ORACOLI CALDAICI

di Claudio Simeoni

In che cosa consiste un sentiero di Stregoneria.

NON L'UNO CONSAPEVOLE, MA IL PRESENTE CHE PARTENDO DALL'ENERGIA VITALE INCONSAPEVOLE MARCIA PER COSTRUIRE LA CONSAPEVOLEZZA UNIVERSALE PRENDENDOSI NELLE PROPRIE MANI LA RESPONSABILITA' SOGGETTIVA DELLA PROPRIA ESISTENZA.

I CRISTIANI STRAPPANO LA RESPONSABILITA' SOGGETTIVA PER SOTTOMETTERE GLI ESSERI UMANI ALLA SUPERSTIZIONE DEL LORO DIO PARTORITO DALLE LORO FANTASIE DI MORTE.

GLI ORACOLI CALDAICI, NELLA SISTEMAZIONE CHE NE HA FATTO TONELLI PUBBLICATA DALLA BUR, HA AFFERRATO LA MIA ATTENZIONE COSTRINGENDOMI A RINNOVARE LA SFIDA.

IL LAVORO E' STATO TERMINATO IN PRIMA STESURA (E COME AL SOLITO, SALVO CORREZIONI DI ERRORI GROSSOLANI) IL 15.11.1999 E VIENE PRESENTATO COSI' NELLE TRASMISSIONI RADIOFONICHE DI RADIO GAMMA 5 (trasmette su 94 FM) DI CADONEGHE PADOVA OGNI GIOVEDI' POMERIGGIO.

PER ORA MI LIMITO A PRESENTARE IL COMMENTO DI ALCUNI FRAMMENTI. QUANTO VIENE PRESENTATO E' SOLO PER DARE UN'IDEA:

CLAUDIO SIMEONI

ORACOLI CALDAICI:

LA STREGONERIA PER LA RICOSTRUZIONE

DEL PAGANESIMO POLITEISTA



L'INTENTO E IL SUO RIFLESSO

Lo Stregone sfida sé stesso, si modifica, percorrendo i mutamenti; il filosofo pensa sé stesso e mette ordine nel proprio pensato!



“Vai al commento completo degli Oracoli Caldaici:

http://www.federazionepagana.it/indiceoracoli.html

Questa pagina è solo una pagina di presentazione.”



Lo Stregone afferra il nuovo nei suoi viaggi e lo impone alla ragione; il filosofo prende il nuovo, lo liscia, e lo analizza inserendolo nella sua ragione attraverso la sua logica e la sua erudizione!

DA QUESTO INTENTO SI HA:

1) c'è un intuibile che devi cogliere con il fiore dell'intuire, perché se inclini verso di esso il tuo intuire, e lo concepisci come se intuissi qualcosa di determinato, non lo coglierai. E' il potere di una forza irradiante, che abbaglia per fendenti intuitivi. Non si deve coglierlo con veemenza, quell'intuibile, ma con la fiamma sottile di un sottile intuire che tutto sottopone a misura, fuorché quell'intuibile; e non devi intuirlo con intensità ma - recando il puro sguardo della tua anima distolto - tendere verso l'intuibile, per intenderlo, un vuoto intuire, ché al di fuori dell'intuire esso dimora.

Consideriamo il termine "intuire". Cosa significa? L'intuizione viene descritta come un conoscere immediatamente una cosa. Un conoscere che non è ottenuto mediante una dimostrazione, un ragionamento o una descrizione, ma è ottenuto mediante trasposizione emotiva dell'individuo che intuisce. Una sorta di comprensione immediata. Una sorta di illuminazione. Qualche cosa che si è accumulato nel tempo e poi si manifesta con chiarezza al nostro sentire e al nostro vedere. Nel manifestarsi rende comprensibile e chiaro quanto fino a prima era nebuloso ed oscuro. Quasi una visione delle cose quando queste, o alcuni loro fenomeni, si presentano alla coscienza. Questo è il significato di intuire e non può essere definito in maniera diversa l'oggetto che si presenta per la prima volta alla ragione e questa, trattenendo il respiro per la novità, si appresta a descriverlo. L'intuizione è un colpo immediato alla ragione. La ragione è costretta a prendere atto dell'esistenza di un oggetto che lei non descriveva e anche se vuole ignorarlo deve diventare consapevole dell'esistenza di uno sconosciuto che la circonda e del quale ella non dispone degli strumenti per penetrarlo. La mancanza di strumenti propri della ragione per descrivere lo sconosciuto che la circonda mette in discussione il suo dominio sull'Essere Umano costruendo una condizione per la quale la ragione descrive lo sconosciuto circostante con mostri orrifici, con voli di fantasia, con chimere al fine di ammaliare l'Essere Umano dicendogli che fuori della descrizione che la ragione propone ci sono solo fantasie, mostri e fobie. Di questo lei è comunque l'artefice in quanto parte della sua descrizione. L'Essere Umano che coltiva l'autodisciplina ferma la ragione! Ferma le sue fantasie e ferma i suoi mostri orrifici. Nel fermare la ragione permette al suo intuire di spaziare nello sconosciuto che lo circonda. L'intuire dell'Essere Umano può muoversi nello sconosciuto e può riconoscere, intuendolo, l'oggetto che incontra. Ma l'oggetto che incontra non lo può descrivere. La descrizione appartiene alla ragione; lo può intuire. Può diventare parte dell'oggetto. Può fondersi con l'oggetto ma non lo può descrivere in quanto l'oggetto che incontra non dispone di elementi all'interno della ragione attraverso i quali formare la descrizione. Se tenti di descrivere, e perciò determinare l'oggetto che intuisci, non lo intuisci ma descrivi una forma che è necessariamente incompleta come la tua ragione e gli elementi che la compongono. Intuire l'oggetto significa diventare parte dell'oggetto; compenetrare l'oggetto; osservare il mondo con gli occhi dell'oggetto. Descrivere un oggetto significa separare e numerare i fenomeni dall'oggetto proiettando sull'oggetto la nostra soggettività e la nostra descrizione dei fenomeni stessi. Descrivere un oggetto significa non cogliere l'oggetto. Significa proiettare sull'oggetto la quantità e la qualità della nostra descrizione obbligando l'oggetto e la nostra ragione ad adattarsi alla nostra pochezza soggettiva. Anziché espandere noi per compenetrare l'oggetto intuito, restringiamo l'oggetto intuito per farlo aderire alla nostra descrizione. Ecco che la ragione non coglie l'oggetto a differenza dell'intuizione che compenetrando l'oggetto ne diventa parte. L'intuibile è la forza irraggiante dell'infinito che ci circonda. Un infinito che noi possiamo penetrare con la nostra azione ma non possiamo descrivere con la nostra ragione. Quella forza irraggiante abbaglia la ragione; la smarrisce. I fenomeni che si presentano alla ragione dall'infinito che la circonda la smarriscono. Solo l'intuito libero dai legami della ragione, solo il silenzio interiore ci permette di liberare il nostro intuire affinché spazzi nell'intuibile che ci circonda. Un intuibile sempre presente e che sollecita il nostro intuire. Sollecita il nostro intuire a liberarsi dalla costrizione della ragione e a spaziare indipendentemente da essa. Sollecita il nostro intuire a compenetrare l'intuibile circostante. Questa penetrazione non deve essere fatta con veemenza, impetuosità, violenza ma con "la fiamma sottile di un sottile intuire che tutto sottopone a misura". L'intuire non è Furia che prorompe, non è avidità della Conoscenza ma è un trasporto soggettivo verso sponde ignote, verso intuizioni sconosciute. Nell'ignoto l'Essere Umano si muove con prudenza ma si muove. Considera e soppesa senza descrivere, sospende il giudizio, si sazia dell'intuizione e trasforma sé stesso. Trasforma la propria ragione, trasforma il proprio modo di guardare il mondo, trasforma la forza del proprio intuito con cui penetrare l'intuibile che lo circonda. Ciò che non può misurare è quell'intuibile. L'Essere Umano è un'isola nell'immenso sconosciuto che lo circonda. Non può misurare lo sconosciuto ma può immergersi dentro, diventarne parte, compenetrarlo e farsi compenetrare mantenendo la consapevolezza di sé stessi, di un'isola nell'immenso che spazia per lidi infiniti mantenendo la propria consapevolezza. L'intuizione dell'infinito deve essere fatta con gli strumenti dell'intuire. Si deve rinunciare alle categorie della ragione, ai suoi aggettivi, ai suoi strumenti. Non si piega l'intuito a sé stessi ma si costruisce sé stessi al fine di muoversi e crescere in quell'intuibile. L'intuizione non deve essere il fine della propria esistenza. L'intuizione non deve diventare oggetto o strumento di possesso, ma deve essere un'intuizione gentile attraverso lo sviluppo dello spazio attribuito al nostro intuire chiedendo alla ragione di spostarsi dal dominio dell'Essere Umano. Il vuoto della mente, il vuoto delle parole, il blocco del dialogo interno permette all'intuibile di presentarsi al nostro intuire. Lo sguardo puro è lo sguardo che non descrive, è lo sguardo che intuisce quanto si presenta senza ridurre quanto si presenta a categorie predeterminate. Essere consapevoli che l'intuibile e l'intuire sono cose diverse eppure che l'assonanza dell'uno e dell'altro permette all'Essere Umano di intuire quanto circonda la ragione e di muoversi nell'intuibile senza che la ragione sia in grado di descriverlo.

Il primo oracolo che analizziamo ci pone due condizioni dalle quali non posiamo derogare. La prima è la possibilità per l'Essere Umano di superare la ragione attraverso la sua intuizione e la seconda è l'esistenza di un intuibile fuori della ragione che solo l'intuire può raggiungere. Il paragrafo non ci dice la relazione esistente fra l'intuibile, l'intuire e la ragione ma ci parla chiaramente della necessità di articolare l'intuire per modificare la ragione stessa. Ci dice inoltre dell'esistenza di categorie diverse dalla ragione attraverso le quali affrontare l'intuibile che ci circonda. Categorie che anche se vengono definite mediante parole appartenenti alla ragione non significano necessariamente quanto significano quelle parole ma tendono a descrivere un modo di porsi che può diventare chiaro soltanto costringendo la ragione a farsi da parte affinché il nostro intuire raggiunga l'intuibile che si presenta ad esso.

Un'altra osservazione importante è l'assoluta assenza di dipendenza fra l'intuire e l'intuibile. Dove l'intuibile può sollecitare l'intuire del soggetto ma è il soggetto che intuisce l'intuibile attraverso il suo intuire. Non esiste relazione di dipendenza fra l'intuire del soggetto e il possibile intuibile. Esiste la necessità della relazione esattamente come un fiume scorre sempre dal monte al mare. La necessità di adattamento soggettivo spinge l'intuire del soggetto a superare il determinato descritto dalla ragione per tuffarsi nel mare dell'intuibile, afferrare nuovi fenomeni e portarli alla ragione per modificare il modo soggettivo attraverso il quale guardare il mondo. L'intuibile non è padrone dell'intuire esattamente come il mare non è padrone del fiume. La diga che un soggetto erge fra l'intuibile e la sua capacità di intuirlo è la sua ragione: la necessità di determinare e descrivere l'intuibile stesso. L'intuibile non è dunque il dio padrone tanto caro ai cristiani ma è il circostante cosciente consapevole di sé stesso che nella misura in cui un Essere Umano è in grado di intuire può chiamarlo a sorreggere la propria intuizione proprio perché la propria intuizione è in grado di alimentare l'intuibile delle Coscienze di Sé che dal circostante affrontano la loro oggettività intuibile di cui l'Essere Umano, nell'intuirle, è parte.

Qualcuno potrebbe mettere in dubbio l'affermazione asserendo: chi mi dimostra l'esistenza di un intuibile che io non sono in grado di intuire? Come posso pensare l'esistenza di un qualche cosa che io non posso raggiungere mentre tu ne affermi l'esistenza? Io costruendo me stesso e dilatando il mio percepire nel mondo che mi circonda alimento ed estendo continuamente il mio sapere e la mia conoscenza. Affrontando le condizioni della vita oggi non sono più ciò che ero un anno fa: ho alimentato il mio esistere espandendo me stesso. Non posso dimostrarti i miei cambiamenti a meno che tu non abbia camminato assieme a me. Insieme possiamo guardare indietro ed osservare come qualcuno esplode in un intuire e alimenta la propria crescita intuendo quanto lo circonda. E' l'Essere Feto che muore e nasce un bambino o una bambina. Questi Esseri nascono in un intuibile e la loro crescita e le loro trasformazioni sono relative alla quantità e qualità di intuibile che intuiscono e fagocitano. Vedendo l'attività da spettatori noi assistiamo all'intuizione del nuovo nato. Osserviamo il nuovo nato mentre intuisce e si espande. Attraverso quale meccanismo logico si può asserire che un Essere Umano adulto non vive in un intuibile? E' piuttosto la sua rinuncia ad intuire che separa il proprio intuire dall'intuibile. L'affermazione, dimostrami che esiste un intuibile da intuire, altro non è che l'accettazione sublimata della sconfitta dell'intuire soggettivo. Se è vero che quanto io non intuisco è come se quell'intuibile non esistesse è altrettanto vero che attraverso l'accettazione della sconfitta, generata dalla sottomissione, si blocca l'intuire affinché si separi dall'intuibile. Dal momento che la sconfitta non può essere riconosciuta dal soggetto (altrimenti modificherebbe il proprio stato) questi giustifica la separazione fra la propria intuizione e l'intuibile affermando che l'intuibile non esiste e pertanto non trova nessuna ragione logica per alimentare il proprio intuire.

Gli Oracoli Caldaici partono da una oggettività immanente rispetto all'Essere Umano ma trascendente rispetto alla sua ragione e alla sua descrizione. Una realtà che non può essere compresa e descritta mediante la ragione ma può essere praticata mediante l'intuire soggettivo che liberatosi dai fantasmi della ragione può avventurarsi.

Da qui prende il via la sequenza degli Oracoli Caldaici che abbiamo scelto di descrivere e commentare. La dualità umana viene definita come ciò che determina, la ragione, e ciò che intuisce, l'intuire. Questa dualità ci permette di collocare gli Oracoli Caldaici all'interno della tradizione pagana anche se, come tardo pagana, si riferisce alle religioni misteriche orientali che partendo da tradizioni Fenice, indo-iraniane, babilonesi, Caldee, Hittite altera la percezione per cogliere l'infinito del divenire umano. Dualità sempre presente fra descrizione e percezione dove l'una e l'altra interagiscono per costruire il dio che cresce dentro all'Essere Umano.

Naturalmente potremmo anche dire: "c'è un sentire che devi cogliere con il fiore del tuo sentire, perché se inclini verso di esso il tuo descrivere e lo concepissi come se descrivessi qualche cosa di determinato, non lo sentirai. E' il potere di una forza irradiante, che abbaglia per fendenti sensibili. Non si deve coglierlo con veemenza quel sentire, ma con la fiamma sottile di un sottile sentire che tutto sottopone a misura, fuorché quel sentire; e non devi sentirlo con intensità ma - recando il puro sguardo della tua anima distolto - tendere verso quel sentire, per intenderlo, un sentire vuoto, ché al di fuori della descrizione della ragione esso dimora.”

ANCORA:

33) ... artefice esperto, edificatore del mondo igneo...

Letteralmente: l'edificatore esperto che costruisce il mondo infiammato.

Cosa può infiammare il mondo se non la nascita della Coscienza di Sé, la Consapevolezza dell'esistenza e il bisogno dell'espansione espresso attraverso volontà?

Il mondo igneo è il mondo della Conoscenza. Il mondo si infiamma quando passa dalla non Conoscenza alla Conoscenza individuando sé stesso diverso dall'inconsapevole. Il mondo percorso da Coscienze di Sé che si dilatano e che costruiscono delle relazioni. Il mondo igneo è il brodo primordiale. Ogni brodo da cui scaturisce Coscienza Consapevolezza, necessità di sapere, Potere di Essere e dilatazione per costruire Coscienza nell'infinito dei mutamenti.

L'artefice è il costruttore. Quante volte una frazione di Energia Vitale è diventata Cosciente di Sé riconoscendo sé stessa diversa dall'oggettività in cui è sorta e non ha saputo costruirsi nei mutamenti finendo per ritornare al proprio stato di inconsapevolezza e disperdendosi nel tutto? Quante volte un'opportunità di eternità è andata perduta? Ma non tutto è fallito. Per molti fallimenti qualcuno è riuscito. Quel qualcuno è l'artefice. Colui che ha avuto sufficiente Potere o velocità per sovrapporre a Necessità che lo ha generato la propria volontà. Colui che colta l'occasione della propria Consapevolezza ha sviluppato la propria necessità d'esistenza da mettere in atto delle strategie per assicurarsi di poter continuare a sviluppare sé stesso anche quando le condizioni casuali che lo hanno generato sarebbero cessate.

Costoro, negli infiniti brodi primordiali che le situazioni generano all'infinito, sono gli artefici. Sono coloro che costruiscono dei cammini di eternità. Sono coloro che popolano il mondo fiammeggiante della Conoscenza e della Consapevolezza. Sono coloro che lo arricchiscono e che lo alimentano. Alimentando il mondo fiammeggiante della Conoscenza e della Consapevolezza si nutrono da quel mondo alimentando il proprio cammino di eternità.

Ci sono e ci saranno sempre Coscienze che per un motivo o per un altro si rifiutano di alimentarsi dalle fiamme della Conoscenza e della Consapevolezza. Avranno sempre paura di essere bruciate. Sarà proprio la paura di essere bruciate che finirà per consumarle annientando la loro Coscienza di Sé.

34) Di là scaturisce la materia cangiante; di là precipitando, il fulmine esautora il fiore del suo fuoco, gettandosi nella cavità dei mondi; perché è là che tutte le cose cominciano ad inclinare i raggi verso il basso, stupendi.

Dalla capacità della Coscienza di Sé di sovrapporre alla Necessità che l'ha generata la propria volontà per perpetuare sé stessa dilatandosi scaturisce la materia cangiante. La materia che cambia colore. L'essenza dell'Energia Vitale che dal colore dell'inconsapevolezza passa al colore fiammeggiante della Coscienza di Sé.

Il fulmine è la rappresentazione della volontà soggettiva ed il fiore la forma che la Coscienza di Sé ha assunto. Ma la Coscienza di Sé non permane in quella forma. La Coscienza di Sé deve modificarsi continuamente per perpetuare la propria Coscienza alterando continuamente la propria forma. Questo avviene grazie alla volontà soggettiva che si relaziona col mondo che circonda la Coscienza di Sé.

Questo gettarsi nella cavità dei mondi o, se si preferisce, nelle contraddizioni dell'esistenza affrontandole e risolvendole al fine di costruire sviluppando la propria Coscienza di Sé è uno spettacolo stupendo. E' lo spettacolo della vita! E' lo spettacolo tappa-preludio per la costruzione della Coscienza Universale.

Queste azioni sono dei cominciamenti. Sono azioni che determinano la qualità della Coscienza Universale alla fine dei mutamenti. La soluzione di una contraddizione che porta a sviluppare la Coscienza che l'ha risolta è un passo per la costruzione della Coscienza Universale.

Così le Coscienze di Sé che riconoscono sé stesse diverse dall'inconscio che le circonda non si ergono a padrone e dominatrici dell'esistente. Non affermano: "L'esistente mi appartiene! Io sono padrona dell'esistente!" Ma inclinano i raggi della loro azione verso il basso. Inclinano la loro azione nei confronti dell'Energia Vitale inconscia affinché sempre più Energia Vitale passi dalla forma inconscia alla forma conscia favorendo questa trasformazione. La trasformazione dell'inconscio al conscio; la trasformazione da quanto è appena consapevole alla consapevolezza universale è lo spettacolo stupendo a cui il veggente assiste con trasporto emotivo che solo lo spettacolo della vita e della sua espansione può dare: STUPENDO!

ANCORA:

35) è da lui che scaturiscono le folgori implacabili e il grembo della luce rifulgente di HEKATE, sorta dal padre, che accoglie la folgore, e il fiore del fuoco che forma una cintura, e al di là dei poli ignei il soffio possente.

Dalla Coscienza di Sé scaturiscono le folgori della volontà di trasformazione. La trasformazione non si manifesta attraverso un lento divenire. Una lenta trasformazione. Non è il fiore della forma della Coscienza di Sé che si trasforma. IL fiore si trasforma un po' ma poi muore. Muore e si dissolve colpito sistematicamente dai fulmini della volontà che dalla Coscienza di Sé si scaricano nel circostante, affrontando le contraddizioni e modificando la struttura del fiore stesso.

Volontà trasforma la forma.

HEKATE accoglie la folgore e il fiore forma la sua cintura.

Formare la cintura di HEKATE. HEKATE è il fulgore della morte. E' la morte, come fine di uno stato di Consapevolezza, trasformato in nascita di uno stato di consapevolezza capace di percorrere nuovi sentieri. Dove il secondo è stato forgiato nel primo. HEKATE è il potere di questo passaggio. Ogni stato di Consapevolezza che si costruisce articolando la Coscienza di Sé è un fiore che fatto appassire dalle folgori della volontà soggettiva emette il seme (come Potere di Essere) per la formazione dello stato successivo della Coscienza di Sé che procede nel suo processo di costruzione formando un nuovo fiore che a sua volta appassirà sotto le folgori della volontà soggettiva per emettere il seme per la formazione dello stato successivo.

Fiore dopo fiore forma la cintura di HEKATE.

Quali sono i poli di fuoco? I poli entro i quali avviene la trasformazione della Coscienza di Sé Universo? Sono la nascita della Coscienza di Sé e la fine di quello stadio di sviluppo della Coscienza di Sé. Questi poli sono i limiti di ogni "soffio" di consapevolezza. Sono piccoli poli per piccole Coscienze di Sé o, meglio, per piccoli stadi di sviluppo della Coscienza di Sé oppure sono i grandi poli della formazione della Coscienza di Sé Universo. La possenza si articola sempre! Nella piccola Coscienza di Sé come nell'Universo; la grandiosità e la magnificenza è uguale!

La cintura di HEKATE grande o piccola che sia. E' la cintura composta dai fiori delle singole Coscienze di Sé che dopo averne esaurito uno continuano formandone altri oppure è la grande cintura di tutti i fiori delle Coscienze che attraverso le loro trasformazioni costruiscono la Coscienza Universale.

Quando il feto, degli Esseri della Natura, muore è il fiore della Conoscenza abbattuto dalle folgori di volontà. Il seme che quel fiore ha generato è l'Essere della Natura. Un nuovo fiore che tenta di espandersi nel circostante in cui diviene. La morte dell'Essere Feto e la nascita dell'Essere della Natura è un fiore alla cintura di HEKATE. Così fra gli Esseri Umani quando muore il fanciullo o la fanciulla nasce l'Essere Umano adulto. Il fiore che è appassito sotto i colpi della volontà è un fiore alla cintura di HEKATE. Così ancora, fra gli Esseri Umani adulti quando la morte del corpo fisico si trasforma in nascita di un corpo luminoso è un altro fiore alla cintura di HEKATE. Quando la morte del corpo fisico non partorisce il corpo luminoso quel fiore si spegne: non era un artefice esperto; non era un edificatore del mondo igneo. Qualcosa è intervenuto. Il fiore era sterile. Avrebbe potuto essere parte della cintura di HEKATE e invece è appassito, dissolvendosi consumato dal non aver articolato la propria volontà.

Così per ogni Coscienza di Sé dell'universo, qualunque sia la qualità delle sue trasformazioni. Qualunque sia i suoi percorsi per accumulare Sapere Conoscenza e l'esercizio delle sue determinazioni. Il fiore della Coscienza di Sé è il fiore della cintura di HEKATE.

HEKATE sorta da Necessità e Intento fa di Necessità e Intento le tensioni dalle quali scaturiscono le Coscienze di Sé del cui fiore ella si adorna.

ANCORA:

36) il nous del padre, condotto su guide inamovibili, inflessibilmente irradianti per solchi di fuoco implacabile.

Necessità e Intento muovono il pensiero, l'intenzione, il progetto, lo scopo, l'intendimento, il modo di pensare, il modo di giudicare e il sentire (tutto questo è il nous) viene condotto su guide inamovibili. Quali sono queste guide? Sono le guide di Intento. Sono le trasformazioni dell'inconscio in Coscienza. Ma sono inamovibili perché nel momento stesso in cui una Coscienza di Sé non sviluppa la propria Conoscenza, il proprio sapere (il nous) sovrapponendo a Necessità che ne è madre la propria volontà di trasformazione cessa di svilupparsi. Cessa di esistere. C'è una sola scelta: il proprio sviluppo. L'unica alternativa allo sviluppo è la propria distruzione.

Le tensioni dell'esistenza si irradiano attraversando ogni Coscienza di Sé qualunque sia la sua natura e la veggente appaiono come linee luminose o come linee di fuoco che consapevoli di sé stesse si irraggiano per alimentare il proprio simile mentre cresce e si sviluppa all'interno di una Coscienza di Sé. Diventate consapevoli, generate dalle Coscienze di Sé come una rete avvolgono l'esistente spingendolo nella direzione che le tensioni dei loro bisogni indicano.

Queste Coscienze di Sé che tentano di svilupparsi diventando eterne infondono una direzione di sviluppo alle stesse Coscienze di Sé che le hanno generate al fine di preservare sé stesse e svilupparsi nell'infinito dei mutamenti.

Tutto questo brulicare di Coscienza appare al veggente come un reticolato di solchi consapevoli che avvolgono ogni Coscienza di Sé e che sono molto attivi fra gli Esseri della Natura.

Esiste una sola direzione nella quale il nous conduce: la costruzione della Coscienza Universale. Può essere che qualcuno ingannato dal proprio condizionamento educazionale legga percorsi o stadi in modo differente, ma è solo inganno costruito attraverso il blocco delle proprie trasformazioni.

Le guide sulle quali si muove lo sviluppo della Coscienza di Sé e i fini del loro sviluppo è inamovibile e condotta in modo inflessibile. In gioco c'è la costruzione delle Coscienza di Sé Universo anche se la qualità è determinata dai singoli cammini delle singole Coscienze di Sé e dalle loro interazioni con la loro oggettività.

E ANCORA:

190) Per quale motivo dall'ètere che sempre scorre evocasti me, la dea HEKATE, così, con costrizioni che domano gli dèi?

L'affermazione della dea attrae l'attenzione del lettore. La concentra sul suo disappunto distraendola dalla risposta. E' la risposta che non viene espressa in questo frammento la chiave per comprendere la domanda fatta da HEKATE.

Lei è essenza, parte integrante, dell'"etere che sempre scorre". Che cos'è l'etere che sempre scorre? E' la forza continua della trasformazione di quanto è inconscio a quanto diventa cosciente di sé, consapevole. E' la forza continua che porta la Coscienza di Sé e la Consapevolezza a dilatarsi nell'infinito delle cose e dei mutamenti. Questo è l'etere che sempre scorre. In quest'etere che sempre scorre il Potere di Essere di HEKATE si alimenta attraverso i passaggi di stato e di mondi che gli Esseri attraversano mentre usano la propria volontà per divenire nell'infinito dei mutamenti. Il Potere di Essere di HEKATE all'interno degli Esseri della Natura raggiunge il massimo splendore quando il corpo fisico di questi muore e nasce il corpo luminoso. In quel momento HEKATE risplende in ogni Essere.

Quando muore l'Essere Feto e nasce l'Essere della Natura è Giunone che risplende; quando muore l'Essere della Natura e nasce l'Essere Luminoso è HEKATE la splendente di luce che trae forza e nutrimento.

Ed accorre HEKATE evocata col Potere di Essere di chi sta per affrontare l'ultima sfida della vita fisica. Accorre perché chiamata da quel Potere di Essere al quale HEKATE non è in grado di sottrarsi.

HEKATE è chiamata ad assistere all'ultima danza del guerriero, la danza della sua esistenza; la danza attraverso il quale ha accumulato il suo Potere di Essere. HEKATE non si può sottrarre perché chi la chiama è HEKATE stessa! Nel suo ultimo sforzo, nella sua danza della vita il cacciatore d'agguato, il sognatore, l'apprendista stregone, lo psichista, il pagano politeista si fa HEKATE. Ed HEKATE non può non nutrire sé stessa. HEKATE o PROSERPINA. Il Potere di Essere è lo stesso; l'espressione culturale è diversa.

HEKATE nutre la trasformazione che la nutre e mentre la contraddizione della vita si risolve col cacciatore d'agguato che cambia mondo, forma e sostanza con le quali cacciare, lei continua a fluire nell'etere subendo gioiosa le costrizioni che domano gli dei nella costruzione della vita.

Qual è la costrizione che doma HEKATE? L'Essere della Natura che ha attraversato la propria esistenza prendendosi nelle proprie mani la responsabilità della propria vita, accumulando Potere di Essere e presentandosi alla morte del corpo fisico con il potere di trasformare la morte del corpo fisico in nascita del corpo luminoso. La costrizione che evoca HEKATE è la capacità dell'Essere della Natura di farsi HEKATE. Così come la costrizione che evoca gli DEI affinché camminino a fianco degli Esseri nelle loro trasformazioni quali risultato delle sfide della loro vita è la loro capacità di farsi quel dio. E' la loro capacità di costruire l'azione che risolve la contraddizione compattando tutto sé stessi. Concentrando tutta la loro volontà, la loro attenzione, la loro determinazione la loro fisicità, i loro sensi e quant'altro concorra a trasformare un'azione meccanica in un'azione magica.

E' la capacità del soggetto di concentrare tutto sé stesso nell'azione che costruisce le costrizioni con cui evocare gli dei.

E' oziosa e inutile la domanda posta dal frammento oracolare se non è seguita dalla risposta e dall'Intento per cui la domanda si pone.

L'Essere che ha evocato HEKATE si è fatto HEKATE e l'ha chiamata per sorreggerlo nell'ultima sfida della sua esistenza.

La dea chiede, ma la domanda è posta al lettore, non all'attore della vita a cui HEKATE ha dovuto rispondere!

191) Sciogliete ormai il signore: il mortale non può più contenere il dio.

L'ultimo frammento della sequenza costruita da Tonelli!

L'ultimo frammento ad indicare l'ultimo atto dell'esistenza dell'Essere Umano che ha attraversato la proprie esistenza costruendo sé stesso.

Sciogliere il signore sta ad indicare l'ultimo legame fra il corpo fisico e il corpo luminoso che si sta spezzando. Scioglietelo! Gli DEI assistono al trionfo! Un Essere di Energia si è costruito. Ha affrontato le contraddizioni della sua esistenza. Le condizioni dell'oggettività lo hanno favorito; il suo Potere di Essere ha impedito alle condizioni dell'oggettività di fermare la sua costruzione.

Il signore è il corpo luminoso. E' la sostanza per la quale la Coscienza di Sé è divenuta trasformandosi. Il corpo luminoso è il prodotto del lavoro del corpo fisico, della psiche, delle determinazioni della sua esistenza. Tutto si è trasformato. Il corpo fisico è invecchiato, ma nell'invecchiare quell'Essere Umano si è assunto la responsabilità della propria esistenza, si è tolto dal centro del mondo, ha chiamato le cose col loro vero nome, ha articolato la sua attenzione, ha praticato l'arte dell'agguato agendo anche per sottrarsi all'agguato del mondo, ha praticato il sognare, ha lisciato sé stesso attraverso la meditazione e la contemplazione, ha ascoltato il corpo luminoso che cresceva lasciando che questi si esprimesse.

Quest'Essere Umano ha attraversato lo spazio della sua esistenza costruendo il daimon che cresceva dentro di lui, il suo Potere di Essere, la sua capacità di determinare la propria esistenza.

Ora il corpo fisico sta morendo e quest'Essere Umano non subisce quanto sta avvenendo; non ne è capace. Ecco, affronta il passaggio. Concentra tutto sé stesso nell'ultima sfida.

Concentra la sua attenzione; si è allenato per l'intera vita. Concentra la sua Energia Vitale; aveva passato giorni ad ascoltarla e compattarla. Usa la sua contemplazione per non farsi avvolgere dall'apparizione di immagini strane. Usa la sua capacità di agire d'agguato per afferrare quanto si presenta. Usa la sua esperienza negli infiniti mondi del sognare per mantenere agile e pronta la sua attenzione adattandola alla forma del nuovo mondo che gli viene incontro. E' abile nell'usare la follia controllata per affrontare le Coscienze che si presentano. E' pronto a palpare il nuovo mondo in cui fondersi con i nuovi sensi con cui lo percepirà.

D'altronde egli era armato del Bastone dello Stregone. Egli sapeva sospendere il dialogo interno; pertanto conosce la capacità di agire senza l'impedimento della ragione. Egli sapeva sospendere il giudizio; pertanto non giudica quanto incontra, ma lo vive attraversandolo, qualunque forma questi assuma. Aveva usato lo scetticismo con cui aveva forgiato il suo sguardo sul mondo imparando a chiedersi il perché delle cose.

Il dio danza la sua rappresentazione della vita. A quella danza assistono gli dei del suo universo. Gli dei si accalcano nel suono dell'infinito in cui un nuovo Potere di Essere fluisce nell'etere dell'eternità.

Sciogliete ormai il signore: il mortale non può più contenere il dio.

Dal "LIBRO DEI MORTI" degli Antichi Egiziani:

AQEN: Che succede? Stavo dormendo.

VIANDANTE: O Aqen, visto che hai il dono della vita, portamela, perché, vedi, sono arrivato.

AQEN: Chi sei tu che arrivi?

VIANDANTE: Sono un mago.

AQEN: Sei intero?

VIANDANTE: Sì, sono intero.

AQEN: Sei attrezzato?

VIANDANTE: Sì, sono attrezzato.

AQEN: Ti sei preso cura delle due membra?

VIANDANTE: Sì, mi sono preso cura delle due membra.

AQEN: Che cosa sono le due membra, mago?

VIANDANTE: Sono il braccio e la gamba. O Aqen, siccome tu hai il dono della vita, portamela, perché, vedi, sono arrivato.

Sono arrivato, sono in grado di costruire la barca, ecco la sessola, il pennone, i remi e il sarchiame. So chiamare le cose col loro vero nome; so sospendere il giudizio, sono in grado di alimentare la mia attenzione; agisco in funzione dell'Intento, mi sono tolto dal centro del mondo ed ho alimentato la mia volontà e le mie determinazioni: io rivendico il Potere di Essere davanti all'infinito.

E' nato un dio

ora che sono nato io.

Io vedo e ho la vista,

io ho la mia esistenza,

io vengo innalzato sul mio luogo

io ho compiuto ciò ch'era stato decretato

Io sono il loto che splende nella Terra della Purezza,

che mi ha ricevuto

e che è diventata la mia dimora

nelle narici della Grande Potenza.

Sciogliete ormai il signore: il mortale non può più contenere il dio.

(I pezzi dal libro dei morti sono stati presi dal libro Il Tempio del Cosmo di J. NAYDLER editore Neri Pozza)

Fine della prima stesura 15 novembre 1999

Claudio Simeoni

Piaz.le Parmesan, 8

30175 Marghera - Venezia

Tel. 041933185

E-Mail claudiosimeoni@libero.it

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