Arthur Schopenhauer (1788 – 1860)

Discorso sull'arte (10^ parte)

Riflessioni sulle idee di Schopenhauer.

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

La filosofia della Religione Pagana.

Scrive il Bignami di filosofia (ed.1984):

l) L’ARTE

1) Nell'arte l'uomo dimentica la sua individualità, non permette che i concetti della ragione si impadroniscano della coscienza e rimane "puro soggetto della conoscenza, libero dalla volontà, dal dolore e dal tempo".

2) Egli giunge così a conoscere le idee, platonicamente intese come le eterne forme degli oggetti, sciolti dalle reciproche relazioni, come l'oggettivazione prima della volontà.

3) L'arte, l'opera del genio, "riproduce le idee eterne colte in pura contemplazione.... la sua unica origine è la conoscenza delle idee; il suo unico fine è la comunicazione di questa conoscenza".

4) Solo l'arte "considera le cose indipendentemente dal principio di ragione", mentre la scienza lo segue e ha come propria materia sempre il fenomeno, le sue leggi e i suoi rapporti.

5) la più elevata tra tutte le arti è la musica, "la quale oltrepassa le idee ed è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico". La musica non è affatto, come le altre arti, l'immagine delle idee, ma è invece "l'immagine della volontà stessa, della quale anche le idee sono oggettività".

6) Ma il piacere estetico è un piacere passeggero, che non libera dalla vita ma ne rappresenta solo un momentaneo conforto.

L’artista e l’arte sono due cose diverse. Per affrontare il punto di vista di Schopenhauer è necessario sottolineare che Schopenhauer considera la volontà come un dato della ragione e non della vita. Come ho già trattato precedentemente, Schopenhauer non parla di volontà come la volontà d’esistenza dell’individuo, ma come volere di possesso e di dominio della ragione. Come la ragione si erge a padrona dell’individuo, così la ragione individuale si proietta sul mondo pretendendo un’identificazione con l’assoluto dio padrone creatore cristiano. Questa pretesa della ragione, Schopenhauer la chiama volontà.

Lo spettatore che guarda un’opera d’arte percepisce. Ciò che parla al sentire percepito di una persona è un’opera d’arte. L’artista, nel costruire la sua opera d’arte, costruisce solo un oggetto o una rappresentazione che gli piace. Ciò che gli piace diventa simbolo capace di parlare alle emozioni profonde dell’individuo e suscitare in lui tutta una serie di idee, ricordi, emozioni nelle quali riconosce che, quell’opera, è un’opera d’arte.

Le figlie di Zeus e Mnemosine sono simboli che superano le barriere della ragione e parlano alle emozioni profonde. Superano il parlato e il pensato della ragione e suscitano emozioni che emergono dentro allo spettatore. E’ lo spettatore che trasforma l’oggetto costruito dall’artista in un’opera d’arte. Non l’artista. Se il simbolo dell’opera costruita dall’artista non suscita emozioni nello spettatore, l’artista è solo uno che ha trasformato della materia.

L’opera d’arte è tale perché comunica le emozioni profonde e alimenta il desiderio di veicolare la volontà d’esistenza di ogni individuo.

Non esiste un individuo in sé al di fuori delle contraddizioni esistenziali che Schopenhauer chiama “dolore”. Non esiste la separazione di un soggetto agli effetti del mutamento (l’uomo non è creato ad immagine e somiglianza di un dio pazzo, cretino e deficiente che pretende di ergersi a padrone dell’uomo), anche se può esistere, per breve tempo, un individuo che ha rinunciato ad esercitare la volontà d’esistenza in un processo di auto annientamento nella sottomissione psichica ad una morale e ad un padrone al quale si sottomette.

Esiste un elemento che Schopenhauer individua; la presenza di un qualche cosa che può essere definita come “l’uomo in sé” o noumenia dell’uomo.

Schopenhauer comprende che esiste qualche cosa che va oltre la ragione e il delirio di onnipotenza che chiama volontà e che qualifica l’uomo. Solo che non è in grado di individuarlo in termini di crescita. Di trasformazione. Di divenire attraverso le azioni. Non riesce a leggere la vita come un processo di sedimentazione e ristrutturazione continua della struttura emotiva dell’uomo. Per questo non riesce a vedere che la struttura emotiva degli Esseri della Natura, è un mondo a sé stante con proprie strutture di comunicazione e i relazioni che alla ragione si presentano in sensazioni, predilezioni, simboli, pulsioni, tensioni, ecc.

Da questo Schopenhauer parte per elaborare il concetto di arte come metodo per conoscere qualche cosa di “superiore” alla stessa ragione e alla volontà di onnipotenza propria della ragione. Il superiore, Schopenhauer, lo individua in “idee platonicamente intese”, come “le eterne forme degli oggetti”. Questo idealismo acceca Schopenhauer all’interno del moralismo idealizzato cristiano che lo costringe a non cogliere le dinamiche delle contraddizioni esistenziali di cui la volontà è uno strumento con cui risolverle e la struttura emotiva dell’uomo, come di ogni altro Essere della Natura, è il corpo che sedimenta l’esperienza relazionale prodotta dalla vita.

Schopenhauer cerca nella forma, che è un elemento proprio della ragione, l’interpretazione di un linguaggio che non appartiene alla ragione.

L’artista trasforma in immagini e suoni i sentimenti nelle relazione fra il suo bisogno psichico e le imposizioni dell’educazione che gli impone dei modelli entro i quali conchiudere i suoi bisogni psichici. Non si tratta di “riprodurre le idee eterne colte in pura contemplazione”, ma di necessità psichiche che per essere comunicati hanno bisogno di un linguaggio apposito. Dove la comunicazione non è necessariamente quanto l’artista propone, ma quanto dell’opera coglie lo spettatore. Quanto un’opera sa suscitare in chi l’ascolta. E’ lo spettatore il vero artista che riconosce l’opera mediante l’insorgenza di emozioni che ne destrutturano la sua struttura neuro-vegetativa producendo in lui anche veri e propri lampi di illuminazione.

L’arte può trasformare l’insorgenza di una tensione emotiva in un simbolo, l’opera d’arte, che diventa un linguaggio complesso capace di parlare alla struttura emotiva di altre persone conservando un messaggio emotivo che può generare informazione anche quando la cultura, in cui quell’opera d’arte è nata, è scomparsa da migliaia di anni. E’ lo spettatore, partendo dalla volontà mediante la quale ha affrontato le contraddizioni della sua vita trasformandosi, che ha plasmato la sua struttura emotiva diventata in grado di cogliere messaggi emotivi che le menti razionali hanno dimenticato.

La predilezione artistica di Schopenhauer è la musica. La musica è vibrazione e la vibrazione armonica attiva la nostra struttura emotiva richiamando la struttura della comunicazione “razionale” che esisteva fra gli Esseri quando ancora erano nel brodo primordiale. La musica attiva la struttura emotiva di ogni individuo richiamando sensazioni sia legate ai ricordi che ai suoi intenti. La musica racconta storie d’azione ed alimenta la sfera dell’agire dell’individuo richiamandone le emozioni che, emergendo in lui, alimentano psichicamente l’azione.

Secondo Schopenhauer l’arte dona un “piacere estetico”. Il “piacere estetico” è quel piacere che esalta il delirio di onnipotenza della ragione che in Schopenhauer diventa “Il mondo come volontà e rappresentazione” e non coglie il sostrato emotivo con cui è impregnata l’immagine che si presenta come “estetica” alla ragione. L’albero è una forma estetica, più o meno bella. Ma l’albero è passione, desiderio, intelligenza, scopo, progetto e vive le contraddizioni dell’esistenza. Come una statua di Venere. Mentre Schopenhauer vede “belle forme”, il Pagano vede le emozioni che si dispiegano a fondamento del divenire della vita.

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

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Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano.

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Marghera, 03 luglio 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.