Alfred North Whitehead (1861 - 1947)

La logica ontologica in "processo e realtà"

di Claudio Simeoni

 

Indice Teoria della Filosofia Aperta

 

La logica ontologica di Alfred Whitehead in "Processo e realtà"

 

Quando Whitehead fa questa riflessione mettendola a prologo del discorso che intende fare: che cosa vuole significare?

Scrive Whitehead:

Ogni discorso umano che fondi la sua pretesa di essere considerato sulla verità delle proprie affermazioni deve appellarsi ai fatti. In nessuna delle sue branche la filosofia può pretendere di esimersi da questa regola. Ma nel caso della filosofia la difficoltà sorge dal fatto che la registrazione dei fatti in parte è dispersa vagamente tra le varie espressioni linguistiche del linguaggio civilizzato e della letteratura, e in parte è espressa più precisamente, sotto l'influenza degli schemi di pensiero prevalenti nella tradizione della scienza e della filosofia.

Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 255

Ogni discorso che pretende di essere considerato vero, deve appellarsi ai fatti. Dunque, sono i fatti che determinano il carattere di verità di un discorso. I fatti vanno registrati. Ma il fatto è ciò che è "Costruito, eseguito, realizzato con un certo mezzo o in un dato modo"; dunque, è un oggetto che ricade, direttamente o indirettamente, sotto i sensi.

Ora, come si concilia questo con ciò che scrive Whitehead a pag. 1301 dello stesso testo?

Scrive:

"C'è un altro lato della natura di Dio che non può essere omesso. In tutta questa esposizione della filosofia dell'organismo dobbiamo considerare l'azione primaria di Dio sul mondo. Da questo punto di vista egli è il principio della concrezione – il principio per cui un risultato ha origine da una situazione che altrimenti sarebbe piena di ambiguità. Finora, dunque è stato rilevante solo il lato primordiale della natura di Dio.

Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 1301 Per Whitehead Dio o è un fatto, che in qualche modo ricade sotto i sensi, o Whitehead sta dicendo cose che non sono vere. In altre parole: mente sapendo di mentire?

Il trucco di molti filosofi è questo. Se dal punto di vista del libro di filosofia Dio diventa il capitolo conclusivo del discorso, dal punto di vista dell'uomo, del filosofo, Dio sta come premessa e modello per il quale sta scrivendo e articolando la filosofia. Tutto il discorso di Whitehead è una premessa e una giustificazione del diritto di Dio di controllare e sottomettere l'uomo.

Whitehead inizia un discorso relativo alla generalità della filosofia in cui afferma che ogni discorso umano, relativo ad una pretesa di verità filosofica, deve appellarsi ai fatti.

I fatti che ricadono sotto i sensi di una persona sono il vero che si presenta ai sensi di quella persona. Se una persona afferma qualche cosa che non può essere verificato dai fatti o non supportata dai fatti, o non inerente a fatti, non è degna di considerazione.

Continua Whitehead:

In questa seconda parte di queste lezioni si paragona lo schema di pensiero che costituisce la base della filosofia dell'organismo con le varie interpretazioni dei fatti ampiamente accettate nella tradizione europea, letteraria, filosofica e scientifica. Per quanto riguarda la filosofia, solo un gruppo selezionato può essere menzionato esplicitamente. E' inutile provare a forzare ad un vago accordo le interpretazioni di filosofi discordanti. Ciò che è importante è che lo schema interpretativo qui adottato possa appellarsi, per ognuna delle sue posizioni principali, all'autorità dell'uno o dell'altro sommo maestro di pensiero: Platone, Aristotele, Descartes, Locke, Hume, Kant. Ma in ultima analisi nulla si basa sull' autorità, la suprema corte d'appello è l'intrinseca ragionevolezza. La caratterizzazione generale più sicura della tradizione filosofica europea è che essa consiste in una serie di note a Platone. Non mi riferisco allo schema sistematico di pensiero che gli studiosi hanno estratto in modo dubbio dai suoi scritti. Alludo alla ricchezza delle idee generali disseminate in essi. Le sue doti personali, le ampie opportunità di esperienza in un grande periodo della civiltà, la sua eredità di una tradizione intellettuale non ancora irrigidita dalla sistematizzazione eccessiva hanno reso i suoi scritti una miniera inesauribile di suggerimenti. Così, in un certo senso, affermando la mia convinzione per cui la linea di pensiero in queste lezioni è platonica, non faccio altro che esprimere la speranza che essa rientri nella tra¬ dizione europea. Ma intendo qualcosa di più: voglio dire che se dovessimo esprimere il punto di vista generale di Platone con i cambiamenti minimi resi necessari dai duemila anni passati di esperienza umana nell'organizzazione sociale, nelle conquiste dell'arte, nella scienza e nella religione, dovremmo intraprendere la costruzione di una filosofia dell'organismo. In una tale filosofia le attualità che costituiscono il processo del mondo sono concepite come un'esemplificazione dell'ingressione (o 'partecipazione') di altre cose che costituiscono le potenzialità di definitezza per qualsiasi esistenza attuale.

Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 255 – 257

Da questa premessa, appare chiaro che tutta la filosofia di Whitehead altro non è che una riproposizione succube e parassitaria dell'ideologia filosofica di Platone.

La premessa indica che Whitehead intende mettere in atto una forma di apologia (intesa come: Discorso a difesa o esaltazione di una dottrina religiosa) di Platone perché incapace o impossibilitato ad analizzare criticamente Platone.

In sostanza, Whitehead ci sta spacciando la tripartizione sociale, l'eugenetica, l'idea dell'anima, l'idea della reincarnazione, l'idea del demiurgo, l'idea di uomo come oggetto d'uso da parte dello Stato, il disprezzo per la Democrazia, il disprezzo per i poeti, il disprezzo per le emozioni, l'esaltazione dello Stato padrone degli uomini. Dal momento che queste idee sono a fondamento dell'ideologia di Platone, ogni altro discorso di ordine "filosofico" altro non è che giustificazione di un ordine sociale assolutista che vede Platone complice dei Trenta Tiranni di Crizia contro la Democrazia di Atene.

La tirannia di Platone, per Whitehead è " ampiamente accettata nella tradizione europea" perché Whitehead non analizza i fatti a cui si riferisce la filosofia di Platone, ma si affida alla certificazione di un'"autoritas". Whatehead si affida all'autorità dell'uno o dell'altro sommo maestro di pensiero: Platone, Aristotele, Descartes, Locke, Hume, Kant senza chiedersi delle conseguenze, dei fatti, che implica quel tipo di pensiero quando, uscito dalla testa del filosofo, entra nella società civile determinandone le regole sociali.

Whitehead dopo aver proclamato che un pensiero di verità deve basarsi sui fatti, non definisce un discorso in relazione ai fatti, ma si appella ad un'autorità che certifichi il proprio discorso religioso. Un po' come Gesù che dice sciocchezze, ma le dice come "figlio di Dio" e, dunque, per quanto farnetichi di imbecillità, per l'ascoltatore le imbecillità devono essere vere perché altrimenti egli non sarebbe il figlio di Dio, ma un idiota demente. E allora, anziché parlare dei fatti e delle conseguenze delle affermazioni, si preferisce sorvolare sui fatti partendo dal presupposto che essendo le affermazioni fatte da un'autoritas, quale è Dio e chi per lui, devono essere necessariamente vere. Per questo non si discute più sulle affermazioni, ma, considerando le affermazioni definizione del reale, si prosegue costruendo logiche irreali.

E' indubbio che è possibile costruire una logica formale sul fatto che Babbo Natale vola con la slitta e porta doni a dicembre. Ma è il fatto affermato, dal quale sorge quella logica, che è menzogna ed essendo menzogna, tutta la logica che scaturisce da quel fatto è menzogna finalizzata ad ingannare le persone mediante l'alimentazione di aspettative.

Whitehead raggiunge il massimo dell'irrazionalità, manifestando una logica folle quando afferma: " Ciò che è importante è che lo schema interpretativo qui adottato possa appellarsi, per ognuna delle sue posizioni principali, all'autorità dell'uno o dell'altro sommo maestro di pensiero: Platone, Aristotele, Descartes, Locke, Hume, Kant. Ma in ultima analisi nulla si basa sull' autorità, la suprema corte d'appello è l'intrinseca ragionevolezza." Da un lato si appella a degli individui che considera delle autorità in filosofia e dall'altro si appella ad una ragionevolezza che ha appena finito di stuprare considerando, quegli stessi individui che ha menzionato, delle autorità in filosofia. Non esiste un'autorità in filosofia se non il filosofo che sta parlando nel momento in cui esprime le sue idee. Come si fa ad affermare una qualche validità alla filosofia di Platone se Platone ha fatto di tutto per distruggere i libri di Democrito? Certo che se tu avessi letto Democrito in contrapposizione a Platone si sarebbe potuto dare un giudizio, ma dal momento che Platone ha fatto di tutto per distruggere i libri di Democrito e poi i seguaci di Platone hanno continuato l'opera distruttiva, si può considerare Platone un dittatore a capo di una polizia, ma non un filosofo.

Dove sta la ricchezza delle idee in Platone? Che forse gli uomini si liberano dalla condizione di schiavitù o di sottomissione seguendo le idee di Platone? O, al contrario, seguendo le idee di Platone gli uomini vengono ridotti alla schiavitù e all'obbedienza in nome di uno Stato o di un Demiurgo che li possiede?

Whitehead arriva al ridicolo quando ipotizza:" Ma intendo qualcosa di più: voglio dire che se dovessimo esprimere il punto di vista generale di Platone con i cambiamenti minimi resi necessari dai duemila anni passati di esperienza umana nell'organizzazione sociale, nelle conquiste dell'arte, nella scienza e nella religione, dovremmo intraprendere la costruzione di una filosofia dell'organismo." Tutti sono liberi di farneticare e di sognare sviluppi del pensiero che li ha eccitati fin dalla primissima infanzia, fin da quando andavano a catechismo, ma è delirio quando si antepongono i propri desideri all'analisi di una realtà vissuta, ai fatti. Significa che si vuole ignorare la realtà, i fatti, o che si vuole distruggere la realtà per costruire il proprio ideale, la propria "città di Dio".

Scrive Whitehead:

Le cose che sono temporali sorgono dalla loro partecipazione alle cose che sono eterne. I due gruppi sono mediati da una cosa che combina l'attualità di ciò che è temporale con l'atemporalità di ciò che è potenziale. Questa entità finale è l'elemento divino nel mondo, per cui l'arida disgiunzione inefficiente delle potenzialità astratte ottiene primordialmente la congiunzione efficiente della realizzazione ideale. Questa realizzazione ideale delle potenzialità in un'entità attuale primordiale costituisce la stabilità metafisica in virtù della quale il processo attuale esemplifica i principi generali della metafisica e raggiunge gli obiettivi propri dei tipi specifici di ordine emergente. A causa dell'attualità di questa valutazione primordiale dei puri potenziali, ogni oggetto eterno ha una rilevanza definita, effettiva, rispetto ad ogni processo concrescente. Senza tali ordinamenti, ci sarebbe una completa separazione degli oggetti eterni irrealizza¬ti nel mondo temporale. La novità sarebbe senza senso e inconcepibile. Stiamo qui estendendo e applicando rigo¬rosamente il principio di Hume, secondo cui le idee della riflessione derivano dai fatti attuali.

Con questo riconoscimento dell'elemento divino si conserva il principio aristotelico generale per cui a pre¬scindere dalle cose che sono attuali non c'è niente - niente né di fatto né di efficacia. Questo è il vero principio gene¬rale che è anche alla base del detto di Descartes: «Dal fatto appunto che percepiamo come presente un qualche attri¬buto concludiamo che deve necessariamente essere presente anche una qualche cosa esistente, cioè una sostanza, alla quale quell' attributo possa essere riferito». E anche: «Perché ogni percezione (perceptio) chiara e distinta è sen¬za dubbio qualcosa e, quindi, non può venire dal nulla [ ... ]». Questo principio generale sarà chiamato 'principio ontologico'. Esso è il principio per cui ogni cosa è positi¬vamente in qualche luogo nell' attualità, e in ogni luogo in potenza. In una delle sue applicazioni questo principio culmina nella dottrina del 'concettualismo'. Perciò la ri¬cerca di una ragione è sempre la ricerca di un fatto attuale che è il veicolo della ragione. Il principio ontologico, percome è qui definito, costituisce il primo passo nella descrizione dell'universo come una solidarietà delle molte¬plici entità attuali. Ogni entità attuale è concepita come un atto di esperienza che sorge dai dati.

Tratto da Alfred Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 257-259-261

E' curioso come Whitehead legittima l'ontologia come scienza che, pur priva di fatti, fatti su cui basarsi, diventa la fonte della verità della sua filosofia.

" Le cose che sono temporali sorgono dalla loro partecipazione alle cose che sono eterne." Con questa affermazione, Whitehead afferma l'esistenza di cose eterne. Che esistano cose persistenti, oltre la vita dell'uomo, è un fatto, come la Terra che persiste nonostante che le generazioni di uomini si susseguano da moltissimo tempo. Che la Terra sia eterna o che le generazioni di uomini si susseguano in eterno è un'illazione che, se messa a fondamento della filosofia, diventa un "non fatto" che possiamo attribuire ad un desiderio delirante. Quando si attribuisce un concetto di realtà al delirio o alla fantasia; quando l'individuo non separa realtà da immaginazione; alla fantasia stessa o al delirio non ci sono limiti alle possibili manifestazioni.

Il fatto, da cui il filosofo può partire è se stesso. Non esiste un filosofo eterno e non esistono concetti di filosofia che non obbediscano alle necessità specifiche del filosofo, anche in quei filosofi che si estraniano da sé stessi per vivere le necessità della società. Di fatto, Whitehead crea due gruppi di cose, uno temporale e uno eterno. Sarebbe stato più coerente dividere le cose in uno reale e l'altro immaginario, ma se contrapponi cose reali a cose immaginate esci da ogni dimensione ontologica in quanto la dimensione ontologica, propria della filosofia metafisica del delirio di onnipotenza, viene circoscritta nell'ambito dell'immaginazione e separata così drasticamente dal reale analizzato da non poter più interferire sul reale vissuto dall'individuo. Se affermo l'esistenza di Cappuccetto Rosso, Dio, Babbo Natale, Gesù, il Coniglio Pasquale ecc. e sono consapevole che tali personaggi appartengono all'ambito della fumettistica o del fantasy non si è più in grado di attribuire la morale comportamentale ad una di queste "autority" per imporla come modello comportamentale all'infanzia prima e agli adulti poi.

Non c'è differenza fra la nonna di Cappuccetto Rosso che esce dalla pancia del lupo e Dio che crea il mondo in sette giorni. L'esistenza della nonna che esce dalla pancia del lupo in Cappuccetto Rosso è un ideale ontologico alla stessa stregua di Dio che crea il mondo.

Scrive Whitehead:

"Questa entità finale è l'elemento divino nel mondo, per cui l'arida disgiunzione inefficiente delle potenzialità astratte ottiene primordialmente la congiunzione efficiente della realizzazione ideale. Questa realizzazione ideale delle potenzialità in un'entità attuale primordiale costituisce la stabilità metafisica in virtù della quale il processo attuale esemplifica i principi generali della metafisica e raggiunge gli obiettivi propri dei tipi specifici di ordine emergente."

Tratto da Alfred Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 257-259

L'entità finale, o è un oggetto in sé, o è un oggetto in potenza. Attenzione che le possibilità sono in potenza, in quanto tali, ma sono realizzate come ideale nell'immaginazione desiderante. Se affermo che un obbiettivo o la manifestazione di un qualche cosa è "in potenza", ma nello stesso tempo metto in atto delle azioni per la realizzazione di quell' "in potenza", di fatto, ho realizzato l'oggetto che ho affermato essere "in potenza" rendendolo un "oggetto in essere" che ho posto come fondamento e finalità delle mie azioni affinché quell'"in potenza" si realizzasse. Dunque, nelle mie decisioni, l'oggetto che ho affermato essere "in potenza", era "in atto" in un modo così attivo da determinare le mie scelte.

Gli elementi della "metafisica" non sono "oggetti" in potenza da realizzare, ma sono oggetti affermati; oggetti in essere che costringono l'individuo ad organizzarsi partendo da loro. Una realizzazione che non avverrà mai nella realtà perché tutto inizia e si conchiude nella testa della persona. La persona modificherà scelte e corpo fisico in funzione degli oggetti metafisici idealizzati finendo per alienarsi dalla realtà quotidiana dove, al suo progettare, sostituisce il principio speranza in cui vaneggia di realtà oggettiva degli elementi metafisici idealizzati.

Pensare ad un "elemento divino" del mondo significa alienarsi dalla realtà ed organizzarsi in funzione di un "elemento divino" che è frutto solo dell'immaginazione, non desunta da fatti analizzati, o desunta da fatti che anziché essere vissuti vengono idealizzati in un contesto virtuale da cui si immagina l'esistenza di un possibile sconosciuto che può essere pensato come "elemento divino". L'ontologia non si basa sui fatti, ma sulla necessità dell'individuo di considerare realtà ciò che è frutto dei suoi deliri.

Senza tali ordinamenti, ci sarebbe una completa separazione degli oggetti eterni irrealizza¬ti nel mondo temporale. La novità sarebbe senza senso e inconcepibile. Stiamo qui estendendo e applicando rigo¬rosamente il principio di Hume, secondo cui le idee della riflessione derivano dai fatti attuali.

Con questo riconoscimento dell'elemento divino si conserva il principio aristotelico generale per cui a pre¬scindere dalle cose che sono attuali non c'è niente - niente né di fatto né di efficacia. Questo è il vero principio gene¬rale che è anche alla base del detto di Descartes: «Dal fatto appunto che percepiamo come presente un qualche attri¬buto concludiamo che deve necessariamente essere presente anche una qualche cosa esistente, cioè una sostanza, alla quale quell' attributo possa essere riferito». E anche: «Perché ogni percezione (perceptio) chiara e distinta è sen¬za dubbio qualcosa e, quindi, non può venire dal nulla [ ... ]». Questo principio generale sarà chiamato 'principio ontologico'.

Tratto da Alfred Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 259

Senza gli "ordinamenti", dice Whitehead, ci sarebbe connessione fra gli oggetti eterni e quelli presenti nel mondo temporale. A prescindere dal fatto che Whitehead non ha dimostrato i fatti dai quali parte per desumere l'esistenza di oggetti eterni, ma afferma che sarebbe una novità la non connessione fra oggetti eterni ed oggetti temporali.

Whitehead non solo non elenca i fatti da cui desume l'esistenza di oggetti eterni, ma considera una novità la separazione di relazione fra oggetti temporali (che presumo siano quelli che ricadono sotto i sensi) ed oggetti eterni che presumo sia il suo delirante fantasticare.

Nel costruire la relazione fra oggetti eterni ed oggetti temporali, Whitehead ritiene di aver rispettato il "principio di Hume" secondo cui "le idee della riflessione derivano dai fatti attuali" quando, al contrario, sappiamo che quando l'individuo si separa dalla realtà che sta vivendo elabora un insieme di idee, indotte dai suoi desideri, che tendono a formare un mondo irreale nel quale si sente signore e padrone. In altre parole, i deliri ontologici sono frutto di malattia mentale che pretende di essere riconosciuta come dato di realtà. Un elemento divino che prescinde dalle cose in essere nella realtà negando la realtà delle cose stesse.

Gli stessi vaneggiamenti di Descartes vengono fatti propri da Whitehead affermando che i deliri di un mondo ontologico sono indotti dalla realtà delle cose. Per cui, lo schizofrenico che percepisce come presenze allucinazioni uditive, tattili e visive, certamente non sono il prodotto della sua testa, ma sono la percezione di un universo ontologico indotto che non può provenire dal nulla.

A questo punto, mi chiedo, perché fare filosofia nelle aule universitarie o negli studi di riflessione? Si faccia filosofia nei manicomi, fra individui che delirano di Gesù, la madonna, Dio e altre amenità prodotte da un misto fra condizionamento educazionale e malattia mentale più o meno indotta dal condizionamento educazionale stesso.

Scrive whitehead:

E' un processo del 'sentire' i molteplici dati, così da assorbirli nell'unità di una 'soddisfazione' individuale. Qui 'sentire' è il ter¬mine usato per la fondamentale operazione generica del passaggio dall'oggettività dei dati alla soggettività dell'entità attuale in questione. I sentimenti sono operazioni variamente specializzate che effettuano una transizione nella soggettività. Essi prendono il posto del 'materiale neutro' di certi filosofi realisti. Un'entità attuale è un processo, e non può essere descritto nei termini della morfologia di un 'materiale'. Questo uso del termine 'sentimento' ha una stretta analogia con l'uso del termine 'godimento' da parte di Alexander; ha anche qualche affinità con l'uso del ter¬mine 'intuizione' da parte di Bergson.

Tratto da Alfred Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 261

Whitehead parte dal presupposto che gli oggetti ontologici siano percepiti soggettivamente in quanto oggetti reali che vengono sentiti e definiti dal soggetto che li percepisce.

Questo presupposto ha la funzione di escludere ogni discussione sugli oggetti ontologici e sulla loro realtà. Gli oggetti ontologici sono percepiti dal soggetto che mediante il sentire passano da una realtà oggettiva ad una realtà soggettiva attraverso il sentimento che effettua una transizione dell'oggetto ontologico nella soggettività dell'individuo. Il fatto che Babbo Natale vola con la slitta, è indotto da una realtà ontologica che attraverso il sentire soggettivo giunge al sentimento che apre il soggetto a pensare che Babbo Natale sia reale perché lui lo pensa come reale. Dal momento che lo pensa come reale, il soggetto manifesta la soddisfazione di un pensiero che definirebbe qualche cosa di reale e non un oggetto di fantasia estraneo e alienato rispetto al soggetto.

Whitehead fa delle incredibili capriole illogiche. Dopo aver affermato che il pensiero deve reggersi sui fatti, inventa i fatti per giustificare un pensiero che vuole definire aprioristicamente.

Scrive Whitehead:

Una analogia prossima si ha con l'uso del termine 'idea' da parte di Locke, che include le 'idee di cose particolari' (cfr. il suo Saggio, III, III, 2, 6 e 7). Ma la parola 'sentimento', per come è usata in queste lezioni, ricorda ancora di più Descartes. Ad esempio: «Ma certo mi sembra di vedere, di udire, di avere caldo. Non può essere falso, questo, vale a dire quel che in me, propriamente, si chiama sentire; e questo, preso così, precisamente, null' altro è che pensare».

Tratto da Alfred Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 261

La soggettività rimane soggettività, non è oggettivabile. Se dico che "io ho freddo", non significa che è oggettivamente freddo, significa che io percepisco una sensazione che chiamo freddo. Il fatto che io definisca una percezione, la mia percezione, non significa che io stia definendo un dato di realtà.

Se io percepisco la necessità di un "padre" onnipotente, non significa che esiste un "padre" onnipotente; significa che io ho la necessità di quell'esistenza per un mio bisogno soggettivo. Ovviamente, dal momento che voglio pensarlo e, pensandolo, soddisfo il mio bisogno, ne segue che vivo un momento di soddisfazione, di godimento, che si presenta alla coscienza con la stessa forza di un'illuminazione capace di coinvolgere l'intera coscienza.

Questo piacere, questa pseudo-intuizione, non dimostra una realtà, dimostra un bisogno soggettivo che viene proiettato nella ricerca di una realtà immaginaria per soddisfare il bisogno.

L'errore sta nel voler affermare come realtà oggettiva la necessità di un bisogno soggettivo. Ma fare questo errore impone di analizzare la realtà immaginata e nascondere, sottrarsi alla ricerca del perché e del percome il bisogno soggettivo mi è stato imposto. In sostanza, anziché cercare le motivazioni del venir in essere del bisogno, cerco una realtà del bisogno stesso alienato dalla mia persona e dai miei processi di trasformazione attraverso i quali sono divenuto.

La ricerca della realtà in una dimensione ontologica nega le trasformazioni soggettive della materia che compone il mio corpo e di tutte quelle pulsioni, quei desideri che gli sono propri nella sua attività di vivere e abitare il mondo.

La visione ontologica della realtà è una visione propria del creazionismo e si oppone alla trasformazione della materia cercando le ragioni della realtà del mio essere nel mondo nella creazione e non nei miei processi di adattamento soggettivo della mia esistenza nelle condizioni poste dal mondo nei miei confronti.

Va da sé che se il mondo pone ad ogni soggetto che in esso nasce le medesime condizioni, le trasformazioni dei soggetti nell'adattarsi a quelle condizioni sono simili e simili sono le risposte soggettive di adattamento alle condizioni imposte. In questa situazione gli ontologici vedono una conferma di una realtà trascendente la realtà quotidiana che agirebbe sulla sensibilità, sulla percezione, psichica delle persone che si rivelerebbe alla mente umana.

Scrive Whitehead:

Nel linguaggio cartesiano, 1'essenza di un'entità attuale consiste solamente nel fatto che essa è una cosa prendente (cioè una sostanza la cui essenza intera o natura è quella di prendere). Un 'sentimento' appartiene alle specie po¬sitiva delle 'prensioni'. Ci sono due specie di prensioni, la 'specie positiva' e la 'specie negativa'. Un'entità attuale ha un legame perfettamente definito con ogni elemento nell'universo. Questo suo legame è la sua prensione di quell'elemento. Una prensione negativa è l'esclusione definita di quell'elemento dal contributo positivo alla costituzione interna reale del soggetto. Questa dottrina implica la tesi che una prensione negativa esprime un legame. Una prensione positiva è l'inclusione definita di quell'elemento nel contributo positivo alla costituzione interna reale del soggetto. Questa inclusione positiva è chiamata il suo 'sentimento' di quell'elemento. Altre entità sono richieste per esprimere come ogni elemento sia sentito. Tutte le entità attuali nel mondo attuale, relativamente ad una data entità attuale in quanto 'soggetto', sono necessariamente 'sentite' da quel soggetto, sebbene lo siano vagamente, in generale. Si dice che un'entità attuale in quanto sentita è 'oggettivata' per quel soggetto. Solo una selezione di oggetti eterni sono 'sentiti' da un dato soggetto, e si dice allora che questi oggetti eterni abbiano 'ingressione' in quel soggetto. Ma quegli oggetti eterni che non sono sentiti non sono per questo trascurabili. Poiché ogni prensione negativa ha la sua forma soggettiva, per quanto banale e debole. Essa aggiunge qualcosa al complesso emotivo, anche se non ai dati oggettivi. Il complesso emotivo è la forma soggettiva della 'soddisfazione' finale. L'importanza delle prensioni negative sorge dal fatto (i) che le entità attuali formano un sistema, nel senso che entrano nella costituzione l'una dell' altra, (ii) che per il principio ontologico ogni entità è sentita da qualche entità attuale, (iii) che, come conseguenza di (i) e (ii), ogni entità, nel mondo attuale di un'attualità concrescente, ha un qualche grado di effettiva rilevanza per quella concrescenza, (iv) che, in conseguenza di (iii), la prensione negativa di un' entità è un fatto positivo con la sua forma soggettiva, (v) c'è una reciproca sensibilità delle forme soggettive delle prensioni, così che esse non sono indifferenti le une alle altre, (vi) la concrescenza sfocia in un sentimento concreto, la soddisfazione.

Tratto da Alfred Whitehead, Processo e realtà, Bompiani, 2019, pag. 261- 265

Un sentimento non è ciò che si prende, ma ciò che si esprime. Il sentimento è un'apertura dell'individuo al mondo, alle sollecitazioni del mondo. Si tratta dell'emozione che contraddistingue il vivente dal non vivente che si eccita alle sollecitazioni del mondo e trasforma l'eccitazione in sentimento o in sentire. Solo che il meccanismo, attraverso il quale l'emozione si eccita, non risponde solo alle sollecitazioni esterne al soggetto, ma risponde anche a propri meccanismi, cioè al fatto di poter eccitarsi mediante l'immaginarsi situazioni esterne che, anziché esistere, sono il frutto dell'immaginazione.

Il meccanismo dell'eccitazione emotiva è un meccanismo fondamentale per la vita. E' un po' come per la vita sessuale. La visione di una bella donna o un bell'uomo crea eccitazione, ma l'eccitazione può essere prodotta anche immaginando un bell'uomo o una bella donna. Nel primo caso esiste un oggetto reale, nel secondo caso l'oggetto reale non esiste, ma viene creato mediante l'immaginazione.

Il meccanismo del sentire, dell'eccitazione, si mette in moto perché il meccanismo è proprio dell'individuo ed è proprio della volontà dell'individuo distinguere fra il proprio immaginario e la realtà che vive.

Nel soggetto, i dati dell'immaginazione vengono vissuti come oggettivi, ma questo non significa che siano oggettivi, significa che il soggetto li immagina come altro da sé e li vive come formanti il proprio mondo quotidiano. Questo non legittima chi immagina un mondo ontologico la violenza con cui impone ad altri uomini la propria soggettività affinché altri uomini facciano propria la sua realtà immaginata

E' indubbio che uno schizofrenico può immaginare la presenza di Dio del quale sente le voci e al quale obbedisce agli ordini, ma ciò non significa che esista Dio e che lo schizofrenico possa pretendere che altre persone condividano la sua percezione di Dio. La percezione dello schizofrenico è una percezione ontologica di una realtà che egli vive con tutto sé stesso, ma rimane il prodotto di una malattia ai cui sintomi lo schizofrenico ha adattato il proprio corpo e la propria psiche.

Effettivamente lo schizofrenico vive la prensione di una realtà immaginata, ma non può chiedere con-prensione perché la realtà immaginata è tutta nella sua testa, nella sua immaginazione, e non può essere condivisa da altre persone se non come atto di fede di altre persone nei confronti della dimensione allucinatoria in cui vive quello schizofrenico.

Che poi si formi un universo di realtà immaginate e si costruiscano storie di un Dio creatore, di un Gesù che appare sulle nubi con grande potenza, di una reincarnazione che all'allucinato dà la certezza di nuova vita o di un fantomatico "eterno ritorno" o lo porti a vivere paradisi o inferni, fa tutto parte della formazione virtuale di un'oggettività alla quale si piegano le persone manipolandole attraverso un'apprensione angosciosa che attende la realizzazione di una realtà immaginata che dovrebbe sostituire, nella loro attesa, la realtà quotidiana che tanta sofferenza provoca in loro con i suoi problemi che pone.

Cosa sono gli oggetti eterni di Whitehead che popolano l'immaginario ontologico se non Dio dei cristiani, quel macellaio di Sodoma e Gomorra al quale Whitehead vuole abbonare i delitti, le azioni delittuose che lo hanno imposto all'umanità? Che cos'è se non la reincarnazione di Platone che induce speranze di avere una seconda possibilità dopo un fallimento esistenziale. Che cos'è se non un Gesù che arriva alla fine dei tempi con grande potenza sulle nubi portando la devastazione fisica della fine del mondo, ma acquetando l'ansia esistenziale di uomini falliti nella loro esistenza e che sperano di non dover affrontare mai i problemi quotidiani? Cosa sono gli "oggetti eterni" di Whitehead se non quelle soddisfazioni nell'immaginare una realtà in cui il sé stesso si eleva all'onnipotenza come una prensione positiva capace di acquetare l'angoscia del reale?

Whitehead spinge le persone a pregare Dio ritenendo l'oggetto ontologico un oggetto reale. Ma colui che afferma di "distruggere il tempio in tre giorni e di ricostruirlo in tre giorni" rimane confinato nell'immaginazione e se vuoi costruire il tuo tempio è bene che, anziché pregare, infili le mani nell'argilla, costruisca i mattoni, inizi a spianare il terreno, gettare le fondamenta, innalzare i muri portando, giorno dopo giorno, mattoni e malta sulle spalle. Giorno dopo giorno, per tutto il corso della tua vita perché il tempio che costruisci è te stesso. Un te stesso che si modifica giorno per giorno, portando mattoni, serrando i pugni e affrontando i problemi quotidiani perché nessuno verrà con grande potenza dalle nubi e nulla, di ogni "visione" ontologica, si è mai realizzata se non nella violenza con cui si appropriava degli uomini e li costringeva a rinunciare a portare i mattoni per impedire loro di costruire la loro vita e la loro esistenza. L'ontologia, in sostanza, impedisce agli uomini di cogliere dall'albero della vita, mangiarne e vivere in eterno.

Marghera, 16 febbraio 2021

 

 

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Claudio Simeoni

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Guardiano dell'Anticristo

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La Teoria della Filosofia Aperta

Le idee si presentano alla ragione come dei lampi intuitivi. Illuminano per un attimo la ragione e poi tendono a sparire annullate da una ragione che tende a riprendere il controllo sull'individuo. Le idee sono un'emozione che insorge con violenza dentro di noi e modifica la nostra descrizione del mondo, una descrizione che la ragione tende a ripristinare ma che l'emozione ha definitivamente compromesso. Una nuova descrizione, una nuova filosofia emerge dentro di noi e noi, qualunque sia il nostro grado di cultura, dobbiamo comunque confrontarla con la cultura del mondo in cui viviamo.