Gli Dèi emergono generando sé stessi. Tutta la vita, tutte le coscienze germinano generando sé stesse partendo dalle condizioni oggettive, gli Dèi che ne condizionano gli Dèi che formano la loro soggettività dalla quale manifestano la loro Coscienza di Sé.

Inno Orfico a Etere
 
Inno Orfico n. 5

Claudio Simeoni

Indice agli Inni Orfici

Etere è inteso come spazio che la materia e l'energia occupano muovendosi nell'infinito.

Era considerato, il quinto elemento [terra, acqua. Fuoco e aria]. Non era corruttibile ed era costituito dai corpi celesti e dal cielo della luna e delle stelle fisse.

Il Cielo è Urano come emozione e come generatore di vita; Etere è lo spazio in cui si muovono gli Astri che emozionandosi diventano coscienti di sé. Il cielo terrestre è Zeus che avvolge la Terra e alimenta la vita che chiamiamo Natura.

L'Inno pone un problema concettuale quando avvicina l'Etere a Zeus dicendo:

"O tu che hai l'eccelsa forza per sempre indistruttibile di Zeus,"

L'estensore dell'Inno ha ben presente che il cielo, l'aria, è Zeus, ma non distingue i limiti del corpo di Zeus che associa ad Etere dall'infinito Urano Stellato che associa, invece, a Cielo.

A chi tratta religione non interessa molto la verità "scientifica", interessa la "verità concettuale" dove lo spostamento dell'attenzione del veggente coglie l'intelligenza nel mondo e, nelle intelligenze che coglie, per come le coglie, costruisce il proprio cammino. Ogni soggetto dell'universo è vivente e viventi sono le relazioni che ogni soggetto costruisce rendendo vivente e consapevole l'ambiente in cui tali relazioni agiscono e si muovono.

Gli Inni Orfici definiscono il concetto secondo cui ogni soggetto vive in un mondo oggettivo formato da soggetti mentre, lo stesso mondo oggettivo, è soggetto che agisce nei confronti dei soggetti che lo formano e lo abitano.

Questo modo di pensare il mondo è quello che genera il concetto di Genius loci. Ogni soggetto vive sempre all'interno di un Genius loci e il Genius loci, a sua volta, diventa soggetto di un Genius loci che lo comprende e che, per lui, è ambiente oggettivo del suo agire nella sua esistenza.

Questa condizione è una condizione vissuta da Cielo che, come ogni altro cielo, è compreso in un Genius loci che determina sia le condizioni che i limiti del suo agire.

Il Genius loci acquista intelligenza e consapevolezza nella misura in cui è abitato da coscienze e consapevolezze che si trasformano. Le coscienze che lo abitano formano il Genius loci e, allo stesso tempo, il Genius loci va oltre le coscienze che lo abitano. Un po' come l'Essere Umano che è il Genius loci di ogni sua cellula, di ogni battere e di ogni virus che lo abita.

Non esisteva intelligenza di Etere prima che Urano non iniziasse ad esistere per la materia che si emozionava, ma ora, ora che il Genius Loci Etere è venuto in essere, ora Etere progetta un futuro mantenendo equilibrio o squilibrando le relazioni fra chi lo abita e lo forma.

La stessa cosa la fa l'uomo quando sta subendo una malattia per un attacco di batteri e prende un antibiotico. Tutte le trasformazioni procedono per squilibrio di un equilibrio che deve essere continuamente squilibrato per formare nuovi e diversi equilibri.

  Inno Orfico a Etere

O tu che hai l'eccelsa forza per sempre indistruttibile di Zeus,
parte degli Astri e del Sole e della Luna,
che tutto domi, spirante fuoco, scintilla per tutti i viventi,
Etere che splendi in alto, elemento ottimo del Cosmo,
o germoglio splendente, apportatore di luce, rilucente di stelle,
invocando ti supplico di essere temperato e sereno.

Da Inni Orfici, G.Ricciardelli, Editore Valla, 2000.

Gli orfici invocano tutte le caratteristiche che attribuiscono ad Etere e, soprattutto, il controllo degli eventi cosmici. Per gli orfici, il mondo si trasforma, il cosmo si trasforma e sono consapevoli che queste trasformazioni potrebbero non essere benevole nei loro confronti.

"Sii moderato!" chiedono gli orfici all'Etere consapevoli che il potere di agire di Etere è un potere che lo stesso Zeus non può fronteggiare.

03 febbraio 2023

 

Tafuri e l'Inno Orfico ad Etere

L'Inno all'etere è un Inno a Zeus nella sua realtà fattiva.

Come in tutte le sue riflessioni, il Tafuri non è in grado di pensare all'esistenza di un'intelligenza proprie dell'ambiente e così è sempre alla ricerca della forma antropomorfa a cui attribuire intelligenza. Un'intelligenza e una capacità progettuale che riesce a pensare solo attribuendola ad una forma umana.

Etere è un Inno a Zeus, ma Tafuri, in quanto cristiano, non è in grado di cogliere l'intelligenza e il corpo di Zeus come aria, come cielo, anche se l'inno mal distingue, non ne ha bisogno, il concetto di Cielo col concetto di Etere; il concetto di Urano Stellato con quello di Zeus.

Per un cristiano, gli Dèi hanno corpi umani: e vuoi che l'uomo non sia immagine e somiglianza degli Dèi? Gli antichi (le persone religiose antiche) distinguevano fra rappresentazione antropomorfa e realtà oggettiva degli Dèi. I cristiani non fanno questa distinzione e, per impedire di farla, hanno elevato la forma umana alla forma del loro Dio.

Tafuri, commentando l'Inno ad Etere che dice:

O tu che hai l'eccelsa forza per sempre indistruttibile di Zeus,
parte degli Astri e del Sole e della Luna,
che tutto domi, spirante fuoco, scintilla per tutti i viventi,

Il Tafuri interpreta con:

1. Dall 'alto tetto: corte e alto trono della divinità; lì, infatti, risiedono le cose divine, lì si manifestano in atto le cose più grandi.
Forza sempre insuperabile: potenza che non si logora col tempo né diminuisce, ma sta sempre allo stesso modo, poiché è immortale.
2. Degli Astri e del Sole: parte assegnata agli Astri, in quella parte del cosmo, infatti, si muovono le stelle fisse e quelle mobili.
3. Che tutto domi: perché, mentre quello rimane eterno, tutte le cose sono soggette alla distruzione ed egli insieme con gli altri dei del cielo crea e distrugge le cose presso di noI.
Spirante fuoco: se, secondo l'opinione di alcuni antichi e di Anassagora, i quali dicevano che il cielo è igneo per la superficie concava del fuoco dall' estremità del primo cielo, per cui diedero ad esso il nome di etere, invece, secondo Aristotele il corpo etereo è caldo in potenza e non ancora anche in atto; perciò, il termine "spirante fuoco" deve essere inteso nel senso che emette soffi ed emanazioni calde e vitali in potenza.

Tratto da: Matteo Tafuri, Commento agli Inni Orfici (vergato nel 1537 a Napoli), Edizione Bompiani, 2021, pag.159

Innanzi tutto il Tafuri ha la necessità di separare quelle che lui chiama "cose divine" dalla sua vita stessa che non ritiene un "atto divino" forse perché questo gli apparirebbe un atto di superbia e un'offesa al suo Dio. Per Tafuri "l'alto tetto del cielo" diventa il trono delle divinità e non semplicemente l'alto tetto del cielo che è divinità in sé vissuta e ammirata dai viventi della Natura.

La forza sempre insuperabile del cielo è la trasformazione e la persistenza del cielo che modifica continuamente la realtà vissuta dai viventi della Natura e che i viventi della Natura, con la loro esistenza, modificano la consapevolezza dell'Etere lasciando immutabile l'apparenza.

Gli Orfici pensavano all'etere come infinità nella sua presenza nel cosmo e, in quanto tale, capace di avvolgere gli astri e il Sole.

Il "che tutto domi", è riferito alle condizioni e alle contraddizioni d'esistenza dei viventi che risolvono le loro contraddizioni e i loro conflitti sotto il cielo.

La vita sotto e nel cielo è fuoco che arde. Fuoco che si accende alla nascita e fuoco che viene alimentato dall'esistenza per spegnersi al momento della morte del corpo fisico.

In Tafuri troveremo sempre questa contraddizione fra il concetto dell'"essere in sé" dell'oggetto e il concetto di uso "dell'oggetto privo di determinazione soggettiva". Il Tafuri deve trasformare tutto nell'oggetto d'uso del Dio padrone o delle potenze "angeliche e demoniache", non è concesso dal Tafuri che gli Esseri siano oggetti-soggetti in sé che progettano sé stessi senza l'intervento di un Dio padrone che determini il "destino" o siano destinati ad un uso o ad una funzione.

Dice ancora il Tafuri:

6. Invocando: proclamando con la voce ci incontriamo con i dèmoni circostanti, per mezzo dei quali intermediari veniamo esauditi dagli altri, dei quali questi sono mediatori e ministri.

Tratto da: Matteo Tafuri, Commento agli Inni Orfici (vergato nel 1537 a Napoli), Edizione Bompiani, 2021, pag.161

Il daimon è l'aspetto divino di ogni coscienza di sé che ci circonda mentre, per il Tafuri, i demoni sono soggetti altro dalle coscienze degli oggetti del mondo e mediano fra gli uomini e potenze superiori.

Marghera, 13 febbraio 2024

 

 

Indice agli Inni Orfici

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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