Aldous Leonard Huxley (1894 – 1963)

L'illusione della droga nelle porte della percezione

di Claudio Simeoni

 

Cod. ISBN 9788892610729

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

Un mondo di drogati per Le porte della percezione

 

Huxley si inserisce in quel filone di pensiero che, nato dal positivismo, trasforma l'uomo in un topo da laboratorio dove la realtà dell'uomo non è quella vissuta, ma è quella immaginata in un delirio assolutista che trova nelle droghe, negli allucinogeni, nella cocaina e nell'eroina, la prova di un uomo diverso che abita un mondo diverso. Un uomo che si identifica nel dio padrone, nel paradiso, nel nirvana immaginando paradiso, inferno, nirvana secondo un desiderio di fuga dal mondo reale e dalle relazioni con le società e gli Esseri Umani.

L'idea di introdurre qualche cosa nell'uomo per modificare il suo essere nel mondo, è un'idea creazionista e come tale illusoria. Gli Esseri della Natura si modificano perché loro vogliono modificarsi in funzione dei loro intenti. Se voglio usare le allucinazioni, alla base del mio progetto c'è il motivo per cui voglio usare le mie allucinazioni. E' il mio motivo che deve produrre le allucinazioni funzionali al mio vivere. Se produco artificialmente le allucinazioni mediante prodotti iniettati o ingurgitati, i contenuti delle allucinazioni che subirò, saranno la sintesi del mio fallimento esistenziale. Magari sarà la consolazione, ma fisseranno il mio fallimento.

L'uso delle droghe, dagli oppiacei alla cocaina, dall'LSD alla mescalina, hanno avuto un ruolo importante nella storia per il controllo degli uomini nelle società occidentali.

Con Aldous Leonard Huxley siamo in un mondo di drogati che tenta di rivivere all'infinito situazioni di delirio mistico in una sofferenza esistenziale che va dalla depressione alla caduta da cavallo di Nietzsche e che ritiene che quanto nasca sotto l'influsso della droga debba essere oggetto di discussione al di là della distruzione dell'uomo che la droga mette in atto nell'individuo. Amare il dio cristiano o monoteista in una visione mistica non è diverso dagli effetti indotti dall'eroina. L'esaltazione del cocainomane non è diversa dall'esaltazione del fanatico religioso cristiano, ebreo o musulmano. L'unica differenza è che il delirio mistico, se non è sorretto da droghe o da astinenza sessuale, tende a riassorbirsi attraverso le necessità esistenziali della persona. Quando è indotto da eroina, cocaina, Lsd o mescalina, in pochi casi le necessità esistenziali si riprendono l'attenzione dell'individuo che preferisce mantenerla fissata negli effetti sia di oppiacei che di allucinogeni.

Gli inizi del peso sociale delle droghe, come mezzi per il dominio sull'uomo, possiamo farli risalire alla prima guerra dell'oppio fatta dai cristiani contro la Cina.

I cristiani inglesi, non volendo pagare le merci che importavano dalla Cina, pensarono di ripianare il deficit vendendo in Cina massicce quantità di oppio, prodotto in Bengala, rendendo la popolazione cinese tossicodipendente.

In sostanza, i cristiani volevano importare merci ed esportare sottomissione.

La prima guerra dell'oppio scatenata dai cristiani inglesi durò dal 1839 al 1842. L'impero cinese fu sconfitto e fu costretto a tollerare l'importazione d'oppio spacciato dai cristiani inglesi.

La seconda guerra dell'oppio, dal 1846 al 1860 che si concluse con l'occupazione di Hong Kong, permise ai cristiani inglesi di riempire la Cina di oppio dando il via alle rivolte anti oppio dei Taiping e dei Boxer.

Le guerre contro la Cina non hanno visto solo la partecipazione dei cristiani inglesi, francesi e statunitensi, ma tutti i missionari dichiararono guerra alla Cina allo scopo di mettere in atto il proselitismo violento e l'annientamento di ogni sentimento religioso che non fosse cristiano.

Le guerre per imporre l'oppio ai cinesi da parte dei cristiani segnano il vero spartiacque fra pensare una società senza droga e una società che impiega massicciamente la droga. L'uso sociale della droga costringe l'analista a pensare in maniera diversa le società.

Nel 1870, durante la guerra di secessione americana, 400.000 soldati statunitensi si erano riempiti di morfina e venne usata la cocaina per "disintossicarli".

Dal 1850 al 1900 la cocaina divenne una merce di consumo delle classi culturali. Ne faceva ampio uso Nietzsche, Freud, Edison, Sarah Bernhardt, ecc.

L'oppio veniva dato anche ai bambini per renderli tranquilli. Gli intellettuali iniziano a sviluppare la convinzione che la cocaina sia in grado di aumentare le loro capacità. Robert Louis Balfour Stevenson era famoso per l'uso della cocaina.

Nel 1874 prima e nel 1897 poi, viene sintetizzata l'eroina che viene usata per combattere la dipendenza indotta dalla morfina. L'eroina sintetizzata è commercializzata dalla Bayer come medicinale.

E' in questo clima di scienza positivista che vede l'uomo come oggetto da trattare in laboratorio che si inserisce Aldous Leonard Huxley.

Come Freud esperimenta la cocaina raccomandandola a tutti prima che la società intellettuale si ribelli, così Huxler partecipa agli esperimenti della nuova droga presentata sul mercato: la mescalina.

Siamo in pieno ambiente cristiano in cui si pensa l'uomo creato da un dio padrone e come tale oggetto di esperimenti in quanto nessuno può modificare la creazione del dio padrone. A differenza di Thomas Henry Huxley, Aldous Leonard Huxley agognava quella superiorità che lo avvicinava al dio padrone cristiano. Mentre Thomas Henry Huxley era agnostico, Aldous Leonard Huxley era profondamente cristiano e teso verso una ricerca mistica che lo avvicinasse al dio padrone. Un dio padrone che doveva necessariamente essere buono e nel quale la sua psiche, elevata misticamente, si doveva fondere.

Nel 1938 Huxley conobbe J. Krishnamurti di cui ammirava la visione di Maytreya indotta dalla manipolazione della sua infanzia operata dalla società Teosofica alla ricerca del nuovo uomo-dio.

Huxley si fece induista e divenne un seguace del santone Swami Prabhavananda dedicandosi alla meditazione e convertendosi al vegetarianesimo.

Lo psichiatra Humphry Osmond nel 1953 lo introdusse all'uso della mescalina. Qualcuno afferma che fu introdotto alla mescalina da Aleister Crowley, ma Aleister Crowley morì nel 1947 facendo largo uso di eroina per curare la sua dipendenza dalla morfina.

L'esperienza di Huxley con la mescalina è descritta nel saggio "Le porte della percezione", ma io non mi soffermo sulle allucinazioni indotte da droghe di Huxley. Le allucinazioni sono un patrimonio di Huxley, ottenute mediante droghe che hanno manipolato la sua descrizione della realtà. Una realtà che non viene percepita in modo alterato dall'individuo mediante l'insorgenza di un'emozione alla quale il corpo risponde riadattando sé stesso, ma viene indotta mediante la trasformazione del corpo ottenuta con la droga.

Qual è la differenza? L'allucinazione indotta dall'emozione trasforma il corpo per adattarlo alla nuova sollecitazione. La ragione viene sospesa, la coscienza viene destrutturata e ristrutturata in funzione non solo dell'allucinazione, ma di tutto l'insieme di sensazioni che l'insorgere dell'emozione ha prodotto inducendo l'allucinazione o l'alterazione della percezione.

Introdurre droghe nel corpo produce una sospensione della coscienza e una manipolazione del corpo che procede ad adattarsi all'introduzione delle droghe. Il corpo non si ristruttura per sé stesso, la coscienza non si destruttura per ristrutturarsi una volta acquetata l'emozione, ma si struttura in funzione della sostanza immessa. Il corpo si adatta alla sostanza e la coscienza si arrende ad una destrutturazione che non porta un guadagno come trasformazione di sé stessa, ma fagocita, riproducendole, le condizioni imposte dalle droghe.

E' un po' come se noi costringessimo il nostro braccio a stare per mesi in alto. Il nostro corpo si adatterebbe alla situazione e creerebbe una condizione di persistenza della situazione bloccando le articolazioni del braccio. Introducendo droghe non costringiamo solo il corpo ad assorbirle con i loro effetti. Queste droghe non destrutturano solo la percezione del mondo, ma modificano tutto il nostro reticolato sinapsico, le nostre connessioni neuronali, accendono e mettono in moto aree specifiche del cervello che inviano segnali alla coscienza senza percepire fenomeni esterni. Predispongono il corpo ad attendere altre sostanze, altre droghe, immesse dall'esterno.

Le droghe chiudono l'uomo in sé stesso producendo sensazioni che lo allontanano dal mondo e lo chiudono in relazione con il sé stesso desiderante che viene rappresentato dalla condizione psico-fisica e dalle allucinazioni.

L'Essere Umano non produce più la disarticolazione del sistema sinapsico in funzione delle sue necessità esistenziali, ma lo costringe in una fissità che solo l'introduzione della droga riesce a disarticolare in funzione dei suoi desideri che si esprimono in un'esistenza allucinatoria.

C'è un Huxley divenuto nelle sue trasformazioni esistenziali, c'è un Huxley che assume mescalina, c'è un Huxley che dopo aver assunto allucinogeni, ritorna nell'esistenza e propone le sue considerazioni sulla vita. Le considerazioni sulla vita di Huxley è la filosofia di Huxley che è composta dalle condizioni del suo divenuto che passa attraverso l'esperienza allucinatoria, trasforma la sua coscienza ma non in antitesi al suo divenuto. Del suo divenuto viene messo in evidenza quanto confermato dalle allucinazioni.

Scrive Huxley in "Le porte della percezione":

Le Chiese moderne, con qualche eccezione tra le sette protestanti, tollerano l'alcool; ma anche le più tolleranti non hanno fatto alcun tentativo di convertire la droga al cristianesimo o di consacrare l'uso. Il pio bevitore è costretto a far entrare la religione in un compartimento, il surrogato della religione in un altro. E forse ciò è inevitabile. L'uso dell'alcool non può essere consacrato se non nelle religioni che non danno importanza al decoro. Il culto di Dioniso e del Dio celtico della birra fu un affare chiassoso e disordinato. I riti del cristianesimo sono incompatibili con la sbornia anche religiosa. Ciò non danneggia i distillatori, ma è un gran male per il cristianesimo. Innumerevoli persone desiderano la trascendenza dall'Io e sarebbero contente di trovarla in chiesa. Ma, ahimè, - le pecore hanno fame e sete, ma non sono saziate -. Esse partecipano ai riti, ascoltano i sermoni, recitano le preghiere; ma la loro sete rimane insoddisfatta. Deluse, si rivolgono alla bottiglia. Per un po' di tempo almeno e in un determinato modo, essa funziona. La Chiesa può ancora essere frequentata; ma non è più della "Banda musicale" dell'Erewhon di Butler. Dio può essere ancora riconosciuto; ma è Dio solo sul piano verbale, solo in senso strettamente pickwickiano. L'oggetto effettivo del culto è la bottiglia e la sola esperienza religiosa è quello stato di libera e belligerante euforia che segue l'ingerimento del terzo cocktail. Vediamo, allora, che cristianesimo e alcool non si mescolano e non possono mescolarsi. Cristianesimo e mescalina sembrano molto più compatibili. Ciò è stato dimostrato da molte tribù di indiani, dal Texas fino al nord più estremo come il Wisconsin. Tra queste tribù si possono trovare gruppi affiliati alla Chiesa americana indigena, una setta il cui rito principale è una specie di agape dei primi cristiani, o festa dell'amore, dove fette di peyoti sostituiscono il pane e il vino consacrati. Questi indigeni americani considerano il cacto come dono particolare di Dio agli indiani, e ne identificano gli effetti con l'azione dello spirito divino. Il professor J. S. Slotkin (uno dei pochissimi bianchi che abbiano mal partecipato' ai riti di una congregazione peyotlista) dice dei suoi compagni di culto che essi non sono "certamente drogati o ubriachi. Non perdono mai l'equilibrio o balbettano, come farebbe un ubriaco o un individuo preda della droga ... Sono tutti tranquilli, cortesi e hanno considerazione l'uno dell'altro. Non sono mai stato in nessun luogo di culto tra i bianchi dove vi sia tanto sentimento o decoro religioso". E che cosa sperimentano, potremmo chiedere, questi devoti e beneducati peyotlisti?

Questo è l'aspetto che prende in considerazione Huxley.

In fondo, che male c'è se queste persone si drogano e si fanno di Mescalina?

Il decoro è l'elemento centrale su cui Huxley pone la sua attenzione.

L'alcool riduce la capacità di controllo e d'uso dell'individuo. La religione, a differenza della concezione di Huxley, è un sistema che agendo sulla struttura emotiva dalla persone controlla la persona in funzione del proprio uso. Il sistema di controllo passa attraverso i sensi di colpa o l'euforia di pensarsi l'eletto del dio padrone. L'alcool abbatte questi sistemi di controllo (nella maggior parte dei casi) o esaspera aspetti psichici particolari che comunque spezzano i legami e il controllo imposti dalla religione cristiana. Il singolo individuo, una volta ubriaco, non è utilizzabile né per lavorare, né per essere affidabile rispetto ai modelli socialmente imposti.

Il decoro di cui parla Huxley altro non è che l'adesione dell'individuo ai modelli imposti dalla religione che l'ubriaco scioglie facendo emergere le sue esigenze emotive.

Che le pecore partecipino ai riti e ascoltino i sermoni, per le chiese cristiane è indifferente. I riti, i sermoni, la dottrina non è rivolta agli individui adulti, ma ai loro figli che devono seguire l'esempio dei genitori ascoltando i sermoni, seguendo i riti.

Le pecore delle chiese cristiane, deluse dai loro riti, secondo Huxley, si rivolgono alla bottiglia. I riti cristiani non leniscono il dolore esistenziale dei sottomessi. Il dolore esistenziale, espresso nella contrizione dei riti cristiani, è cibo per il loro dio padrone. In cambio del loro dolore il dio padrone promette loro che un giorno non avranno più dolore. Vuoi mettere quanto la bottiglia, per il bracciante o l'operaio distrutto dalla fatica, dia sollievo esistenziale? Come la morte libera dal dolore dell'esistenza, così la bottiglia del vino lenisce non solo dando un senso di benessere illusorio, ma veicolando emozioni sopite e sempre taciute perché represse dentro il cuore.

Il dio padrone cristiano può ancora essere riconosciuto nel delirio di onnipotenza (si sente un dio padrone) del caposquadra, del capo del personale, del banchiere o del bancario che si intascano i risparmi, del prete che truffa i fedeli o del vescovo che stupra i bambini. In quegli atti e nei loro effetti i sudditi vedono la mano del dio padrone che agisce al di fuori della legge.

La libera e belligerante euforia che segue il terzo cocktail. L'euforia del ricco, il traballare del povero che vomita appena passata la porta dell'osteria.

Il povero che vomita fa schifo. Come possono le gerarchie cristiane mescolarsi col povero che vomita il vino di pessima qualità ingurgitato in osteria?

Secondo Huxley, meglio il peiote.

Cristianesimo e mescalina, per Huxley, sono più compatibili. Anche cristianesimo e iboga (Camerun, Gabon), se è per questo.

Le allucinazioni e il delirio dal contenuto proprio delle religioni del possesso, imposto mediante la manipolazione dell'infanzia, hanno la capacità di inchiodare l'individuo alle allucinazioni che altro non sono che l'interpretazione della ragione come risposta alle sostanze allucinatorie. Nelle allucinazioni si danno importanza alle immagini che afferrano l'individuo in quanto in quelle immagini si veicolano i desideri infantili come risposta psichica alla manipolazione soggettiva delle religioni del possesso. La coscienza non si disarticola in base ai fenomeni del mondo e le relative risposte adattative dell'individuo, ma si fissa nell'attesa che l'introduzione della droga permetta una disarticolazione della coscienza che consente all'individuo di veicolare il suo apparato desiderante in una realtà virtuale che si esprime mediante le sensazioni allucinatorie che, in molte droghe, rinchiudono l'individuo in quell'unica realtà vissuta.

Ma questo non avviene solo mediante l'uso di mescalina o Lsd, eroina, cocaina, ma anche attraverso piante comuni nei nostri giardini che toccando individui sensibili scatenano visioni dal contenuto quasi sempre religioso. Questo vale anche per patologie psichiatriche senza dover assumere droghe, come la sindrome di Gerusalemme e il rapimento mistico che produce in alcune persone.

L'ateo o l'agnostico, che improvvisamente hanno un mancamento e intravvedono la madonna, vengono fatti propri da quell'allucinazione che diventa elemento di verità in cui veicolare le loro emozioni. E' talmente importante questo aspetto nella società, che fu con le apparizioni mariane che i cattolici opposero la verità della loro madonna che appariva, alle argomentazioni che dimostravano l'attività criminale della chiesa cattolica.

Chi assume mescalina, educato dai cristiani, diventa prigioniero della mescalina. Nella mescalina il dio padrone gli parla. Lui è fedele al dio padrone che gli si rivela mediante l'uso del peyote.

Il peyote abbassa la capacità critica delle persone, ma soprattutto soddisfa le persone in una stasi esistenziale che evita la dinamicità del mutamento imposto dalla vita quotidiana.

Tutto è cristianesimo.

Il modo di vedere l'utilità della mescalina in Huxley è funzionale alla coercizione cristiana. Sono educati i peyotisti. Sono obbedienti i peyotisti. I peyotisti considerano il peyote come un dono del dio padrone e fanno le agape come i primi cristiani sostituendo il peyote al pane e vino consacrati.

Cosa sperimentano questi peyotisti?

Scrive Huxley in "Le porte della percezione":

Non il mite senso di virtù che sostiene il frequentatore medio delle funzioni domenicali, per novanta minuti di noia. E neppure gli alti sentimenti ispirati dal pensiero del creatore e del redentore, del giudice e del consolatore, che animano il pio. Per questi indigeni americani, la esperienza religiosa è qualche cosa di più diretto e più illuminante, più spontaneo, meno prodotto grossolano della mente cosciente e superficiale. Qualche volta (secondo i resoconti raccolti dal prof. Slotkin) essi hanno visioni che possono essere di Cristo stèsso. Qualche volta odono la voce del Grande spirito. Qualche volta diventano consapevoli della presenza di Dio e di quelle insufficienze personali che devono essere corrette se vogliono fare la sua volontà. Le conseguenze pratiche di queste chimiche aperture di "brecce nell'altro mondo" sembrano assolutamente buone. Il prof. Slotkin riferisce che i peyotlisti abituali sono in complesso più industriosi, più moderati (molti di loro sono completamente astemi), più pacifici dei non peyotlisti. Un albero con sì soddisfacenti frutti non può essere condannato a priori come cattivo. Nel consacrare l'uso del peyoti, gli indiani della Chiesa indigena americana hanno fatto qualcosa che è nello stesso tempo psicologicamente ragionevole e storicamente rispettabile. Nei primi secoli del cristianesimo molti riti e feste pagane furono battezzati, per così dire, e servirono agli scopi della Chiesa. Queste chiassose celebrazioni non furono particolarmente edificanti; ma appagarono una certa fame psicologica e, invece di cercare di sopprimerle, i primi missionari ebbero il buon senso di accettarle per quel che erano, espressioni di bisogni fondamentali che appagavano l'anima, e di incorporarle nell'edificio della nuova religione. Ciò che hanno fatto gli indigeni americani è essenzialmente simile. Hanno preso un uso pagano (uso che incidentalmente eleva e illumina molto più della maggior parte delle piuttosto brutali baldorie e pagliacciate adottate dal paganesimo europeo) e gli hanno dato un significato cristiano. Sebbene introdotti negli Stati Uniti settentrionali solo recentemente, l'uso di mangiare il peyoti e la religione basata su ciò sono diventati simboli importanti del "diritto dell'uomo rosso" all'indipendenza spirituale. Alcuni indiani hanno reagito alla supremazia bianca americanizzandosi, altri ritirandosi nell'indianesimo tradizionale. Ma alcuni hanno cercato di attuare il meglio di entrambi i mondi, in realtà di tutti i mondi, il meglio dell'indianismo. Il meglio del cristianesimo, e il meglio di quegli "altri mondi" di trascendentale esperienza dove l'anima conosce se stessa come incondizionata e di natura simile al divino. Da qui la Chiesa indigena americana. In essa due grandi bisogni dell'anima (il bisogno d'indipendenza e di autodecisione e il bisogno di trascendenza dall'Io) vennero fusi e interpretati alla luce di un terzo bisogno, quello di culto, per giustificare le strade del Signore, per spiegare l'universo con una teologia coerente.

Guarda, il povero indiano, la cui mente Ignorante gli ricopre la fronte, ma lo lascia nudo dietro.

Pag. 39 – 40

Al cristianesimo Huxley offre la sua soluzione devozionale, come se il cristianesimo sapesse che cosa farsene.

Gli uomini devono essere in ginocchio davanti al dio padrone perché servono al cristianesimo per mettere altri uomini in ginocchio davanti al dio padrone. Gli uomini sono merce, non sono persone. Gli uomini sono oggetti che per il cristianesimo, l'ebraismo, l'induismo, il buddismo, l'islam hanno un valore d'uso. Hanno un valore ricevendo la carità del dio padrone solo se il dio padrone li può usare a proprio beneficio.

Nessuno può parlare delle tradizioni religiose dei pellerossa. Non si conoscono, sono andate perdute. Basti pensare alla feroce guerra che i frati cappuccini fecero contro i Pueblos. Macellarono le loro tradizioni religiose. Bruciarono ed uccisero le persone religiose accusandole di Stregoneria (ancora oggi, quando si parla degli uomini religiosi degli indiani, si usa il termine "stregoni"). Ciò che rimane sono retaggi di pratiche di cui si è perso il significato culturale, innestate in un complesso ideologico cristiano.

Quando parliamo di religioni del colonialismo, parliamo sempre del cristianesimo imposto mediante la violenza e il terrore in una sistematica devastazione culturale dei popoli.

Questa sottomissione Huxley la confonde con la fede religiosa che verrebbe rafforzata dall'uso del Peyote.

Ed è la coercizione religiosa cristiana che violenta l'uomo costringendolo alla sottomissione che si realizza nelle visioni peiotistiche. Il più cristiano nelle sue visioni vede Gesù, il più musulmano, Maometto, il sognatore di un tempo precedente, vede il "grande spirito" (quando mai gli indiani d'America hanno avuto l'idea del grande spirito prima che i missionari cristiani la imponessero loro con la violenza?), altre volte vedono il dio dei cristiani. Non percepiscono una condizione oggettiva, ma realizzano nelle visioni virtuali allucinatorie la loro struttura emotiva desiderante che è stata stuprata nell'infanzia.

Tutto il discorso di Huxley è una legittimazione dello stupro messo in atto dai cristiani nei confronti dell'infanzia a cui hanno rubato il futuro e la capacità di trasformarsi nella loro esistenza.

Per Huxley, dio, Gesù, il grande spirito sono oggetti reali non una veicolazione soggettiva di desideri imposti mediante la violenza sull'infanzia. Ignorando questo Huxley apre le porte a nuove e altre violenze, a nuovi e altri stupri dell'infanzia in cui individuerà l'azione pia delle persone in ginocchio davanti ad un dio padrone.

Persone in ginocchio, persone che hanno distrutto il loro futuro, e per questo vengono considerate buone. Buoni fedeli, obbedienti e sottomessi che come massa cercano di rinnovare il rapporto privilegiato col loro dio padrone che si esprime nelle allucinazioni peyotiste.

Nell'assumere il peyote, dice Huxley, la chiesa indigena ha fatto qualche cosa di psicologicamente ragionevole e storicamente rispettabile. Davvero?

Huxley vede solo ciò che vuole vedere nel suo assoluto disprezzo per il dolore delle persone. Una chiesa cristiana indigena sta usando il peyote per sottomettere le persone? E come è avvenuto che quegli indiani accettassero il cristianesimo e si rifugiassero nel peyote?

Per brevità e comodità, riporto da wikipedia alla voce "rivolte dei pueblos":

L'esplorazione spagnola del territorio dell'attuale Nuovo Messico ebbe inizio nel 1540 quando Francisco Vàzquez de Coronado si addentrò nel territorio alla ricerca delle mitiche sette città d'oro.

[…]

Le cose andarono diversamente nel 1598 quando Juan de Onate, incaricato dal re di Spagna Filippo II di colonizzare la parte settentrionale del Vicereame di Nuova Spagna, si mise alla testa di una imponente spedizione che il 30 aprile 1598 guadò il Rio Grande presso l'allora Paso del Norte (moderna Ciudad Juárez), annettendo alla corona spagnola una vasta area di territorio, che fu chiamato dagli Spagnoli Provincia di Santa Fè. Della spedizione facevano parte anche avventurieri…

[…]

Anche i religiosi fecero la loro parte ed in gran parte dei pueblo del Nuovo Messico centro-settentrionale furono erette chiese e stabilite missioni cattoliche.

Il risultato di questa colonizzazione fu che nei confronti della popolazione pueblo si venne a creare nel tempo una doppia forma di vessazione: da un lato la persecuzione religiosa, dall'altro l'oppressione economica.

L'evidenza della persecuzione religiosa è innegabile. I francescani avevano il dichiarato obiettivo di convertire i nativi alla religione cattolica. Essi pertanto cercarono con ogni mezzo di far scomparire tutti i simboli e gli strumenti dell'antica religione, incendiando e distruggendo i kiva e tutti i simboli del complesso cerimoniale religioso dei Pueblo. Inoltre molti capi religiosi vennero imprigionati con l'accusa di stregoneria ed in alcuni casi uccisi. Uno degli episodi più noti avvenne nel 1675, quando l'allora governatore Juan Francisco Trevino nel corso di una campagna contro l'idolatria fece arrestare 47 uomini della medicina, che gli Spagnoli chiamavano in modo dispregiativo "stregoni". Quattro di questi furono mandati al patibolo, mentre gli altri furono pubblicamente fustigati e condannati alla schiavitù. Fra questi vi era anche un leader religioso dei Pueblo di San Juan che successivamente, con il nome di Popé, divenne uno dei capi della rivolta del 1680.

Le stragi e il genocidio messo in atto dai cristiani, cattolici in questo caso, vengono definiti da Huxley, qualche cosa di psicologicamente ragionevole e storicamente rispettabile.

Se non fosse stato per le stragi, le vessazioni subite, l'imposizione della schiavitù, lo stupro sistematico dei bambini ad opera dei preti e dei frati Cappuccini cattolici, non si sarebbero mai rifuggiti nel peyote costruendo una chiesa cristiana per legittimarne l'uso.

Le affermazioni di Huxley sono altamente razziste, offensive, ingiuriose e dimostrano un'immoralità sociale propria di chi definiamo col nome di "criminale".

Non c'è dubbio che i cristiani, nel loro delirio di onnipotenza per il quale macellarono popoli, cercarono di appropriarsi di ogni rito e di ogni cerimonia che potessero usare per stuprare le persone in nome del loro dio padrone.

Nei primi secoli non furono in grado, ad esempio, di appropriarsi dei Lupercali. Solo dopo averli impediti mediante il terrore e la violenza si sono appropriati di alcuni aspetti per riproporli come festa degli "innamorati".

I cristiani hanno ucciso, rubato, massacrato in nome e per conto del loro padrone e hanno spacciato il loro dio padrone come se fosse una dose di eroina o morfina.

Secondo il cristiano Huxley hanno preso un "uso pagano" (quello del peyote) e gli hanno dato un significato cristiano: quando mai, coloro che usavano il peyote, hanno chiamato sé stessi "pagani"? Huxley legittima la diffamazione dei cristiani considerando le persone non uomini, non persone, ma attribuendo loro significati propri della sua immaginazione.

Il bisogno di sottomettere gli uomini mediante il culto cristiano è stato ottenuto con la violenza che ha prodotto la sofferenza psico-emotiva e la schiavitù esistenziale. In questo modo si sottomettono le persone al dio padrone e le persone cercano di fuggire alla sofferenza emotiva e alla schiavitù del lavoro coatto mediante un culto che possa introdurre e legittimare l'uso delle droghe allucinatorie come il peyote.

Guarda il povero indiato, massacrato, macellato, offeso e distrutto nelle sue emozioni e nei suoi affetti, si è rifugiato nella droga per poter sopravvivere!

Scrive Huxley in "Le porte della percezione":

Ma in effetti siamo stati noi, bianchi ricchi e altamente istruiti, a rimaner nudi dietro. Noi ricopriamo la nostra nudità anteriore con qualche filosofia (cristiana, marxista, freudo-fisicalista) ma dietro rimaniamo scoperti, alla mercè di tutti i venti delle circostanze. Il povero indiano, invece, ha avuto l'intelligenza di proteggersi posteriormente aggiungendo alla foglia di fico della teologia i calzoni rattoppati dell'esperienza trascendentale. lo non sono così stolto da mettere alla pari ciò che avviene sotto l'influenza della mescalina o di qualsiasi altra droga, già reperibile o reperibile in futuro, con l'attuazione del fine e scopo ultimo della vita umana: la "chiarificazione", la "visione beatifica". Tutto ciò che sto proponendo è che l'esperienza della mescalina sia ciò che i teologi cattolici chiamano "grazia gratuita", non necessaria alla salvezza, ma potenzialmente utile e da accettare con riconoscenza, se resa ottenibile. Essere sospinti fuori delle linee dell'ordinaria percezione, ricevere, per qualche ora al di là del tempo, la manifestazione del mondo esterno e di quello interno, non come essi appaiono all'animale ossessionato dalla sopravvivenza o a un essere umano ossessionato dalle parole e dalle nozioni, ma come essi sono captati, direttamente e incondizionatamente, dall'"intelletto in genere": questa è un'esperienza di valore inestimabile per chiunque, specie per l'intellettuale. Poiché l'intellettuale è per definizione l'uomo per cui, come disse Goethe, "il mondo è essenzialmente produttivo". Egli è l'uomo il quale sente che "ciò che percepiamo con gli occhi ci è estraneo in quanto tale e non ci dovrebbe impressionare profondamente". Eppure, sebbene sia egli stesso un intellettuale e uno dei supremi maestri del linguaggio, Goethe non sempre fu d'accordo con la propria valutazione della parola. "Noi parliamo" scrisse nella maturità "fin troppo". Dovremmo parlare meno e disegnare di più. A me personalmente piacerebbe rinunziare del tutto al discorso e, come la natura organica, comunicare tutto ciò che ho da dire in schizzi. Quell'albero di fico, questo piccolo serpente, il bozzolo sul davanzale della finestra che aspetta tranquillo il suo futuro, tutti questi sono sigle importanti. Una persona capace di decifrarne con esattezza il significato sarebbe presto capace di fare a meno completamente della parola scritta e parlata. Più ci penso, e più trovo che c'è qualche cosa di futile, di mediocre, perfino (sarei tentato di dire) di sdolcinato nel discorso. Per contrasto, come trasporta la gravità della natura e il suo silenzio, quando si rimane a faccia a faccia con lei, con raccoglimento, davanti a una rupe scoscesa o nella desolazione degli antichi colli. Noi non possiamo mica fare a meno del linguaggio e degli altri sistemi di simboli, perché è per loro mezzo e solo col loro significato che ci siamo sollevati al disopra dei bruti, al livello di esseri umani. Ma possiamo facilmente diventare le vittime come i beneficiari di questi sistemi. Dobbiamo imparare come trattare efficacemente le parole; nello stesso tempo però dobbiamo preservare e, se necessario, intensificare la nostra capacità di guardare il mondo direttamente e non per il tramite mezzo opaco dei concetti, che deformano ogni dato fatto nell'apparenza fin troppo familiare di qualche etichetta generica o' di qualche astrazione esplicativa.

L'incapacità di vedere l'uomo che diviene e che si trasforma, porta Huxley ad esaltare il rifugio nell'allucinazione prodotta dalla mescalina in cui gli indiani di quella chiesa si sono rifugiati. E' come il miliardario che va a fare il turista nei paesi poveri e vedendo un bambino scalzo che si mangia un pezzo di pane, separando quell'istante dall'insieme della miseria in cui costui vive, gli dice: "Buono quel pane!". L'importante è che rimanga quella miseria. Questa è la teologia di Huxley. Il rifugio nell'esperienza trascendentale nella mescalina per separarsi dalla realtà vissuta è quella che Marx definiva "oppio dei popoli" e che negli anni '60 e '70 del XX secolo ha contrapposto ideologicamente la distruzione dell'uomo indotta dai "figli dei fiori" ai movimenti di uscita dall'ultimo colonialismo.

Huxley dice di non essere così stolto da mettere alla pari l'influenza della mescalina o di qualsiasi droga con l'attuazione "del fine e scopo ultimo della vita umana". In sostanza, inverte i termini della logica sociale ed esistenziale dell'uomo.

E' proprio perché si vuole imporre un fine e uno scopo ultimo alla vita umana al di fuori della vita umana stessa, che le persone vengono ridotte alla miseria esistenziale imponendo loro di pensare a fini superiori o a scopi trascendentali nei quali trovare consolazione per le loro condizioni di miseria vissute. In quella consolazione, nel caso di questi indiani, si introduce la mescalina che serve come ingrediente lenitivo per il loro dolore esistenziale come la morfina servì da lenitivo per i soldati statunitensi nella guerra di secessione o l'eroina per i soldati statunitensi in Vietnam.

E' irrilevante che la droga sia data ai soldati USA in Vietnam affinché siano combattenti irresponsabili o ai cittadini affinché diventino persone obbedienti ed educate nell'accettazione soggettiva della loro miseria esistenziale: entrambi vivono quella sorta di beatitudine che nasce dalla separazione fra la propria struttura psico-emotiva e la realtà vissuta nella quale operano. La droga, sia eroina o mescalina, al di là che crea dipendenza psico-fisica, costruisce una separazione fra l'individuo e il proprio vissuto dove le azioni messe in atto dal soggetto sono alienate dalla coscienza del vivere del soggetto. Questa alienazione soggettiva è quanto Huxley auspica come "grazia gratuita, non necessaria alla salvezza, ma potenzialmente utile e da accettare con riconoscenza, se resa ottenibile".

Non si è sospinti fuori dall'ordinaria percezione, perché non c'è nessun intento soggettivo dell'individuo che spinga la sua percezione per andare oltre. C'è l'annientamento della percezione dell'individuo affinché non affronti il mondo che lo circonda, ma sia circoscritto in sé stesso. La mescalina non ampia la percezione, ma blocca la capacità di percepire dell'individuo costruendo una separazione fra sé e il mondo in cui vive. Questo non toglie che l'individuo non immagini il mondo o non desideri un mondo diverso dal mondo vissuto, ma non penetra il mondo mediante la sua percezione, bensì si separa dal mondo vivendo in una condizione virtuale in cui il suo desiderio esistenziale si risolve nell'individuo stesso e nella sua immaginazione.

Huxley non è andato "fuori" da sé al di là del tempo o nello spazio. Non c'era un tempo vissuto, né uno spazio percorso in cui aveva bisogno di ampliare il suo essere nel mondo. Al contrario, era chiuso in sé stesso e il desiderio di essere nel mondo era incarcerato in sé stesso e nell'immaginazione desiderante che alimentava mediante la mescalina.

Il linguaggio può descrivere l'uomo che agisce nel mondo o può descrivere le allucinazioni dell'uomo prodotte dal suo vivere nel mondo. Quando l'uomo non vive nel mondo, il linguaggio si ritorce contro l'uomo descrivendo un desiderio di essere in un mondo desiderato dove le possibili esperienze si elevano in un assurdo che chiame "intellettuale". L'intellettualità non è il prodotto delle farneticazioni desiderante indotte da malattia mentale o da droghe. L'intellettualità è la capacità di rendere in astratto il vissuto dell'uomo per favorire l'interpretazione di nuove e diverse esperienze.

Nel XX secolo troppi intellettuali si sono scordati di vivere e sono vissuti in prigioni psichiche alienati dal mondo. Come tanti Salgarri erano chiusi nel loro giardino a sognare mari tempestosi solcati da navi di pirati o popoli improbabili della Malesia. Che differenza c'è fra il Sandokan di Salgarri dal Faust di Goethe? Entrambi sono il prodotto dell'immaginazione virtuale di una realtà desiderata, ma dalla quale l'autore si separa. Come un vestito, a sera, Salgarri ripone nell'armadio dei giochi Sandokan come Goethe ripone Faust.

Né Ghoethe, né Salgarri donano agli uomini il loro vissuto, ma inchiodano gli uomini nella loro immaginazione. Un'immaginazione che, a differenza di quella prodotta dalla mescalina o dall'eroina, può essere tolta di dosso e riposta in un armadio perché la vita chiama gli uomini a percorrere le strade della loro esistenza fatta di condizioni e di contraddizioni che vanno affrontate e risolte come dovettero affrontare e risolvere i soldati statunitensi che, finita la guerra i secessione o la guerra in Vietnam, si ritrovano sbandati e drogati in una patria che li considerava solo feccia inutile.

E quando il fico o il piccolo serpente ti parla?

Cosa pensi che ti dicano?

Non ti parlano certo di filosofia. Non ti parlano di psicologia esistenziale, né di mondi al di fuori della forma e della quantità nella quale vivi.

Cosa dice la Luna all'individuo che stanco ha affrontato i problemi della sua quotidianità ed ora si è seduto a contemplarla? Dice: "Coraggio, guerriero, io illumino ogni cammino che tu intraprenderai!" Ma non c'è un cammino in Huxley, c'è quel desiderio di onnipotenza di una coscienza che anela ad una conoscenza che appartiene solo alla sua immaginazione prodotta dalla sconfitta esistenziale.

Gli uomini conoscono con esattezza il significato delle condizioni in cui vivono ed esistono, ma la ragione non è in grado di descriverle, la ragione sa descrivere solo i suoi desideri immaginati in una fantasia che viene negata dalle condizioni di vita della realtà

E il delirio di Huxley li fa immaginare essersi elevato "al di sopra dei bruti"; lui è l'Essere Umano creato ad immagine e somiglianza del suo dio padrone che si è "sollevato". Ma quando l'uomo pensa di uscire dal deserto emotivo in cui il dio padrone lo ha cacciato imprigionandolo nell'immaginazione della sua esistenza, l'uomo si ritrova in un deserto ancor più angosciante che certifica il trionfo del suo dio padrone sulle sue emozioni devastate dall'angoscia. E tutto il mondo è deformato dai concetti perché i concetti non esprimono un vivere comune nella società e, pertanto, immediatamente compresi, ma sorgono nel delirio farneticante di colui che si immedesima come un dio parsone e formula concetti il cui significato è solo all'interno della sua immaginazione. Concetti privi di esperienza vissuta e carichi di aggettivi generici con cui si definisce un mondo che ci si è dimenticati di abitare.

Scrive Huxley in "Le porte della percezione":

Letteraria o scientifica, liberale o specializzata, tutta la nostra educazione è soprattutto verbale e quindi manca di adempiere agli scopi prefissi. Invece di trasformare i fanciulli in adulti pienamente sviluppati, essa fabbrica studenti di scienze naturale che sono del tutto inconsapevoli della Natura come fatto primo dell'esperienza; affligge gli studenti di umanesimo, che non sanno niente dell'umanità, né la propria né quella altrui. Gli psicologi gestaltisti, come Samuel Renshaw, hanno escogitato metodi per allargare la portata e aumentare l'acutezza delle percezioni umane. Ma li applicano i nostri educatori? La risposta è no. Gli insegnanti in ogni campo di specializzazione pslcofislca, dalla prospettiva al tennis, dal funambolismo alla preghiera, hanno scoperto, con tentativi e con errori, le condizioni più favorevoli di funzionamento nell'ambito dei loro rami particolari. Ma v'è qualche grande fondazione che abbia finanziato un progetto per coordinare queste scoperte empiriche in una generale teoria e pratica di intensificazione della potenza creativa? Ancora una volta, per quanto ne sappia io, la risposta è no. Ogni sorta di cultisti e di strani individui insegnano ogni specie di tecniche per raggiungere la salvezza, la soddisfazione, la pace del cuore; e per molti dei loro ascoltatori molte di queste tecniche sono dimostrabilmente efficaci. Ma vediamo psicologi, filosofi ed ecclesiastici rispettabili discendere con coraggio in quei pozzi strani e qualche volta maleodoranti, in fondo ai quali la povera verità è tanto spesso condannata a giacere? Ancora una volta la risposta è no. E ora guardiamo la storia delle ricerche sulla mescalina. Settant'anni fa uomini di primaria capacità descrissero le esperienze trascendentali provate da coloro che, in buona salute, nelle condizioni adatte, e nel giusto stato d'animo, prendono la droga. Quanti filosofi, quanti teologi, quanti educatori di professione hanno avuto la curiosità di aprire queste "brecce nel muro"? la risposta, per tutti gli scopi pratici, è nessuno. In un mondo dove l'educazione è preminentemente verbale, gli individui che abbiano una educazione di prim'ordine trovano impossibile rivolgere una seria attenzione ad altro che non siano parole e nozioni. Vi è sempre il danaro, vi sono sempre i dottorati, le dotte follie della ricerca, in cui per gli studiosi si trova il problema più importante: chi influenzò costoro a dire ciò che dissero e quando? Anche in quest'ora di tecnologia le lettere verbali sono onorate, le lettere non verbali, le arti di essere direttamente consapevoli dei dati concreti della nostra esistenza, sono quasi completamente ignorate. Un catalogo, una bibliografia, un'edizione definitiva degli ipsissima verba di un versificatore di infimo ordine, uno stupendo indice per metter fine a tutti gli indici, ogni progetto genuinamente alessandrino hanno la sicurezza di trovare consenso e appoggio finanziario. Ma quando si tratta di scoprire come voi e io, i nostri figli e i nostri nipoti possiamo diventare più percettivi, più intensamente consapevoli della realtà interiore ed esteriore, più aperti allo spirito, meno disposti, per difetti psicologici, ad ammalare fisicamente, e più capaci di controllare il nostro sistema nervoso autonomo, quando si tratta di qualsiasi forma di educazione non verbale più fondamentale (e più probabilmente utile in pratica) della ginnastica svedese, nessuna persona rispettabile in nessuna università o chiesa rispettabile farà niente in proposito. I verbalisti sospettano di ciò che non è verbale, i razionalisti temono il fatto immediato, non razionale; gli intellettuali sentono che ciò che percepiamo con gli occhi (o in qualsiasi altra maniera) ci è estraneo come tale e non deve impressionarci profondamente l'io. Inoltre, questa materia di educazione nelle lettere non-verbali non rientra in nessuno degli schemi stabiliti. Essa non è religione, né neurologia, né ginnastica, né morale o civismo, e neppure psicologia sperimentale. Così stando le cose, l'argomento, per scopi accademici ed ecclesiastici, non esiste e può essere tranquillamente ignorato del tutto o lasciato, con un sorriso di condiscendenza, a coloro che i farisei dell'ortodossia verbale chiamano eccentrici, ciarlatani e dilettanti incompetenti.

Il problema che solleva Huxley non è il divenire della vita dell'uomo, ma la costruzione di uno schiavo diverso dallo schiavo che oggi viene, secondo Huxley, addestrato in modo soprattutto, verbale.

Per aumentare l'acutezza della percezione è necessaria l'esistenza di un soggetto la cui acutezza vada al di là dell'acutezza percettiva considerata. Ci sono metodi per misurare la capacità di guardare degli occhi. Si misura la miopia o lo stigmatismo. Esistono scale di valori che dicono che una persona ci vede bene e valori per i quali si dice che una persona ci vede male. Ma qual è il metro di misura della percezione? Quando si dice che una percezione è più acuta di un'altra?

Uno studente di scienze naturali è "bravo" quando descrive con una certa precisione la forma di animali o di vegetali. Ma come si potrebbe parlare di percezione in uno studente di scienze che parla con gli alberi? Gli alberi non ci raccontano della loro fotosintesi, perché la fotosintesi è un loro modo di vivere e di abitare il mondo che usano. E' come dire che l'uomo conoscesse razionalmente la circolazione sanguigna o i metodo di produrre delle piastrine nel sangue. Prima del XVII secolo l'uomo non conosceva nulla razionalmente della sua circolazione sanguigna. Non gliene mai fregato nulla per milioni e milioni di anni. Poi, Harvey, ha scoperto la circolazione sanguigna. Dal brodo primordiale, alla scoperta di Harvey sono passati centinaia di milioni di anni in cui l'uomo ha usato la circolazione sanguigna senza sapere che cosa fosse o come funzionava nel suo corpo.

C'è una necessità scientifica fatta del conoscere razionalmente i meccanismi del mondo e della vita. C'è una necessità esistenziale che data un'esistenza rende necessaria una conoscenza per operare soggettivamente nel mondo. Le due cose sono diverse e distinte e la conoscenza nell'operare nel mondo non passa attraverso "l'acuire della percezione di un mondo altro", ma nella pratica delle relazioni che costruiamo che ci permettono di conoscere l'esatta posizione dell'uomo nella vita.

I psicologi, dalla gelstalt, ai cognitivisti, ai connettivisti e a tutta la truppa che si è presentata nel corso degli ultimi 100 anni sulla scena della psicologia hanno elaborato teorie alle quali hanno fatto aderire una conoscenza esistenziale che doveva coincidere alle teorie elaborate. Tutti ti spiegano la vita, ma evitano di vivere e di sperimentare sulla loro pelle. La condizione dell'acquisizione dei dati dell'esperienza coinvolge l'intero corpo che, nell'affrontare le condizioni del mondo, percepisce e analizza in mille modi la realtà vissuta anche quando l'analisi non giunge alla coscienza. Alla coscienza spesso giungono le discrepanze. Come un tiratore di basket che ha costruito il suo corpo per correre, saltare e lanciare. In quel gesto impegna la sua trasformazione soggettiva. Non usa la descrizione perché impiega un'esperienza immagazzinata in un corpo trasformato in funzione di quell'agire. Da quell'agire, alla coscienza non giunge nulla se non l'effetto. L'azione che va a buon fine o l'azione che fallisce l'obbiettivo. Alla coscienza giungono le discrepanze dell'azione. Il polso che scivola, il salto non riuscito, la caviglia non perfetta, ecc. ecc. le discrepanze della normale attività giungono alla coscienza, mentre tutta la trasformazione del soggetto in funzione di quell'agire entra in una sorta di rumore di fondo in cui tutta la sua azione si esprime, ma viene separata dall'attenzione della coscienza.

Gli insegnanti che indica Huxley sono soggetti che non hanno vissuto e proprio per non aver mai vissuto elaborano teorie partendo da "ritengo che". Esattamente come per la mescalina: ritengo che la mescalina acuisca la capacità di percezione di un individuo. Non è vero, la mescalina rinchiude l'individuo nell'immaginazione desiderante dell'individuo stesso. Pertanto, chi ritiene che la mescalina acuisca la percezione imbottisce le persone di mescalina ottenendo individui incapaci di affrontare il mondo sociale e le contraddizioni richieste dalla società Dopo aver fatto questo, la società è piena di zombi cresciuti nelle illusioni della mescalina e fragile sia alle tensioni interne sia alle tensioni provenienti da altre società. Chi ha imbottito le persone di mescalina, paga per le conseguenze sociali del suo errore o della sua credenza?

Certo che ci sono fondazioni che hanno finanziato progetti per coordinare scoperte fisiche. Come, ad esempio, quando i cristiani distribuivano fra gli indiani d'America le coperte infette di vaiolo. Quando i servizi USA distribuivano l'eroina nei ghetti neri negli anni '60 del XX secolo o negli ambienti hippie per infettare tutte le persone sensibili e mettere gli emarginati nella situazione di non nuocere. Hanno agito per sviluppare la potenza creativa della distruzione dell'uomo affermando che lo sviluppo della droga permetteva di ampliare le capacità dell'uomo. Come oggi con la cocaina che viene presa anche dai camionisti per aumentare le ore di lavoro. Oggi che il mercato dell'eroina, della cocaina e altre droghe, si alimenta da solo, non è più necessario spacciare morfina, eroina, cocaina o eccitanti, magnificando effetti artistici o sessuali. E' solo alimento per drogati, palliativi a cui si ricorre per lenire il dolore esistenziale che, in molti casi, è stato alimentato anche dalle droghe. Esplorano la condizione dei drogati ridotti a non-uomini in quanto la droga li lega ai doveri che sono stati imposti loro.

Quando ritieni di usare la mescalina e la mescalina, giorno dopo giorno, non ti porta all'elevazione spirituale, ma ti porta solo a vivere un tempo negato che ti separa dalla società in cui vivi, come recuperi quel tempo non vissuto che ti ha portato davanti alla morte del corpo fisico?

Quella che Huxley chiama "l'educazione è preminentemente verbale", è una distorsione interpretativa di quanto un individuo subisce fin dal momento in cui era feto nella pancia della madre. Non è un'educazione verbale, è un processo di coercizione e di indirizzamento della condizione emotiva dell'individuo che solo in minima parte si traduce mediante le parole. Tanto più è avanzata l'età dell'individuo e maggiore è l'importanza del ruolo delle parole nei suoi processi di adattamento ai modelli sociali. Tanto più l'individuo è "piccolo" tanto maggiore è il peso della relazione emotiva che condiziona la sua struttura emotiva e tanto minore, in questo condizionamento, è l'uso delle parole.

Secondo Huxley, uomini di prima qualità hanno usato la mescalina. Uomini di prima qualità hanno certificato il loro fallimento esistenziale usando la mescalina e raccomandando la mescalina per ampliare la percezione del mondo. Il fatto che siano falliti uomini che Huxley pensava fossero di prima qualità dovrebbe far riflettere sulla qualità dei contenuti di un uomo che Huxley considera di prima qualità e sul fatto che se l'uomo "di prima qualità" fallisce nella sua esistenza, significa che ci sono altre qualità da cercare nell'uomo.

E' vero che col denaro si comprano le opinioni, si comparano le cattedre, ma non si comprano le emozioni degli uomini. Si violentano con le droghe.

C'è da dire che lo spaccio di droga ha trovato molti proseliti e molte organizzazioni, oggi come oggi, se ne occupano a tempo pieno. Queste organizzazioni che spacciano droga si occupano sia di noi che dei nostri figli e dei nostri nipoti alimentando il loro mercato di spaccio. Le persone che maggiormente danneggiano sono le persone socialmente più sensibili. Coloro che percepiscono maggiormente le turbolenze sociali e che potrebbero mettere in atto soluzioni a quei problemi. Invece vengono riempiti di droga come morfina, eroina, cocaina, mescalina, funghi allucinogeni, lsd, extasi e altri prodotti che modificando la fisiologia e la psicologia delle persone ne distruggono le trasformazioni e il divenire alienandoli dalla società.

Li allontano illudendoli di una realtà interiore ed esteriore che è solo illusoria. Come illusoria è l'essere aperti ad uno "spirito divino" che non esiste se non nella forma della malattia psichiatrica. Come sono forme illusorie il controllo del proprio sistema nervoso che oggi è ottenuto mediante dosi massicce di prozac.

A cosa serve alla chiesa cattolica usare il prozac o la mescalina quando dispone della struttura emotiva della primissima infanzia che può manipolare a piacimento data la rinuncia dei genitori a costruire i loro figli?

La malattia psichiatrica dalla quale scaturiscono le allucinazioni, si chiama malattia psichiatrica e l'induzione mediante la mescalina si chiama allucinazione da droghe. Razionalmente, che cosa si può trarre da una allucinazione? Da una allucinazione non si può trarre nulla che sia razionale salvo i contenuti dell'allucinazione che vengono descritti. Il descritto delle immagini allucinatorie appartengono alla descrizione razionale anche se tale razionalità può essere collocata nell'immaginazione della ragione (come il concetto del dio padrone cristiano).

Ciò che si percepisce con gli occhi è estraneo se la visione degli occhi non è legata ad un oggetto percepito che concorre alla nostra esistenza. E' un oggetto immaginato, rientra nel virtuale che l'intellettuale può usare come simbolo ma che stazione in un mondo irreale.

Non esiste nessuna materia e nessuna branca del sapere umano, compresa la conoscenza esistenziale, per la quale possono essere utili le allucinazioni indotte dalla mescalina.

C'è un solo pericolo per i cristiani nell'uso della mescalina. Ed è quando le allucinazioni indotte dalla mescalina rompono il condizione emotivo imposto dall'educazione cristiana e l'individuo cristiano scopre possibilità diverse nel mondo rendendo conflittuale il suo vivere con le gerarchie religiose cristiane per salvaguardare la propria interpretazione. Questo è accaduto con la caccia a molte streghe e invasati medioevali che assunsero allucinogeni come la segale cornuta. Le allucinazioni indotte da droghe allucinogene non sono controllabili dai cristiani.

E' un discorso, quello di Huxley, che si può lasciare tranquillamente agli emarginati sociali che trovano nelle allucinazioni un lenitivo del dolore; lo si lascia ai ciarlatani che vendono paradisi. Purtroppo gli stati di "sballo" sono diventati un affare per la criminalità e l'attività criminale dedita ai traffici di droga è una delle componenti centrali dell'economia mondiale.

Scrive Huxley in "Le porte della percezione":

"Ho sempre osservato" scrisse Blake piuttosto amaramente "che gli angeli hanno la vanità di parlare di se stessi come dei soli saggi. E fanno ciò con una fiduciosa insolenza che nasce, dal ragionamento sistematico". Il ragionamento sistematico è qualche cosa di cui, come specie o come individui, non potremmo assolutamente fare a meno. Ma neppure, se dobbiamo rimanere sani, possiamo assolutamente fare a meno della diretta percezione, tanto meglio se meno sistematica, del mondo interiore e di quello esteriore, nei quali siamo nati. Questa realtà data è un infinito che supera ogni comprensione, eppure è suscettibile di essere afferrata direttamente e in certo qual modo totalmente. Essa è una trascendenza che appartiene ad un ordine diverso dall'umano, eppure può essere presente a noi come immanenza sentita, partecipazione sperimentata. Essere illuminati significa essere consapevoli, sempre, della realtà totale nella sua immanente diversità, esserne consapevoli eppure rimanere in condizioni di sopravvivere come animale, di pensare e sentire come essere umano, di ricorrere in ogni caso al ragionamento sistematico. Il nostro obiettivo è di scoprire che siamo stati sempre dove dovremmo stare. Disgraziatamente noi ci rendiamo questo compito eccessivamente difficile e nello stesso tempo, tuttavia, vi sono grazie gratuite sotto forma di attuazioni parziali e temporanee. Con un sistema educativo più realistico, meno esclusivamente verbale del nostro, a ogni angelo (nel senso inteso da Blake) sarebbe concessa una vacanza, essi sarebbero sollecitati e perfino, se necessario, costretti a compiere una gita occasionale attraverso qualche chimica "breccia nel muro" nel mondo dell'esperienza trascendentale. Se ne rimanessero spaventati ciò sarebbe spiacevole, ma probabilmente salutare. Se ciò arrecasse loro una breve ma infinita luce, tanto meglio. In ogni caso I ‘angelo può perdere un po' della fiduciosa insolenza derivante dal ragionamento sistematico e dalla coscienza di aver letto tutti i libri. Verso la fine della vita l'Aquinate sperimentò "l'estatica contemplazione". Dopo di che si rifiutò di tornare a lavorare al libro interrotto. A paragone di ciò, tutto quello che aveva letto e commentato e scritto: Aristotele e le Massime, le Questioni, le Proposizioni, le maestose Somme, non erano che sterpi e paglia. Per la maggior parte degli intellettuali un simile sciopero bianco sarebbe sconsigliabile, e perfino moralmente ingiusto. Ma l'Angelico dottore aveva fatto più ragionamento sistematico di dodici angeli ordinari, ed era già pronto per la morte; si era guadagnato il diritto, in quegli ultimi mesi della sua vita mortale di distaccarsi dagli sterpi e dalla paglia meramente simbolici per congiungersi al pane del "fatto" vero e sostanziale. Per gli angeli di un ordine più basso e con migliori prospettive di prosperità, vi deve essere un ritorno alla paglia. Ma l'uomo che ritorna dalla "breccia nel muro" non sarà mai proprio lo stesso dell'uomo che era andato: sarà più saggio ma meno presuntuoso, più felice, ma meno soddisfatto di sé, più umile nel riconoscere la sua ignoranza eppure meglio attrezzato per capire il rapporto tra parole e cose, tra ragionamento sistematico e mistero insondabile che egli cerca, sempre invano, di comprendere.

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E' interessante che Blake abbia osservato gli angeli, la vanità degli angeli o abbia trasformato in angeli peculiarità umane trasformando in angeli peculiarità del corpo umano.

Si è dimenticato di dirci da dove ha dedotto l'esistenza degli angeli e attraverso quali azioni e quali parole ha determinato la loro vanità. Lo ha osservato sotto effetto della mescalina?

Huxley afferma un esistente che non esiste, ma che vuole che esista per confermare l'idea che il condizionamento educazionale cristiano gli ha imposto. Prendendo piante allucinogene, come la mescalina, effettivamente le sue visioni possono confermare che lui crede davvero negli angeli attraverso allucinazioni che confermano la sua credenza. Solo che le allucinazioni indotte dalla mescalina, popolate di angeli, non accedono alla dimensione della percezione che dimostra l'esistenza degli angeli, ma dimostra solo che gli angeli appartengono alle convinzioni del soggetto che ha ingurgitato mescalina.

Anche l'affermazione circa "Questa realtà data è un infinito che supera ogni comprensione, eppure è suscettibile di essere afferrata direttamente e in certo qual modo totalmente" è assolutamente soggettiva e arbitraria. Non è vera la sua esistenza come realtà oggettiva, è vera la credenza in una tale ipotesi nel complesso di idee di Huxley. Esiste una realtà infinita, uno sconosciuto infinito, che supera i limiti posti della nostra ragione, del nostro corpo, del nostro esistere come insieme nel mondo. Ma non è quella affermata ed immaginata da Huxley. Non è né la realtà immanente, né la realtà trascendente nel dio padrone o negli angeli.

Io posso immaginare che Blake e Huxley, quando si riferiscono agli angeli si riferiscano "agli scritti sugli….", tuttavia, non esistendo un ambiente culturale comune che condivide l'esistenza di questi soggetti, appare evidente come Huxley, citando Blake, dia per scontato un dato di fede che sovrappone alla realtà vissuta per negare la realtà vissuta e rendere reale e oggettivo un dato di fede. L'atto di fede, diventa credenza aprioristica del pensiero di Huxley (un po' come coloro che fanno spedizioni per cercare l'arca di Noè o la croce di cristo), alla quale Huxley sottomette ogni riflessione. L'a priori diventa la verità dalla quale far discendere una logica di realtà immaginata.

In questo modo si sprecano i voli pindarici di un'immaginazione desiderante come quando Huxley afferma "Essa è una trascendenza che appartiene ad un ordine diverso dall'umano, eppure può essere presente a noi come immanenza sentita, partecipazione sperimentata", qualsiasi malato di schizofrenia potrebbe concludere in questo modo l'esposizione delle sue allucinazioni.

Essere illuminati significa far giungere alla coscienza l'interpretazione di fenomeni che fino a prima la coscienza non comprendeva e far insorgere, nella struttura emotiva, una tale necessità di comprenderli da costringere la ragione a destrutturarsi per ristrutturarsi comprendendo nella sua descrizione quei fenomeni nuovi. A differenza di questo, il delirante che si perde nelle sue allucinazioni ritiene l'illuminazione come "Essere illuminati significa essere consapevoli, sempre, della realtà totale nella sua immanente diversità, esserne consapevoli eppure rimanere in condizioni di sopravvivere come animale, di pensare e sentire come essere umano, di ricorrere in ogni caso al ragionamento sistematico". Dove il delirio non è dato dal fatto che noi, sempre e comunque in quanto Esseri Umani, siamo animali, una specie, dell'Essere Natura e in essa germinati che hanno sviluppato la peculiarità del linguaggio parlato, ma è dato dalla pretesa di essere consapevoli della realtà totale nella sua immanente diversità. Che, altro non è che l'identificazione soggettiva con l'onnipotenza immaginata dal delirante nel suo dio padrone.

L'obbiettivo dell'uomo è vivere il mondo, abitarlo, affrontare le contraddizioni della sua esistenza e, in questo modo, usare la percezione del mondo in mille modi possibili per affrontare ogni singolo problema vivendo con impegno. C'è un vivere come "bruti" ed è un vivere in ginocchio e nell'attesa del dio padrone che uccide la nostra percezione del mondo rifuggendo dai problemi, e c'è un vivere da uomini, da animali della natura, che affrontano le contraddizioni della loro esistenza impegnando tutto sé stessi e tutte le proprie emozioni perché il mondo in cui viviamo ci emoziona continuamente chiamandoci alla partecipazione esistenziale. L'unico sistema educativo realistico è fornire a ragazze e ragazzi gli strumenti adeguati con cui affrontare le condizioni dell'esistenza in ogni fase della loro crescita anziché, come suggerisce Huxley, di imbottirli di mescalina.

Purtroppo questa idea, l'idea di trasformare i ragazzi in oggetti docili ha fatto molti proseliti nella storia. Dai genitori che mandavano i figli a farsi lobotomizzare, ai genitori che riempiono i figli di prozac. Non è altro che lo sviluppo pratico dell'idea huxelyana in mancanza di mescalina. Imbottire i ragazzi di mescalina o di "aprire le brecce nel muro". Con le droghe psichedeliche prima e con le altre droghe milioni di cittadini sono stati costretti all'emarginazione sociale prima e all'alienazione dalla vita poi.

Huxley conclude il suo trattato "Le porte della percezione" con Tommaso d'Aquino e la sua presunta visione dopo la quale cessò di scrivere. Secondo Huxley l'allucinazione di Tommaso d'Aquino non era il prodotto del suo corpo desiderante che gli mostrava il suo fallimento esistenziale, ma era la visione della "… realtà data è un infinito che supera ogni comprensione, eppure è suscettibile di essere afferrata direttamente e in certo qual modo totalmente. Essa è una trascendenza che appartiene ad un ordine diverso dall'umano, eppure può essere presente a noi come immanenza sentita, partecipazione sperimentata".

L'allucinazione è la verità della realtà trascendente, l'uomo che diventa immanente nelle allucinazioni dei soggetti che manipolano la loro attenzione in seguito a piante psicotrope (ce ne sono tante in centro Italia), malattie, febbri o altro. Con la febbre a 41, se non si abbassa la temperatura con medicinali, le allucinazioni sono costanti e abbondanti. La realtà non è l'oggetto dell'allucinazione, ma l'attacco virale o batterico che ha attaccato il corpo.

Per Tommaso d'Aquino quell'allucinazione, vera o millantata che sia, era diventata la verità della sua esistenza e in quell'allucinazione ha risolto la sua esistenza. In questo fallimento esistenziale, Huxley vede, al contrario, il coronamento della verità dei testi di Tommaso d'Aquino. Testi di una verità che, dice Tommaso d'Aquino, sono solo paglia rispetto alla sua visione vissuta.

La visione vissuta è un elemento soggettivo, il suo pensiero viene oggettivato dai sui scritti al limite fra il demenziale e il criminale (ricordiamoci la legittimazione delle torture e del genocidio degli eretici in nome del suo dio padrone fatta da Tommaso d'Aquino), che vengono legittimati assumendo il marchio di "verità" dalla sua vera o presunta allucinazione.

E' un meccanismo farneticante presente nei vangeli. Giovanni battezza Gesù, si aprono i cieli con dio he dice che Gesù è suo figlio, le affermazioni criminali di Gesù hanno il certificato del dio padrone e pertanto non debbono essere discusse in quanto non si discute la parola del dio padrone: ma si tratta di un artificio letterario che, quando viene spacciato come verità fattiva, rientra nelle azioni dei crimini contro l'umanità.

Le visioni in percezione alterata sono interpretazioni soggettive di carattere emotivo in cui si veicola la conoscenza emotiva costruita dall'individuo mediante la sua azione nel mondo. Come per la sindrome di Gerusalemme. La sindrome che assale i pellegrini devoti in visita a Gerusalemme; sussulti emotivi in cui i cristiani vedono Gesù, i musulmani vedono Maometto, gli ebrei vedono Mosè. La sindrome è sempre la stessa che produce allucinazioni deliranti che vengono veicolate nelle condizioni educazionali in cui la persona ha vissuto.

La centralità non sta nell'allucinazione, ma in come noi viviamo la nostra vita. E' la nostra vita che, in assenza di droghe o di malattie, spesso razionalizza il nostro modo di affrontare il mondo producendo alterazioni della percezione che altro non sono che visualizzazioni di elaborazioni soggettiva del profondo della realtà, comunque, vissuta.

Gli strumenti neuronali con cui si producono le allucinazioni sono gli stessi che noi usiamo per affrontare emotivamente la nostra vita e sono gli stessi che vengono coinvolti dalla malattia mentale o dalla sofferenza fisica che coinvolge la nostra struttura psichica. Sono strumenti che entrano in gioco sempre. Sia quando noi distruggiamo la nostra vita nell'obbedienza e nella sottomissione, sia quando noi affrontiamo la nostra vita sfida dopo sfida. Producono condizioni diverse sia se la nostra struttura emotiva tende ad espandersi nel mondo sia se costringiamo la nostra struttura emotiva a chiudersi su sé stessa.

Usare droghe è un modo per distruggere la nostra struttura fisica, neuronale, con cui percepiamo il mondo. Ci alieniamo dal mondo e ci rinchiudiamo in noi stessi attendendo la morte.

Per contro, c'è un solo modo per mettere il nostro apparato percettivo al nostro servizio, ed è quello di produrre allucinazioni funzionali alla nostra vita praticando con intensità e con passione Il Crogiolo dello Stregone.

Io ho avuto decine di allucinazioni alterando la percezione, sia durante il giorno che nella pratica del sognare. Non ho mai assunto droghe in vita mia.

Tutte le allucinazioni e le visioni che ho avuto, erano funzionali alle mie scelte di vita, si spiegavano con gli intenti per i quali agivo. Quando la spiegazione non era immediata, spesso appartenevano a progetti esistenziali in corso di elaborazione. Si trattava di insorgenze nella coscienza di elaborazioni emotive di una realtà quotidiana vissuta, in mutamento e in trasformazione continua.

Non mi sono mai sentito né un eletto, né un privilegiato, mi considero un uomo coinvolto emotivamente nella vita sociale e nella natura. Ho sempre considerato le visioni e le allucinazioni come uno strumento attraverso il quale vivo. Non ho mai pensato, se non in rari casi in cui anticipavano eventi futuri, di possedere capacità extrasensoriali o di essere un privilegiato di un qualche dio padrone. Posso dire di aver incontrato gli Dèi nel mondo in cui vivo dopo un percorso di trasformazione soggettiva, ma sono convinto che tali visioni erano generate dal calarsi nella struttura emotiva di idee ad essa estranee che implicavano una ristrutturazione sia delle emozioni che della ragione.

Alla fine, la cosa più importante non sono le visioni che io ho avuto, ma è come io spiego e giustifico tali visioni quando definisco la realtà del mondo e, soprattutto, il mio agire nel mondo.

Marghera 14 febbraio 2016

NOTA. per le citazioni di Aldous Leonard Huxley si è usato:

Aldous Leonard Huxley "Le Porte della Percezione" Nuovi Editori Roma Gennaio 1980 da pag. 38 a pag. 44

 

Teoria della Filosofia Aperta - Volume cinque

 

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Quando un percorso sociale fallisce o esaurisce la sua spinta propulsiva, è bene tornare alle origini. Là dove il pensiero sociale è iniziato, analizzare le incongruenze del passato alla luce dell'esperienza e abbattere i piedistalli che furono posti a fondamento del percorso sociale esaurito.

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Marghera, 14 febbraio 2016

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.