Giulio Cesare Andrea Evola [detto Julius] (1898 - 1974)

L'uguaglianza degli uomini come principio disgregatore dello Stato

di Claudio Simeoni

Cod. ISBN 9788827811764

La Teoria della Filosofia Aperta: sesto volume

 

Filosofia Aperta - seconda parte (del volume)

Evola e l'individualismo

 

La domanda che ci si pone leggendo le idee sull'individualismo di Evola è questa:

E' l'individuo che si separa da un insieme e diventa individualista rispetto ad un insieme collettivo, o è il collettivo che risulta composto da un insieme di individualismi che creano delle relazioni fra di loro?

Noi, quando iniziamo a pensare all'uomo, lo pensiamo come partecipe di una massa o lo pensiamo come un individuo che costruisce delle relazioni con altri uomini?

Non è una questione secondaria, ma è la questione che discrimina l'idea individualistica di Evola dall'idea di "società degli uomini".

Se io penso all'uomo come ad un insieme sociale, significa che io mi sono posto al di fuori di questo insieme sociale e che guardo l'uomo dall'alto e non ne individuo i singoli caratteri, ma lo appiattisco in una massa diversa dalla quale io mi sono separato. Io rimango individuo, tutti gli altri sono "massa", "popolo", "gregge", "forma indistinta".

Da questa condizione scrive Evola:

Considerata dappresso l'idea di "Stato moderno" è inoltre connessa a quella dissociazione dottrinale, mascherata frequentemente da "specializzazione" che è appunto una caratteristica "moderna". Giustamente l'Autore rileva che "il così detto pensiero moderno ha smarrito quel senso di unità, che aveva costituito nelle precedenti fasi della storia, la preoccupazione costante dello spirito". Per conto nostro rileveremo che qui non si tratta semplicemente del piano sociale, ove la disgregazione si manifesta come individualismo e liberismo, poiché questi effetti sociali sono solo la controparte di una disgregazione assai più generale e essenziale, quella che, p. es., chiamò a vita un diritto astratto contrapposto alla forza, una fede quale "affare privato" staccato dalla politica, una economia superstiziosamente sostanzializzata come una realtà autonoma con suoi determinismi inflessibili e indifferenti rispetto alle forze umane, una ragione politica che con l'etica non deve aver nulla da spartire, e via dicendo. E' in tal modo che da un mondo organico, da un mondo nel quale ogni essere e ogni attività aveva il posto che gli spettava e manteneva così la propria qualità specifica e la propria funzione relativamente indipendente nell'ordine del tutto si passò ad un mondo costituito da atomi incoerenti. E l'individualismo, anziché dottrina da studiarsi in sé, andrebbe piuttosto concepito come il sintomo di uno stato, cioè di questa stessa condizione livellatrice sorta da un disgregamento, presso al quale la finzione giuridica e il mito utilitario cercheranno invano di riprendere nella parvenza di un ordine le forze di un mondo passato dal piano organico della qualità a quello meccanico della quantità."

Pag. 34 – 36

La ribellione dell'individuo all'incasellamento nel corpo "organico" di una società, viene considerato da Evola "individualismo disgregante".

La società controllata dallo Stato è la società controllata da Evola che dall'alto di una qualche montagna reputa quella società un organismo oliato in cui tutti hanno la loro funzione e il cervello, lo Stato, dirige con la forza e la violenza, ogni comportamento umano. E' il cervello, lo Stato, che determina ogni comportamento umano che deve essere inserito in uno schema preciso.

Il discorso della società come un corpo sociale d'insieme è stato usato da tutti coloro che ritenendosi "testa", "Stato" o "padroni", per un motivo qualsiasi, pretendevano che l'intera società, come un corpo, obbedisse a quelle direttive.

Ciò che non regge in questo esempio è che non è la testa a determinare il comportamento del corpo, ma è il corpo che determina la coscienza che viene manifestata dalla "testa".

Detto questo, gli uomini non sono "cellule specializzate di un corpo che manifestano bisogni e necessità specifiche di trasformazione". Gli uomini e le donne di una società manifestano necessità e bisogni complessivi e generali che non possono essere incasellati e circoscritti in funzioni sociali di bisogni e necessità imposti da "altri". Per incasellare uomini e donne in un ruolo sociale è possibile solo mediante una violenza assoluta, spesso esercitata nei confronti dell'infanzia. Una violenza assoluta che, anche se viene spesso accettata e subita passivamente, spinge l'individuo alla ribellione per la rimozione degli ostacoli che incontra alla sua dilatazione nel mondo. Questa ribellione si manifesta sia con atti palesemente conflittuali o con scelte personali che alterano gli equilibri sociali.

Non esiste un dominio naturale dell'uomo. Non esiste una "condizione naturale" dell'uomo rispetto ad un insieme sociale dato o pensato aprioristicamente. Esiste una volontà di dominare e di possedere che deve costringere uomini e donne, o gruppi di uomini e donne, a sottostare a quelle volontà, a quegli ordini, a quelle condizioni rinunciando a sé stessi, o a parte di sé stessi, per adattarsi alla violenza subita. L'uomo non è un ingranaggio di una macchina che può essere costretto a ruotare a quella velocità ad ogni specifica sollecitazione.

Le costrizioni, socialmente imposte, possono essere accettate da singoli uomini e donne per far fronte a momenti specifici o a condizioni contingenti, ma quando il momento è superato e le condizioni specifiche hanno esaurito il loro impulso subito nell'uomo e nelle donne scatta la necessità di rimuovere, per quanto possibile, gli ostacoli che limitano la veicolazione delle proprie emozioni, dei propri bisogni e delle proprie condizioni nella vita e nella società in cui vivono.

Questa condizione sfugge ad Evola.

E' la condizione paventata da Platone che nel Crizia e nel Timeo delinea la società come costruita, voluta ed imposta, dal dio padrone o dal dio elevato a padrone, sia di Atene che di Atlantide, e che crea l'ordine sociale in base alla propria volontà di controllo sociale. E' la condizione che si presenta con i cristiani e la società che obbedisce a cristo sia nella forma di "Città di Dio" che in quella della "Città del Sole" o nell'"Utopia" di Moro. Si tratta di modelli sociali elaborati da filosofi che hanno tradotto in termini soggettivi le lezioni di catechismo apprese nell'infanzia e che hanno rielaborato soggettivamente nel loro desiderio ideale. Tutti questi, come nella Repubblica di Platone, si ergono a padroni, a Dio, a dominatori, a Stato che con tanta violenza legittimano la riduzione degli uomini a mero corpo sociale obbediente alle condizione che loro hanno determinato.

Evola indica nell'individualismo la ribellione alla condizione sociale predeterminata come se la condizione sociale predeterminata fosse desiderata da ogni uomo e non solo vissuta passivamente per la violenza subita.

E' Evola che spala la merda? E' Platone che spala la merda? E' Gesù che spala la merda? E' Dio che spala la merda? No! Sono gli uomini che devono sottostare alla gerarchia data. Il gerarca riceve il beneficio della merda spalata. E' forse Gesù che sgozza gli uomini che non gli obbediscono? No! Sono coloro che obbediscono agli ordini di Gesù ai quali Gesù ordina di sgozzare gli uomini che non obbediscono ai suoi ordini. E in quale altro modo si può pensare ad una società organizzata come un corpo organico se non sotto l'egida di un Gesù che ordina di sgozzare chi non si mette in ginocchio davanti a lui mentre gli sgozzatori sentono di amare Gesù che consente loro di veicolare la loro pulsione di dominio sugli altri uomini e sulle altre donne?

Un corpo sociale pensato come ad un meccanismo che agisce è composto da uomini e donne "depersonalizzate". Non sono "uguali", ma ugualmente privati di sé stessi. Nato operaio deve fare l'operaio. Nato servo deve fare il servo. Nato soldato deve fare il soldato. Ogni uomo e donna è pensato come una ruota dentata che gira in un ingranaggio chiamato "organismo sociale". Possono essere uguali nella forma, ma una volta accoppiati devono girare in maniera opposta l'uno rispetto all'altro o, altrimenti, l'organismo sociale non funziona.

La disuguaglianza è data dalla funzione e l'uguaglianza sta nell'obbedienza al ruolo che è stato fissato dallo Stato, dal dominatore o dal Crizia di turno.

L'individualismo, in Evola, è la ribellione del soggetto al ruolo che per il soggetto è stato stabilito da Evola, da Dio, dallo Stato, da Gesù.

Questo porta Evola a concludere sul concetto di uguaglianza:

"Il liberalismo della personalità non sa nulla, esso sa solo dell'individuo, che rappresenta, di quella, la degradazione e quasi la caricatura; e con la sua ideologia egualitaria e livellatrice distrugge la possibilità stessa, per la persona, non per l'individuo, di valere".

Pag. 36

Dio e lo Stato sono due enti che davanti al tribunale, alla legge, sono uguali al singolo uomo e alla singola donna. Dio e lo Stato obbediscono alla stessa legge a cui è sottoposto il singolo uomo e la singola donna che, in quel momento, diventano cittadini che in una società partecipano allo Stato.

Uno Stato che pretende che i cittadini obbediscano ad un ruolo sta, di fatto, distruggendo la personalità del singolo individuo.

Uno Stato appare molto potente quando tutti gli uomini, ridotti a bestiame del suo gregge, obbediscono agli ordini. Ma quando una nazione, un insieme sociale, deve far fronte a contraddizioni distruttive, solo un insieme sociale i cui uomini e donne si rifiutano di svolgere il ruolo del gregge, ma assumono su di sé il ruolo di cittadino che progetta. L'insieme di progetti, che diventano espressione di quella società, sono in grado di superare quelle contraddizioni arrivando ad un nuovo e diverso equilibrio sociale.

Nella visione di Evola, lo Stato distribuisce i ruoli; nella visione sociale democratica i cittadini scelgono il ruolo fra le possibilità offerte dalla società e, in quel ruolo, vengono selezionati in base alle capacità con le quali svolgono il loro lavoro. Quando i due metodi non sono separati, allora subentra lo "stato mafia" dove, chi svolge un ruolo Istituzionale, determina i ruoli delle persone per distribuire i privilegi sociali a cui le persone possono accedere.

Lo "Stato mafia" è l'azione dell'ideologia assolutistica dello Stato che determina l'organizzazione sociale all'interno di uno Stato Democratico che dovrebbe garantire il medesimo diritto per tutti i cittadini sotto la medesima legge.

Mentre lo Stato Democratico garantisce la qualità degli individui preservando i maggiormente capaci affinché le Istituzioni siano maggiormente efficienti, lo Stato Mafia garantisce gli individui obbedienti al fine di garantirsi il dominio all'interno dello Stato Democratico.

Evola rifiuta il concetto di uguaglianza in nome del concetto di ubbidienza. Essere uguali sotto la medesima legge non significa essere uguali nelle proprie scelte di vita. Essere uguali nell'obbedienza significa che chi deve obbedire non è uguale a colui che gli impone obbedienza. Per Evola, il singolo cittadino non ha gli stessi diritti giuridici dello Stato o di Dio. L'unico diritto che Evola concede al popolo è quello di obbedire alla sua testa. Sia quando quella testa è Dio o è lo Stato.

Per Evola non esiste il concetto secondo cui lo Stato è uno strumento dei cittadini che attraverso esso regolano la qualità delle loro relazioni. Lo Stato non è composto da cittadini, ma è il padrone dei cittadini.

Questo è il motivo per il quale quando sentiamo dire da qualcuno "Sono un servitore dello Stato!" capiamo che lui qualifica sé stesso come terrorista che agisce contro i cittadini per imporre l'assolutismo evoliano contro i principi della Costituzione Democratica e Repubblicana.

Lusiana, 28 giugno 2017

 

NOTA: Le citazioni di Evola su "L'idea di Stato" sono prese dall'edizione Ar del 1970. Da tener presente che il libro è stato stampato senza citare l'autore.

 

 

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Marghera, 27 giugno 2017

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.