Durkheim Emile (1859 – 1917)

Le forme elementari della vita religiosa

2^ Parte

Origine della distinzione fra sacro
e profano e fra religione e magia

Riflessioni sulla sociologia.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

Durkheim, nella sua elaborazione irrazionale della distinzione fra sacro e profano, rileva come molti uomini fanno del sacro il fondamento della loro vita. Questi uomini si estraniano dal quotidiano degli altri uomini. Separano il loro sacro dal profano dal quale e nel quale sono nati. L'iniziazione, di cui parla Durkheim, è una separazione dell'uomo dalla sua quotidianità, nella quale è vissuto e cresciuto, per essere iniziato alla vita religiosa.

Questo tipo di iniziazione, Durkheim la fa risalire ai riti sociali di superamento della pubertà per essere accolti nella società civile come adulti.

Ciò non vuol dire tuttavia che un essere non possa passare mai da uno di questi mondi nell'altro: la maniera in cui si produce questo passaggio, quando esso avviene, sottolinea la dualità essenziale dei due domini: esso implica infatti un'autentica metamorfosi. Ciò è particolarmente dimostrato dai riti dell'iniziazione, quali sono praticati da un gran numero di popoli. L'iniziazione è una lunga serie di cerimonie, che hanno lo scopo di introdurre il giovane nella vita religiosa: egli esce per la prima volta dal mondo totalmente profano, in cui si è svolta la prima infanzia, per penetrare nell'ambito delle cose sacre. E questo mutamento di stato è considerato non già come il semplice e regolare sviluppo di germi preesistenti, bensì come una trasformazione totius substantiae. Si dice che in questo momento il giovane muore, che la persona determinata che egli costituiva cessa di esistere e che un'altra si sostituisce istantaneamente alla prima: egli rinasce sotto una nuova forma. Si ritiene che cerimonie appropriate possano realizzare questa morte e questa rinascita, che non sono interpretate in un senso puramente simbolico, ma sono prese alla lettera. Non è forse questa la prova che tra l'essere profano che egli era e quello religioso che egli diventa c'è una soluzione di continuità? Questa eterogeneità è anzi tale da degenerare spesso in un vero antagonismo. I due mondi sono concepiti non soltanto come separati, ma anche come ostili e gelosamente rivali l'uno dell'altro. Poiché non si può appartenere pienamente all'uno senza essere del tutto uscito dall'altro, l'uomo è incitato a ritirarsi totalmente dal profano per condurre una vita esclusivamente religiosa. Da ciò deriva il monachesimo, che a fianco e al di fuori dell'ambiente naturale in cui gli uomini vivono la vita secolare ne organizza artificialmente un altro, chiuso al primo, che tende quasi a costituirne l'opposto. E da ciò deriva pure l'ascetismo mistico, il cui scopo è di estirpare dall'uomo tutto ciò che può rimanervi di attaccamento al mondo profano, nonché tutte le forme di suicidio religioso, che costituiscono il logico coronamento di questo ascetismo, perché la sola maniera di sfuggire totalmente alla vita profana è in definitiva quella di evadere totalmente dalla vita.

Se questo tipo di affermazione viene fatta in base a fatti documentati, nulla da eccepire. Quando questa affermazione, anche se basata su fatti documentati, viene proiettata in tempi diversi nei quali i fatti sono immaginati e non documentati, allora, la questione cambia.

Quando una persona passa dall'età puberale all'età adulta, alla maturità sessuale, la rivoluzione della struttura psico-emotiva è talmente profonda e talmente violenta che porta la persona a modificare il proprio punto di vista sul mondo e sulla vita proprio partendo da diverse esigenze di veicolazione della sua struttura libidica.

In quel momento, muore il fanciullo e nasce l'adulto. La violenza monoteista, cristiana ed ebrea in particolare, intervenendo sulla struttura psico-emotiva impedisce la trasformazione completa dell'individuo nelle possibilità di veicolazione della struttura libidica e costruisce un mostro. Il mostro è quel soggetto costruito dal cristianesimo in cui ad un'esigenza di veicolazione libidica propria dell'età adulta, l'individuo risponde con veicolazioni infantili e preadolescenziali. La ricerca dell'eterno bambino nelle relazioni sessuali interpersonali (pedofilia e pederastia) perché incapace di relazionarsi con individui adulti, sessualmente indipendenti. Una sessualità che necessita di individui deboli da trasformare in oggetti di possesso (l'eterno gioco della bambola o dell'orsacchiotto). Oppure, il complesso di Edipo come ricerca della relazione con la mamma come soggetto che dà sicurezza e che porta l'individuo, sia maschile che femminile, a cercare l'immagine del padre o della madre nelle relazioni con l'altro. Oppure, la riproduzione dei giochi infantili nel gioco erotico, ecc.

Quando l'infanzia non muore, l'adulto non nasce. Quando l'infanzia non muore, continua a vivere nei meccanismi dell'adulto. Solo che, un conto è giocare con le pistole che hanno il tappo in sughero e un altro conto è giocare con le pistole con pallottole in piombo. Un conto è giocare alla lotta fra ragazzi di 10 anni e un conto è la banda di picchiatori da ottanta chili l'uno. Si tratta dell'infanzia che si riversa nell'età adulta e controlla un corpo e una libido a lei estranea.

Il mostro, costruito dal cristianesimo, dall'ebraismo, dal buddhismo, non affronta la vita, ma si ritira dalla vita in un ascetismo monacale il cui solo scopo è proteggere la propria psiche malata dalle sollecitazioni ( o tentazioni, come si voglia chiamarle) del mondo.

Questo meccanismo, che porta a riprodurre l'infanzia dell'uomo nella sua età adulta, è imposto dal cristianesimo mediante l'educazione che ha come effetti da un lato, le patologie psichiatriche da delirio di onnipotenza e, dall'altro, le patologie psichiatriche depressive che, nell'ideologia sociale imposta dalla religione cristiana, si trasformano in comportamenti oppressivi e in comportamenti di sottomissione alla morale imposta.

Questa è la condizione della relazione sociale religiosa nel cristianesimo e nella società cristiana.

Durkheim, educato nella religione ebraica, immagina che la struttura religiosa dei Leviti sia una struttura religiosa propria di ogni popolo antico e non pensa che, al contrario, la struttura religiosa dei Leviti sia, in realtà, un abominio inumano volto a sancire il genocidio in nome del dio padrone che è, in sé, un oggetto estraneo alla società degli uomini. Durkheim estende la separazione dei leviti dalla popolazione ebrea come se questa separazione fosse una costante nelle religioni delle antiche popolazioni.

Quando Durkheim dice:

Si dice che in questo momento il giovane muore, che la persona determinata che egli costituiva cessa di esistere e che un'altra si sostituisce istantaneamente alla prima: egli rinasce sotto una nuova forma. Si ritiene che cerimonie appropriate possano realizzare questa morte e questa rinascita, che non sono interpretate in un senso puramente simbolico, ma sono prese alla lettera. Non è forse questa la prova che tra l'essere profano che egli era e quello religioso che egli diventa c'è una soluzione di continuità?

Da un lato Durkheim usa l'idea dei riti di passaggio dall'infanzia all'età adulta delle popolazioni delle americhe, che chiama "primitivi", e dall'altro lato interpreta la bibbia come la morte del levita, come persona civile, per ottenere la rinascita come individuo religioso. Come individuo dedito a dio.

La separazione che esiste fra i leviti, dedicati al culto religioso ebraico, e il resto della popolazione civile ebrea, la popolazione civile, diventa il modello che Durkheim estende nella sua analisi delle antiche religioni che lui chiama "primitive".

C'è una questione che Durkheim, in malafede, vuole nascondere: i leviti si separano dalla società civile rendendo sé stessi "sacri" macellando la società civile e rivendicando il diritto di poterla macellare in nome del loro dio padrone del quale sono al servizio. Il meccanismo che porta a perdurare dell'infanzia nell'età adulta viene sancito come "legittimo" proprio dai Leviti come riportato dalla bibbia:

"Quando Mosè vide il popolo sfrenato, poiché Aronne li aveva lasciati abbandonare all'idolatria, diventando così ludibrio dei suoi avversari, si fermò sulla porta del campo e gridò: "Chi è per il signore?...a me!" E si raccolsero attorno a lui tutti i figli di Levi, Egli ordinò loro: "Ha detto il signore Iddio d'Israele: ciascuno di voi si meta la spada al fianco: andate in giro pel campo, da una porta all'altra, e ognuno uccida il fratello, l'amico, il parente". I figli di Levi fecero secondo le parole di Mosè; e in quel giorno perirono fra il popolo circa tremila uomini. Poi Mosè disse: "Oggi voi siete stati consacrati al servizio del Signore, chi al prezzo del proprio figlio, e chi del proprio fratello; perciò oggi egli vi dona la benedizione"." Esodo 32, 25-29

In questo momento i leviti si separano dalla società. Il levita muore alla società. E' il suo macellaio. Il suo carnefice in nome del dio padrone. Come il dio padrone dei cristiani è il macellaio dell'umanità mediante il diluvio universale, così il Levita è il macellaio del suo popolo al quale impone di riconoscere la sua sacralità. Come carnefice si separa dalla società che, per quel che gli riguarda, è composta dalle sue vittime, ed entra nella dimensione del sacro dalla quale giustifica il suo agire in quanto carnefice.

I due mondi, quello dei leviti e quello della società, secondo Durkheim, sono concepiti non soltanto come separati, " ma anche come ostili e gelosamente rivali l'uno dell'altro".

La separazione fra "sacro" e "profano" nasce quando il "sacro" agisce per impossessarsi e controllare il profano a proprio uso e consumo. Nasce quando i leviti macellano chi non adora il loro dio e non si mette in ginocchio davanti a loro.

Dice il dio degli ebrei e dei cristiani:

"Per me voi sarete santi, perché io, Jahve, sono santo; vi ho separato dalle nazioni per farvi miei." Levitico 20, 26

Ebrei e cristiani separano sé stessi dal mondo sociale per dominare il mondo sociale e renderlo schiavo della loro morale e dei loro principi religiosi.

Preso Roma Antica, il sacro e il profano erano uniti da un contratto vero e proprio. La società prometteva di dare agli Dèi se gli Dèi, PRIMA, avessero dato alla società mantenendo il patto. Se gli Dèi non onoravano il contratto, gli uomini erano liberi da ogni vincolo.

Il sacro non era distinto dal profano. Le Vestali non erano separate dalla società, erano funzionali. Il rapporto era quello che oggi possiamo avere fra il corpo docenti di un'università e i cittadini. Il corpo docente di un'università rappresenta delle specificità funzionali all'interno della società, ma non alimenta separazioni né trae vantaggio dall'imporre dei problemi devastanti che possono danneggiare la società. Al contrario, i Leviti saccheggiano la società imponendo il loro dominio mediante il genocidio: così i preti cristiani e cattolici, in particolare. La società non si inchina alle Vestali, le onora. Le Vestali onorano la società mantenendo acceso il fuoco di Vesta. La società si deve inchinare ai preti cattolici, ai leviti, ai preti buddhisti perché, altrimenti, costoro macellano la società che osa aderire a morali profane o democratiche anziché agli ordini del loro dio.

E' l'ebraismo che separa il mondo sacro, dedicato al suo dio, dal mondo profano per poter dominare quest'ultimo. Mentre nelle antiche religioni il Tempio era un luogo dedicato alla città e alle varie attività (a Roma nel tempio di Giunone c'era la zecca, da qui il nome di moneta da Giunone Moneta; nel tempio di Cerere c'erano gli archivi della plebe, ecc.) che integravano le relazioni con gli Dèi con la vita degli uomini, nei vangeli Gesù scaccia i mercanti dal tempio per appropriarsi del tempio e separare le attività sacre (che pretende gli appartengano) del tempio dalla vita degli uomini. Separa il sacro dal profano. Questa separazione netta, viene fatta da ebrei e cristiani, ma non c'era nella storia degli uomini.

Non c'era nemmeno un termine come "religione", per indicare un insieme di elementi che raggruppati erano distinti dagli altri elementi che caratterizzavano la vita quotidiana. Gli Dèi vivevano fra gli uomini mentre gli ebrei separano il loro dio dagli uomini rinchiudendolo nella loro Santa-Santorum.

Da questa separazione deriva quell'apparenza di "ascetismo" mistico che in realtà non è altro che il modo di ebrei, cristiani, musulmani e buddisti di vivere la patologia psichiatrica in condizioni di intimità, separazione dal mondo, come necessità di protezione della propria malattia psichiatrica dall'analisi degli elementi che la caratterizzano che potrebbe fare la società civile o svelare la loro patologia qualora si presenti la necessità di affrontare i problemi nella società civile.

Durkheim vuole applicare ai popoli antichi le categorie della sua bibbia. Ma la bibbia non è un prodotto della vita dell'uomo, è piuttosto un'arma di distruzione di massa. Un'arma che distrugge la struttura emotiva delle persone e le rende schiave di un padrone.

Affermare, come fa Durkheim che:

Ma l'aspetto caratteristico del fenomeno religioso è il fatto che esso presuppone sempre una divisione del- l'universo conosciuto e conoscibile in due generi che comprendono tutto ciò che esiste, ma che si escludono radicalmente. Le cose sacre sono quelle protette e isolate dalle interdizioni; le cose profane sono invece quelle a cui si riferiscono queste interdizioni, e che debbono restare a distanza dalle prime.

Il termine "religione" è un termine volto a separare una parte delle attività di relazione dell'uomo dal resto della vita quotidiana che viene definito profano. Non esisteva la separazione fra l'attività religiosa e l'attività profana prima dell'avvento di Platone, dell'ebraismo e del cristianesimo. Non esisteva nemmeno un termine per definire quel tipo di separazione.

L'aspetto caratteristico del fenomeno religioso è il coinvolgimento delle emozioni dell'uomo nella partecipazione alle relazioni con i soggetti del mondo. La caratteristica degli elementi che interverranno a costruire quello che oggi chiamiamo religione è la sospensione della descrizione razionale (come forma e quantità) del mondo permettendo all'uomo di vivere il tempo. Veicolare le proprie emozioni nello spazio del mutamento fra un presente pensato prima e il presente pensato ora che ci permette di vivere le trasformazioni in atto che porterà la ragione a fissare il presente dopo; futuro. L'abitare il tempo dell'uomo, si chiama RELIGIONE! Il tempo destruttura un presente vissuto e lo ricompone in un presente altro. Fra la destrutturazione di un presente e la ristrutturazione di un presente altro, l'individuo sedimenta il guadagno soggettivo nella soluzione della contraddizione manipolando la propria struttura emotiva che è il sostrato personale da cui emergono le idee, la percezione, l'elaborazione, la qualità dell'uso dei sensi, le idee, ecc. In altre parole, la coscienza del nostro abitare il mondo.

La cosa "sacra" della religione, sono le emozioni dell'uomo. Le emozioni sono distinte dalla ragione. L'insorgenza delle emozioni spazza via la descrizione della ragione che, davanti a tale insorgenza, si ritira e abbandona il suo controllo sulla coscienza. La ragione è talmente estranea alla destrutturazione imposta alla struttura neuro-vegetativa dell'individuo, che la ragione non è in grado né di ricordare il vissuto destrutturato dell'individuo né ha parole per descrivere tale vissuto. Non si ricorda il momento vissuto nella passione amorosa che ha travolto la coscienza nell'atto, si ricorda il piacere che si è provato quando la struttura neuro-vegetativa si è ricomposta e la ragione ha iniziato a pensare e descrivere il piacere provato.

Le emozioni, Afrodite demone portentoso, erano presenti nell'individuo quando, come essere unicellulare, si muoveva nel brodo primordiale; l'emozione, Afrodite demone portentoso, era presente quando l'uomo era un piccolo rettile; l'emozione, Afrodite demone portentoso, era presente quando l'uomo era un piccolo mammifero; l'emozione, Afrodite demone portentoso, era presente quando come feto eravamo in pancia di nostra madre; l'emozione, Afrodite demone portentoso, era presente quando siamo usciti dalla vagina di nostra madre; l'emozione, Afrodite demone portentoso, domina le nostre relazioni col mondo in età adulta nonostante la ragione tenda a relegare la sua insorgenza nella nostra coscienza in un Tartaro profondo le cui mura sono composte da parole, forma e quantità, con cui la ragione, nella sua pretesa assolutistica, pretende di descrivere un mondo di cose prive di coscienza, consapevolezza ed emozioni.

Da qui la nascita dei riti con cui la ragione dell'uomo costruisce il ponte fra le relazioni emotive del soggetto, alle quali è estranea, e le sue esigenze di descrivere un mondo che padroneggia con difficoltà. Un mondo che costringe la ragione a rimodulare continuamente sé stessa e la sua descrizione a mano a mano che i fenomeni provenienti dal mondo gli dimostrano l'incompletezza e l'inconsistenza della "verità" della sua descrizione del mondo.

Anziché affrontare questo conflitto, Durkheim preferisce affermare:

Noi abbiamo adesso un primo criterio per definire le credenze religiose. Indubbiamente, all'interno di questi due generi fondamentali esistono specie secondarie che sono anch' esse più o meno incompatibili le une con le altre Le credenze religiose sono rappresentazioni che esprimono la natura delle cose sacre e i rapporti che esse hanno tra loro e con le cose profane. I riti sono infine regole di condotta che prescrivono il modo in cui l'uomo deve comportarsi con le cose sacre. Quando un certo numero di cose sacre presentano tra loro rapporti di coordinazione e di subordinazione, in modo da formare un sistema di una certa unità, che però non rientra a sua volta in nessun altro sistema del genere, l'insieme delle credenze e dei riti corrispondenti costituisce una religione.

Le azioni, che la ragione reputa dedicate a "cose religiose", non sono altro che azioni cariche di tensione emotiva e sentimento con cui l'uomo si relaziona fra sé e l'immenso che lo circonda e che la ragione, relegandoli in un ambito ristretto, ne permette l'espressione.

Chi è educato in ambiente cristiano non può pensare a sé stesso nel mondo se non come individuo creato ad immagine e somiglianza del suo dio padrone. Nonostante questa imposizione, in ambito biologico, costui, può studiare la catena del DNA o pensare che "l'uomo discenda dalla scimmia". La sua ragione gli consente di deviare dall'idea religiosa che lo controlla, ma solo limitatamente al campo della ricerca biologica. Quando esce dal ristretto campo della ricerca biologica, quest'individuo elaborerà una serie di argomentazioni per giustificare e colmare lo stridere esistente fra la sua fede nella creazione e i risultati della sua analisi del mondo che i suoi studi dimostrano. Quando non gli sarà più possibile conciliare la sua credenza con le dimostrazioni fornite dall'esperienza del suo vivere, allora costruirà una separazione psicologica fra il suo vivere e la sua fede finché tenderà, psicologicamente, ad annullare le dimostrazioni fornite dal suo vivere in funzione della sua fede: fino a negare l'evidenza dell'esperienza.

L'ebraismo e il cristianesimo separano l'uomo dalla realtà del mondo percepita e vissuta dall'uomo.

Mentre per gli antichi i riti religiosi erano il momento in cui l'uomo esprime le proprie emozioni nelle relazioni col mondo, in ambiente platonico, ebraico e cristiano, diventano il momento in cui l'uomo deve mettere in essere delle azioni per esorcizzare ed impedire l'espressione delle proprie emozioni nel mondo sottomettendole alla volontà del dio padrone che determina i suoi comportamenti e la sua morale. Il rito, nella religione cristiana, diventa il momento in cui l'uomo è umile e penitente davanti al suo dio padrone e riafferma il diritto del suo dio padrone a dominarlo.

Fra il complesso dei riti che rendono collettiva e sociale l'espressione emotiva dei legami dell'uomo col mondo e le esigenze della ragione di conchiudere l'espressione emotiva entro un ambito di relativa interferenza nelle attività dell'uomo nel mondo, si inserisce l'ebraismo, il platonismo e il cristianesimo che manifestano l'esigenza di controllare, condizionare e bloccare l'espressione emotiva dell'uomo nel mondo al fine di sottomettere la struttura emotiva al controllo della ragione. Al controllo della morale imposta alla ragione. Al controllo della "fede" imposta dal dio padrone. Ne segue che, tutto ciò che dalla struttura emotiva dell'uomo sollecita la sua ragione, viene da questa trasformato in patologia che si esprime in delirio di onnipotenza. Lo stesso rapporto d'amore, sollecitato da Afrodite, demone potente, si trasforma, nel controllo della ragione, in stupro, violenza e prevaricazione come riaffermazione del proprio delirio di onnipotenza sull'altro e sul mondo in generale.

In questi termini va letta la distorsione del concetto di "magia" che fa Durkheim in relazione alla "religione".

Alla verità imposta dalla religione assolutista ebraica e cristiana, si oppone la magia come trasformazione dell'uomo che tende ad una diversa verità.

La magia è trasformazione del presente che si presenta all'individuo come "assoluto".

La realtà del presente, per l'individuo, si modifica per magia.

L'individuo è separato dalle volontà e dalle coscienze che operano nella sua realtà vissuta. Io so che un altro uomo ha la sua percezione, la sua intelligenza, le sue emozioni e la sua volontà. Lo so perché estendo a lui ciò che sento dentro di me. Io non lo posso sapere razionalmente. Lo posso sapere solo presumendo che tutti gli esseri della mia specie mi somiglino. Presumo che lui sia così perché la forma con cui si presenta alla mia ragione è, per analogia, uguale alla mia. Questo riconoscere nell'altro uomo le mie stesse condizioni di intelligenza, sensibilità, percezione, emozione, ecc., Marcel Mauss lo definisce un atto di "magia simpatica".

Senza la capacità di riconoscere come atto normale questo tipo di magia simpatica, Marcel Mauss non avrebbe potuto parlare di magia né attribuire alla superstizione ebrea e cristiana la condizione di magia.

La nostra ragione vive una separazione assoluta dagli oggetti del mondo e dalle trasformazioni dei mutamenti nel tempo. Quando il leone appare con le sue fauci spalancate, la ragione cerca la causa, la spiegazione, del suo apparire che mette in discussione la sua onnipotenza. Il leone, con le fauci spalancate, non è un soggetto intelligente che ha fame o difende un territorio, ma è il soggetto che mette in discussione l'onnipotenza della ragione umana. Il leone non esiste per necessità, ma esiste per magia: è creato da dio. E come il leone è creato da dio, è creata anche la situazione nella quale il leone mette in discussione l'onnipotenza della ragione che è creata ad immagine e somiglianza del dio padrone. Dunque, per la ragione il leone appare per magia. E la ragione, mediante le parole, racconta come l'apparire per magia sia la condizione del mutamento del mondo che, invece, è manifestato dalle volontà delle coscienze che operano nel mondo e che la ragione umana vuole ignorare in quanto, non corrispondendo alla forma umana, le pensa come forma priva della volontà, della coscienza, della determinazione, degli scopi, dei bisogni, dei desideri, ecc.

Per la ragione umana, la magia è ogni forma di cambiamento del presente che avviene senza che lei ne conosca cause o meccanismi. Per la ragione, è un atto di magia ogni volta che la sua descrizione del mondo viene sospesa dall'azione che modifica la sua descrizione. Sia quando l'azione appartiene a fenomeni che dal mondo si riversano verso di lei, sia quando i fenomeni sono prodotti dallo stesso soggetto di cui quella ragione ritiene di esserne la padrona. Gli stessi desideri del soggetto non appartenendo all'abito descrittivo della ragione, ma alla struttura libidica del soggetto. per la ragione sono in sé impulsi magici che tendono continuamente a modificare la ragione stessa.

Durkheim, ignorando la realtà dell'uomo che conchiude dentro la superstizione del logos, il verbo, della bibbia, afferma la distinzione fra magia e religione:

Questa definizione non è però ancora completa, perché si addice. egualmente a due ordini di fatti che, pur essendo prossimi, debbono per altro essere distinti - la magia e la religione. La magia è costituita anch' essa da credenze e da riti. Come la religione, essa ha i suoi miti e i suoi dogmi, che sono soltanto più rudimentali perché, perseguendo fini tecnici e utilitari, essa non perde tempo in pure speculazioni. Anch'essa ha le sue cerimonie, i suoi sacrifici, le sue lustrazioni, le sue preghiere, i suoi canti e le sue danze. Gli esseri che invoca il mago, le forze che egli mette in opera, non soltanto hanno la stessa natura delle forze e degli esseri a cui fa appello la religione, ma spesso sono del tutto identici. Così, nelle società inferiori, le anime dei morti sono cose essenzialmente sacre ed oggetto di riti religiosi; ma in pari tempo hanno assolto una funzione importante nella magia. Tanto in Australia quanto in Melanesia, tanto in Grecia quanto presso i popoli cristiani le anime dei morti, le loro ossa, i loro capelli figurano tra gli intermediari di cui si serve spesso il mago. I demoni sono anch'essi uno strumento abituale dell'azione magica; e i demoni sono esseri circondati da interdizioni, che vivono separati in un mondo a parte, cosicché spesso è difficile distinguerli dagli dèi propriamente detti. D'altronde, anche nel Cristianesimo il diavolo non è forse un dio decaduto e - a parte le sue origini - non ha forse un carattere religioso per il solo fatto che l'inferno al quale è preposto costituisce un elemento indispensabile della religione cristiana? Anche divinità regolari e ufficiali sono invocate dal mago. Talora sono gli dèi di un popolo straniero: per esempio. i maghi greci facevano intervenire dèi egiziani, assiri o ebrei. Talvolta sono anche gli dèi nazionali: Ecate e Diana erano oggetto di un culto magico; la Vergine, Cristo e i santi sono stati utilizzati egualmente dai maghi cristiani.

Per Durkheim la magia non è trasformazione, ma rappresentazione. Come rappresentazione di una realtà in essere si oppone alla realtà in essere della religione.

Religione e magia si contrappongono, per Durkheim, solo per il fatto che si contendono lo stesso terreno d'azione, non perché rappresentano due ambiti diversi.

Eppure Durkheim non ignora che la religione, quella religione, è un divenuto e nel divenuto, al di là della qualità, non coglie la trasformazione che non viene descritta dalla religione, ma viene attribuita ad effetti magici. Effetti magici come quelli del dio della bibbia che macella l'umanità col diluvio universale o che trasforma le pietre in pani e pesci o che fa incendiare il cespuglio o scaturire l'acqua. Effetti magici che non sono "magia" che trasforma il presente, ma deliri della ragione che ergendosi al di sopra della realtà immagina che la realtà della forma si modifichi in base ai suoi desideri. Come la ragione del dio padrone desidera macellare l'umanità col diluvio universale, così la ragione umana pretende la sottomissione degli uomini; come la ragione umana pretende la sottomissione degli uomini, così racconta di una ragione potente che chiama "dio padrone" abbia mandato il diluvio universale per macellare l'umanità che non si sottometteva a lei.

Ogni popolo ha i suoi truffatori e i suoi deliranti. Ma i deliranti di ogni popolo vengono confinati nel delirio e non estendono il delirio imponendolo ad ogni uomo mediante la violenza sui bambini come fecero gli ebrei prima (Deuteronomio 6, 6-9 e Deuteronomio 11, 18-21) e i cristiani, dopo.

La magia, come modificazione del presente per il concorso di un numero infinite di volontà manifestate dalle coscienze, diventa per la ragione, che ne ignora la loro esistenza (se non per simpatia) superstizione come delirio di onnipotenza.

E' da questo che Durkheim parte per distinguere la religione dalla magia.

La religione ebrea e cristiana, come rileva Durkheim, ha una profonda avversione per la magia. La magia si contrappone alla magia con cui si presenta sia il dio padrone degli ebrei che il Gesù dei cristiani. La magia entra in contraddizione con il dio di ebrei e cristiani al quale, ebrei e cristiani, attribuiscono la legittimità delle arti magiche che appartengono alla sfera della superstizione della ragione. Per i cristiani, la stessa pratica della medicina veniva condannata in quanto toglie il diritto del loro dio di dare malattia o guarigione a seconda dei suoi desideri attraverso le sue arti magiche. Il mago che "usa i demoni" si contrappone al Gesù dei cristiani che scaccia i demoni.

Cosa dicono ebrei e cristiani, della magia, nella loro bibbia?

"L'uomo o la donna che faranno il necromante o l'indovino, saranno messi a morte, essi saranno lapidati e il loro sangue ricadrà su di loro." Levitico 20, 27

E ancora:

"Se un uomo ricorrerà ai necromanti e agl'indovini per prostituirsi dietro a loro, io volgerò la mia faccia contro quest'uomo e lo reciderà dal suo popolo. Santificatevi, dunque, e siate santi, perché io sono Jahve, vostro dio." Levitico 20, 6

E ancora:

"Non lascerai in vita una fattucchiera" Esodo 22, 17

E ancora:

"Non deve trovarsi presso di te chi fa passare il proprio figlio o la propria figlia attraverso il fuoco, chi pratichi la divinazione, il sortilegio, l'augurio, la magia, chi pratichi incantesimi, chi consulta gli spettri e gli spiriti, chi interroghi i morti. poiché chiunque compie tali cose si rende abominio a Jahve; e proprio a causa di queste cose abominevoli Jahve, il tuo dio, caccia queste genti davanti a te." Deuteronomio 18, 10

E ancora:

"Non vi rivolgete ai necromanti né consulterete gli indovini. Essi vi contamineranno. Io Jahve, vostro dio." Levitico 19, 31

Questo odio per la magia è proprio della bibbia degli ebrei fatta propria dai cristiani che Durkheim prende a modello. Un odio dovuto al fatto che il mago dequalifica l'attività magica del suo dio padrone o del suo Gesù. Ma le leggi precedenti, di Babilonesi, Hittiti e Assiri, discriminano condannando non la fattucchiera o il mago in sé, ma le pratiche che portano danno. C'è sempre un processo che applica la legge in quanto, le azioni della fattucchiera rientrano nei danni civili, non nelle offese a dio come nella bibbia di ebrei e cristiani. Solo che Durkheim, forse, questo, non lo sapeva.

La magia, condannata da Jahve, è tale solo perché la magia entra in concorrenza con la magia onnipotente che Jahve millanta.

Con questo trucco la bibbia vuole fermare ogni trasformazione sociale che potrebbe portare l'uomo fuori dal controllo di Jahve o della sua morale.

La magia è trasformazione. Jahve odia la trasformazione perché questa modifica lo stato di sottomissione e di paura delle persone che gli sono sottomesse.

Da questa condizione c'è il conflitto fra religione ebrea e cristiana e la magia. Cosa del resto che non esiste in nessun'altra religione non monoteista se non dopo l'arrivo dei missionari cristiani che impongono l'odio e l'aggressione ad ogni pratica non cristiana alla quale attribuiscono l'intervento del demonio contro il loro dio.

Così in Africa non esiste la condanna della "stregoneria", non solo perché non esisteva la stregoneria, ma perché le pratiche che i cristiani chiamano "stregoneria" erano le pratiche religiose che loro dovevano distruggere affinché "ogni ginocchio si pieghi a Gesù".

Le pratiche magiche che gli antropologi individuano nelle varie organizzazioni sociali non cristiane dei popoli che chiamano "primitivi", sono in realtà atti della loro religione alla quale i missionari cristiani prima e gli antropologi cristiani poi, anziché apprendere l'insieme di quella religione, ne violentano le pratiche per ricondurle ai modelli della religione ebrea e cristiana (vedi la questione dei riti in Cina).

In sostanza, i missionari cristiani e gli antropologi cristiani, non vogliono "lasciar fattucchiera viva" dopo che hanno etichettato come "fattucchiera" ogni celebrante di ogni religione diversa dalla religione ebrea e cristiana. Lo stesso Marcel Mauss insulta i popoli legittimando come "autentiche" le ricerche di Frank Hamilton Cushing e di Mathilda Cox Stevenson sui Pueblo quando, sapeva perfettamente che:

"...sono stati convertiti da tempo al cristianesimo ed hanno conservato i loro registri battesimali..." Da: Una categoria dello spirito umano: la nozione di persona, quella di "io" capitolo secondo in Teoria Generale della Magia edito da Einaudi 1965 p. 355

La magia del "nome", di cui parla Marcel Mauss è un concetto cristiano che i missionari cristiani inculcarono nei popoli convertiti a forza. Come si può pensare che i missionari cristiani abbiano inculcato ai Pueblo nozioni di "magia dei nomi" e a quale scopo? Per distruggere la loro religione. Trasformare il ricordo della loro passata religione in una "religione della parola", come la loro bibbia. I Pueblo fecero solo una grande rivolta e fu una rivolta contro il terrore religioso cristiano. per questo l'antropologo non studia le "credenze religiose dei Pueblo", ma studia la veicolazione imposta dai cristiani alle idee religiose dei Pueblo.

Dunque, tutta la magia pensata dai pueblo e il ricordo della loro "precedente religione" veniva filtrato dalla fede che i missionari avevano imposto ai loro bambini.

Infatti, dice Durkheim:

Bisognerà dire dunque che la magia non può essere distinta esattamente dalla religione, che la magia è piena di religione e la religione di magia e che quindi è impossibile separarle e definire l'una senza l'altra? Ma ciò che rende questa tesi difficilmente sostenibile è la profonda avversione della religione per la magia, e d'altra parte l'ostilità di questa per quella. La magia pone una .specie di piacere professionale nel profanare le cose sante; nei riti essa assume una posizione opposta a quella delle cerimonie religiose. Da parte sua la religione, pur non avendo sempre condannato e proibito i riti magici, li vede in genere sfavorevolmente. Come fanno osservare Hubert e Mauss, nei procedimenti del mago c'è qualcosa di fondamentalmente anti-religioso. Qualsiasi rapporto sussista tra queste due specie di istituzioni, è difficile che esse non si oppongano in qualche punto; ed è tanto più necessario trovare in quale modo si distinguono, dal momento che intendiamo limitare la nostra ricerca alla religione e fermarci al punto in cui comincia la magia.

La guerra di religione scatenata da ebrei e cristiani aveva ed ha un solo scopo: impedire la modificazione del dominio assoluto del loro dio padrone sull'uomo.

La magia, attraverso la trasformazione, modificava tale dominio. Il potere di Jahve vacilla sotto i colpi del mago che riesce a far comprendere come l'orgoglio per l'impegno nella vita sociale porta benefici sia a sé stessi che alla società come insieme. Porta benefici a dispetto della provvidenza divina che, al contrario, tiene l'uomo in una sospensione psichica d'attesa che ne distrugge le possibilità di futuro.

Nel mago che induce al cambiamento rispetto alla creazione del dio padrone "c'è qualche cosa di anti cristiano". Anti cristiano, non anti religioso come sostiene Durkheim.

Il mago che induce al cambiamento o la fattucchiera che soccorre la società civile, hanno un alto senso morale. Praticano il Mos Maiorum nelle relazioni fra sé e il mondo in cui vivono. Cosa che non fa il cristiano che pratica il saccheggio della società a maggior gloria del proprio dio padrone. Questo saccheggio della società che sottomette l'uomo al dio padrone, Durkheim lo chiama religione cristiana, ed eleva il modello della religione ebrea e cristiana, nei fini e nelle dinamiche attuative, al modello di religione della quale intende parlare fermandosi davanti ad ogni modificazione del presente ossessivo.

Dice Durkheim concludendo il suo discorso:

Restano le aspirazioni contemporanee verso una religione che dovrebbe consistere tutta quanta in stati interiori e soggettivi, e che sarebbe liberamente costruita da ciascuno di noi. Ma, per quanto reali esse siano, non possono però intaccare la nostra definizione, poiché questa può riferirsi soltanto a fatti acquisiti e realizzati, non già a incerte virtualità. Le religioni possono essere definite così come sono o sono state, non già come tendono più o meno vagamente a diventare. E' possibile che questo individualismo religioso sia destinato a tradursi in atto; ma per poterne stabilire la misura bisognerebbe già sapere che cosa è la religione, di quali elementi è costituita, di quali cause risulta, quale funzione adempie, tutti problemi di cui non si può pregiudicare la soluzione finché non si sia varcata la soglia della ricerca. Solamente al termine di questo studio noi potremo cercare di anticipare l'avvenire.

Definire le religioni per come sono o sono state, significa analizzare i loro testi sacri, discutere sul significato dei loro testi sacri entrando nel merito delle affermazioni del loro dio, e individuare l'intento per il quale si sono imposte sugli Esseri Umani. Questo ci porta a cercare gli strumenti attraverso i quali una religione si è costituita e quale ruolo ha avuto nella storia.

Durkheim non parla di religioni intendendo "ogni religione", ma parla di religione intendendo, per religione, la legittimazione sociale dell'assolutismo ebreo e cristiano. Eleva l'assolutismo ebreo e cristiano come punto d'arrivo di un processo evolutivo che dal primitivismo dell'uomo, cacciato dal paradiso terrestre dal dio padrone, ritorna al dio padrone attraverso tappe di evoluzione religiosa. E' la miseria morale che Durkheim mette a fondamento della propria analisi sociale.

L'assolutismo ebreo e cristiano sottomette l'uomo al dio padrone: quante religioni, prima di Platone, hanno agito per sottomettere gli uomini agli Dèi?

Nessuna!

Non esisteva il nome di religione e Lattanzio e Cicerone non litigavano per determinare il significato di "religione".

Diverso è il discorso per Durkheim che ritiene la religione uno degli elementi che caratterizzano la società e il suo processo evolutivo ascensionale e colloca il monoteismo come il punto d'arrivo di varie e diverse idee religiose.

Il cristianesimo e l'ebraismo non sono modelli di religione degli uomini e delle civiltà, ma sono strumenti di dominio sull'uomo. Un dominio assoluto che manipola la struttura emotiva dell'individuo fin da quando è nella pancia della madre.

Riuscire a ripartire dal significato reale del termine "religione", "religione ebrea e cristiana", "colonialismo", "genocidio dei popoli", "genocidio culturale", significa non solo rileggere la storia, ma tornare al punto di partenza, alla fonte, della depravazione del pensiero sociale attuale. So perfettamente che oggi, nel 2010, da trent'anni gli studiosi hanno abbandonato le categorie di pensiero di Durkheim, dei positivisti, di materialisti alla Engel e altri. Pur tuttavia le categorie con cui loro hanno interpretato la storia in funzione dell'assolutismo del dio padrone della bibbia e dei cristiani continuano ad inquinare ancor oggi il modo di pensare di milioni di persone.

Nota: Le citazioni di Durkheim sono tratte da "Le forme elementari della vita religiosa" di Emilé Durkheim ed. Comunità 1971 da pag. 38 a pag. 50

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

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Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano.

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Marghera, 25 settembre 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.