Lo spirito come atto puro
Giovanni Gentile 1875 - 1944

di Claudio Simeoni

 

La Teoria della Filosofia Aperta, settimo volume

Indice generale della Teoria della Filosofia Aperta

 

La Teoria della Filosofia Aperta, settimo volume ciclo attuale

Lo "spirito" nella filosofia di Giovanni Gentile

Il concetto di spirito è il concetto chiave usato da Giovanni Gentile nel suo trattato "Teoria generale dello spirito come atto puro". Uno spirito che, come Essere Assoluto, si contrappone alla Natura e agisce in contrapposizione agli oggetti materiali.

E' lo spirito che si rappresenta nel presente e questa rappresentazione nel presente dello spirito è "l'attualismo" da cui prende il nome la filosofia di Giovanni Gentile in alternativa al termine "fascismo" che appare, nell'immaginario sociale, più immediato e più carico di significati esistenziali.

Da dove Gentile prende spunto per la sua idea di spirito che pervade l'intera esistenza?

Prima di tutto consideriamo che cosa Giovanni Gentile ha compreso dell'evoluzionismo darwiniano, tradotto in termini meccanicistici cristiani che privano gli oggetti viventi della loro volontà e della loro capacità di scelta in nome della volontà di Dio e della provvidenza divina, per capire che cosa egli intende per natura negando la soggettività della natura in nome della soggettività di Dio.

Scrive Giovanni Gentile:

Quel che si è detto della storia rappresentata come antecedente allo spirito dello storico, basta a chiarire l'assurdo della concezione evoluzionistica della natura concepita allo stesso modo, ossia come realtà presupposta dallo spirito che la conosce, e quindi indipendente dalla realtà di questo spirito: qual'è la natura che il Darwin e i suoi seguaci si provarono a concepire evoluzionisticamente: non tutta immediatamente posta, ma formatasi e formantesi a grado a grado, non in virtù d'una legge che tutta la natura governi in quanto processo della stessa realtà spirituale, ma secondo la legge del più forte, o della scelta naturale. Scelta, detta così come "lucus a non lucendo", poiché nessuno sceglie: ma una scelta risulta dal soccombere inevitabile dei più deboli o dall'adattarsi dei più forti all'ambiente. Legge meccanica, quale si conviene a una realtà collocata di là dallo spirito, per sé stante, nella sua brutalità, dalla quale quando che sia dovrà pur sorgere, per effetto del meccanismo medesimo, la più alta specie animale, e la sua psiche, che è ragione, volontà, realtà che si oppone a quella di tutte le altre specie animali e di tutta la natura, e la intende, e la signoreggia. Ora, sottratto lo spirito, che è ancora da nascere, l'evoluzione sta alla natura darwiniana come la dialettica al mondo platonico delle idee. L'evoluzione, cioè, non può essere più un processo, perché importa un sistema di rapporti già tutti posti e consolidati.

Giovanni Gentile, L'Attualismo, Editore Bompiani, 2014, p. 124

Questa visione meccanicistica, tipicamente cristiana, toglie ai soggetti della natura la loro volontà di adattamento soggettivo alle variabili oggettive incontrate e fa del termine "il più forte" l'immagine sociale che legittima la violenza sociale sul più debole dimenticando che gli adattamenti delle specie della Natura avvengono per "necessità di sopravvivenza" dove ad evolversi è il più debole, il meno adatto ad affrontare le nuove condizioni. Però, a noi, questo discorso, in questo momento, non ci interessa. A noi interessa sapere che cosa pensa Gentile della Natura alla quale contrappone lo spirito.

Da dove Gentile prende spunto per la sua idea di spirito che pervade l'intera esistenza?

Gentile prende spunto dai vangeli:

Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro. Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore. 

Vangelo di Matteo 12, 31-34

Il cristianesimo, dopo Nicea, ha costruito quella "trinità" in cui lo "Spirito santo" è l'arma con cui Dio interviene nel mondo che, in quest'ottica, appare come un oggetto separato da Dio e abitato da Dio mediante lo spirito.

Sempre in quest'ottica, lo spirito diventa, per Giovanni Gentile, l'assoluto di Dio nel mondo e nella natura. Gli oggetti della natura sono tali perché pervasi dallo spirito di Dio e l'evoluzione sparisce mentre le trasformazioni nell'oggettività diventano, per Giovanni Gentile, una necessità della provvidenza, esercitata dalla volontà di Dio, nella natura attraverso lo spirito.

Lo spirito diventa il mondo oggettivo che si separa dal mondo della natura privando la natura, e con essa ogni Essere della Natura, della propria soggettività divina. Lo spirito diventa il TUTTO. Nell'attualismo lo spirito diventa manifestazione della coscienza di Dio. L'uomo può anche essere ucciso perché si uccide il corpo, ma non il suo spirito che permane unito allo spirito universale. Un riflesso di quella teoria cristiana medioevale secondo cui si bruciano le persone per salvare le loro anime.

Nella definizione di "spirito", nell'attualismo, Giovanni Gentile ha compreso che non esiste nessuna possibilità di definire e, peggio ancora, di dimostrare il concetto di spirito e, tanto meno, di "spirito assoluto".

Tali concetti sono frutto di una mente che vuole porsi al di fuori sia del corpo che della propria attività razionale. Fuori e sopra la realtà vissuta per poter dominare la realtà vissuta. Anziché dire: "Io voglio dominare la realtà del vissuto umano!" Il filosofo come Giovanni Gentile dice che "c'è uno spirito che guida verso la scienza e la virtù" di cui egli si fa portavoce, profeta e legislatore delle virtù dello spirito presso gli uomini.

Scrive Giovanni Gentile:

Intuizione dello spirito

La conclusione è, che il concetto dello spirito [Spirito Assoluto, Dio, come assolutezza e permanenza] come processo è un concetto difficile. Contro il quale operano di continuo tutte le astrazioni fissate dal pensiero comune e dalla scienza (che per sua natura si muove sempre nell'astratto) affollandosi incessantemente al nostro intelletto e traendolo di qua e di là, e non lasciandogli mantenere senza un' aspra fatica l'esatta intuizione della vita spirituale. Quella intuizione da cui pure si attinge, in tutti i momenti più vivaci di essa, norma e, che tanto più ci riempiono l'animo, quanto più forte fan vibrare le corde tese dai nostri sforzi interiori.

Giovanni Gentile, L'Attualismo, Editore Bompiani, 2014, p. 102

Le difficoltà incontrate da Giovanni Gentile nel dimostrare lo spirito e, in particolare, lo "Spirito assoluto", altro non è che lo stridere fra una necessità psicologica delirante e la logica razionale che si trasferisce in ambito filosofico. Gli enunciati filosofici di Giovanni Gentile servono per giustificare idee aprioristiche, oggettivamente indimostrabili, ma necessarie alla sua ragione per evitare il dolore dello smarrimento rispetto alla realtà.

Dello spirito, come presenza in assoluto, dice Gentile:

"Nel mondo della natura, tutto è per natura; nel mondo dello spirito, nessuno e nulla è per natura; ma è tutto quello che diviene per opera sua propria. Niente è già fatto, e perciò è, ma tutto è da fare sempre. E' tutto quello che si è inteso, è nulla rispetto a quello che si vuole intendere e non s'è ancora inteso, a quel modo che tutti i meriti delle azioni più belle già compiute, non ci scemano d'un capello la somma dei doveri da compiere, e nel cui compimento consisterà tutto il valore della nostra condotta, onde noi continueremo a valere come esseri spirituali."

Giovanni Gentile, L'Attualismo, Teoria generale dello spirito come atto puro, Editore Bompiani, 2014, p.96 e 97

In questa condizione Giovanni Gentile si ritira dalle argomentazioni filosofiche e si attiva nel tentativo di far accettare la propria condizione psicologica:

"Quella intuizione da cui pure si attinge, in tutti i momenti più vivaci di essa, norma e ispirazione verso la scienza e la virtù, che tanto più ci riempiono l'animo, quanto più forte fan vibrare le corde tese dai nostri sforzi interiori."

Dal momento che Giovanni Gentile non argomenta ci si trova, semplicemente, nelle condizioni del tifoso. C'è chi dice: "Lo spirito assoluto esiste!" e si trova un altro tifoso che risponde: "Lo spirito assoluto non esiste!". In queste condizioni prevale chi uccide l'altro. Qui non siamo più in campo filosofico, ma siamo davanti alla prevaricazione.

Come rispondere alle affermazioni sullo spirito di Gentile? O si argomenta sul nulla affermando che "lo spirito non esiste" o ci si chiede perché Giovanni Gentile ha la necessità di pensare come reale un oggetto di fantasia.

Leggiamoci Minkowski che scrive a proposito dell'eccitamento maniacale:

"Ecco un caso di eccitamento maniacale, un "bel maniaco", come diciamo quando incontriamo un caso puro di questa forma particolare di disturbi mentali. Contrariamente allo schizofrenico eccitato, egli – ed è questo che caratterizza il suo atteggiamento - resta in contatto con la realtà, addirittura assorbe con avidità, come dice Bleuler, il mondo esteriore. Egli, aggiungeremo noi,l'assorbe con tale avidità che non penetra più in esso. Ed è questo a far si che la sua attività psichica non è un'attività più rapida della nostra, cosa che oggi, che cerchiamo ad ogni costo di vincere il tempo e lo spazio, rappresenterebbe inevitabilmente un vantaggio, ma semplicemente un'attività degradata. Il contatto esiste, ben inteso, ma è soltanto un contatto istantaneo, gli manca la penetrazione, non c'è in esso durata vissuta. Ciò che manca a nostro maniaco è il dispiegarsi del tempo."

Eugéne Minkowski, Il tempo vissuto, Giulio Einaudi Editore, 1971, p. 302

Le idee sul mondo sono un prodotto del vivere delle persone, del loro abitare il mondo, delle esigenze psicologiche che hanno costruito abitando il mondo.

In effetti, non ci resta altro che ricorrere alla psicoanalisi. Stuprati fin dall'infanzia, questi filosofi necessitano di un padre padrone che giustifichi le loro asserzioni. Asserzioni che non vengono fatte dal filosofo, ma che il filosofo si limita a riportare perché, quelle asserzioni e quelle manifestazioni, "ispirazione verso la scienza e la virtù", rappresenterebbero le manifestazioni dello "spirito universale" nell'uomo di cui il filosofo si fa portavoce.

In questo modo, anziché discutere della malattia psichiatrica di chi si vuol far passare come filosofo, si finisce per discutere delle farneticazioni che vengono scambiate per riflessioni filosofiche.

Scrive Severino nella premessa a Giovanni Gentile:

Già nella Teoria generale - e più volte ritornerà su questo tema nelle opere successive - Gentile richiama la sostanza della propria "riforma", rilevando che "l'essere, che Hegel dovrebbe mostrare identico al non essere nel divenire, che solo è reale, non è l'essere che egli definisce come l'assoluto indeterminato", perché "l'assoluto indeterminato non può essere altro che l'assoluto indeterminato", assoluta staticità che non può venire (o esser già da sempre venuta) a identificarsi col nulla. L'essere che, nel divenire, è identico al non essere è invece "l'essere del pensiero che definisce [è il definire] e, in generale, pensa: ed è, come vide Cartesio, in quanto pensa, ossia non essendo (perché, se fosse [se fosse soltanto, cioè puro essere senza non essere], il pensiero non sarebbe quello che è, un atto), e perciò [perciò!] ponendosi, divenendo" (cap. IV, § 18): il porsi e divenire, questo, che è appunto la "dialetticità del reale" "evidente e certa" a cui si rivolge l'intera logica del concreto (cfr. par. 8). Nel pensiero l'''identità'' di essere e non essere è la loro unità: l'evidente unità dei due nell'esperienza.

Emanuele Severino, nella introduzione a Giovanni Gentile, L'Attualismo, Editore Bompiani, 2014, p. 31

In Giovanni Gentile lo spirito agisce attraverso il pensiero. Il Logos è lo spirito.

1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
2 Egli era in principio presso Dio:
3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.

Vangelo di Giovanni 1, 1-5

Scrive Giovanni Gentile:

"Così nella "Scienza nuova" (1725) lo stesso Vico dirà che può la mente umana conoscere la legge dell'eterno processo storico (ossia dello svolgimento dello spirito), perché nella stessa mente umana è la causa e la prima origine di tutti gli avvenimenti storici."

Giovanni Gentile, L'Attualismo, Editore Bompiani, 2014, p. 93

L'unità di "spirito assoluto" che agisce nella mente umana e consente alla mente umana di conoscere le leggi dell'"eterno processo storico" senza la necessità di usare il "darwinismo" che sottrae le modificazioni della Natura alla provvidenza divina, allo spirito.

Quando Hegel dice che nel divenire l'Essere, Dio, è il nulla, le figure di Dio e spirito coincidono, sta dicendo che l'Essere, in quanto assoluto, non ha altro movimento che il disfacimento di sé stesso diventando nulla. Se avesse una qualche possibilità di movimento, avrebbe qualche possibilità di modificazione e, in quel momento, non sarebbe più l'Essere assoluto, ma solo un Essere in divenire in quanto, come dice Platone nel Parmenide, altri coabiterebbero con quell'Essere e l'Essere non sarebbe nei suoi attributi di assolutezza. Sarebbe sempre mancante di un qualche cosa come aspetti del vivere di chi non è l'Essere ed egli, per contro, non potrebbe essere negli altri per modificarsi attraverso l'esperienza in quanto, come assoluto, è privo di modificazioni.

Diventa strumentale e aleatoria l'affermazione di Emanuele Severino secondo cui:

"L'essere che, nel divenire, è identico al non essere è invece "l'essere del pensiero che definisce [è il definire] e, in generale, pensa: ed è, come vide Cartesio, in quanto pensa, ossia non essendo (perché, se fosse [se fosse soltanto, cioè puro essere senza non essere], il pensiero non sarebbe quello che è, un atto), e perciò [perciò!] ponendosi, divenendo" (cap. IV, § 18): il porsi e divenire, questo, che è appunto la "dialetticità del reale" "evidente e certa" a cui si rivolge l'intera logica del concreto (cfr. par. 8)."

Cit. Vedi sopra

Pensare è un'azione che modifica l'Essere che pensa e per pensare serve qualche cosa di esterno all'Essere perché l'Essere, in quanto Spirito assoluto, non può pensare sé stesso perché, altrimenti, non sarebbe uno Spirito Assoluto.

Indubbio che l'uomo pensa e nell'azione del pensare possiamo individuare un'azione dell'essere dell'uomo, ma tale relatività non può essere estesa all'assoluto che, per essere assoluto, non deve mettere in atto nessuna azione in quanto, ogni azione, modificherebbe l'assoluto; pensare è un'azione.

Del pensare, dice Cartesio:

"Soprattutto noi terremo per regola infallibile che quello che Dio ha rivelato è incompatibilmente più certo del resto; affinché, se una scintilla di ragione sembrava suggerirci qualcosa in contrario, siamo sempre pronti a sottomettere il nostro giudizio a quello che viene dalla sua parte.

Cartesio, I principii della filosofia, Editore Libriitalia, 1996, p. 133

Sarebbe da riassumere con "Mi sottometto a Dio, dunque sono!". Un po' povero come filosofo. Più attento a non finire sul rogo che non a fare filosofia. L'unico pensiero che appare dai principii di filosofia di Cartesio è il pensiero della sottomissione a Dio e questo pensiero, giorno dopo giorno, modifica Cartesio elevando la sua sottomissione a manifestazione dello spirito di Dio in Cartesio. In fondo, non è forse Dio che ha manifestato il pensiero "Sia la luce!" e "la luce fu!"? Se Dio pensa ed è; anche Cartesio è nel momento in cui pensa di sottomettersi al pensiero di Dio.

Pensare è agire; pensare è modificazione del soggetto pensante. L'uomo pensa e nel pensare si modifica; se lo "Spirito assoluto" pensa, non è uno Spirito Assoluto e, inoltre, manifesta desiderio e necessità di pensare. Pensando esprime la necessità di trasformarsi.

In questa logica diventa corretto far diventare la trasformazione di Dio nel nulla. Dio è il nulla! Se accettiamo le affermazioni di assolutezza di Dio l'unica possibilità che ha Dio è diventare nulla. Se Dio non fosse il nulla, sarebbe mancante di qualche cosa, un oggetto imperfetto ancora in modificazione.

Affermare che l'Essere è il nulla, significa affermare la morte di Dio. Di quel Dio assoluto che non ha altro movimento se non la distruzione di sé stesso.

Per questo motivo Giovanni Gentile si arrampica sugli specchi per resuscitare il potere di quel "Spirito assoluto" in nome del quale può sottomette gli uomini perché quel Dio assoluto non sarebbe morto, ma vive nelle autorità che si arrogano il diritto di uccidere e stuprare gli uomini in nome di un'autorità superiore.

Marghera, 01 ottobre 2023

 

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