Zeus ed Hera (Era)
Dall'interpretazione allegorica degli stoici
alla realtà del mito nella Religione Pagana

di Claudio Simeoni

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L'inganno delle allegorie stoiche

Quando si chiuse l'epoca del mito, si aprì l'epoca della filosofia.

La filosofia tentò di comprendere il significato del mito, ma non era in grado di assistere alle visioni del mito. Le visioni del mito si trasferirono nella filosofia, ma furono mediate dalla cultura che stava a fondamento della filosofia di quel tempo.

Quando il cristianesimo impose la propria interpretazione dei miti dette una lettura del mito legata alla propria morale. Il cristianesimo, che fondava la propria religione sulla separazione del corpo dall'anima e sulla concezione del corpo come prigione dell'anima, vedeva nei miti, che al contrario esaltavano i corpi, qualche cosa di immorale e malvagio.

Scrive Origene in "Contro Celso":

"E perché dovrei stare a passare in rassegna quelle storie indecenti che i Greci raccontano sui loro dèi, di per sé degne di vergogna, e che perciò vengono intese in senso allegorico? Dove, ad esempio, Crisippo di Soli, del quale si ritiene che abbia dato lustro al Portico dei filosofi con molti scritti intelligenti, interpreta la pittura di Samo nella quale Era era stata ritratta in atteggiamenti innominabili con Zeus: quel celebre filosofo nelle sue opere sostiene che la materia, accogliendo le ragioni seminali del dio le trattiene in sé allo scopo di dare forma all'universo. Nel dipinto di Samo, Era rappresenta la materia, e Zeus il dio."

Origene, "Contro Celso", IV 48

Origene non era in grado di superare la forma di rappresentazione del mito che assumeva nella sua morale l'aspetto di attività vergognose ed immorali. Per Origene, lo stesso Crisippo è una persona immorale che ritrae Era in atteggiamenti innominabili con Zeus.

Ciò che impedisce a Origene di "passare in rassegna quelle storie indecenti" è l'atteggiamento morale che non si limita a bloccare Origene nella trattazione di storie, ma porta Origene ad evirarsi per danneggiare il proprio corpo. Il modo di Origene di rapportarsi col mito degli antichi sarà il modo con cui tutte le religioni monoteiste si relazioneranno col mito antico considerandole "storie di turpitudini".

Dovremmo aspettare Boccaccio perché l'atteggiamento della cultura nei confronti del mito si modifichi riscoprendo il piacere delle passioni.

L'atteggiamento di Origene non è il solo. Diogene Laerzio in "vite dei filosofi", a proposito di Crisippo, scrive:

"Ci sono poi anche quelli che inveiscono contro Crisippo, adducendo che abbia scritto molte cose in maniera turpe e indecente. Infatti, per esempio nell'opera Sugli antichi filosofi della natura, descrive in modo vergognoso la relazione di Era e di Zeus, dicendo, intorno alla seicentesima riga, cose che nessuno potrebbe dire senza insozzarsi la bocca. Affermano, infatti, che egli dia forma a questa storia nel modo più turpe e, se anche la loda come espressione di una dottrina fisica, è più adatta a delle passeggiatrici che a divinità..."

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VII 187-188

Eppure, per comprendere gli Antichi Dèi, descritti dal mito, era necessario centrare la propria attenzione sul corpo. Cosa difficile quando il corpo è considerato peccato, indegno dell'anima, cosa turpe, spinto a comportarsi da bruto, in contrapposizione a quanto è morale, spirituale, "superiore", rappresentato dall'anima e da quanto è "spirituale".

Nel mito l'intelligenza, il nous, la capacità degli esseri di esistere, degli Dèi di manifestare sé stessi, di costruire le condizioni affinché altri Dèi germinano, avviene MEDIANTE IL CORPO. Zeus è un corpo! Era è un corpo! Come corpi sono animati da tensioni, pulsioni, desideri, bisogni, attraverso i quali manifestano la loro divinità nell'oggettività. E' quest'azione divina, l'azione divina del vivere, che permette ad altri corpi di germinare e manifestare la loro volontà e la loro intelligenza.

Il rapporto sessuale, il farsi Venere, Afrodite, fondendosi con gli oggetti del mondo, è quella capacità degli Dèi di costruire quelle condizioni in cui il presente si genera e si trasforma manifestando la propria volontà e finendo per trasformare gli Dèi stessi e il loro divenire.

Negando il ruolo centrale del corpo, rispetto ad un così detto e ipotetico spirito o mente o anima, si condanna il divenuto del soggetto separando le sue pulsioni e le sue manifestazioni psichiche dal soggetto stesso. Da quel corpo senza il quale quell'anima, quello spirito, quella mente, non sarebbero mai esistiti.

La centralità del corpo, in relazione alla vita, è confermata anche da miti più antichi, quelli mediorientali da cui i miti greci, in particolare la Teogonia di Esiodo, ha origine.

Da "I Sumeri alle radici della storia" di S. N. Kramer ed. newton:

"Essa fornisce la spiegazione di uno dei più sconcertanti enigmi della leggenda biblica del paradiso: quello posto dal passo in cui si vede dio formare la prima donna, la madre di tutti i viventi, da una costola di Adamo (Genesi II, 2). Perché una costola? Se si ammette l'ipotesi di un influsso della letteratura Sumerica – di questo poema di Dilmun e di altri simili – sulla Bibbia, le cose si fanno chiare. Nel nostro poema una delle parti malate del corpo di Enki è per l'appunto una "costola". Ora, in sumerico costola si dice: ti. La dea creata per guarire la costola di Enki è chiamata Ninti, "La signora della costola". Ma la parola sumerica ti significa pure "far vivere". Gli scrittori Sumerici, giocando sulle parole, giunsero ad identificare "La Signora della costola" con "la Signora che fa vivere". Questo calembour letterario, uno dei primi in ordine di tempo, passò nella bibbia, dove perdette naturalmente il suo valore, poiché in ebraico i termini che significano "costola" e "vita" non hanno nulla in comune. Questa spiegazione fu da me (S. N. Kramer) scoperta nel 1945. Più tardi venni a conoscere che l'ipotesi cui ero giunto per conto mio era stata suggerita trent'anni prima da un grande assirologo, il padre Vincent Scheil, come ebbe a segnalarmi l'orientalista americano William Albright, che pubblicò il mio lavoro. Ciò la rende ancor più verosimile."

Nel mito non esiste il concetto di un'anima che viene creata e che viene mandata nel corpo. Il concetto di apatia, come atteggiamento aristocratico, ottenuto mediante la negazione dei desideri e delle passioni, è un atteggiamento contro il corpo elaborato dagli Stoici.

Interpretare il mito, per gli Stoici era importante, ma nell'atto sessuale vedono l'atto di creazione di Zeus, non la sua intelligenza progettuale che si manifesta mediante il suo corpo.

Ma Zeus ha un corpo? Ed Era ha un corpo?

C'è un appunto all'Iliade che dice:

"E riguardo a queste questioni è già stato detto abbastanza in precedenza; ora tuttavia lo si farà con precisione. Attraverso questi dettagli, infatti, il Poeta allude alla natura del cosmo, ponendo Zeus il più in alto di tutti, come aria infuocata ed Era, poi, al secondo posto; e dice che questa è stata nutrita da Zeus, poiché l'aria deriva dalle esalazioni umide. Chiama poi "incudini" la terra e il mare, e "catena d'oro" il fuoco dell'etere, poiché l'aria (= Era) si congiunge con esso (= Zeus) nella sua parte più elevata. E dice che Efesto fu gettato in mare, in quanto gli elementi si trasformano gli uni negli altri: il fuoco in aria, l'aria in acqua. Egli lavora il bronzo, nell'Oceano, poiché i materiali solidi vengono lavorati per mezzo dell'acqua e del fuoco. Anche Esiodo chiama Urano la conflagrazione, Crono la pioggia che scende dall'alto copiosamente, Rea la terra circondata di acque tutt'attorno, e l'evirazione di Urano lo spegnimento della sostanza ignea per opera dell'umida. La pietra inghiottita da Crono significa che la trasformazione dei liquidi in solidi avviene per condensazione; il nascondimento di Zeus indica il fatto che la vita ha il sopravvento sulla scomparsa dei frutti d'inverno, per la prevalenza dell'umidità."

Scolii BD all'Iliade, XV 21

Per gli Stoici questi Dèi non sono forma, ma forze che si manifestano negli oggetti. L'attività è attività generatrice della vita. E' il presente che viene lavorato, trasformato, mutato da forze possenti e diviene generandosi. Questa visione della realtà che non è "creata", ma diviene per le attività degli Dèi è una visione conforme al mito. Una visione conforme al mito che dalla materialità corporea passa ad un'idealità incorporea e simbolica. Questo anche se gli Stoici riconoscono alcune forze divine negli oggetti, ma non sono in grado di vedere gli oggetti che manifestano quelle forze divine nella loro manifestazione in quanto divinità nell'oggettività. Gli Stoici riconoscono che Zeus è l'aria, ma non sono in grado di fare il passo successivo, quello che li riporterebbe nel mito: l'aria è Zeus!

"E' passato, poi, all'elemento fisico che va sotto il nome di Zeus, che è l'aria. E infatti chiamano Zeus l'aria. Questo, infatti, secondo gli Stoici, è quello che si estende attraverso ogni cosa."

SVF II 1100 = Scolii ad Arato, 1

E in questo appunto si rileva come gli Stoici non avessero del tutto perso il senso del corpo: il corpo di Zeus è l'aria! Zeus è l'atmosfera che avvolge la terra. Zeus è l'intelligenza che, trasformandosi, ha permesso la nascita della vita. Una vita che lo ha fagocitato e che lo ha trasformato nel suo infinito percorso dei mutamenti. Ma perché Zeus ha costruito le condizioni affinché la vita nascesse sul pianeta? Per manifestare i propri bisogni, le proprie pulsioni, i propri desideri, la sua tensione che lo spinge a divenire nell'infinito dei mutamenti e che lo costringe ad agire per mutare. Quel mutare costruisce le condizioni.

L'atmosfera è un corpo! Un corpo fisico che manifesta un'intelligenza progettuale. L'Essere Umano ha una relazione fisica con l'Atmosfera; l'Essere Umano ha sentimenti rispetto ad un'Atmosfera che gli riempie i polmoni; l'Essere Umano vive stati di trasporto emotivo nei confronti dell'Atmosfera. E la relazione è reciproca. L'Atmosfera ha una relazione fisica con gli Esseri delle Specie della Natura; l'Atmosfera ha sentimenti nei confronti degli Esseri che la trasformano, respirandola; l'Atmosfera vive stati di trasporto emotivo nei confronti degli Esseri Umani. Il trasporto emotivo è comunicazione empatica che stimola i processi soggettivi di adattamento sia degli Esseri della Natura che dell'Atmosfera. L'Atmosfera, Zeus, ti parla: sai ascoltarlo attraverso le tue emozioni e hai la capacità di far giungere quanto le tue emozioni percepiscono alla tua coscienza dominata dalla ragione?

Così gli antichi del mito vedevano nell'attività del corpo, l'attività creatrice. Un'attività creatrice che uno Stoico, dal suo punto di vista, così descrive:

"Non resta dunque che l'intelletto, il quale riempie con la sua presenza uno spazio incredibile, diffondendosi in esso dovunque e in maniera costante. In esso non c'è più nulla che abbia una struttura compatta, poiché la rarefazione è divenuta soverchiante. A questo punto diviene di una bellezza straordinaria, assumendo la forma purissima di un raggio teso. Ma subito lo coglie la nostalgia della vita delle origini. L'amore lo perde, e così rimette mano alla generazione, alla separazione di ciascun essere e alla nuova costruzione del mondo attuale, per farlo, grazie alla maggiore giovinezza, più bello e splendente di quello di prima. Emettendo raggi di luce non certo confusi o contaminati, bensì puri ed esenti da ogni oscurità, cambia natura con la facilità con cui si cambia d'opinione. Desiderando Afrodite e volendo generare, si addolcisce e si ingentilisce, e così attenua di molto il suo raggio, trasformandosi bensì in aria infuocata, ma di un fuoco dolce. A questo punto, unendosi ad Era e godendo con essa di un rapporto perfetto, qui si ferma e diffonde per intero il seme generatore del tutto; proprio questo è il tema a cui i discepoli dei sapienti inneggiano nelle sacre cerimonie dei misteri: appunto il matrimonio di Era e Zeus. Ora la sostanza dell'universo è resa umida e così un unico principio generatore del tutto si diffonde in essa, come si diffonde nel liquido seminale il pneuma con la sua forza plasmatrice e produttiva. Nella sua complessione viene quanto mai ad assomigliare agli altri esseri animati, giacché si potrebbe sostenere che esso in senso proprio si costituisca di anima e corpo. Per tale motivo, può forgiare e plasmare senza difficoltà gli altri esseri, diffondendo una sostanza minuta, soffice e assolutamente duttile. Una volta lavoratala alla perfezione, rivelò infine il cosmo rigenerato, armonioso e bello da non dire, splendente assai più di quello attuale."

Dione Crisostomo, Dioscuri, 36-55

Per Dione Crisostomo: "l'intelletto, il quale riempie con la sua presenza uno spazio incredibile". Come Stoico, Dione, non vede "l'intelligenza dell'aria!". L'atmosfera è il corpo di Zeus. L'amore di Zeus è la tensione che lo spinge verso il suo divenire. Egli percepisce l'attività generatrice di Zeus, ma non ne coglie la fisicità che manifesta quell'intelligenza: senza l'aria non esisterebbe l'intelligenza di Zeus. Senza il corpo non c'è l'intelligenza, né i desideri e i bisogni, per esprimerla. Senza il corpo non c'è la volontà generatrice. Zeus non genera "oggetti di spirito"; Zeus genera condizioni da cui emergono corpi, tensioni di corpi, manifestazioni di corpi, strategie d'esistenza di corpi anche quando rimodella il proprio presente in cui generare la vita.

Zeus, anche secondo gli Stoici, è l'aria; ma qual è il corpo di Era?

E qui per gli Stoici diventava difficile adattare alla propria concezione la fisicità rappresentata dal mito. Si trattava di riconoscere qualche cosa che non erano in grado di giustificare: Era è l'Essere Natura con ogni individuo di ogni specie, sia animale che vegetale (e quant'altro ancora non conosciamo). E' quella sensazione che la ragione degli Esseri Umani vive come un'indistinta sensazione di far parte di "un tutto" e che quel "tutto" la attraversa coinvolgendola nei sentimenti ed emozionandola senza una ragione apparente. Quella relazione empatica che gli Esseri hanno col mondo in cui vivono e che, una volta manipolata dall'educazione monoteista, porta l'individuo a separarsi dal mondo in cui è nato e vive e a pensarsi in una relazione speciale con un trascendente che immagina.

Plotino nelle Enneadi continua nella scia dello stoicismo e del platonismo separando l'intelligenza dai corpi e, precedendo il monoteismo, afferma:

"Colui che può vada dunque e la segua nella sua interiorità abbandonando la visione degli occhi e non si rivolga verso lo splendore dei corpi come prima. E' necessario infatti che colui che vede la bellezza dei corpi non corra ad essi, ma sappia che essi sono immagini e tracce e ombre e fugga verso quella di cui essi sono immagini. se si corresse loro incontro per afferrarli come fossero realtà si sarebbe simili a colui che volle afferrare la sua bella immagine sull'acqua – come una favola, mi pare, vuole dimostrarci – ed essendosi piegato troppo verso la corrente profonda disparve: nello stesso modo colui che tende alle bellezze corporee, non col corpo, ma con l'anima, piomberà nelle profondità tenebrose e orribili per l'Intelligenza e soggiornerà nell'Ade, cieco compagno delle ombre. Fuggiamo dunque verso la cara patria, e questo è il consiglio più vero che si può dare.

[...] Non coi piedi bisogna farlo, perché i nostri piedi ci portano sempre di terra in terra; neppure c'è bisogno di preparare cocchi o navigli, ma è necessario staccarsi da queste cose e non guardar più, ma mutando la vista corporea con un'altra ridestare quelle facoltà che ognuno possiede, ma che pochi adoperano."

Plotino, Enneadi I 6,8

Ancora nel IV-V secolo d.c. l'idea del corpo che manifesta l'intelligenza non era sparita e con degli artifici si tentava di conciliare e far comprendere la relazione fra Zeus ed Era:

"I filosofi della natura [physici] vogliono che si intenda Giove come etere [aether], cioè fuoco [ignis], e Giunone come aria [aer]. E, poiché questi elementi si equivalgono per via della loro natura rarefatta, li hanno chiamati fratelli. Ma dato che Giunone, ossia l'aria, è sottoposta al fuoco [ignis], cioè Giove, a buon diritto all'elemento posto sopra fu attribuito il nome di marito."

Servio, Commento all'Eneide, I 47

Zeus è fratello di Era, perché ciò che Zeus genera altro non è che il corpo di Hera: l'Essere Natura e i suoi figli. E i numerosi amplessi che Zeus ha con molte "creatrici", molte "madri", non sono altro che le condizioni intelligenti che agiranno negli Esseri, figli di Hera, per consentire loro di trasformarsi in Dèi. E' con l'amplesso che nascono i corpi. Corpi! Siano essi il principio maschile e il principio femminile che permetteranno la diversificazione delle specie, Artemide e Apollo; sia che si tratti dei corpi attraverso la cui manifestazione i figli di Hera divengono: la nascita, Ilizia, la maturità sessuale, Ebe, l'uscita dalle condizioni e contraddizioni dell'insieme, Ares; sia che si tratti dei corpi della giustizia partoriti con Temi; sia che si tratti dei corpi dei canali della percezione partoriti con Mnemosine; sia che si tratti dell'arte dell'agguato, Atena, partorita con Meti! Sono corpi fisici che si calano in corpi fisici dove il divenire di ogni corpo si interseca, interagisce e partecipa, al divenire di ogni altro corpo.

Corpi, non astrazioni!

Non esiste un divenire divino per chi si separa dalla vita. Non esiste un divenire divino degli Esseri Umani né nello stoicismo, né nel neoplatonismo, né nell'ebraismo, né nel cristianesimo, né nell'islamismo! Tutti negano i corpi che manifestano la vita; tutti, dunque, negano la centralità della vita!

Ed è in questo momento che incontriamo Zeus come colui che determina la giustizia.

Zeus combatte la Titanomachia e, con quella battaglia, si ritaglia lo spazio entro il quale far nascere Esseri che possono iniziare il loro cammino verso l'eternità trasformandosi a loro volta in Dèi.

La giustizia di Zeus consiste nel rispetto di quell'opportunità che ad ogni Essere della Natura non può mai essere negata aprioristicamente.

La giustizia di Zeus non chiede agli esseri Umani di costringere sé stessi all'interno di norme, ma chiede agli Esseri Umani di non costringere altri Esseri Umani all'interno di norme distruttive. La giustizia di Zeus impone che gli Dèi, il crogiolo di Dèi, che formano gli Esseri Umani, siano sciolti da ogni legame, da ogni costrizione. La giustizia di Zeus impone all'Essere Umano di individuare, mediante Atena, le strategie per esprimere gli Dèi che formano il proprio crogiolo, nell'oggettività nella quale egli vive.

La Giustizia di Zeus non è fatta di sbarre o di filo spinato, ma è finalizzata a sciogliere i legami e a spezzare ogni sbarra.

Di questo ne erano coscienti anche gli Stoici, che però, alla faccia di Zeus, separavano gli Esseri Umani dalla vita per imporre quell'apatia che altro non era che l'aristocratico distacco dagli affanni della vita.

"Ascolta cosa dice (Crisippo), a questo proposito, nel III libro Sugli dèi: "Non è infatti possibile trovare un altro principio della giustizia, né un'altra sua origine, se non quella che viene da Zeus e dalla natura universale. Di qui infatti deve avere principio ogni realtà simile, se vogliamo dire qualche cosa di sensato sui beni e sui mali"."

Plutarco, Sulle contraddizioni degli Stoici, 9 1035 C

Ed è Filodemo di Gadara (ricordo la sua villa di Ercolano trovata sotto le ceneri) che nel suo trattato "Sulla pietà" ci racconta come il principio di ragione, per gli Stoici, è il principio di Zeus "che regge ogni realtà". Perché è nella ragione, nella forma e nella quantità, che i figli di Zeus ed Era possono costruire le loro strategie d'eternità e presentarsi davanti alle porte dell'Olimpo per essere accolti come Dèi. Per contro, riportando passi dello scritto di Crisippo "Sugli Dèi", Filodermo ci dice come è assurdo (se non nel simbolismo proiettato dagli Esseri Umani) pensare agli Dèi in forma umana e come tali rappresentarli (rappresentarli in forma umana per farli pensare in forma umana, non per trasmettere il simbolismo degli attributi alle generazioni che seguono):

"Crisippo, nel primo libro Sugli Dèi, dice che Zeus è la ragione che regge ogni realtà, l'anima del tutto, e che ciascuna cosa, perfino i minerali, vive grazie alla partecipazione ad esso, per questo appunto è chiamato anche Zeus; ARIA, invece, in quanto è causa e padrone di ogni essere... Ares starebbe ad indicare la guerra e le schiere contrapposte. Efesto, poi, il fuoco, e Crono è il flusso della corrente, inoltre Rea è la terra e Zeus è l'etere, ma anche Apollo e Demetra sono la terra e il soffio in essa immanente. Sostiene che sia puerile rappresentare a parole, in dipinti o in statue gli Dèi in forma umana, così come lo è rappresentare in forma umana città, fiumi, luoghi o sentimenti. Zeus è l'aria che si estende intorno alla terra, Ade è l'aria tenebrosa, Posidone quella che si estende per la terra e per il mare. Anche tutti gli altri Dèi egli identifica con realtà inanimate, come pure questi; e il sole, la luna e gli altri corpi celesti egli considera Dèi e anche la legge."

Filodemo, Sulla pietà, 11

Quanta fatica per trasferire la scienza espressa dal mito nella scienza propria della ragione. Oggi possiamo capire il mito perché la scienza moderna, uscita dall'orrore della superstizione monoteista, ha introdotto nella ragione, dimostrandoli, concetti che erano propri del mito elaborati quando la ragione era giovane e diversa da quella che oggi sviluppano, crescendo, gli Esseri Umani. Ma è solo grazie al mito, elaborato mediante le parole quando la ragione era giovane, che possiamo incontrare il divino nelle scoperte della scienza moderna. Senza il mito che precedette la filosofia, la scienza moderna sarebbe solo meccanicismo slegato dalla realtà della ragione che Zeus ha costruito conquistandosi uno spazio fra i Titani.

Non c'è una ragione senza un corpo! E la ragione, manifestata dal corpo, è "l'anima del tutto, e che ciascuna cosa, perfino i minerali, vive grazie alla partecipazione in esso". Zeus è l'aria e Rea è la terra! E' difficile per il nostro autore, Filodemo o Crisippo, pensare che Demetra sia il "la libertà fatta corporeità che si cala come tensione in ogni Essere che è sempre alla ricerca della propria Persefone fino alla morte del corpo fisico". Come è difficile per Filodemo o Crisippo, pensare ad Apollo e Artemide, come la nascita del principio maschile e del principio femminile in un'Era tutta femminile composta da Esseri della Natura unicellulari: femminili! Più facile è vedere in Efesto il fuoco distruttore generatore di nuove condizioni di esistenza e in Crono il corpo del tempo che si esprime attraverso le mutazioni, le trasformazioni, il divenire, degli Esseri della Natura di cui lo stesso Zeus è figlio.

Triste è il "destino" degli Esseri Umani che non sono in grado di vedere l'azione degli Dèi nel mondo che li circonda e nel quale vivono. Questi Esseri Umani vivono inconsapevolmente la loro esistenza, chiusi nell'illusione di una sorta di onnipotenza e non si rendono conto che l'opportunità che hanno, la loro vita, non è altro che la battaglia divina che si svolge sotto le mura di Ilio.

N.B. Le citazioni sugli Stoici sono prese da "Allegoristi dell'età classica, Opere e frammenti" a cura di Ilaria Ramelli edizione Bompiani

Marghera, 15 luglio 2007

 

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La Stregoneria procede nel mondo per analisi della realtà in cui gli Esseri Umani vivono. Il cristianesimo procede per verità ontologiche da imporre con la violenza alle persone. Quando la verità imposta dal cristianesimo é inadeguata, il cristianesimo procede applicando alla parola immutabile del suo dio padrone il desiderio di dominio come espressione della malattia di delirio narcisistico di dominio dell'uomo sull'uomo.