Dal relativismo orfico all'assolutismo stoico e platonico
Sesta parte

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Orfici e Platonici

La rivoluzione di Platone consiste nell'imporre alla società il passaggio concettuale da una visione dell'universo in movimento e in trasformazione, ad una visione statica di un universo costruito dall'Ordinatore, dall'Architetto, dal Demiurgo, dall'Artefice, dal Logos.

Platone si aggancia ad un passo della cosmologia Orfica con la quale giustifica il suo concetto di "tutto". Il concetto Orfico da cui Platone giustifica il suo Artefice, lo ricaviamo dallo Pseudo-Aristotele citato da Paolo Scarpi ne Le Religioni dei Misteri alla voce Orfismo:

"Perciò anche nei poemi Orfici si dice bene:
Zeus nacque per primo, per ultimo Zeus dalla vivida folgore;
Zeus è la testa, Zeus il mezzo; tutto si è prodotto da Zeus;
Zeus è la base della terra e del cielo stellato:
Zeus fu maschio, Zeus immortale fu fanciulla pronta alle nozze;
Zeus è il soffio di tutte le cose, Zeus è l'impeto del fuoco instancabile.
Zeus radice del mare; Zeus sole e luna;
Zeus è re, Zeus dalla vivida folgore il sovrano di tutte le cose;
li nascose tutti e poi alla luce dispensatrice di gioia
li fece salire dal suo puro cuore, terribili atti compiendo.

Questo pezzo sembra appartenere ad una visione "monistica" degli Stoici, ed è stato scritto fra il I sec. a.c. e il I secolo d.c.

Questo uso di Zeus come idea del "tutto" è un'idea Stoica mutuata da una base religiosa Orfica. Il testo Orfico non esprime l'idea di Zeus come padrone o come "creatore del tutto". E nemmeno come il tutto dell'esistente. L'idea Orfica, espressa mediante questi versi, esprime uno Zeus che apre un cammino di trasformazione del suo presente. Non è l'assoluto del presente vissuto da Zeus, ma Zeus è l'attore, il protagonista, l'eroe che agisce in questo presente. Un presente che si trasforma mediante le condizioni divine che le relazioni fra Zeus e le altre consapevolezze divine hanno manifestato.

Il presente vissuto dagli Esseri della Natura non è divenuto da Nera Notte, che è lo spazio in cui avviene ogni trasformazione di ogni presene nell'universo. Non è divenuto prescindendo Gaia che è la materia-energia che compone ogni soggetto e ogni oggetto (comunque la nostra percezione lo consideri) dell'universo: Zeus stesso. Non è divenuto prescindendo da Urano Stellato la cui scintilla emotiva brilla come emozione vivificante in ogni coscienza e in ogni consapevolezza dell'universo (al di là della sua realtà o della realtà con cui si presenta alla percezione dei soggetti nel mondo). Zeus apre ad un futuro, il futuro degli Esseri della Natura, partendo dal proprio presente. A quel futuro concorre Urano Stellato, Nera Notte, Concordia, Gaia, Rea, Crono, Giapeto, Proteo, Nereo, Oceano, Teti, Prometeo, Menezio, Atlante, Latona, Ade, Poseidone, Giunone, Demetra, Estia, e tutti gli altri Dèi.

Tutti questi Dèi agiscono nella costruzione del futuro che noi viviamo come presente. Zeus non agisce prescindendo la loro, ma progetta il futuro possibile all'interno delle loro strategie di vita. Quel futuro possibile che non si realizza per "destino", ma per scelte di adattamento degli Dèi nel loro presente al fine di favorire il loro sviluppo e il loro divenire.

Questo concetto Orfico viene annullato, perché incomprensibile, sia dagli Stoici che da Platone. Ciò che Stoici e Platone fanno, è trasformare l'agente Zeus, quale stratega che fa nascere il presente, nel "tutto" assoluto della loro immaginazione.

Nello Stoicismo il concetto di divino come tutto è sottolineato in tutta l'ideologia. Stobeo, in Antologia riporta un inno di Cleante, lo Stoico succeduto alla scuola della Stoa dopo Zenone. Cleante parla di Zeus in questo modo

"Il più nobile fra gli immortali, dai molti nomi, sempre onnipotente,
Zeus, guida della natura, che ogni cosa governi con la legge,
salve: a tutti i mortali è lecito rivolgersi a te.
Di te infatti stirpe noi siamo, avendo in sorte immagine di suono,
noi soli fra tutti i mortali che vivono e strisciano in terra.
A te inneggerò e il tuo potere io canterò sempre.
A te obbedisce tutto questo cosmo, che gira intorno alla terra,
dovunque tu lo guidi, volentieri si lascia da te governare:
tale strumento hai nelle mani invincibili,
la forcuta, infuocata, sempre vivente folgore!
Sotto il suo colpo, tutte, infatti, le opere di natura si compiono;
con esso regoli il Logos comune che per ogni dove
passa, mescolandosi ai luminari grandi e a quelli piccoli;
grazie ad esso tu sei divenuto così grande re sommo di tutto.
Né alcun opera avviene qui in terra senza di te, o dio,
né nel divino cielo né nel mare,
se non ciò che perpetrano i malvagi nella loro stoltezza.
Ma tu anche gli eccessi sai ridurre a misura,
e ordinare il disordine; e il nemico per te viene amico.
Così infatti hai tutto armonizzato in uno, i beni ai mali,
sicché di tutte le cose uno fosse il Logos perpetuo,
il quale fuggendo abbandonano quei mortali che sono malvagi,
sventurati!, che pure desiderano il possesso, sempre, dei beni,
né guardano alla legge di Dio universale, né ascoltano colui
al quale se obbedissero, avrebbero una vita buona, con intelletto.
Essi, invece, che ne sono privi, si gettano uno su un male, l'altro
su un altro; gli uni per sete di gloria affannandosi e ricavando liti,
gli altri invece, rivolgendosi al guadagno, senz'alcun ordine,
altri ancora alla rilassatezza e ai dolci piaceri del corpo,
"Ma incorrono ai mali," trascinandosi dagli uni agli altri,
affrettandosi a ciò che è il completo contrario dei tuoi precetti.
Ma, Zeus che tutto doni, che i nembi aduni, con fulgente folgore,
libera da funesta sprovvedutezza gli uomini,
disperdila, tu, Padre, via dall'anima, e concedi ottenere
la sapienza, in cui tu confidi per governare il tutto con giustizia,
affinché, onorati, con onore ti ricompensiamo,
inneggiando in perpetuo alle tue opere, come è ben giusto
per chi è soggetto a morte, poiché non c'è più grande privilegio
per i mortali e anche per gli Dèi, che inneggiare in giustizia
alla legge universale, sempre.

Tratto da: Allegoristi dell'età classica, opere e frammenti a cura di Ilaria Ramelli ed. Bompiani 2007.

La formula degli Orfici viene imitata nella forma dagli Stoici per imporre sottomissione alla volontà morale e comportamentale di Zeus. Una sottomissione che Zeus non ha mai richiesto agli Esseri Umani.

Dove Zeus non è il soggetto che concorre grandemente a costruire la vita, ma il padrone della stessa che censura gli Esseri Umani che seguono le proprie pulsioni di vita. Zeus, che nel mito classico appare l'essenza stessa delle più diverse pulsioni di vita tanto che proprio attraverso le sue pulsioni emotive (e sessuali in particolare) modifica e trasforma il presente, viene trasformato dagli stoici in un essere amorale ed emotivamente apatico. Un essere pauroso e bisognoso di elargire carità e provvidenza per diffondere l'apatia alla vita.

Zeus, il Dio rivoluzionario che, a differenza di ogni altro dio, fagocita Meti, l'intelligenza creatrice e strategica; Zeus, il Dio rivoluzionario che, per gli Orfici, a quell'intelligenza somma Protogono trasferendo l'INTENTO di vita, crescita ed espansione, in ogni Dio della Natura, viene trasformato dagli Stoici in:

Né alcun opera avviene qui in terra senza di te, o dio,
né nel divino cielo né nel mare,
se non ciò che perpetrano i malvagi nella loro stoltezza.
Ma tu anche gli eccessi sai ridurre a misura,
e ordinare il disordine; e il nemico per te viene amico.
Così infatti hai tutto armonizzato in uno, i beni ai mali,
sicché di tutte le cose uno fosse il Logos perpetuo,
il quale fuggendo abbandonano quei mortali che sono malvagi,
sventurati!, che pure desiderano il possesso, sempre, dei beni,
né guardano alla legge di Dio universale, né ascoltano colui
al quale se obbedissero, avrebbero una vita buona, con intelletto.

Il passaggio da questa interpretazione stoica di Zeus, a quella del Dio cristiano è compiuto.

Zeus non è colui che vive, ma colui che domina.

Questa formula la troviamo in Platone. Mentre gli Stoici usano questa formula, di radici Orfiche, per avallare l'unità del tutto del loro pensiero filosofico, Platone usa formula descrittiva Orfica per avallare il "tutto", inteso come Dio dominatore della società. La sottomissione è voluta da Platone come comportamento morale al quale il sottomesso si deve attenersi altrimenti incorre nella collera divina.

Platone usa la formula orfica per riproporre il bisogno di dominio della morale umana del Logos, il Dio assoluto, e traslarla maggiormente come attività di dominio nella società. Giustizia non è Madre Temi come equilibrio fra soggetti in azione nel loro presente, e non è nemmeno Madre Dike come relazioni fra le parti sociali o fra le parti sociali e l'Essere Natura. Giustizia è la volontà dell'Artefice alla quale tutti si devono sottomettere. Giustizia è l'attività vendicativa dell'Artefice contro coloro che pretendono di non aver bisogno di un capo (sanno sbagliare da soli). Giustizia, per Platone, è la minaccia a mano armata del più forte che pretende obbedienza, ossequio e sottomissione ad opera del più debole.

Il dio, per Platone, è l'alfa e l'omega (mi ricorda qualche cosa dei cristiani) di un ciclo della vita che esce da lui e a lui ritorna. L'Artefice di Platone non è nella vita, è un estraneo alla vita, e compie vendetta contro chi non si sottomette pretendendo di essere ossequiente verso le proprie pulsioni di vita.

Platone Leggi IV 715

ATENIESE: "Uomini", diciamo allora rivolgendoci loro, "il dio, come recita anche l'antica tradizione, avendo in sé il principio, la fine, e il mezzo di tutte le cose che sono, compie perfettamente, secondo la sua natura, un moto circolare. Sempre lo accompagna la giustizia vendicatrice di coloro che hanno lasciato la legge del dio: e chi vuole essere felice segue questa facendosi umile e disciplinato, chi invece si inorgoglisce e si esalta per le ricchezze o gli onori, o anche si infiamma prepotentemente nell'anima per la bellezza e la giovinezza del corpo, e per la stoltezza crede di non aver bisogno né di una guida né di un capo, ma addirittura di essere capace di guidare gli altri, viene lasciato solo dal Dio, e una volta abbandonato, accogliendo altri individui come lui salta in modo scomposto sconvolgendo tutto quanto, e a molti pare un gran personaggio, ma dopo non molto tempo subisce un giusto castigo da parte della giustizia, e allora distrugge completamente se stesso, la sua famiglia, e lo stato. Dinanzi ad una situazione del genere, come deve o non deve agire o pensare l'uomo assennato?" CLINIA: Questo, è chiaro: chiunque deve pensare di essere fra quelli che seguiranno il dio.

Ogni tanto succede che un antico reperto archeologico, magari un papiro bruciato in onore di un defunto, ci riveli il senso di quelle frasi all'interno dell'insieme cosmologico in cui quelle frasi assumono un significato completamente diverso da quello che ne danno stoici o Platone.

Gli Orfici non avevano idee monarchiche o di dominio sulla società. La cosmologia orfica non esprimeva una morale di possesso. Così Zeus non è colui che domina il comportamento degli uomini, ma colui che ostruisce le condizioni affinché gli esseri della Natura, e gli uomini, possano vivere.

Il Papiro di Derveni, scoperto nel 1962 nella tomba di un Orfico, ci dice come il frammento del pseudo-Aristotele era inserito e ci fa comprendere il significato che gli Orfici attribuivano a quelle frasi.

Papiro di Derveni

[...]

Zeus, saggio e prudente,
che possedeva Metis e deteneva l'onore regale fra i beati.
E proprio allora, secondo quanto gli era consentito, inghiottì la forza vitale del dio,
di Protogono re degno di venerazione; e a lui allora tutti
gli immortali, gli déi beati e le dee, si assimilarono
e i fiumi e le sorgenti amabili e tutte le altre cose
che allora erano venute all'esistenza, ed egli così divenne unico.
Ora è il re di tutti gli esseri e lo sarà anche in futuro.
Zeus nacque per primo, per ultimo Zeus dalla vivida folgore;
Zeus è la testa, Zeus il mezzo; tutto si è prodotto da Zeus;
Zeus da solo controlla il compimento di tutti gli esseri, Zeus è la Moira possente;
Zeus è re, Zeus dalla vivida folgore il sovrano di tutte le cose;
li nascose tutti e poi alla luce dispensatrice di gioia
li fece salire dal suo cuore sacro, terribili atti compiendo.

Zeus, era un Dio fra gli Dèi le cui caratteristiche erano la saggezza e la prudenza. Da qui non possiamo pensare che gli Orfici pensassero a Zeus come lo pensavano gli Stoici nell'inno di Cleante.

Cosa possiede Zeus che altri Dèi prima di lui non possedevano?

Zeus possiede Metis, l'intelligenza progettuale: a differenza degli altri Dèi prima di lui, Zeus, fagocitando Metis poteva procedere a progettare il proprio futuro. Mentre gli Dèi, prima di Zeus si espandevano e si adattavano nel loro ambiente, Zeus agisce anche per modificare l'ambiente e costruire migliori condizioni nelle quali adattarsi. Mentre gli Dèi prima di lui si esprimevano mediante le caratteristiche del loro divenuto, Zeus cambia il futuro e mostra agli Dèi come sia possibile modificare le condizioni in cui esprimersi. Nessuno prima di lui.

Secondo gli Orfici, Zeus fagocita Protogono. Protogono è la forza dell'Intento che stimola l'intelligenza mediante il bisogno e il desiderio e tale forza, nel Papiro di Derveni, si fonde con quella che Zeus già possiede, Metis.

Cosa ottiene Zeus con questa azione? Forse ordina l'obbedienza? Come scrivono gli stoici. Oppure comanda l'umiltà e la disciplina, come vorrebbe Platone?

Con quest'azione Zeus rende simili a lui gli Dèi e le Dee, i fiumi e le sorgenti e le altre cose che allora erano venute all'esistenza. Il fatto che Zeus esprima Protogono, l'INTENTO, favorisce l'espressione di INTENTO ad opera di ogni altro DIO, di ogni altra DEA, di ogni sorgente, di ogni fiume e di quanto sta venendo all'esistenza: la Natura con tutti gli Esseri che la formano.

Ora, dice la teogonia Orfica, proprio per aver fatto questo ed aver, con questo, messo in moto le forze della vita, egli è "il re".

Molto probabilmente, a questo punto, è necessario mettere ordine nel concetto di "re" degli orfici e nel concetto di "re" in Platone e negli stoici.

Per gli orfici il concetto di re è quello di "colui che affronta per primo le contraddizioni o, se vogliamo, il nemico".

Per Platone il concetto di re è quello di chi "ordina agli altri di risolvere i problemi o, se vogliamo, il nemico "armatevi e partite".".

Per gli stoici il concetto di re è quello di chi "dice come ci si deve comportare e a cosa obbedire per essere considerati dei retti".

I tre concetti di re, anche se gli ultimi due sono assimilabili, sono in contrapposizione fra loro.

Rimane un'ultima questione da risolvere: che cosa intendevano gli Orfici con:

Zeus nacque per primo, per ultimo Zeus dalla vivida folgore;
Zeus è la testa, Zeus il mezzo; tutto si è prodotto da Zeus;
Zeus da solo controlla il compimento di tutti gli esseri, Zeus è la Moira possente;
Zeus è re, Zeus dalla vivida folgore il sovrano di tutte le cose;
li nascose tutti e poi alla luce dispensatrice di gioia
li fece salire dal suo cuore sacro, terribili atti compiendo.

che tanto fraintendimento ha prodotto fra i filosofi platonici?

Eppure la questione è semplice.

Zeus è l'ultimo dei figli di Crono, ma è il primo che nasce.

E' Zeus che progetta l'azione nei confronti di Cronos, è Zeus che libera i suoi fratelli e tutta la vita del pianeta Terra si è prodotta da Zeus. Tutti gli Esseri della Natura respirano e il respiro è il mezzo attraverso cui gli Esseri della Natura manifestano il loro Protogono. E' l'Atmosfera, Zeus, che costruì le condizioni affinché la vita germinasse. E' il senso del "re" che agisce per dare il via alle trasformazioni della vita nella Natura. Zeus è la Moira in quanto dalla sua azione si generano le condizioni attraverso le quali gli Esseri della Natura diventano Dèi. Come con Dioniso.

E infine, i fratelli di Zeus furono tutti nascosti nel tempo, in Cronos, perché solo Zeus, l'Atmosfera, poteva liberare ciò che essi erano. E Zeus, sconfiggendo il Tempo e instaurando il suo spazio razionale nell'immenso spazio-tempo, lo spazio della ragione, fece salire i suoi fratelli affinché dispiegassero il loro Protogono e la loro Metis.

E il mare con Poseidone, divenne fecondo; e l'uovo, l'utero, il seme con Ade divennero generatori di Dèi; e la Natura, Era, poté ricoprire la madre Terra, Rea; Demetra divenne l'anelito di libertà dalle condizioni di ogni Essere della Natura e Estia trasformò in divino il presente realizzato da ogni Essere della Natura affinché potesse continuare a realizzare altri presenti.

Solo la psiche malata di Platone poteva indurlo ad estraniarsi dalla vita pensandosi il padrone della vita stessa.

Poi vennero i cristiani e diffusero la malattia che, costringendo le persone alla sottomissione ad un Dio assassino, le portava ad estraniarsi dalla vita e a rinunciare al loro Protogono uccidendo la loro possibilità di diventare Dèi e continuare nell'infinito dei mutamenti.

Claudio Simeoni

Marghera, 13 gennaio 2012

 

Continua... nella settima parte

 

La nascita di Fanes, Protogono, Eros Primordiale

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Orfeo e Platone

Si tratta di due modi diversi ed inconciliabili mediante i quali pensare e vivere il mondo in cui si nasce. Mentre Platone si fa artefice e demiurgo del mondo, Orfeo si fa cantore e viaggiatore del mondo in cui è nato. Mentre Platone, attraverso Socrate, pretende di imporre le leggi e le regole della società e dell'universo, Orfeo costruisce le relazioni con la vita e con la Natura. Platone, con Socrate, pretende di essere il padrone degli uomini, Orfeo un uomo che vive.

 

 

 

 

 

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Claudio Simeoni

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Ultima formattazione 28 gennaio 2022

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