Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) (1927 - -) e Mario Bergoglio (Francesco) (1936 - -)

Enciclica Lumen Fidei
discorso sulla fede come oggetto in sé

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185815

 

Pagine Lumen Fidei di Bergoglio nella Teoria della Filosofia Aperta - indice

Tutta l'enciclica Lumen Fidei parla della fede come elemento proprio del cristianesimo.

In questo terzo paragrafo dell'introduzione all'enciclica Lumen Fidei la fede è trattata come oggetto in sé. In questo capitolo la fede rivela la sua espressione anche in antagonismo alla ragione. Mentre la ragione tratta l'elemento razionale dell'esistenza con tutti i limiti che la ricerca scientifica tenta, un po' alla volta, di colmare, la fede si rivela come manifestazione di una patologia in cui il desiderio libidico ripiega su sé stesso in un'attesa dell'evento provvidenziale di dio. Il progetto della chiesa cattolica è quello di costruire le condizioni mediante le quali le persone sognino l'intervento provvidenziale di dio nella loro quotidianità.

Scrivono Ratzinger e Bergoglio nell'enciclica Lumen Fidei:

3. In questo processo, la fede ha finito per essere associata al buio. Si è pensato di poterla conservare, di trovare per essa uno spazio perché convivesse con la luce della ragione. Lo spazio per la fede si apriva lì dove la ragione non poteva illuminare, lì dove l'uomo non poteva più avere certezze. La fede è stata intesa allora come un salto nel vuoto che compiamo per mancanza di luce, spinti da un sentimento cieco; o come una luce soggettiva, capace forse di riscaldare il cuore, di portare una consolazione privata, ma che non può proporsi agli altri come luce oggettiva e comune per rischiarare il cammino. Poco a poco, però, si è visto che la luce della ragione autonoma non riesce a illuminare abbastanza il futuro; alla fine, esso resta nella sua oscurità e lascia l'uomo nella paura dell'ignoto. E così l'uomo ha rinunciato alla ricerca di una luce grande, di una verità grande, per accontentarsi delle piccole luci che illuminano il breve istante, ma sono incapaci di aprire la strada. Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male, la strada che porta alla mèta da quella che ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza direzione.

Una luce da riscoprire

La fede è l'effetto di una malattia che impedisce all'uomo di affrontare dignitosamente la propria vita risolvendo il cammino delle sue trasformazioni nell'illusione di una certezza che la sua psiche proietta sul mondo.

Per capire quanto sia "criminale" il concetto di fede è necessario che noi chiariamo la posizione dell'uomo nel mondo.

Se si pensa l'uomo come creato ad immagine e somiglianza di un dio padrone, allora la fede diventa la situazione psichico-emotiva che porta l'uomo al suo creatore in quanto, quel creatore, ha creato anche la psiche dell'uomo e le sue pulsioni emotive che lo portano da lui. Affinché la fede abbia un significato è necessario che sia dimostrato il dio padrone e creatore. DIMOSTRATO, non millantato nel regno del delirio psicologico.

Per creato non si intende cose come "l'evoluzione intelligente". Si intende il concetto fondamentale del cristianesimo: l'uomo costruito dal dio padrone. Ogni processo di evoluzione e di trasformazione implica l'esercizio di una volontà soggettiva da parte dei singoli soggetti delle singole specie che la presenza, in un soggetto o in una specie, della fede avrebbe interrotto ingabbiando nella "fede in una verità" ogni processo adattativo soggettivo di modificazione di sé stessi.

La fede, come manifestazione dell'individuo desiderante, è una malattia che porta al suicidio della struttura psico-emotiva del soggetto e, pertanto è antitetica alla pulsione di espansione nel mondo che porta ai processi evolutivi e di espansione del soggetto nel mondo.

Non si tratta di sapere se un individuo crede nella creazione o crede in un qualche tipo di evoluzione. Si tratta di sapere se l'evoluzione è il meccanismo della vita o se la creazione è il meccanismo della vita. Ma l'uomo malato non parte da questo: parte dalla giustificazione dalla propria malattia in cui la sottomissione è la situazione desiderata in quanto meno dolorosa e giustifica la sua sottomissione mediante idee come la creazione. Per questo motivo la sua fede è come una dose di eroina: assopisce le pulsioni del suo vivere nel mondo. La fede, come l'eroina, rende violento ed attivo l'uomo soltanto quando deve procurarsi le dosi. Come l'eroina scatena violenza per soddisfare il bisogno, così la fede scatena violenza ogni volta che vengono messi in discussione i rapporti sociali attraverso i quali il soggetto giustifica la sua fede. Mettere in discussione i rapporti familiari nella famiglia dei ruoli che imita la sacra famiglia: porta alla violenza in famiglia. Mettere in discussione l'autorità del padre sul figlio: comporta violenza. Mettere in discussione i rapporti sociali basati sulla gerarchia, propri della monarchia, comporta violenza. Così il padre bastona la moglie che "non vuole stare al suo posto". Così il padre (o padre inteso come prete cattolico, o come dio padrone) frusta il figlio che non obbedisce. Così i poliziotti bastonano i cittadini che pretendono di essere considerati dei soggetti di diritto Costituzionale e non pecore del gregge. La fede si nutre di violenza sociale perché solo con la violenza sociale che sancisce l'ingiustizia la fede, come malattia che impedisce all'uomo di fondare il proprio futuro migliore del presente in cui vive, viene legittimata.

Pertanto, non è mai esistita in tre miliardi di anni all'interno delle specie una tensione emotiva quale la fede perché avrebbe interrotto ogni processo sia di evoluzione che di diversificazione delle specie impedendo agli Esseri della Natura di mettere in atto le loro strategie esistenziali in presenza della modificazione delle condizioni oggettive della loro esistenza. La fede presuppone sospensione emotiva e sospensione dell'attività del soggetto; presuppone attesa che può essere psicologicamente ottenuta mediante il "principio speranza", attesa dell'intervento della volontà esterna, sulla quale la fede farnetica e immagina.

La fede uccide la capacità dell'uomo di agire nel mondo. La fede, manifestazione della patologia di impotenza che si dipinge onnipotente e che si eleva a modello sociale da imitare, impedisce all'individuo di modificare la sua conoscenza rinchiudendolo in uno stato psicologico di conservazione di un'immaginazione che viene "ingannata" mediante deliranti voli pindarici della fantasia.

La ragione non è in grado di descrivere l'immenso in cui l'uomo vive, ma mentre l'uomo a cui manca la fede affronta l'immenso ed espande la conoscenza della ragione, l'uomo che ha fede si ritrae dall'immenso che lo circonda e non osa affrontarlo in quanto l'immenso mette in discussione la sua fede ed egli proverebbe dolore. Mentre l'uomo che non ha fede vive la vita come una sfida quotidiana costruendo il futuro per i propri figli in armonia con la società in cui vive, l'uomo che ha fede deve distruggere ogni tensione pulsionale sociale perché le sue espressioni, tese verso un futuro possibile, dimostrano che la fede che millanta è solo una malattia che lo porta all'autodistruzione. Da qui le guerre di religione per imporre la fede fatte dalla chiesa cattolica e le attività di ferocia dei suoi missionari.

La vita illumina il futuro, ma non lo consoce in quanto nessuno determina il futuro. Sappiamo che uscire dall'odio cristiano e dalla coercizione violenta della chiesa cattolica costruirà un futuro di benessere sociale. Non conosciamo la direzione di quel futuro perché la distruzione che la chiesa cattolica ha operato in duemila anni sull'uomo non ha lasciato dati che ci possano permettere di avere un'idea delle potenzialità dell'uomo quando non viene stuprato mediante la fede fin dalla primissima infanzia.

L'uomo deve rinunciare al finalismo. L'uomo deve imparare a vivere fuori dai greggi che lo portano al macello della vita.

Capisco che Ratzinger e Bergoglio siano confusi, tanto più violenta è stata l'azione della chiesa cattolica, tanto maggiore è stata la fuga degli uomini dal loro gregge.

Conosciamo il Bene e il Male: il Bene è la vita che si dispiega senza catene e senza intoppi; il Male sono le sofferenze imposte alla vita. Il MALE ASSOLUTO è il Gesù dei cristiani che si spaccia per verità e davanti al quale i bambini vengono costretti in ginocchio; il MALE ASSOLUTO è il dio padrone dei cristiani che fa della pratica del genocidio degli uomini e dei popoli metodo per imporre la fede.

Il male assoluto è la distruzione di ogni futuro dell'uomo. Tale distruzione viene enfatizzata mediante la fede che costringe l'uomo a pensare ad un Gesù come ad una verità senza analizzare i contenuti di tale verità.

La fede è talmente distruttiva che evoca continuamente la fine del mondo. La fine della vita sia in una visione messianica sia in una visione apocalittica. La fede crea una pulsione desiderante dentro l'uomo per cui l'uomo desidera che il mondo finisca. Sogna immani devastazioni e distruzioni apocalittiche. In questo disastro la sua fede, delirando, lo porta ad immaginarsi al di sopra del disastro. E' lui, il fedele, l'unto, il dio padrone che guarda dall'alto l'apocalisse. Lui, chi ha fede, non è colui che affronta il problema del fiume in piena, del terremoto, del vulcano. La sua immaginazione lo colloca fra i soccorritori, fra coloro che stanno al di sopra delle tragedie della vita e della stessa apocalisse che viene, di tanto in tanto, evocata.

L'imposizione di questa malattia ad opera di Gesù è ben descritta nei vangeli cristiani per chi li legge con gli occhi dell'uomo che abita il mondo e non identificandosi nel delirio di onnipotenza del padrone o del dio padrone come fa Gesù:

Perciò vi dico: non vi affaticate per la vostra vita, di che mangerete o di che berrete; né per il vostro corpo, di che vestirete. Forse che la vita non vale più del cibo e il corpo non vale più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo. Essi non seminano, né mietono, né raccolgono in grana; eppure il padre vostro celeste li nutre. Non valete, voi, più di essi? Chi di voi, pur affannandosi, può prolungare di un solo cubito la propria esistenza? E per il vestito, a che vi affannate? Osservate i gigli del campo come crescono. Essi non si affaticano né filano; eppure vi dico che nemmeno Salomone con tutta la sua gloria poté vestirsi come uno di loro. Ora, se dio riveste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani sarà gettata nel forno, quanto più farà per voi, o uomini di poca fede? Non vi affannate, adunque, dicendo: - Che cosa mangeremo? - O anche: - Di che cosa ci vestiremo? - perché tutte queste cose le cercano i Gentili. Il padre vostro celeste, infatti, sa già che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate, invece, prima di tutto il regno di dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più. Dunque, non vi affannate per il domani, perché il domani avrà cura di sé stesso. A ciascun giorno basta la sua pena."

Matteo 6, 25-34 riprodotto anche in Luca 12, 22-31

L'uomo che ha fede non si preoccupa del futuro. L'uomo che ha fede disprezza la società in cui vive che gli chiede di onorare i suoi doveri. Preoccuparsi del futuro significa non aver fede, ma mettere in atto azioni virtuose affinché quel futuro non sia portatore di ansia o di sventura. Ho seminato e ho raccolto: ho fatto le provviste per possibili problemi. Chi ha fede non si preoccupa delle condizioni, ma confida nel padrone.

Chi ha fede, può mettere una carica di dinamite e distruggere un palazzo. Sia fisicamente che il palazzo emotivo che il bambino sta costruendo in funzione del suo futuro.

Chi non ha fede prepara i mattoni e la calce per costruire il palazzo. Ara il campo per seminare. Fornisce il bambino di strumenti emotivi e culturali adeguati per affrontare con coraggio il proprio futuro.

La fede alimenta solo sé stessa. Come un cancro distrugge la società e se il fedele non diffonde tale cancro, l'oggetto della sua fede, il suo Gesù padrone e il suo dio padrone (attraverso le gerarchie come Bergoglio e Ratzinger. Per Ratzinger vedi, ad es. il caso Gaillot nel 1995, anche se non è più una società da roghi), distruggono il fedele in quanto "servo inutile".

Dice Gesù:

Servo malvagio e infingardo, sapevi che io mieto dove non ho seminato [Gesù conferma di essere un volgare ladro] e raccolgo dove non ho sparso; quindi bisognava che tu portassi il mio denaro ai banchieri affinché io venendo potessi riprendere il mio e insieme l'interesse. Toglietegli, dunque, il talento e consegnatelo a quello che ha dieci talenti, poiché a chi ha, sarà dato e sovrabbonderà, ma a chi non ha, gli sarà tolto anche ciò che ha. Il servo inutile gettatelo nelle tenebre di fuori, dove sarà pianto e stridor di denti.

Matteo 25, 26-30

Oggi, dopo oltre 200 anni dalla Rivoluzione Francese che ha minato il ruolo della fede nella società, i "servi inutili" della fede non vengono più bruciati sui roghi, ma la fede è un cancro che deve impedire agli uomini di costruire il loro futuro. Coloro che costruiscono il benessere e il futuro della società, per Gesù, sono "uomini di poca fede".

 

Marghera, 08 luglio 2013

 

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