Il discorso sacro degli orfici

Orfeo (? a.c. - ? a.c.)

di Claudio Simeoni

Settimo volume:
cristianesimo, nazi-fascismo, identitarismo e sovranismo
la genesi dell'assolutismo

capitoli del settimo volume della Teoria della filosofia aperta

Il Discorso Sacro dell'orfismo

Tanto per capire come avviene la contrapposizionre religiosa, proviamo a prendere una citazione che riguarda i fondamenti teologici e ideologici dell'orfismo come viene trattato, sia pur limitato nella citazione, dal cristiano Lattanzio e dal neoplatonico Proclo in relazione alle definizioni, dell'oggetto citato, della Religione Pagana.

Scrive Lattanzio:

73. - (57) Lactant. Divin. instit. I, 5, 4-6 p. 13, 13 Brandt.

Orfeo, che è il poeta più antico e pari agli stessi dei, se davvero si tramanda che navigò tra gli Argonauti, insieme ai Tindaridi e a Eracle, chiama il dio vero e grande "primo-generato", perché nulla è stato generato prima di lui, ma tutte le cose sono state generate da questi. Lo chiama anche Fanes, perché, quando non c'era ancora nulla, per primo apparve e si manifestò dall'infinito.
E, dal momento che non riusciva a concepire nell'animo la sua origine e la sua natura, disse che era nato dall'etere infinito: il primo-generato, Phaethon, figlio di Etere immenso. Infatti, non era in grado di dire nulla di più grande.

74. - (58) Procl. in Plat. TIm. 31 a (1433,31 Diehl)

Per questo anche in Orfeo, in base a quest'ordine, appare in modo intuitivo, dal momento che, preesistendo la bellezza già nei primi oggetti dell'intuizione in maniera unitaria e continua, Fanes è chiamato

figlio del bellissimo Etere

e tenero Eros, perché questo dio si è riempito per primo della bellezza nascosta e indicibile. Perciò è chiamato bellissimo, il primo essere a parteciparvi, anche se tutti gli oggetti dell'intuizione costituiscono tra loro un'unità. Infatti, non bisogna separarli gli uni dagli altri in questo modo, che riguarda gli ordini intellettivi, ma considerare la loro unità, unica e indissolubile.

Come si può notare da queste citazioni, sia nel cristiano Lattanzio, sia nel neoplatonico Proclo, non si vuole comprendere che Fanes, Eros, la prima forza dell'universo che si manifesta, altro non è che un'espressione della materia (materia o energia sono la stessa cosa in questo campo). Si tratta della qualità della materia di passare dallo stato inconsapevole alla consapevolezza. Fanes, Eros primordiale (Esiodo), ciò che esiste in potenza nella materia e che agisce qualora la materia e l'energia incontrano situazioni favorevoli circoscrivendo una porzione di materia consapevole in un insieme di materia inconsapevole.

Ciò che i neoplatonici e i cristiani devono negare è la qualità della materia di essere sé stessa perché devono sottomettere la materia allo spirito. In questo modo possono dominare i soggetti materiali gestendo il dominio dello spirito a cui attribuiscono qualità e diritti morali di dominio sui corpi fisici.

Eros, Fanes, Fanete, Phaethon, può essere chiamato "Intento" una qualità della materia e dell'energia che i neoplatonici e i cristiani negano per attribuire l'intento al loro Dio e alla sua volontà creatrice.

Questa operazione viene riconosciuta da Proclo nel frammento 83 dell'opera citata:

Scrive Proclo;

83. [1] - (70) Procl. PIa t. I Alcibad. 103 a p. 376, lO Cous.

E anche Platone, mi pare, avendo trovato presso Orfeo che questo stesso Dio è chiamato sia Eros sia grande demone, ha levato tale inno a Eros: infatti, parlando dell'intelletto intellettivo, il teologo dice: "Delicato Eros e Metis perverso", e ancora: Le orme dei quali il grande demone sempre calpesta.

Il passaggio citato da Proclo non è altro che la violenza interpretativa messa in atto da Platone fin dall'Apologia di Socrate.
Demone o Daimon altro non è che l'aspetto divino che si costruisce e che si plasma negli Esseri della Natura durante la loro vita.
Pitagorici e Platone fanno diventare il demone un essere a sé privo di corpo.

Ero, Fanes, sono la qualità, l'Intento, della materia che costruisce la coscienza e che, una volta consapevoe, manifestando volontà d'esistenza, compatta l'energia emotiva che costruisce il Dio capace di superare la morte del corpo fisico. Fanes, Eros, svolgono questa funzione: alimentare il Dio che cresce negli Esseri della Natura. Il loro Daimon, il loro Genio o la loro Juno.

Platone associa Eros, Fanes, all'intelligenza progettuale, Metis. L'intelligenza progettuale viene fagocitata da Zeus che permette a Zeus di trasformarsi nel primo Dio, delle teogonie antiche, che progetta il futuro. Dalla testa di Zeus, dopo aver fagocitato Metis, nasce Atena, la mente che agisce progettando dei fini a cui le azioni devono tendere.

Il progetto dei pitagorici prima e di Platone poi, accolto e alimentato dai cristiani, era quello ti togliere alla materia la sua centralità nella vita degli uomini in funzione di una visione ontologica che sottometteva la materia, e con essa il genere umano, alla volontà di un Dio che, padrone dell'anima, decideva come l'uomo doveva vivere in funzione di sé stesso.

Ogni uomo e ogni donna, se vuole vivere nella società in cui è nato, deve fagocitare Metis perché, se non vive progettando, la società lo trasformerà in un oggetto d'uso; ma quell'uomo e quella donna possono fagocitare Metis perché sono venuti in essere; perché la materia-energia di cui sono fatti è stata spinta da Intento diventando cosciente di sé stessa. Ed è questa coscienza che sviluppa la necessità della fagocitazione dell'intelligenza progettuale per meglio vivere nel mondo in cui uomini e donne sono venuti in essere. Se l'uomo e la donna non fagocitano Metis, vivono nella disperazione creata dall'illusione nella provvidenza del Dio padrone cristiano e, per estensione, di ogni padrone che li ha trasformati in oggetti d'uso.

La guerra fatta da pitagorici, Platone e neoplatonici, ha avuto il suo trionfo nel cristianesimo che ha fatto del bruciare i corpi un modo per difendere l'anima in funzione del loro Dio padrone.

Nota: Le citazioni sono prese da: Orfici, testimonianze e frammenti, DISCORSI SACRI IN VENTIQUATTRO RAPSODIE, Otto Kern, Editore Bompiani, 2011, p. 335-337-345

Marghera, 18 aprile 2023

 

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Ultima formattazione 07 ottobre 2021

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