Alexis Charles Henrì Clérel De Tocqueville
(1805 - 1859)

Il progetto di schiavismo del liberalismo e il ruolo della chiesa cattolica.

Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788891185778

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

Il Bignami (1984) non accenna al pensiero filosofico-politico di De Tocqueville e, pertanto, devo prendere spunto da un dizionario di filosofia ed. Garzanti. Si integra con le idee di Alexis de Torqueville in l'Antico Regime e la rivoluzione.

Scrive Alexis de Torqueville in L'Antico Regime e la Rivoluzione:

La Rivoluzione Francese è dunque una rivoluzione politica che ha operato con i modi, e in qualche cosa ha preso l'aspetto, di una rivoluzione religiosa. Guardate attraverso quali segni particolari e caratteristici giunge a rassomigliarvi completamente: non soltanto si diffonde lontano come quelle, ma, come esse, penetra con la predicazione e la propaganda. Una rivoluzione politica che ispira il proselitismo ed è predicata tanto ardentemente agli stranieri quanto appassionatamente è attuata in patria è davvero uno spettacolo nuovo. Fra tutte le cose sconosciute che la Rivoluzione Francese ha mostrato al mondo, questa è certamente la più nuova. Ma non fermiamoci a ciò, tentiamo di penetrare più addentro e scoprire se questa somiglianza negli effetti non sia prodotta da qualche nascosta somiglianza nelle cause. Caratteristica abituale delle religioni è quella di considerare l'uomo in sé, senza fermarsi a quel che le leggi, gli usi, le tradizioni di un paese hanno potuto aggiungere a questo fondo comune. Il loro scopo principale consiste nel regolare i rapporti generali fra l'uomo e Dio e i diritti e doveri generali degli uomini tra loro, indipendentemente dalla forma delle società. Le regole di condotta che stabiliscono non si riferiscono tanto all'uomo di un paese e di un tempo quanto al figlio, al padre, al servo, al padrone, al prossimo; basandosi così sulla stessa natura umana possono essere accolte egualmente da tutti gli uomini e applicabili ovunque. Da ciò dipende che le rivoluzioni religiose abbiano avuto spesso vastissimi teatri e siano state raramente circoscritte, come le rivoluzioni politiche, nel territorio di un solo popolo o in quello di una sola razza. Se si vuole esaminare più da vicino questo argomento si vedrà che quanto più le religioni hanno avuto il carattere astratto e generale a cui ho accennato, tanto più si sono diffuse, nonostante la diversità delle leggi, dei climi e degli uomini.

Le antiche religioni pagane, che erano tutte più o meno legate alla costituzione politica o alle istituzioni sociali di ogni popolo e conservavano fin nei loro dogmi una certa fisionomia nazionale e spesso municipale, si sono ordinariamente circoscritte nei limiti di un territorio, dal quale non uscirono. Qualche volta produssero l'intolleranza e la persecuzione, ma il proselitismo fu loro quasi interamente sconosciuto. Così non vi furono grandi rivoluzioni religiose nel nostro Occidente prima dell'avvento del Cristianesimo. Passando facilmente attraverso le barriere che avevano arrestato le religioni pagane, esso conquistò in poco tempo gran parte del genere umano. Non mi sembra sia mancare di rispetto a questa santa religione dire che ha dovuto in parte il suo trionfo all'essere, più di ogni altra, sciolta da quanto poteva dirsi particolare a un popolo, a una forma di governo, a uno stato sociale, a un'epoca, a una razza.

La Rivoluzione Francese ha operato, in rapporto a questo mondo, come le rivoluzioni religiose agiscono in vista dell'altro; ha considerato il cittadino in un modo astratto, fuori di ogni particolare società; così le religioni considerano l'uomo in generale, indipendentemente dal paese e dal tempo. Essa non ha cercato soltanto quale fosse il diritto particolare del cittadino francese, ma quali fossero i diritti e i doveri generali degli uomini in materia politica. Risalendo sempre così a quanto v'è di meno particolare, e per così dire di più naturale, in fatto di istituzioni sociali e di governo, essa ha potuto rendersi comprensibile a tutti e imita bile in cento luoghi alla volta. E poiché sembrava tendere alla rigenerazione del genere umano, più che alla riforma della Francia, ha acceso una passione che fino allora neppure le più violente rivoluzioni politiche avevano potuto provocare. Ha ispirato il proselitismo e fatto nascere la propaganda; ha potuto prendere così quell'aria di rivoluzione religiosa che ha tanto spaventato i contemporanei; o piuttosto, è divenuta essa stessa una specie di religione nuova: religione imperfetta, è vero, senza Dio, senza culto e senza un'altra vita, ma che tuttavia, come l'islamismo, ha inondato la terra con i suoi soldati, i suoi apostoli, i suoi martiri. Non bisogna credere, del resto, che i suoi procedimenti fossero assolutamente senza precedenti e che tutte le idee da essa tratte in luce fossero interamente nuove. Vi furono in tutti i secoli, e perfino nel pieno Medio Evo, agita tori che per mutare qualche uso particolare invocavano le leggi generali della società umana e volevano opporre alla costituzione del loro paese i diritti naturali dell'umanità. Ma tutti questi tentativi fallirono; la stessa fiaccola che ha incendiato l'Europa nel diciottesimo secolo sarebbe stata facilmente spenta nel quindicesimo. Perché argomenti di questo genere producano le rivoluzioni bisogna, infatti, che nelle condizioni, nelle abitudini, negli usi siano già sopravvenuti certi cambiamenti i quali abbiano preparato lo spirito umano a lasciarsene penetrare. In certi tempi gli uomini sono tanto diversi gli uni dagli altri che l'idea di una medesima legge applicabile a tutti è per loro incomprensibile. In altri, basta mostrare loro da lontano e confusamente una tale legge perché subito la riconoscano e vi corrano incontro. Il più straordinario non sta nel fatto che la Rivoluzione Francese abbia usato i procedimenti che mise in opera, né abbia concepito le idee che ha prodotte; la novità grande è che tanti popoli fossero arrivati a quel punto in cui tali procedimenti potevano essere efficacemente usati e tali massime facilmente ammesse.

Tratto da: Alexis de Torqueville "L'antico regime e la rivoluzione" Ed. Bur 1989 da pag. 49 a pag. 51

Così recita la dottrina sociale della chiesa cattolica:

“Schiavi, obbedite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne, non solo quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con sincerità di cuore, per timore del signore. tutto quello che fate, fatelo di cuore, come per il signore e non per gli uomini, sapendo che riceverete in ricompensa l’eredità dalle mani stesse di dio. E’ a cristo signore che voi servite. Chiunque, invece, commette ingiustizia, commetterà secondo l’ingiustizia commessa: non vi sarà accettazione di persone.” Paolo di Tarso, lettera ai Colossesi 3, 22-25

“Servi siate sottomessi con ogni rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli che sono buoni o ragionevoli, ma anche a quelli di carattere intrattabile. Poiché piace a dio che si sopportino afflizioni per riguardo verso di lui, quando si soffre ingiustamente. Infatti, che gloria vi è nel sopportare di essere battuti, quando si ha mancato? Ma se voi, pur avendo agito rettamente, sopportate sofferenze, questo è gradito davanti a dio. Anzi è appunto a questo che voi siete stati chiamati, perché Cristo pure ha sofferto per voi lasciandovi un esempio affinché ne seguiate le orme.” I Pietro 2, 18-21

La storia della schiavitù, imposta dalla chiesa cattolica, è una storia infarcita di orrori sotto tutti i punti di vista, eppure, per comprendere il ruolo della chiesa cattolica nello schiavismo umano, non possiamo prendere i risvolti più truculenti di tale attività. Parlare della flotta di navi con cui i Gesuiti commerciavano in schiavi fra l’Africa e le americhe, dà il voltastomaco, ma non rende la qualità e il ruolo della chiesa cattolica nei confronti della schiavitù. Per parlare del ruolo nella schiavitù e per la riaffermazione dell'ideologia schiavista imposta dalla chiesa cattolica nella società, è utile prendere il documento dell’enciclica “In Plurimis” con cui Leone XIII parla del ruolo della chiesa cattolica nello schiavismo fino al recente passato, lo giustifica per apprestarsi ad organizzare massicciamente le nuove forme di schiavismo nell'ideologia liberale. Giustifica il ruolo della chiesa cattolica nell'imporre lo schiavismo allontanando l'attenzione dei suoi adepti dal mandante dell'ideologia schiavista: il dio padrone e Gesù. Siamo nel 1888, 70 anni dopo che molte nazioni hanno vietato la tratta egli schiavi.

Perché ritengo importante questa enciclica rispetto allo schiavismo? Perché è la preparazione della chiesa cattolica ad assumere il ruolo schiavista nelle società che ancor oggi riveste. Da un lato condanna il suo passato schiavista giustificando le sue prese di posizione scindendole dalle responsabilità degli Stati (da qui il desiderio di separazione Stato e chiesa) anche mentendo spudoratamente sul suo ruolo criminale a fondamento dello schiavismo e della sua legittimazione in funzione della distruzione dell’uomo. Infatti, sia in Africa che nell’America latina praticò le indicazioni di Firmico Materno che nel 346-347 così incitava l’imperatore cristiano a macellare i Pagani:

Firmico Materno nel “De errore prifànorum religionum”, nel 346-347 d.c. così incitava gli imperatori a macellare i Pagani:

(2.2a) Abbattete, abbattete senza indugio, santissimi imperatori, gli ornamenti dei templi . Il fuoco della zecca, o la fiamma dei forni in cui si fondono i metalli, distrugga questi simulacri di dèi ... la legge del Dio supremo prescrive alla vostra severità di perseguire in tutti i modi il delitto di idolatria. Nel Deuteronomio è stabilita questa legge: "Se il tuo fratello, o il tuo figlio, o la tua moglie ... ti vuol persuadere dicendoti ... Aneliamo e serviamo altri dèi ... Denuncialo subito ed alza per primo la mano contro di lui per ucciderlo ... Questa legge non permette di risparmiare né il figlio né il fratello, e costringe a passare la spada vendicatrice anche attraverso le membra dell'amata consorte ... Nel medesimo libro il Signore ha ordinato il castigo ad intere città ... "Se in una delle città che il Signore Dio tuo ti darà per abitarvi sentirai alcuni che dicono: Aneliamo e serviamo dèi stranieri ... passerai a fil di spada tutti gli abitanti di quella città, la distruggerai ... e non sarà più ricostruita per tutta l'eternità.

Il conquistadores Oviedo dirà:

“Chi vorrà mai negare che usare la polvere da sparo contro i pagani è come offrire incenso a Nostro Signore?”

Citazione nel Libro nero del cristianesimo.

Separare l’ordine del dio padrone, del quale la chiesa cattolica era il braccio esecutivo nella società, dalle decisioni degli Stati i cui massacri dovevano essere fatti passare per decisioni autonome rispetto agli ordini di genocidio del dio padrone. La chiesa cattolica, con questa operazione di propaganda, voleva sollevare dalle responsabilità giuridiche, sociali e morali sé stessa, Gesù e il dio padrone come mandante. Era un imperativo funzionale alla propaganda ecclesiale con cui si poteva perpetuare il genocidio e lo schiavismo sia pur con modalità diverse per il controllo degli uomini.

Per parlare dell’abolizione della schiavitù in funzione di uno schiavismo generalizzato che modificava i mezzi e la sostanza giuridica, ma non la condizione di schiavismo delle classi sociali subalterne, è necessario parlare delle spinte sociali che portarono alla necessità, da parte degli schiavisti, di modificare i mezzi della schiavitù sociale.

La schiavitù era universalmente accettata, com’era accettata, in quanto imposta dalla chiesa cattolica, la condizione di miseria sociale nella quale il povero era obbligato a vivere. La schiavitù era ordinata dal dio padrone dei cristiani come il dio padrone dei cristiani ordinava le pene di genocidio per chi si ribellava alla schiavitù o tentava di uscire dalle condizioni di miseria.

Tuttavia all'Assemblea Nazionale Costituente, il 09 luglio 1789, i rappresentanti schiavisti delle colonie francesi partecipano al giuramento della Pallacorda. Tale giuramento, che implicava i diritti universali dei cittadini, avrebbe dovuto abolire ogni discriminazione di razza, ma in realtà per gli schiavisti il loro giuramento era solo formale e non pensavano implicasse la fine del loro dominio sugli uomini.

I diritti degli uomini liberi e l’abolizione ella schiavitù, furono i veri problemi che vennero affrontati dalla Rivoluzione Francese.

Sembra che gli schiavisti all'inizio non fossero in grado di comprendere le implicazioni che aveva nelle loro attività la dichiarazione dei diritti delle persone in quanto cittadini. Gli schiavisti si opposero all’eliminazione della divisione per razza nella dichiarazione di uguaglianza fra i cittadini e poi, a mano a mano che compresero le implicazioni della dichiarazione stessa, iniziarono un’opposizione alla dichiarazione dei principi di uguaglianza dei cittadini.

Seguì tutta una serie di azioni e reazione di risposta da parte degli schiavisti che tentarono di reprimere la rivolta degli schiavi di Haiti che, accolta la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, non ne vedevano realizzati i diritti. Alla fine, nel 1794 il delegato francese ad Haiti fece eleggere tre rappresentanti della popolazione coloniale di Haiti da inviare in Francia per sollecitare l’abolizione della schiavitù ed estendere tale abolizione a tutte le colonie francesi. La delegazione era composta da: Jean-Baptiste Belley un negro, Pierre Dufay un bianco e J.-B. Mills uomo di colore. I tre inviati convinsero l’assemblea ad approvare l’abolizione della schiavitù in tutte le colonie francesi. Il 4 febbraio 1794 Danton dichiara che i diritti di uguaglianza della Francia non sono solo per i francesi, ma sono proclamati per tutta l’umanità. Fu un successo dei Giacobini.

Proprio perché fu un successo dei Giacobini e in contrasto con gli interessi dei suoi finanziatori che Napoleone ripristinò la schiavitù nelle colonie francesi e con essa la tratta degli schiavi. Ma ormai le idee di uguaglianza della Rivoluzione francese non potevano più essere ignorate e il Napoleone dei cento giorni, ritornato dall’Elba, abolirà la tratta degli schiavi, poco prima che il Congresso di Vienna l’abolirà definitivamente nel 1815.

L’abolizione della schiavitù e il diritto d’uguaglianza, comunque lo si voglia spacciare, è una moneta spendibile per ogni trasformazione sociale. Per questo la rivoluzione del febbraio 1848 abolirà definitivamente la schiavitù in Francia e nelle colonie francesi.

La chiesa cattolica, il più grande mandante dello schiavismo, della schiavitù e della tratta degli schiavi è costretta a scegliere una diversa funzione nella società.

Il liberalismo, prendendo atto che gli uomini non possono essere tenuti in catene, forgia nuove catene per il controllo sociale giocando sui bisogni umani e sulla manipolazione degli uomini messa in atto dalla chiesa cattolica.

Il progetto del liberalismo è quello finalizzato al controllo degli Esseri Umani rinnovando il dominio che per secoli era appannaggio del feudalesimo e dello schiavismo cristiano. Pio IX, un anno dopo l’abolizione della schiavitù negli USA, il 20 giugno 1866, riaffermando la dottrina cristiana del dominio assoluto del padrone sull’uomo, afferma:

La schiavitù in quanto tale, considerata nella sua natura fondamentale, non è del tutto contraria alla legge naturale e divina. Possono esserci molti giusti diritti alla schiavitù e sia i teologi che i commentatori dei canoni sacri vi hanno fatto riferimento ... Non è contrario alla legge naturale e divina che uno schiavo possa essere venduto, acquistato, scambiato o regalato.

Ma quando appare chiaro che non può avvenire nessun ritorno all’ideologia schiavista, la chiesa cattolica sposa il progetto liberale della separazione Stato e chiesa per riaffermare il possesso sull’uomo.

Se lo schiavo può essere chiamato servo senza per questo che la sua condizione cambi, un padrone è sempre un padrone sia che sia un padrone di servi o di schiavi. La chiesa cattolica, come il liberalismo, deve ribadire il controllo dei padroni sugli Esseri Umani. Una volta ribadita la legittimità dei padroni, con qualunque nome chiami il sottoposto, qualora non goda di tutti i diritti dei padroni, è sempre uno schiavo ad di là delle illusioni con cui lo si costringe a pensare alla propria condizione. Tanto più i suoi progetti di vita saranno difficoltosi, tanto maggiore sarà l’aumento della propria consapevolezza del proprio stato di schiavitù al di là di come è stato educato a pensarsi.

Il progetto liberale di De Tocqueville può aver successo solo se la chiesa cattolica e i cristiani accettano di occupare la loro posizione in accordo e non in contrapposizione allo Stato liberale.

Nel 1888, Leone XIII aderisce al progetto liberale di ricostruzione della miseria sociale mediante la riaffermazione del dominio dei padroni sugli individui privati dei loro diritti sociali di cittadini e ridotti alla miseria e al servaggio. Vari sistemi saranno adottati dalle società liberali per costruire la miseria sociale e, non da ultimo, la massiccia diffusione dell’eroina e della cocaina che dal 1966 lo Stato liberale cattolico Italiano diffonderà, sull’esempio USA, per costruire un nuovo modello di emarginati.

Nell’enciclica In Plurimis nel 1888, Leone XIII scrive:

La schiavitù frutto del peccato

Secondo Sant'Agostino ... "la condizione servile s'intenda giustamente imposta al peccatore. Infatti in nessun luogo delle Scritture leggiamo la parola servo, prima che con essa il giusto oè punisse il peccato del figlio. Pertanto la colpa e non la natura meritò tal nome" (Gen 1,25). Dal contagio del primo peccato derivarono tutti gli altri mali e codesta mostruosa perversità ... Come un luttuoso spettacolo, la memoria di quei tempi si svolge fino all'epoca di Gesù Salvatore, quando la vergogna della schiavitù era estesa a tutti i popoli, ed era così esiguo il numero dei liberi che il poeta mise in bocca a Cesare queste atroci parole: "TI genere umano vive in pochi". La Chiesa non libera gli schiavi ma li educa a rispettare i padroni ... la Chiesa come buona madre si è adoperata per mitigare in parte le tribolazioni e l'ignominia della vita servile; per tale motivo definì ed energicamente raccomandò i diritti e i doveri necessari tra servi e padroni, così come sono definiti nelle lettere degli Apostoli ... Chi voglia paragonare entrambi i modi di trattare gli schiavi, il pagano e il cristiano, facilmente dovrà riconoscere che il primo era crudele e vergognoso, l'altro assai mite e pieno di rispetto, né mai si renderà colpevole di sottrarre merito alla Chiesa, ministra di tanta indulgenza .... essa non volle affrettarsi nel provvedere alla manomissione e alla liberazione degli schiavi poiché ciò non poteva sicuramente avvenire se non in modo tumultuoso, con danno proprio di essi e a detrimento della società; ma con sommo giudizio fece in modo che gli animi degli schiavi, sotto la sua guida, fossero educati alla verità cristiana e con il battesimo adottassero costumi conformi. Perciò, se nella moltitudine degli schiavi che la Chiesa annoverava tra i suoi figli, taluno, allettato da qualche speranza di libertà, avessero ordito una violenta sedizione, sempre la Chiesa riprovò e represse quei peccaminosi desideri e per mezzo dei suoi ministri adottò i rimedi della pazienza. Si persuadessero dunque gli schiavi di superare di molto in dignità i padroni pagani, mercé il lume della santa fede e l'insigne retaggio di Cristo, e di sentirsi obbligati più devotamente dallo stesso Autore e Padre della fede a non consentire a se stessi azione alcuna contro i padroni né di allontanarsi minimamente dalla riverenza e dalla obbedienza dovuta ad essi ... Placati i dissidi e sopraggiunti tempi tranquilli per la Chiesa, i santi Padri con mirabile sapienza esposero gl'insegnamenti apostolici circa la fraterna solidarietà tra cristiani, e con altrettanta carità li applicarono a vantaggio degli schiavi, cercando di convincerli che i padroni avevano dei diritti legittimi sul lavoro degli schiavi e tuttavia non erano loro concessi un imperioso potere sulla vita e l'uso di crudeli sevizie. Aumentava la sollecitudine della Chiesa nella tutela degli schiavi e, senza tralasciare alcuna occasione, tendeva cautamente a restituirli finalmente a libertà: ciò avrebbe assai giovato anche alla loro eterna salute. Gli antichi sacri annali recano testimonianze dell'esito favorevole di quell'impegno ...

La condizione dello schiavo, secondo la chiesa cattolica, era imposta al peccatore e proprio perché un individuo è un peccatore, era destinato dal suo dio padrone ad essere uno schiavo. Schiavo, dice la chiesa cattolica, perché ti lamenti? Sei schiavo in quanto sei un peccatore, se tu non fossi un peccatore, il dio padrone non ti avrebbe ridotto alla schiavitù.

Questo è il discorso aberrante con cui la chiesa cattolica e il Gesù dei cristiani giustifica sia le malattie che la schiavitù.

Gli schiavi, per la chiesa cattolica, dovevano essere schiavi di padroni e quello che Leone XIII afferma, nella sua adesione al progetto liberale di distruzione dei diritti della società sorta dalla Rivoluzione Francese è che gli schiavi devono essere sempre schiavi e che la richiesta di libertà va riprovata perché contraria al volere del suo dio padrone. Questa è la funzione che il liberalismo vuole assegnare alla chiesa cattolica: addomesticare gli schiavi affinché non rivendichino i loro diritti. La chiesa cattolica deve annientare gli uomini. E’ come lo schiavista Gesù che proclama lieve il giogo che impone agli uomini. In fondo, dice Leone XIII, noi cristiani siamo stati degli schiavisti più generosi che prima dell’avvento del cristianesimo. In realtà l’assolutismo criminale volto al genocidio è opera del cristianesimo: mai la condizione dello schiavo fu tanto dura e criminale come con l’avvento del cristianesimo. Una condizione criminale che perdura ancor oggi nelle società liberali con il concorso fondamentale della chiesa cattolica.

Per assolvere al proprio ruolo di devastazione sociale, la chiesa cattolica deve procedere per assolvere sé stessa dai crimini commessi nell’attuare la sua dottrina. E oggi, che deve attuare la stessa dottrina schiavista con altri mezzi, deve rinnegare il suo passato schiavista senza, tuttavia, condannare la sua dottrina finalizzata a diffondere lo schiavismo sociale. La dottrina schiavista della chiesa cattolica, come imposta dal suo dio padrone e da Gesù, è il fondamento ideologico dell’azione della chiesa la quale veicola l’ideologia schiavista a seconda del periodo storico, delle possibilità e dei mezzi di cui dispone.

L’assoluzione dell’attività schiavista fatta da Leone XIII è funzionale alla costruzione del nuovo schiavismo.

Scrive Leone XIII:

Cita i papi contrari alla schiavitù, omettendo gli altri ...

Moltissimo fecero per gli schiavi i Pontefici romani, davvero memorabili come difensori dei deboli e vindici degli oppressi. San Gregorio Magno ne mise in libertà quanti più poté, e nel concilio romano dell'anno 597 volle che fosse concessa la libertà a coloro che avevano deciso di dedicarsi alla vita monastica. Adriano I ordinò che gli schiavi potessero liberamente contrarre matrimonio, contro il volere dei padroni. Alessandro m nell'anno 1167 prescrisse apertamente al re Mauro di Valenza di non ridurre in schiavitù alcun cristiano, poiché nessuno è schiavo per natura, e tutti sono stati creati liberi da Dio. Pertanto, non si attribuiranno mai abbastanza elogi né si sarà mai abbastanza grati alla Chiesa cattolica che per somma grazia di Cristo Redentore abolì la schiavitù, introdusse tra gli uomini la vera libertà, la fratellanza, l'uguaglianza, e perciò si rese benemerita della prosperità dei popoli ... Alla fine del secolo decimo quinto, quando la funesta piaga della schiavitù era quasi scomparsa presso le genti cristiane e gli Stati tentavano di rafforzarsi nella libertà evangelica e di estendere il loro dominio, questa Sede Apostolica, con assidua vigilanza cercò di impedire che rigermogliassero quei malefici semi. Perciò rivolse la sua vigile attenzione ai territori da poco tempo scoperti in Africa, in Asia, in America. Infatti era giunta voce che i capi di quelle spedizioni, sebbene eritriani, avessero abusato delle armi e dell'ingegno per imporre la schiavitù a popoli inoffensivi ... Seguì poi, con crudeltà non dissimile, l'oppressione degli indigeni (generalmente chiamati "Indiani") al modo degli schiavi. non appena questi fatti furono noti a Pio II, senza alcun indugio, il giorno 7 ottobre dell'anno 1462, scrisse una lettera al Vescovo di Rubio per biasimare e condannare tanta malvagità ... Paolo IlI, ansioso nella sua paterna carità per la sorte degli indiani e degli schiavi africani, prese la decisione estrema di affermare con solenne decreto, al cospetto di tutte le genti, che a tutti gli schiavi era dovuto un giusto e particolare potere in triplice forma: potevano disporre della propria persona; potevano vivere in società secondo le loro leggi; potevano acquistare e possedere beni .... Con la stessa sollecitudine e con la stessa costanza, altri Pontefici quali Urbano VIII, Benedetto XIV, Pio VII si dimostrarono strenui difensori della libertà per gli Indiani e per i Negri ... Anche Gregorio XVI ammonì severamente coloro che disprezzavano la clemenza e le leggi; richiamò in vigore i decreti e le pene stabilite dalla Sede Apostolica ..

Davanti all’orrore della pratica della schiavitù messa in atto dalla chiesa cattolica, Leone XIII cita quei papi che, per interesse personale o per riaffermare il proprio potere, nel corso dei secoli, ritennero che “far liberare gli schiavi dal loro nemico fosse conveniente”. La schiavitù era una costante che se nell’impero romano, ancora non cristiano, era una schiavitù di pura natura economica, con tutte le libertà che il compromesso di natura economica comportava, con l’avvento del cristianesimo gli schiavi erano schiavi del loro padrone “con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima”. Questo “possesso con tutto il cuore e con tutta l’anima” rappresenta una totalità di sottomissione che la storia non aveva mai visto.

La chiesa cattolica non poteva emettere nessuna condanna per gli schiavisti. Non solo perché la sua ideologia religiosa è un’ideologia religiosa schiavista, ma perché il suo dio padrone è un dio schiavista (il popolo eletto è il suo popolo eletto in quanto popolo di schiavi del dio padrone), Gesù è uno schiavista che pretende di essere il padrone degli uomini (in quanto figlio del dio padrone) e la chiesa cattolica è un’organizzazione schiavista che ha come capo lo schiavo capo di tutti gli schiavi (il papa cattolico si presenta come “il servo dei servi di dio”).

In quest’ottica Leone XIII da un lato vuole assolvere l’attività schiavista della chiesa cattolica del passato e dall’altro lato pone le basi per la nuova pratica dello schiavismo che nei nuovi regimi liberali, legata alla finanza internazionale, alimenterà i nuovi emarginati.

Con molti nomi si definiscono gli schiavi: poveri, emarginati, pezzenti, mendicanti, ecc. Con molti nomi si definiscono i padroni di schiavi: funzionari, industriali, banchieri, clero, artigiani, ecc. Tutti i padroni non trafficano direttamente con gli emarginati, salvo il clero e la polizia di Stato, mentre tutti i padroni dipendono le loro ricchezze dagli emarginati.

Affinché i padroni continuino ad arricchirsi è necessario che l’emarginato, come lo schiavo, abbia i bisogni e l’attenzione inchiodata in un eterno presente e sia nelle condizioni di non pensare ad un futuro possibile. Anche se l’emarginato fruisce di un buon stipendio, deve tendere a spenderlo in questo presente. Col gioco, col bere, con le feste, con la droga, purché non risparmi per un futuro possibile. L’emarginato è tale non solo per la sua condizione economica, ma perché, per quante occasioni di successo o di benessere ha incontrato nella sua vita, vi ha rinunciato per rincorrere la soddisfazione di un bisogno immediato senza considerare le conseguenze per un futuro possibile. E quando l’emarginato è attento ad un proprio futuro, interviene la chiesa cattolica, o la morale cattolica, non importa da chi riprodotta, che indica i poveri a cui pensare. Ai terremotati a cui pensare. Agli sfortunati a cui pensare e non si accorge che lui è lo sfortunato a cui qualcuno, in questo momento, sta deviando l’attenzione per alimentare la sua emarginazione sociale.

E’ in quest’ottica che Leone XIII esalta l’attività schiavista della chiesa cattolica che si sta spostando sull’alimentazione dell’emarginazione sociale. Scrive Leone XIII nell’Enciclica In Plurimis:

Schiavi, siate grati ai vostri padroni

Ora, Venerabili Fratelli, il Nostro pensiero e la nostra lettera bramano rivolgersi di nuovo a Voi .. Fate in modo che padroni e schiavi si accordino tra loro con animi ben disposti ... bisogna augurarsi soprattutto che sia soppressa e cancellata la schiavitù come tutti desideravano, senza alcuna violazione del diritto umano e divino, senza alcun sommovimento sociale, e anzi con sicuro vantaggio degli stessi schiavi in questione. A ciascuno di essi, o già resi liberi o in procinto di esseri o, Noi raccomandiamo [che] facciano in modo di conservare e dichiarare pubblicamente il loro grato e affettuoso ricordo di coloro che con saggezza operarono per la loro liberazione ... Temere e rispettare la maestà dei regnanti, ubbidire ai funzionari, sottomettersi alle leggi: questi ed altri simili doveri da adempiere assiduamente, non tanto per timore quanto per senso religioso. Inoltre raffrenino e allontanino l'invidia per le ricchezze e il prestigio altrui; dispiace che quel vizio affligga di solito molti tra gli umili e fornisca motivi perversi contro la pace e la sicurezza della società.

La strategia di distruzione sociale, pensata dal magistrato De Tocqueville è giunta a compimento. I tempi stanno per essere maturi: i nuovi sistemi per costruire la schiavitù sociale sono stati messi a punto. Coloro il cui cuore fremerà per le ingiustizie, verranno macellati inducendoli a guerre, insurrezioni, a far propri i problemi sociali nell’illusione che l’uomo sia creato ad immagine e somiglianza di un dio pazzo e cretino. Saranno indotti a pensare che gli altri non vogliono vedere le ingiustizie che essi, invece, vedono e non vengono educati a scorgere i meccanismi che la manipolazione mentale dell’infanzia, messa in atto dalla chiesa cattolica, modifica la qualità della percezione della realtà e il giudizio dei futuri adulti.

De Tocqueville si impegnerà in prima persona per realizzare questo progetto di miseria sociale.

Diventato deputato incentrerà la sua azione parlamentare su tre questioni fondamentali. L’abolizione della schiavitù nelle colonie, la riforma delle prigioni per renderle funzionali al nuovo progetto di emarginazione sociale, i nuovi schiavi, e l’espansionismo coloniale come dominio del liberalismo su tutti i popoli della terra. Si recherà in Algeria due volte, nel 1841 e nel1846. Le massonerie e il cristianesimo ormai lavorano in maniera organica per realizzare il medesimo disegno criminoso: la schiavitù in Europa composta non più da schiavi in catene, ma da schiavi economici che, a seconda dei bisogni dei liberali, avranno migliori o peggiori condizioni di vita.

Da De Tocqueville inizierà quel progetto storico che sarà interrotto due volte nella storia, dai regimi fascisti e nazisti di Spagna, Italia, Germania, Francia, e dalle Costituzioni del dopoguerra dopo la caduta del nazi-fascismo. Nonostante le interruzioni il liberalismo, con tutti i centri massonici, industriali e finanziari, si rigenereranno prosperando sia sotto i regimi nazi-fascisti, sia nei regimi in cui le Costituzioni Democratiche condannano il liberalismo come un regime inumano e schiavista. I liberali faranno in modo di svuotare le Costituzioni (quella Italiane e quella Europea) dei doveri che vengono imposti alle Istituzioni e alle associazione di profitto per attribuirsi quei diritti che, invece, attendono alla persona umana in quanto Cittadino: come era nell’ideologia Giacobina durante la Rivoluzione Francese. In questo progetto i liberali saranno affiancati dalla chiesa cattolica e dai cristiani che da un lato appoggeranno il nazi-fascismo per proteggere i propri interessi e dall’altro lato, quando il nazi-fascismo sarà sconfitto dagli USA (liberalismo) e dai Bolscevichi dell’URSS, saranno pronti a continuare il progetto di De Tocqueville contro questi ultimi alimentando la miseria sociale anche con l’uso della mafia.

E’ in quest’ottica che i liberali alla De Tocqueville e la chiesa cattolica stringeranno un’alleanza di ferro contro la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo approvata dalle Nazioni Unite contro le pretese assolutistiche del dio dei cristiani.

Nota: Le citazioni dell'enciclica di Leone XIII, di Firmico Materno e di Pio IX sono tratte da “Il cattolicesimo reale” di Walter Peruzzi

Nota: la citazione dei vangeli tratte da la bibbia ed Paolini

La citazione dal libro "L'antico regime e la rivoluzione" è stata aggiunta in data 11 ottobre 2015 (pertanto non compare nella pubblicazione cartacea)

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume uno

 

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Nel 1995 (mese più, mese meno) mi sono posto questa domanda: se io dovessi confrontarmi con i filosofi e il pensiero degli ultimi secoli, quali obiezioni e quali argomenti porterei? Parlare dei filosofi degli ultimi secoli, significa prendere una mole di materiale immenso. Allora ho pensato: "Potrei prendere la sintesi delle loro principali idee, per come hanno argomentato e argomentare su come io mi porrei davanti a quelle idee." Presi il Bignami di filosofia per licei classici, il terzo volume, e mi passai filosofo per filosofo e idea per idea. Non è certo un lavoro accademico né ha pretese di confutazione filosofica, però mi ha permesso di sciacquare molte idee generate dalla percezione alterata nel fiume del pensiero umano.

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Marghera, 06 agosto 2012

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.