Ludwig Büchner (1824 - 1899)

Le eterne leggi immutabili della natura in Forza e Materia

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185808

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre (alle pagine specifiche di Büchner)

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre

 

Forza e materia Capitolo 6: L'immutabilità delle leggi naturali

 

Le leggi "naturali" nascono con le relazioni fra i corpi. Non sono immutabili, divengono e si trasformano con i corpi. Si manifestano in maniera diversa e nascono nuovi insiemi di leggi a seconda dei corpi che costruiscono quelle relazioni.

Le leggi della fisica non sono né eterne né immutabili. Come la materia. non si distruggo ma si trasformano. La prima necessità alla nascita dell'universo si è trasformata a mano a mano che i corpi germinavano e si trasformavano nelle relazioni che intrattenevano.

Trasformazione e divenire è il senso del mondo. Non esiste eternità né immutabilità. E' vero che le lente trasformazioni a cui noi Esseri Umani assistiamo ci danno il senso dell'eterno data la durata della nostra vita, ma è solo un'illusione di un individuo delirante che si pensa al centro del mondo e dell'universo.

Se una filosofia pensa al mondo come soggetto in divenire e in trasformazione, date le relazioni che avvengono nel mondo, svilupperà una logica filosofica conseguente. Se una filosofia pensa al mondo come immoto, con qualche cosa di eterno ed immutabile al suo interno, svilupperà una diversa logica filosofica. Nel primo caso la filosofia porrà l'accento sulle trasformazioni e sulla direzione in cui le trasformazioni costruiranno il presente, nel secondo caso la filosofia sarà lo sviluppo della ricerca della verità del presente perché quel presente contiene qualche cosa di eterno ed immutabile. Dopo di che la sensibilità dei filosofi, all'interno dei due sistemi filosofici, porranno l'accento chi alle specifiche direzioni di trasformazione, chi agli specifici elementi che giudica eterni ed immutabili nel mondo.

Il divenire e le trasformazioni dell'universo comportano riflessioni filosofiche diverse dal divenire e dalle trasformazioni dell'uomo nella società. Implicano due soggettività diverse in filosofi diversi che pongono la loro attenzione su aspetti diversi delle trasformazioni e del divenire.

L'eternità e l'immutabilità del dio padrone comportano riflessioni filosofiche diverse dall'eternità e l'immutabilità della materia. Implicano due soggettività diverse in filosofi diversi che pongono la loro attenzione su aspetti diversi su quella che definiscono "verità in essere".

La differenza fra i filosofi, in questo caso, non è data dal diverso oggetto su cui pongono l'attenzione, ma da come pensano sé stessi nel mondo in cui vivono e che manifestano attraverso la loro filosofia.

Scrive Büchner:

Le leggi che determinano l'attività della natura che regolano il movimento della materia, ora distruggendo, ora organizzando, e che producono le più varie formazioni organiche ed inorganiche, sono eterne ed immutabili. Una necessità ferrea ed inesorabile domina la materia. "La legge della natura, dice Molescott, è l'espressione più rigorosa della necessità." Nessuna potenza, qualunque essa sia, può sfuggire a questa necessità, che non ha né eccezione, nè restrizione, In ogni tempo una pietra che non sia sorretta da un punto d'appoggio, deve cadere verso il centro della terra; né mai alcun ordine contrario ha fermato o potrà fermare il sole nella sua corsa. L'esperienza di oltre dieci secoli ha potuto convincere il naturalista dell'immutabilità delle leggi di natura, e tal convinzione à ormai divenuta irrevocabile. La scienza, infaticabile nella ricerca della verità ha ormai ingaggiata aperta battaglia colla secolare superstizione; ha conquise tutte le sue più valide trincee, ed ha strappato dalle mani degli Dèi il tuono, la folgore, gli eclissi, sommettendo all'ordine dell'uomo la spaventevole forza degli antichi Titani. Ogni cosa che pareva inesplicabile, miracolosa, o che sembrava dipendere da potenza sovranaturale, illuminata dalla face della scienza, bentosto apparve quale effetto di forze fisiche ignorate ed incomprese. Con qual meravigliosa celerità è scrollata la potenza degli spiriti e degli Dèi. La superstizione doveva cedere il posto alla luce, alla verità, a cui debbono unicamente inspirarsi i popoli civilizzati. Noi pertanto abbiamo il diritto di dire colla più grande e scientifica certezza, che non v'ha miracolo nelle leggi di natura; che tutto quanto è avvenuto, avviene od avverrà, non fu e sarà che pel solo impulso di natura, vale a dire per una disposizione che non ha altra condizione da quella all'infuori della cooperazione regolata, o della combinazione delle sustanze esistenti e delle loro forze.

Pag. 81-82

La scienza è uguale all'onnipotenza del dio padrone cristiano: afferma ciò che siamo, non descrive come abbiamo fatto ad essere ciò che siamo!

Abbiamo sottomesso all'ordine dell'uomo, dice Büchner. L'uomo come scienziato elevato a colui che sottomette il mondo è lo stesso uomo che si identifica col dio padrone che sottomette il mondo. La pulsione delirante è la stessa. Viene manifestata una verità in essere e non una pulsione di trasformazione in essere.

La potenza degli Dèi non è mai crollata, si è manifestata. E' crollata la superstizione con cui i cristiani descrivevano la realtà. Il cristianesimo è verbo, descrizione, che manifesta la verità creata dal suo dio padrone. Quella realtà creata è un'illusoria apparente che regge la sua rappresentazione nell'uomo solo attraverso la violenza con cui viene imposta. La superstizione cristiana riproduce sé stessa solo se retta da un esercito di canne di fucile, di spade, di roghi e di galere. Tolti i fucili, le spade, i roghi e le galere la superstizione cristiana si dissolve e nel dissolversi costruisce una strada di cadaveri di individui deliranti che avevano interiorizzato la superstizione investendo in essa la loro struttura emotiva e la loro esistenza. Alcuni di questi cadaveri riciclano la loro pulsione delirante e l'assoluto del dio padrone diventa l'assoluto dell'ultima scoperta scientifica affermando : "...sottomettendo all'ordine dell'uomo la spaventevole forza degli antichi Titani.".

Nelle leggi che regolano le relazioni nella Natura non ci sono "miracoli", ma atti di volontà soggettivi che manipolando quelle leggi modificano il risultato finale. I Titani sono tutti dentro di noi. Tutto è "impulso di natura", tutto è combinazione, tutto è necessità manifestata, ma quando non riconosco il vivente dal non vivente non riconosco nemmeno le diverse veicolazioni della necessità attraverso la volontà del soggetto e non distinguo nelle azioni le leggi della Natura. Non capisco, per esempio, come la superstizione cristiana sia, essa stessa, espressa dalla necessità soggettiva e quando non individuo o non inizio a pensare di poter individuare la legge di natura che ha portato quelle persone ad interiorizzare la superstizione, arrivo a fare esattamente come il dio dei cristiani che davanti alla sua incapacità e impotenza di dominare l'uomo, lo distrugge col diluvio universale.

Come non c'è il miracolo cristiano, così non c'è la verità di ciò che io sono; di ciò che è l'uomo. Quando una società, esercitando la violenza, uccide la capacità dell'uomo di usare la sua volontà nella sua quotidianità, ci si stupisce che alcuni uomini, sfuggendo alla morsa di quella violenza, sappiano usare la loro volontà, sia pure in situazioni contingenti, per affrontare i problemi anziché attendere la provvidenza. In quel caso si grida al "miracolo", ma il vero miracolo è l'emergere della volontà dell'uomo dall'orrore e dalla violenza della sottomissione. Il vero miracolo è l'emergere dei Titani dentro di noi che rompono le bronzee porte che li separano dalla nostra coscienza.

Io posso cercare di scoprire delle leggi "naturali", ma quando opero nella società scopro esclusivamente veicolazioni della struttura emotiva dell'uomo determinate dall'azione sociale sull'uomo. La pulsione adattativa dell'uomo appartiene al divenuto dell'uomo e di quello specifico uomo in quella specifica cultura: come posso chiamare questo "naturale"? La volontà dei soggetti è una pulsione propria del soggetto come risposta alla necessità che lo ha portato a nascere. Ma la necessità che porta l'uomo all'esistenza, come quella di ogni altro Essere nell'universo in qualunque modo si esprima la sua coscienza, si esprime attraverso la volontà soggettiva propria del venuto in essere di quel soggetto. Attraverso la sua volontà il soggetto piega quelle che appaiono come "leggi naturali" al fine di garantirsi una risposta soddisfacente alla necessità che lo ha spinto in essere.

Quando qualcuno afferma l'esistenza di una "data legge naturale" o di una data "volontà di dio", significa che vuole negare la specifica veicolazione del sistema pulsionale soggettivo per sottometterlo ad una regola oggettiva di cui egli detiene il controllo e fruisce dei vantaggi.

Scrive Büchner:

Nessuna rivoluzione nella terra o nel cielo, per quanto grande e terribile si fosse, ha potuto succedere in altro modo; nessuna mano onnipotente del cielo ha potuto sollevare i monti, trasportare i mari, creare gli animali e gli uomini per capriccio o beneplacito puramente personale; poichè tali avvenimenti dovettero avvenire secondo le stesse leggi che vediamo oggi trasportar monti e mari e produrre ciò che esiste, in conseguenza di una inevitabile necessità. Laddove il fuoco e l'acqua s'incontrano, devono produrre il vapore ed esercitare le loro forze irresistibili su tutto ciò che li circonda, non altrimenti del grano obbligato a germogliare nella terra su cui cade, o della folgore costretta a precipitare sul corpo che l'attira. L'uomo che abbia una benchè superficiale conoscenza della natura e del mondo circostante, ed una semplice e generica idea delle conquiste delle scienze naturali, non può dubitare della necessità e dell'immutabilità delle leggi di natura. Il destino degli uomini à identico a quello della natura. I primi non essendo altro che il risultato de' naturali rapporti, sono ovunque egualmente sottomessi alle leggi fisiche, e subiscono questa stessa necessità rigida ed inflessibile che domina ogni esistenza; appartiene alla natura d'ogni essere vivente di nascere e di morire, e nessuno ha ancor potuto sfuggire a questa legge; la morte è ciò che per noi v' ha di più certo, siccome fine d'ogni individuale esistenza, cui né le preci di una madre, né le lagrime d'una sposa, né la disperazione d'un marito valgono ad allontanare. "Le leggi della natura, dice Vogt, sono forze indomite ed inesorabili, che non conoscono né morale, né benevolenza".

pag. 83-84

Non si tratta di una rivoluzione, si tratta del cambiamento del punto di vista all'interno del delirio di onnipotenza. Si tratta dello spostamento della qualità descrittiva dell'oggetto al quale si attribuisce l'onnipotenza: dal dio padrone cristiano alle leggi ferree e immutabili della Natura. Entrambe sono pretese deliranti. Non è importante l'oggetto con cui descrivi il tuo delirio, è il delirio l'oggetto del quale dobbiamo discutere non l'oggetto sul quale il delirio si fissa.

Ogni corpo vivente muore. E' una "legge" della natura. Come un corpo vivente percorra lo spazio fra la propria nascita e la propria morte è un insieme di relazioni in cui intervengono molte volontà. Il Gesù dei cristiani ritiene che con la fede possa dire alle montagne di gettarsi a mare e le montagne eseguono. Büchner può dire che le montagne si gettino in mare in risposta a leggi naturali. Io che vivo e abito nel mondo non mi pongo il problema di gettare le montagne in mare. Gettare le montagne in mare appartiene al delirio di onnipotenza: che uno ritiene che lo faccia la fede o che l'altro ritiene che lo faccia la Natura, si tratta sempre di esempi che rispecchiano il delirio di dominio.

Noi sappiamo, oggi, che esiste la gravità terrestre. L'acqua va dal monte al mare e gli uomini hanno sempre sfruttato questa caratteristica dell'acqua per le loro necessità (non solo gli uomini, ma anche i pesci). Che qualcuno mi spacci questa caratteristica per l'abilità creativa del suo dio o per una legge naturale, me la sta sempre spacciando nella misura in cui, partendo da questa osservazione, chiede a me di adeguarmi al resto della volontà di dio o a tutte le leggi naturali che lui immagina. Quando io piego il mio vivere a norme preconfezionate, piego la mia libertà alla schiavitù.

Laddove il fuoco e l'acqua si incontrano, producono vapore. Laddove il fuoco della volontà esistenziale di un individuo si scontra con il fuoco della volontà esistenziale diversa di altri individui, nasce il conflitto e le leggi del conflitto, anche se sono formulate sulla base della Necessità universale, sono interpretate e articolate in maniera assolutamente nuova dagli individui che attraverso il loro fuoco entrano in conflitto. Non è solo vapore quello che esce da quel conflitto, ma germinazione di un nuovo equilibrio determinato sì da norme forgiate prima che quegli individui nascessero, ma anche dalla loro volontà soggettiva di abitare il mondo.

Vogt dice il falso quando afferma che le forze della Natura sono indomite e inesorabili che non conoscono né la morale né la benevolenza. Dice il falso perché attribuisce alla natura categorie umane legate al bisogno dell'uomo sottomesso al dio padrone. Un uomo che ha rinunciato a percepire il mondo col proprio corpo e che è imprigionato nel logos, nella parola, che eleva a modello di manifestazione dell'assoluto a cui si sottomette. Solo quest'uomo, che vive questo delirio, può pensare alla Natura come ad un insieme di forze indomite ed inesorabili, che non conoscono né morale né benevolenza. Se avesse guardato da uomo che abita il mondo anziché da padrone che pretende di dominare il mondo, avrebbe visto Armonia e Peitò, in un'infinita trasformazione del presente a cui ha partecipato da miliardi di anni anche l'uomo con tutti i suoi progenitori e, generazione dopo generazione, ha prodotto il presente con l'uso della propria volontà articolata nell'Armonia e Peitò che si è manifesta nella Natura.

Peci della madre, lacrime della sposa, disperazione del marito, sono categorie cristiane che si manifestano nell'uomo quando il cristianesimo ha costruito la disperazione negli individui al fine di sottometterli al suo dominio. Costruire i disperati non è una condizione della Natura, è una condizione sociale umana. Costruire la veicolazione della disperazione al fine di mantenere la disperazione nella società, è una scelta del dominio nella società, non è una scelta della Natura.

Scrive Büchner:

Nessuna potenza modera il corso della terra, nessuna preghiera può fermare il sole o mitigare il furore degli elementi in lotta con sè stessi; nessuna voce può scuotere il sonno della morte; nessun angelo rompere i ceppi del prigioniero o portare il pane agli affamati, come nessun segno celeste ci dà la conoscenza delle cose sovranaturali. "La natura, dice Feuerbach, non risponde ai lagni ed alle preghiere dell'uomo; ma inesorabilmente su di lui stesso respinge il suo fato." E Lutero nel suo ingenuo linguaggio: "Noi per esperienza sappiamo che Dio in alcun modo non s'ingerisce di questa nostra terrestre esistenza." Uno spirito con manifestazioni indipendenti dalle forze di natura, tale come Liebig descrive, non può esistere; né tal fenomeno fu mal constatato da alcun uomo spregiudicato e illuminato sinceramente dallo studio e dalla scienza. E come potrebbe essere altrimenti? Come sarebbe possibile che l'ordine immutabile nel quale ogni cosa si muove fosse turbato, senza cagionare al mondo un cataclisma irrimediabile, senza spingere noi e l'universo in un arbitrario e desolante principio; senza ammettere che ogni scienza poggi sopra basi errate, che ogni indagine su questa terra sia lavoro vano? Queste eccezioni alla regola generale, queste infrazioni dell'ordine mondiale furono dette miracoli; e miracoli vuolsi che siano in gran numero avvenuti. Ma essi ripetono la loro origine, vuoi dalla speculazione interessata, vuoi dalla superstizione e dalla nostra singolare innata tendenza per ogni cosa che assume carattere meraviglioso o sovrannaturale. Rincresce sempre all'uomo, per quanto sia l'evidenza dei fatti, di convincersi dell'immutabilità delle leggi che lo circondano e a cui egli è sommerso in ogni luogo e in tutte le condizioni; perciò vorrebbe sfuggire al loro impero, e cerca ovunque i mezzi per sottrarsi ad esse. Più l'umana razza era giovane ed ignorante, più le circostanze stesse davano esca a questa tendenza al meraviglioso che i miracoli multiplicava. Anche oggi le orde selvagge ed ignoranti e gli uomini poco illuminati, di miracoli e di spiriti dotate di forze sovrannaturali non difettano; ma sarebbe abusare della pazienza di chi ci legge il voler qui provare l'impossibilità dei miracoli colle pure ragioni naturali, senza parlare colle regole che il naturalismo prescrive.

Pag. 85-86

La lotta di Büchner è rivolta al cristianesimo ed è una lotta tutta interna al cristianesimo.

Il cristianesimo ha risposto all'illuminismo con le apparizioni mariane. Incapace di ribattere alle obiezioni che vengono mosse alle sue affermazioni, il cristianesimo ricorre alle apparizioni della madonna e ai miracoli che sanano i malati.

I miracoli non esistono, ma esiste l'attenzione per il corpo vivente. Nessun angelo rompe i ceppi del prigioniero, ma la volontà degli uomini può costruire una giustizia sociale in cui non sia necessario mettere le persone ai ceppi. Nessun angelo porterà il pane agli affamati, ma fermare i cristiani che affamano i popoli e costruire una società di giustizia è possibile. Feuerbach dice che la natura non risponde ai deliri di onnipotenza del questuante cristiano, ma sta dicendo che il questuante riceve ciò che le trasformazioni della natura costruiscono: perché qualcuno ha costruito l'uomo come questuante?

Se costruisci un uomo che affronta i problemi della vita supplicando o tendendo la mano per una moneta di provvidenza, quell'uomo è in balia della natura. Subisce i colpi, ma è stato costruito così. Sia i cristiani che gli scienziati hanno fatto in modo che quell'uomo costruisse la sua impotenza impedendogli di affrontare con onore le condizioni ella sua esistenza.

Lo dice Büchner. Quando Büchner afferma: "Più l'umana razza era giovane ed ignorante, più le circostanze stesse davano esca a questa tendenza al meraviglioso..." non fa altro che far propria la superstizione. Come può scientificamente affermare che "l'umana razza era giovane" quando ciò che appartiene alla razza umana ha attraversato miliardi di anni di esperienza che si è accumulata dentro di noi? Ammettiamo che Burchner non conoscesse ciò che conosciamo oggi, conosceva però le teorie di Darwin e conosceva la teoria della diversificazione delle specie. Büchner aveva l'informazione, ma era stato educato cristianamente e non poteva pensare all'uomo se non come soggetto creato dal dio padrone. Questo soggetto creato in una razza giovane, secondo la superstizione cristiana, si muoveva pauroso e timoroso delle forze della Natura. Se Büchner avesse pensato che gli Esseri Umani, come tutte le altre specie della Natura, fossero nate dal fulmine e dalle condizioni di una terra in trasformazione, avrebbe potuto pensare che l'uomo non ha mai avuto paura dei fenomeni della Natura perché tutti i fenomeni della natura erano dentro di lui. Lo hanno costruito. Poi, arriva il cristiano, separa l'uomo dalla natura e l'uomo diventa pauroso dei fenomeni della Natura preferendo confidare nella provvidenza del dio padrone. E' del 1874 il libro di Haeckel su antropologia e storia dell'evoluzione umana.

Il disprezzo per l'uomo porta Büchner ad aderire alle teorie superstiziose e fondamentaliste cristiane che parlano di "orde selvagge e ignoranti" per definire gli uomini che non si mettono in ginocchio davanti al dio padrone. In quest'ottica Büchner fa propria l'idea dell'immutabilità del dio padrone cristiano e le leggi immutabili della natura hanno il solo scopo di impedire agli uomini di osservare i cambiamenti nella loro esistenza: gli uomini sono sballottati, come una nave fra i marosi, dalle immutabili leggi della Natura.

Questa è una visione propria del fondamentalismo cristiano che da un lato costringe l'uomo alla disperazione per supplicare la provvidenza del dio padrone e dall'altro lato serve a Büchner per legittimare la miseria e il genocidio come il prodotto delle immutabili leggi della natura.

Non è casuale la confusione che i materialisti meccanicisti facevano fra le leggi dell'ereditarietà e gli adattamenti del soggetto all'ambiente per adattare il proprio patrimonio genetico. Con questa finta confusione giustificavano il razzismo come se l'odio cristiano manifestato nel colonialismo fosse il frutto di leggi di natura e non il prodotto dell'attività di manipolazione educazionale messa in atto dal cristianesimo.

Gli altri, i macellati, erano i malvagi, dice il dio padrone cristiano, gli altri, i macellati, sono le orde selvagge, dice la scienza di Büchner.

La domanda che si fa Büchner è una domanda pretestuosa. Quando dice: "Come sarebbe possibile che l'ordine immutabile nel quale ogni cosa si muove fosse turbato, senza cagionare al mondo un cataclisma irrimediabile, senza spingere noi e l'universo in un arbitrario e desolante principio; senza ammettere che ogni scienza poggi sopra basi errate, che ogni indagine su questa terra sia lavoro vano?" Perché se è vero che tutto si trasforma in situazioni e "leggi" che possiamo descrivere o che potremmo descrivere, è altrettanto vero che la volontà degli Esseri della Natura che partecipa ai processi adattativi della specie viene completamente ignorata da Büchner. La peste ammazza milioni di persone, ma alcune centinaia o alcune migliaia sopravvivono. I cristiani possono spacciare questo come un miracolo; la scienza può cercare delle ragioni materiali per cui sono sopravvissuti, ma nessuno può estendere la sua ricerca negli infiniti attimi vissuti dai soggetti sopravvissuti che ha permesso loro di costruire le condizioni per superare l'accidente che ha sorpreso quella parte dell'umanità. I cristiani lo spacciano per miracolo; la scienza cerca delle cause semplici e ripetibili, ma quegli uomini hanno vissuto un'esistenza di scelte nella relazione fra la loro soggettività e l'oggettività che è assolutamente unica. In quell'esistenza questi soggetti hanno manifestato la loro volontà facendo scelte che rientrano nelle possibilità, ma che loro hanno fatto mentre altri non le hanno fatto. Fare le scelte opportune per arrivare attrezzati quando si presenta un problema distruttivo: è miracolo, legge di natura, o manifestazione della volontà specifica del soggetto?

Questo la scienza non lo può sapere perché la scienza, come il fondamentalismo cristiano, fotografa il momento presente dell'uomo che si presenta e ignora i percorsi di trasformazione soggettiva nei quali quest'individuo ha fondato il suo presente.

Per questo motivo, sia la scienza dei tempi di Burchner che il cristianesimo fanatico concordano sia nella tesi dell'uomo primitivo sia nelle orde di selvaggi: entrambi non corrispondono al modello dell'uomo presente della civiltà occidentale di quei tempi che è considerato dal cristianesimo e da Büchner il modello superiore dell'evoluzione che si avvicina a dio.

Gli altri sono selvaggi. Allo stato primitivo determinato dall'immutabilità delle leggi naturali che hanno elevato gli uomini di Burcher al di sopra dei selvaggi. Come se il bisogno di vivere macellando i "selvaggi" fosse il risultato di leggi naturali immutabili come per i cristiani era la volontà del loro dio padrone di imporre il loro dio assassino.

Scrive Büchner:

L'occuparci di coloro che s'indirizzano alla fede per spiegare l'esistenza, non è della competenza dei nostri studi, oggetto dei quali è il mondo visibile e palpabile, non già ogni cosa che ciascuno possa aver l'opportunità di vedere oltre a questi limiti. La fede e la scienza sono due mondi separati, e se la nostra opinione ci vieta di credere alcuna cosa che non sia intesa, ciononpertanto siam ben lontani di arrogarci il diritto d'imporla ad altri. Libero a ciascuno di oltrepassare i limiti del mondo visibile e di cercare al di fuori della ragione che ci regge, la potenza assoluta, l'anima del mondo, il Dio personale, ed altrettante cose. Conservino i teologi i loro articoli di fede; i naturalisti la propria scienza; essi procedono per vie diverse e divergenti. La fede ha sue radici nella disposizione dell'anima, inaccessibile allo scandaglio della scienza; ma se lo studio di questa va giornalmente acquistando sul terreno di quella, pur troppo gliene resta ancora oltre misura. Non solo le ricerche dell'uomo raggiungono limiti insuperabili, oltre i quali la fede ricomincia, ma pare ad alcuni che separare la fede dalla scienza sia cosa impossibile. Un distinto naturalista non ha forse recentemente dato l'ingenuo consiglio di procurarsi due coscienze per la pace dell'anima: una per le scienze naturali, l'altra per la religione, l'una e l'altra però mantenendo separate? – proposta che fu dappoi conosciuta sotto il nome della tenuta dei libri a doppia partita.

Pag. 91 – 92

La fede è oggetto di analisi. La fede non nasce dall'"anima" dell'uomo, ma dalle azioni messe in atto dalla società umana per costringere gli uomini ad adattarsi a veicolare la propria struttura emotiva. Ci vorranno centoventi anni prima che questo concetto possa formularsi nella società in cui oggi viviamo. Büchner deve distinguere scienza e fede perché gli oggetti che lui pensa come scienza e come fede sono due padroni che si impongono sull'uomo. Due assoluti immutabili com'è assoluto e immutabile l'uomo. Peccato che l'uomo che pensa sia costruito dalla religione cristiana che è l'unica scienza che manipola l'uomo fin dall'infanzia costringendolo a leggere il mondo in quel modo e solo il quel modo. Nel modo che Büchner ci dimostra: non è importante cosa noi pensiamo come immutabile, l'importante è che l'uomo sia sottomesso all'idea di immutabilità, sia esso il dio padrone o leggi naturali alle quali sottomettere l'uomo. Il dio dei teologi cristiani e le immutabili leggi della scienza di Büchner si contendono il controllo sull'uomo pretendendo di dominare il suo divenire. La fede è oggetto di analisi com'è oggetto di analisi l'opinione che si forma lo scienziato e che lo scienziato supporta con la sua ricerca scientifica. Ricerca scientifica che sarà finalizzata a confermare la sua opinione perché dall'opinione religiosa lo scienziato partirà per cercare nella scienza le conferme e le spiegazioni alla sua opinione di fede religiosa. Non mettere in contrapposizione fede e ragione significa costruire un'alleanza fra fede e ragione il cui scopo è dominare l'uomo con una doppia catena.

Con la separazione fra fede e scienza Büchner legittima il diritto della fede di imporsi mediante la violenza sull'uomo. Legittima un precedente di violenza talmente forte che non sarà superato nemmeno dalla psicologia e dalla psicoanalisi. Freud scopre l'inconscio e l'elaborazione profonda delle esperienze, ma non si libererà mai dalla fede nel dio padrone, in Mosé, giustificando la fede anche col suo complesso di Edipo a cui l'educazione lo ha costretto. Jung per difendere la sua fede inventerà gli archetipi, i modelli con cui il dio padrone costruisce gli uomini. Büchner trasforma la fede prodotta dal dominio e dalla violenza sull'infanzia in un'eterna legge immutabile della Natura e non in un bubbone di una malattia da estirpare.

La scienza fa scelte che elevano l'uomo dalla barbarie in cui il cristianesimo lo ha cacciato. Ma gli uomini che tentano di uscire da quella barbarie sono stati educati dal cristianesimo e non fanno altro che riprodurre, in forma diversa, i medesimi modelli cristiani.

L'immutabilità di dio e l'immutabilità delle leggi naturali appartengono alla stessa categoria assolutista che imprigiona l'uomo in un presente in cui viene violentato rendendolo schiavo di quei modelli.

Per il lavoro, le citazioni sono tratte da:

Büchner Ludwig, Forza e materia, studi popolari di filosofia e storia naturale, tradotto da Stefanoni Luigi, 1868 ed.Gaetano Brigola
Citazioni dal capitolo secondo "L'immortalità della materia" da pag. 81 a pag. 92.

Ottenuto dal servizio Google

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Marghera, 24 maggio 2014

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume tre (alle pagine specifiche di Büchner)

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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

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Marghera, 24 maggio 2014

Claudio Simeoni

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.