o relegare nell'inconscio parte della coscienza pensata. Dobbiamo parlare di selezione dei fenomeni percepiti che viene operata dal dialogo interno con cui la coscienza regge la descrizione del mondo. Interrompere il dialogo interno da parte dell'individuo, significa sospendere l'Io, la coscienza pensante. Questa attività permette l'arrivo alla coscienza del pensato di nuovi fenomeni attraverso le intuizioni che operano una disgregazione, anche parziale, della coscienza pensata e del suo controllo sull'individuo: interrompere il dialogo interno significa continuare a crescere. Significa costringere la propria coscienza che pensa a dilatare i confini del suo pensato.

A differenza di quanto afferma da creazionista Freud, il sapere non proviene dalla percezione interna, ma dall'elaborazione profonda dei fenomeni del mondo. Percezione che può giungere alla coscienza mediante l'intuizione. L'intuizione si presenta alla coscienza che pensa come uno scoppio, un'illuminazione, che disarticola la coscienza che pensa e mette in moto la struttura neurovegetativa costringendo il corpo e la coscienza che pensa ad assorbire il nuovo e a ristrutturarsi per nuove e diverse idee sul mondo.

Il sovrainvestimento di cui parla Freud è il coinvolgimento dello schizofrenico nelle allucinazioni uditive. Effettivamente lo schizofrenico sente le voci che gli parlano, ma questo è un eccesso patologico della scissione della coscienza che pensa. Al di là della malattia, l'effetto delle voci o delle allucinazioni visive è sempre legato alla scissione della coscienza pensante che ha perso il controllo sull'individuo nella sua attività di descrivere ed elencare il mondo tanto che l'elencazione del mondo viene vissuta come altro da sé, come un altro che gli parla.

Freud afferma di aver chiarito i rapporti fra percezione interna ed esterna e, invece, non ha chiarito nulla:il soggetto continua a percepire un immenso nel mondo in cui vive e la coscienza che pensa seleziona un'infima parte di quest'immenso in sintonia con la sua descrizione del mondo. E il resto dell'immenso percepito che non giunge alla coscienza e che non si può considerare come rimosso?

E' a questo punto che Freud chiama in causa Georg Groddeck affinché lo fuori dall'empasse in cui si è cacciato. Groddeck, seguendo l'ideologia della bibbia, ritiene che l'Io si faccia femmina rispetto a forze e potenze che vivono il nostro Io. Noi, come Esseri, siamo vissuti da forze ignote, sconosciute e incontrollabili (vedi Socrate e il suo demone).

In questo "farsi femmina" c'è la passività del soggetto rispetto ad un sé stesso che attribuisce le parole che pensa ad un soggetto diverso da sé; c'è la convinzione che il rimosso sia stato un tempo coscienza; c'è la convinzione, che scaturisce spesso nella malattia psichiatrica come effetto di varie patologie, che un'entità esterna parli o abiti l'uomo come scissione della coscienza pensante che parla a sé stessa del suo pensiero.

La questione è che un soggetto è un'ENTITA'. Un insieme che non può essere scisso nelle sue parti e che chiamiamo: Coscienza di Sé. Questa Coscienza di Sé non è l'Io, ma travalica l'Io descritto da Freud perché sia l'Io di Freud che l'Es, usato da Freud come un calderone di tutto ciò che non è coscienza parlante che chiama Io, sono strumenti della Coscienza di Sè con cui l'individuo abita il mondo. Si potrebbe dire che la Coscienza di Sè si rappresenta nella coscienza parlante, ma non è così perché vivere la descrizione razionale del mondo come quantità e qualità, anche se la descrizione è molto vasta abbracciando tutti i risultati della scienza, non sottrae la Coscienza di Sé dal vivere il mutamento, dal partecipare all'azione e dal mutarsi mediante il coinvolgimento emotivo anche quando il coinvolgimento emotivo è separato dalla coscienza parlata. La coscienza parlata può parlare del mutamento dopo che il mutamento è avvenuto e solo per la parte in cui il mutare rientra nella sua descrizione. Può descrivere l'azione dopo che l'azione è avvenuta o può descrivere gli effetti dell'emozione travolgente dopo che la struttura neuro-vegetativa ha ricomposto la destabilizzazione operata dall'insorgere dell'emozione. La coscienza parlata non può percepire i fenomeni del mondo, può selezionarli, ma subisce passivamente l'elaborazione dei fenomeni procedendo negli adattamenti per fagocitarli.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

Vedremo ben presto se si possa trarre qualche vantaggio da una tale concezione ai fini della descrizione e comprensione dei fatti. Un individuo è dunque per noi un Es psichico, ignoto e inconscio, sul quale poggia nello strato superiore l'Io, sviluppatosi dal sistema P come da un nucleo. Sforzandoci di fornirne una rappresentazione grafica, aggiungeremo che l'Io non avviluppa interamente l'Es, ma solo quel tanto che basta a far sì che il sistema P formi la sua superficie [dell'Io], e cioè più o meno come il disco germinale poggia sull'uovo. L'Io non è nettamente separato dall'Es, ma sconfina verso il basso fino a confluire con esso. Ma anche il rimosso confluisce con l'Es, di cui non è altro che una parte. Il rimosso è separato nettamente soltanto dall'Io, mediante le resistenze della rimozione; può tuttavia comunicare con l'Io attraverso l'Es. Possiamo subito renderci conto che quasi tutte le differenziazioni descritte in base alla patologia riguardano soltanto gli strati superficiali dell'apparato psichico, i soli, peraltro, che ci sono noti. Si può abbozzare per le relazioni di cui stiamo discutendo una rappresentazione grafica che non ha la pretesa di fornire una particolare interpretazione, essendo intesa esclusivamente a facilitare l'esposizione. Comunque accenniamo al fatto che l'Io porta un "berretto auditivo ", il quale, secondo quanto ci attesta l'anatomia del cervello, si trova da una parte soltanto. E' per così dire, posato di sghimbescio. E' facile rendersi conto che l'Io è quella parte dell'Es che ha subìto una modificazione per la diretta azione del mondo esterno grazie all'intervento del [sistema] P-C: in certo qual modo è una propaggine della differenziazione superficiale. L'Io si sforza altresì di far valere l'influenza del mondo esterno sull'Es e sulle sue intenzioni tentando di sostituire il principio di realtà al principio di piacere, che nell'Es esercita un dominio incontrastato.

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L'individuo è una Coscienza di Sé che ha sviluppato una ragione, una coscienza parlata e descrittiva, l'Io, che è emersa dalla struttura fisico-emotiva dell'intero soggetto. La percezione dell'Io, della coscienza parlata, non poggia sull'Es, ma su una vasta gamma di percezioni di cui solo alcuni frammenti sono ammessi alla coscienza parlata che Freud identifica con l'Io. L'Io, secondo Freud, è ciò che io rappresento nel mondo, ma ciò che rappresento nel mondo non è la sola coscienza descrittiva mediante il verbo perché, se così fosse, non esisterebbe una mia rappresentazione nel mondo il primo giorno in cui sono uscito dalla vagina di mia madre. Negare il potere di relazione col mondo che io ho messo in atto sia quand'ero in pancia di mia madre sia nel primo giorno che sono uscito dalla sua vagina, è da parte di Freud un atto di assoluta viltà che deforma in modo cristiano la visione del mondo e della vita sottomettendola all'imperio di un dio padrone che come un fantasma ossessivo si muove nella sua testa.

Scrive Freud: "Un individuo è dunque per noi un Es psichico, ignoto e inconscio, sul quale poggia nello strato superiore l'Io, sviluppatosi dal sistema P [percezione] come da un nucleo.".

Freud dice che per lui un individuo è un essere ignoto e sconosciuto!

Perché dunque considerarlo un Es psichico e non due gambe che si muovono? Eppure, mentre l'Es psichico è un'entità immaginata da Freud, le due gambe che si muovono ricadono sotto i suoi sensi: di un individuo Freud vede due gambe che si muovono; Freud di un individuo immagina un Es psichico. In questa operazione Freud antepone l'immaginazione, fonte di fede e credenza, all'analisi dei fatti e delle cose che rientrano sotto i suoi sensi. E' come se Freud affermasse di credere che l'uomo sia creato dal suo dio padrone e che la volontà dell'uomo si sviluppa dal sistema P [percezione] che gli ha dato il dio padrone mediante l'anima.

Il sistema P [percezione] pensato da Freud parte dall'assunto fideistico della passività dell'uomo nella vita. Parte dal presupposto che io, che sono cresciuto come feto nella pancia di mia madre, abbia subito ogni azione esterna senza essere in grado di rispondere a quelle azioni. Come se mia madre, che conteneva me come feto, non avesse avuto tutta la vita psico-emotiva-vegetativa alterata dalla mia azione in essa.

Sforzandoci di costruire una rappresentazione grafica, diciamo che ogni soggetto della Natura è un cerchio, chiuso in sé stesso e che da quel sé stesso mette in moto le azioni del mondo verso di lui nel momento stesso in cui egli mette in moto delle azioni nel mondo manifestando sé stesso: la sua volontà.

Il soggetto, ogni soggetto; l'Essere, ogni Essere della Natura; l'individuo, ogni individuo di ogni singola specie della Natura; ogni soggetto inteso come ogni individuo semplice che possiamo pensare, un battere, un virus, una cellula del corpo sia quando vive in sé stessa e per sé stessa sia quando uno spettatore esterno, ingannato dall'insieme, considera che essa o essi vivano in funzione di un corpo più grande; lo possiamo definire Coscienza di Sè. Che letteralmente significa Coscienza di ciò che egli è!

Questa Coscienza di Sè non si presenta nel mondo con tutto sé stessa in tutto sé stessa in ogni sua rappresentazione; eppure, in ogni sua rappresentazione c'è tutto sé stessa. Ad esempio, un individuo si presenta camminando con le gambe. Con le gambe, noi, che siamo spettatori esterni, affermiamo che lui cammina. Poi, quando giriamo lo sguardo ed analizziamo il nostro camminare con le gambe, allora ci rendiamo conto che sì le gambe svolgono l'azione del camminare, ma tutto noi stessi partecipa a tale rappresentazione anche se mentre partecipiamo con tutto noi stessi al camminare partecipiamo anche a diverse altre rappresentazioni con quelle o altre parti del corpo e che ad ogni rappresentazione è coinvolto tutto noi stessi.

Da qui si sviluppa il concetto secondo cui io sono l'insieme che si rappresenta nel mondo al di là che l'osservatore esterno da me individui l'aspetto fisico, psichico, emotivo, ecc. con cui io mi rappresento nel mondo. Tuttavia, una sola cosa è comune ad ogni mia rappresentazione nel mondo al di là dell'aspetto che si afferra della mia rappresentazione: la mia rappresentazione avviene sempre mediante un'azione. Un'azione che perturba un ambiente e che chiede a quell'ambiente di adattarsi e di rispondere alla mia azione.

La Coscienza di Sè è azione!

Se la Coscienza di Sè non è azione nel mondo, la Coscienza di Sè non esiste; ed esiste solo nella qualità delle azioni che mette in atto nel mondo. Un'azione che agisce nel mondo, che riceve delle azioni dal mondo, che si adatta e risponde alle azioni del mondo. Nel cerchio con cui io mi rappresento c'è tutto ciò che io sono e ciò che, mediante l'azione, potrò essere nelle condizioni e nei limiti che la specie ha sedimentato nei miliardi di anni di esistenza della vita e di selezione delle specie.

Che forse io cammino con gli occhi e vedo la forma degli oggetti con le gambe?

La mia coscienza pensante, il mio Io, come dice Freud, non è separato da me stesso, ma è uno strumento, uno dei tanti strumenti, con cui la mia Coscienza di Sé si rappresenta nel mondo, rispetto ad uno specifico mondo e ad una specifica funzione.

La prima condizione da considerare è che la coscienza pensante, l'Io, germina dall'intero me stesso che si presenta nel mondo: dalla mia Coscienza di Sé. Esattamente come le mie gambe germinano nella condizione fetale dalla mia Coscienza di Sé. Anche se può apparire allo spettatore esterno che io non produca le mie gambe come io non produca la mia coscienza pensante, tuttavia, date le condizioni entro le quali può avvenire il mio sviluppo, la mia volontà, il mio intento, le mie predilezioni incidono sicuramente sulla qualità delle mie gambe come sulla qualità della mia coscienza pensante, il mio Io. La mia volontà, il mio intento, la mia necessità, le mie predilezioni in relazione alla volontà, all'intento, alla necessità e alle predilezioni manifestate dalle azioni degli oggetti del mondo nei quali io agisco e che agiscono nei miei confronti. Se la mia coscienza pensante non germinasse dalla mia Coscienza di Sè per adattarsi alle sollecitazioni del mondo, non si comprenderebbero le diversità culturali che chiedono coscienze pensanti diverse da cultura a cultura. Questa condizione è incomprensibile per Freud che fa dell'Io la rappresentazione del suo dio padrone e considera primitivi gli africani o i nativi americani auspicandone, di fatto, lo sterminio anziché lo studio.

Freud, da buon ebreo e cristiano, inverte la relazione fra struttura generale psichica dell'uomo, che definisce Es, e la coscienza pensante che chiama Io. Per Freud non è l'Es che alimenta la coscienza pensante, l'Io, ma è l'Io che alimenta l'Es mediante il rimosso dell'Io che confluisce, secondo Freud, nell'Es.

Un corpo è separato dalle gambe, tuttavia il corpo partecipa all'azione delle gambe; la coscienza pensante è separata dalla Coscienza di Sè dell'individuo circoscrivendo il mondo nella descrizione, tuttavia la Coscienza di Sé continua ad alimentare la coscienza pensante mediante le intuizioni e il sistema pulsionale che inducono la coscienza pensante ad allargare continuamente i propri confini. Noi vediamo le gambe crescere e irrobustirsi con una certa linearità e la stessa cosa lo vediamo, se osserviamo un bambino crescere, avvenire con la sua coscienza pensante, ma mentre le gambe non hanno mai avuto la pretesa di impedire al corpo le altre funzioni, la coscienza pensante ha preteso di fare della descrizione del mondo pensata l'assoluto psichico dell'individuo.

La coscienza pensata ha costruito una barriera di controllo fra la sua descrizione del mondo e l'azione con cui l'individuo risponde alle sollecitazioni del mondo; ha alzato una barriera fra l'insorgere dell'emozione e la possibilità di veicolare l'emozione; ha alzato una barriera fra la propria descrizione del mondo e l'intuizione che provengono da diverse descrizioni del mondo che il soggetto, la Coscienza di Sè, vive e pratica nel mondo.

La coscienza pensata, l'Io di Freud, ha alzato una barriera fra la descrizione del mondo, che chiama razionalità, e il vivere il mondo che viene definito irrazionale. Ciò che ha prodotto la coscienza pensante, l'Io di Freud, la vita, viene relegato nell'oblio della vita razionale. Tanto per citare un episodio conosciuto; pensate quanta fatica hanno fatto gli uomini per accettare che la terra girasse attorno al sole, come affermava Galileo, quando la loro coscienza pensante affermava che il sole girava attorno alla terra.

Tutti gli effetti e i sintomi della malattia psichiatrica nascono dallo stridere fra struttura pulsionale, percettiva, emotiva, attiva, ecc. dell'uomo e il controllo militare sulla strututra psico-emotiva esercitata dalla coscienza pensante che descrive il mondo. Dove la descrizione del mondo, per essere controllata dall'Io, deve essere più povera ed elementare possibile perché, quando è complessa, la struttura dell'Io, della coscienza pensante, tende ad aprirsi all'intuizione, alla parte profonda dell'individuo, dalla quale attingere la soluzione dei problemi posti dalla complessità. Infatti, la coscienza pensante, l'Io, non risolve i problemi dell'esistenza, si limita a descrivere le soluzioni che emergono quando queste emergono con forza alla sua attenzione costringendo la coscienza a morire disgregata e a riaggregarsi attorno alla nuova soluzione. E' come per il problema del galleggiamento. Gli uomini hanno sempre usato il principio del galleggiamento per risolvere una certa qualità dei loro problemi, solo quando la coscienza pensante è stata disgregata e riaggregata un individuo ha urlato "eureka" e le altre coscienze pensanti hanno trovato che quell'"eureka" era più funzionale all'aggregazione della coscienza pensante che non la condizione della coscienza prima che quell'individuo urlasse "eureka".

La coscienza pensante si modifica perché la Coscienza di Sé costringe la coscienza pensante che descrive il mondo esterno a modificarsi presentando nuove esigenze elaborate su sollecitazioni del mondo che la coscienza pensante, l'Io di Freud, vorrebbe ignorare. La modifica della coscienza pensante del soggetto non passa attraverso l'Io, sé stessa, come sostiene Freud, ma attraverso la parte profonda con cui l'individuo si lega al mondo e che si sforza di far valere le sue ragioni alla coscienza pensante.

E' facile pensare che tutta la manipolazione mentale che il soggetto ha subito e che tende a trasformarlo in un soggetto di dovere sottomesso in un sistema sociale ha condizionato e costretto alla sottomissione solo la coscienza pensante, l'Io di Freud, che è stato costretto a veicolare le pulsioni emotive della Coscienza di Sè solo nella direzione in cui si conferma la legittimità della sottomissione della coscienza pensante mentre l'intera Coscienza di Sé si ribella a condizioni coercitive, di sottomissione o di imposizione che ritiene intollerabili. In questo conflitto si genera la malattia mentale come risposta alla sofferenza della Coscienza di Sè.

L'Io, la coscienza pensante, si sforza di far valere il diritto di possedere l'individuo, l'intera Coscienza di Sè, da parte del dio padrone o della società padrona mediante la coercizione nella veicolazione delle pulsioni emotive e nella sistematica repressione della capacità della Coscienza di Sé di percepire il mondo e di trasmettere all'Io possibilità diverse da quelle imposte dalla sottomissione. Dall'altro lato il sistema pulsionale del soggetto, il suo essere Coscienza di Sé nel mondo, non tollera limitazioni alla sua espansione e al dolore che la coscienza pensante, l'Io, sottomessa gli impone. Per questo la Coscienza di Sè risponde alla violenza dell'Io sollecitando la ricerca del piacere che è liberazione dalla coercizione. A queste sollecitazioni la coscienza pensante, l'Io, risponde con una ricerca di piacere il cui scopo è confermare la gerarchia della sottomissione a cui è stato costretto. L'Io, sottomesso all'obbedienza, risponde alla Coscienza di Sé che lo incita alla libertà con attività di violenza sui più deboli perché, con il piacere della violenza sui più deboli, riafferma il proprio diritto alla sottomissione in una gerarchia che gli consente quel piacere.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

La percezione ha per l'Io la funzione che nell'Es spetta alla pulsione. L'Io rappresenta ciò che può dirsi ragione e ponderatezza, in opposizione all'Es che è il ricettacolo delle passioni. Tutto ciò corrisponde alle ben note distinzioni popolari; ma va tuttavia inteso soltanto come situazione media o in senso ideale. L'importanza funzionale dell'Io è testimoniata dal fatto che normalmente gli è attribuito il controllo delle vie di accesso alla motilità. L'Io può quindi essere paragonato, nel suo rapporto con l'Es, al cavaliere che deve domare la prepotente forza del cavallo, con la differenza che il cavaliere cerca di farlo con mezzi propri, mentre 1'Io lo fa con mezzi presi a prestito. Si può proseguire nell'analogia. Come il cavaliere, se non vuole essere disarcionato dal suo cavallo, è costretto spesso a ubbidirgli e a portarlo dove vuole, così anche 1'Io ha l'abitudine di trasformare in azione la volontà dell'Es come se si trattasse della volontà propria. Sulla genesi dell'Io e sulla sua differenziazione dall'Es sembra aver agito anche un fattore diverso, oltre all'influenza del sistema P. Il corpo, e soprattutto la sua superficie, è un luogo dove possono generarsi contemporaneamente percezioni esterne e interne. Esso è visto come qualsiasi altro oggetto, ma al tatto dà luogo a due specie di sensazioni, una delle quali può essere equiparata a una percezione interna. E' stato studiato a fondo in psicofisiologia il modo come dal mondo delle percezioni emerga la percezione del proprio corpo. Anche il dolore [fisico] sembra svolgervi una certa funzione, e il modo in cui in determinate malattie dolorose si ricava una nuova conoscenza relativa ai propri organi è forse paradigmatico per il modo in cui si perviene in generale alla rappresentazione del proprio corpo.

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L'Io non percepisce!

L'Io adatta il percepito e l'elaborazione del percepito al nucleo dell'imprinting che gli è stato imposto. Violare l'imprinting è un atto di volontà che fa la Coscienza di Sé quando non si limita ad inviare intuizioni che modificano la coscienza parlata, ma ferma il parlato per riformulare l'intera descrizione del mondo.

Le pulsioni sono forze di trasformazione di ogni vivente costruite dalla specie diversificando e specializzando la qualità della materia, Necessità, articolata nella volontà soggettiva: la percezione è la capacità del soggetto di relazionarsi col mondo al di là dei sensi o di come noi consideriamo i sensi. Che direbbe Freud della capacità di percezione del mio cervello nello stomaco?

L'Io rappresenta il blocco della capacità di espansione dell'uomo che Freud chiama "ragione e ponderatezza". Nella ragione e nella ponderatezza che si adegua alle coercizioni subite, Freud interpreta la saggezza dell'Io. Cosa c'è di più saggio che sottomettersi al dio padrone che ha costruito la dimensione e i confini dell'Io?

Freud considera l'Es il ricettacolo delle passioni: ma io, come persona sono passioni, emozioni, tensioni, travolgimento di un presente ossessivo e angoscioso. Cosa c'è di più razionale che modificare un presente che uccide la mia struttura emotiva per costringermi ad essere schiavo di un'idea, di una struttura socio-economica, di un dio padrone o di un criminale in croce? C'è forse qualche cosa di più ragionevole che vivere veicolando sé stessi in tutti gli anfratti della vita?

Cosa c'è di più malato, di più disastroso per la psiche dell'uomo frapporre ostacoli inumani alla sua struttura psico-emotiva? Eppure Freud esalta l'attività criminale dell'Io che una volta che si è imposto sull'uomo blocca ogni intuizione e ogni percezione che tende a modificare la sua struttura e la sua idea sul mondo e sulla vita.

Il terrore dell'Io sulla Coscienza di Sè dell'intero individuo è rappresentata da Freud con la violenza con cui un cavaliere deve domare il suo cavallo: deve domare la vita affinché la vita venga distrutta in funzione del trionfo del cavaliere.

L'Io, la coscienza pensata, secondo Freud agisce come un cavaliere che pur di domare il cavallo, la struttura di Sé dell'uomo, è costretto ad accogliere qualche cosa dell'attività del cavallo, qualche intuizione, qualche percezione, per poterlo domare e distruggere. Ma quel cavaliere, a differenza di quanto sostiene Freud, non è separato dal cavallo. Quel cavaliere è stato generato dal cavallo stesso e ciò che quel cavaliere doma sono le pulsioni di vita che vengono trasformate in pulsioni di morte, in distruzione del cavallo e, per conseguenza, dello stesso cavaliere. All'atto della morte del corpo fisico, comunque l'Io muore. L'Io, la coscienza che pensa e che verbalizza la descrizione del mondo, muore con la morte del corpo fisico, mentre ciò che può sopravvivere è la struttura pulsionale dell'uomo. Una struttura pulsionale e una struttura dell'uomo e della donna in sé hanno fatto dell'Io, della coscienza pensante, uno strumento con cui affrontare la vita al pari delle gambe, degli occhi o del cuore.

Io, ogni soggetto della Natura, è un corpo che abita il mondo.

Noi viviamo e nel vivere usiamo le gambe ed usiamo l'Io, la coscienza pensante che descrive il mondo. Siamo un crogiolo di Titani, ma siamo figli di Zeus, di questa Natura, nella quale costruiamo le nostre strategie d'esistenza cercando di liberare in essa i Titani che stanno nel nostro cuore.

Il corpo, il mio corpo, è il soggetto che abita il mondo. Ogni condizione incontrata dal mio corpo modifica sia l'Io che attiva la mia Coscienza di Sé per stimolare nuove elaborazioni e nuove soluzioni al mio abitare il mondo.

Il corpo con cui abito il mondo percepisce ed agisce nel mondo. Il corpo è azione. Il corpo è emozione. Il corpo non è né coscienza che parla descrivendo il mondo, né illusione fideistica a disposizione di un soggetto, il dio padrone, diverso da me e dalle mie pulsioni.

Il dolore è la negazione del corpo che abita il mondo. Il dolore è uno strumento che opprime il corpo e attraverso l'oppressione del corpo costruisce l'oppressione della coscienza che pensa il mondo. Col dolore la società domina gli uomini trasformandoli in schiavi. Col dolore e la miseria si distruggono le pulsioni di vita dentro all'uomo. Col dolore delle condizioni di vita negate si trasforma l'uomo in schiavo.

Dal dolore non nasce una nuova conoscenza; dal dolore nasce o la sottomissione finalizzata a fuggire dal dolore, o la rabbia e la strategia dell'uomo per annientare chi provoca dolore.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

L'Io è anzitutto un essere corporeo; non è soltanto un'entità superficiale, ma è esso stesso la proiezione di una superficie. Volendo cercare una analogia anatomica la cosa migliore è identificarlo con l'homunculus del cervello di cui parla l'anatomia, il quale si trova nella corteccia cerebrale capovolto, con i piedi protesi verso l'alto, mentre guarda all'indietro e reca, come è noto, a sinistra la zona del linguaggio. Il rapporto dell'Io con la coscienza è stato ripetutamente messo in rilievo; qui però vanno descritti nuovamente alcuni importanti dati di fatto. Abituati a far nostro per ogni dove il punto di vista di una valutazione sociale ed etica, non ci meraviglia sentire che la spinta delle passioni deteriori debba svolgersi nell'inconscio; in compenso ci aspettiamo che le funzioni psichiche trovino tanto più facilmente accesso sicuro alla coscienza quanto più elevato è il posto che occupano nella scala di quei valori. Ma l'esperienza psicoanalitica ci disinganna su questo punto. Abbiamo da un lato prove che persino un lavoro intellettuale sottile e difficile, che normalmente richiede una rigorosa meditazione, può essere effettuato in modo preconscio senza pervenire alla coscienza. Non possono esservi dubbi su casi di questo genere: essi si verificano ad esempio nel sonno. Un individuo, subito dopo il risveglio, può trovarsi in possesso della soluzione di un difficile problema matematico o di altra natura, al quale durante il giorno si era applicato invano? Di gran lunga più peregrina è però un'altra esperienza. Apprendiamo dalle nostre analisi che vi sono persone nelle quali l'autocritica e la coscienza morale - e cioè prestazioni della psiche alle quali viene attribuito un grandissimo valore - sono inconsce, e producono proprio in quanto tali i loro effetti più rilevanti. Il fatto che nell'analisi la resistenza rimanga inconscia non è dunque per nulla l'unica situazione di questa specie. Tuttavia la nuova esperienza che ci costringe - a dispetto della nostra migliore consapevolezza critica - a parlare di un "senso di colpa inconscio", costituisce qualche cosa di ancor più imbarazzante e ci propone un nuovo enigma, specialmente se finiamo col rendersi conto che un tale senso di colpa inconscio svolge in un gran numero di nevrosi una funzione decisiva da un punto di vista economico e oppone i più forti ostacoli sul cammino della guarigione. Volendo ritornare alla nostra scala di valori, dobbiamo dunque dichiarare che non soltanto le cose più profonde, ma anche quelle che per no sono le più elevate, possono essere inconsce. E in questo modo è come se ci venisse data la dimostrazione di quanto abbiamo prima asserito a proposito dell'Io cosciente: che esso è prima di ogni altra cosa un Io-corpo.

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L'Io, descritto da Freud, è la razionalità, la coscienza pensata che tenta di appropriarsi del corpo dell'individuo e controllare le sue funzioni e le sue percezioni. Cerca di controllare l'abitare il mondo del corpo, la sua volontà e la sua percezione che esula dalla coscienza del parlato e della descrizione del mondo.

Come si rappresenta l'Io fisicamente?

Freud ce lo descrive come l'homunculus del cervello. Una sorta di mappa cerebrale che secondo il suo ideatore Penfield disegnerebbe la corteccia primaria. Freud vuole associare l'Io, la coscienza che pensa e descrive il mondo mediante le parole, ad una mappa cerebrale a cui corrisponderebbero le trasposizione nel cervello delle varie parti del corpo. Il grande problema per Freud è che le aree del cervello che ha indicato, innanzi tutto sono delegate all'azione dell'individuo e non rappresentano l'individuo. L'individuo si adatta al mondo, non è l'Io dell'individuo, la coscienza che pensa e descrive il mondo che si adatta al mondo, ma è la Coscienza di Sè, che, al contrario di quanto pensa Freud, tende ad essere imprigionata da quello che lui chiama l'Io. Io sono prigioniero di una parte di me stesso che Freud definisce Io!

Quando Freud afferma che ad una valutazione sociale ed etica, dell'Io, della coscienza pensante, si contrappone la spinta delle passioni deteriori che giunge dall'inconscio, Freud manifesta tutto il suo condizionamento educazionale di adoratore del macellaio di Sodoma e Gomorra. Contrappone una manifestazione di un presente a quanto ha manifestato quel presente. Sta dicendo che le spinte dell'inconscio giungono alla coscienza solo quando sono "elevate nel posto che occupano nella scala dei valori" dove per valori considera solo quelli di morte e di coercizione che la società ha imposto alla coscienza pensante dell'individuo e al cui orrore la Coscienza di Sé si oppone con tutte le pulsioni di vita che si ribellano.

E' indubbio che si generi un conflitto fra la necessità di controllo della coscienza pensante, l'Io, che pretende il controllo sull'azione e sulla vita dell'individuo per mantenerla nell'obbedienza e nella sottomissione e la struttura pulsionale dell'individuo che tende a liberare la veicolazione delle pulsioni psico-emotive da tutti i limiti che il condizionamento educazionale ha imposto sull'Io.

Tutto il lavoro psico-analitico di Freud consiste nel fornire all'Io, alla coscienza pensante, armi di distruzione di massa con cui circoscrivere la Coscienza di Sè e le sue necessità di espansione nell'esistenza. Per Freud rafforzare la coscienza pensante, significa impedire all'individuo di liberarsi dalle coercizioni e impedire all'intuizione di disgregare la coscienza pensante per riformularla in condizioni migliori attraverso le quali affrontare l'esistenza quotidiana.

L'autocritica e la coscienza morale sono strumenti con cui fustigare la struttura pulsionale dell'uomo. Un conto è l'autocritica per posizioni assunte in un contesto che ha rivelato che le posizioni assunte erano in contrasto con gli obbiettivi prefissati e un conto è l'autocritica come negazione dei nostri bisogni e delle nostre pulsioni in funzione di una revisione della nostra coscienza pensante che si rivela inadeguata ad affrontare il mondo in cui viviamo. Quali sensi di colpa o condizioni morali di autocritica ha vissuto il cristiano che ascoltandoci ha sentito che noi parliamo del suo dio come del macellaio di Sodoma e Gomorra alla stessa stregua di un volgare assassino seriale? Eppure erano costretti a convenire con noi che il loro dio era solo un volgare assassino, ma questo provocava in loro molto dolore e l'incapacità di opporsi alle nostre argomentazioni lo chiude in uno stato contrito e doloroso. La malattia del cristiano, la nevrosi, nasce dal senso di colpa fra ciò che avrebbe dovuto fare per vivere e ciò che è stato costretto a fare per compiacere un'educazione coercitiva che lo ha privato della sua libertà pulsionale.

La scala dei valori che Freud propone è la scala dei valori morali che legittimano la violenza e la schiavitù e tale scala dei valori ha una funzione coercitiva rispetto al complesso dell'individuo, al suo essere Coscienza di Sè, germinato nella vita in cui reclama il diritto all'esistenza.

Scrive Freud in l'Io e l'Es:

Il Super-io non è però soltanto un residuo delle prime scelte oggettuali dell'Es, ma ha anche il significato di una potente formazione reattiva nei confronti di quelle scelte. Il suo rapporto con l'Io non si esaurisce nella ammonizione: "Così (come il padre) devi essere"; ma contiene anche il divieto: "Così (come il padre) non ti è permesso essere, cioè non devi fare tutto ciò che egli fa: alcune cose rimangono una sua prerogativa." Questo doppio volto dell'ideale dell'Io dipende dal fatto che esso ha promosso la rimozione del complesso edipico, e addirittura deve la propria esistenza al crollo di quel complesso. La rimozione del complesso edipico non è stata evidentemente impresa da poco. Poiché i genitori, e in special modo il padre, è stato riconosciuto come l'ostacolo che si frappone alla realizzazione dei desideri edipici, l'Io infantile si è rafforzato per effetto di quest'opera della rimozione erigendo in sé stesso il medesimo ostacolo. In un certo senso ha preso a prestito dal padre la forza necessaria per compiere quest'opera, e tale atto è straordinariamente denso di conseguenze. Il Super-io serberà il carattere del padre, e quanto più forte è stato il complesso edipico, quanto più rapidamente (sotto l'influenza dell'autorità, dell'insegnamento religioso, dell'istruzione, della lettura) si è compiuta la sua rimozione, tanto più severo si farà in seguito il Super-io nell'esercitare il suo dominio sull'Io sotto forma di coscienza morale, o forse di inconscio senso di colpa. Donde il Super-io tragga la forza per esercitare questo dominio, nonché il suo carattere coattivo che si manifesta come imperativo categorico, è una questione sulla quale mi riservo di avanzare un'ipotesi nelle pagine che seguono.

Pag. 51-52

Ora che abbiamo definito il modo in cui la coscienza pensante, quella che Freud chiama l'Io, cerca di assumere il controllo della struttura psichica dell'individuo, Freud introduce un terzo elemento, il Super-io.

Che cos'è per la Stregoneria il Super-io?

La Stregoneria afferma che dal momento che comunque la coscienza pensante e descrittiva del mondo, l'Io di Freud, è lo strumento con cui l'uomo si rapporta nella società umana, non solo è nostro dovere estendere la conoscenza di tale descrizione in maniera tanto vasta da abbracciare tutta la scienza espressa in questo tempo, ma preparare quell'Io ad abbracciare tutta la scienza di tutti i tempi futuri. Per la Stregoneria il Super-io è quell'Io che non si fissa in una descrizione per dominare la Coscienza di Sè dell'individuo, ma che si mette a disposizione della Coscienza di Sè dell'individuo espandendo la sua capacità di descrivere il mondo, potenzialmente, all'infinito. Oltre ancora, per la Stregoneria questo Io, questa coscienza pensante, diventa Super-io quando, scoperti nuovi elementi o nuovi meccanismi della realtà in cui vive e che descrive, modifica immediatamente il suo giudizio inglobando i nuovi elementi che diventano dati da cui partire per pensar la realtà.

Che cos'è il Super-io per Freud?

E' l'identificazione dell'Io, della coscienza pensante, col dio padrone, con un delirio di onnipotenza e un delirio di possesso tanto da scalzare il padre in una relazione edipica con la madre. Il massimo oggetto di possesso dell'Io freudiano, possedendo il quale diventa un Super-io, è il possesso della madre con la quale intrattenere una relazione esclusiva uccidendo e prendendo il posto del padre. Impedire al padre di possederlo e derubare il padre di ogni oggetto che possiede attraverso il quale possedere il figlio.

In sostanza, per Freud il Super-io come ideale dell'Io è l'identificazione col dio padrone. E' una sindrome comune a cristiani e ad ebrei ed è la sindrome, educazionalmente imposta, mediante la quale cristiani ed ebrei macellano ogni uomo in nome del loro potere assoluto: del loro Sper-io!

L'Io di Freud ritiene di avere un posto assoluto nella vita di Freud. Freud ha rinunciato a vivere e il suo Io, la coscienza pensante, si è impadronita della sua esistenza e ora è in grado di incanalare le sue pulsioni negli oggetti che, possedendo i quali, gli danno il potere assoluto identificandolo col dio padrone.

Tutta la violenza in famiglia esecrata dalla società è il prodotto di questo Super-io Freudiano che tenta di imporsi nonostante la realtà oggettiva gli indichi la propria inadeguatezza.

Il Super-io freudiano è il delirio di onnipotenza, più o meno contenuto, imposto mediante l'educazione ebrea e cristiana ad ogni bambino il quale, elevandosi e identificandosi col dio padrone, imporrà la propria morale di dominio a tutto l'ambiente in cui vive. Che questo Super-io si imponga nei bambini piccoli, è opera dei padri che esercitando il possesso sulle madri, sulle donne, sulla cerchia parentale, indicano alla coscienza pensante del neonato la strada che deve intraprendere per poter trarre piacere dalla coercizione di sottomissione e di dominio alla quale è stato costretto.

Questo tipo di Super-io trae la forza dalla distruzione di tutte le altre possibilità di veicolazione pulsionale che la manipolazione dell'educazione nell'infanzia ha operato imponendo una morale di obbedienza e di sottomissione.

NOTA, le citazioni di Sigmund Freud sono tratte da:

Sigmund Freud, L'Io e l'Es, scritto nel 1922 e pubblicato da Bollati Boringhieri 1982

Marghera, 03 agosto 2014

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre

 

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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

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Marghera, 21 luglio 2014

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.