Il concetto di morte in Stregoneria e
nella Religione Pagana

di Claudio Simeoni

Vivere da Stregone

La morte come trionfo
ci porta a vivere nella felicità

Noi viviamo in una società malata perché in questa società non si dà importanza alla felicità che arreca all'individuo la morte del corpo fisico.

Ci costringono a vivere la morte come terrore per costringerci a vivere nel dolore e nell'accettazione del dolore.

Al contrario, pensando la morte come il trionfo della vita si costruisce la vita veicolando le tensioni e le pulsioni che ci hanno spinto a nascere.

Il problema avrebbe dovuto essere posto durante la recente vicenda di Eluana Englaro ma lo scontro sociale ha impedito di trattare il problema della morte in relazione alla ricerca di felicità degli Esseri Umani.

In questa società si cerca di nascondere la felicità che arreca la morte per costruire la disperazione della vita.

La morte è il trionfo della vita; è la felicità dell'individuo.

Non c'è angoscia nella morte. L'angoscia non c'è nell'azione del morire, l'angoscia c'è nell'idea, educazionalmente imposta, che le persone hanno della morte. Solo che l'angoscia che le persone hanno della morte è l'angoscia del loro vivere nella loro quotidianità.

Chi vive trafficando in schiavi deve costringere le persone allo schiavismo mediante il terrore della morte. Un terrore che alimenta costantemente con la minaccia, il ricatto e il dolore all'interno di una condizione in cui lo schiavo non immagina il benessere psico-emotivo che la morte gli dona, ma immagina un dolore gigantesco.

Eppure, nelle esperienze di premorte, NDE ( Near Death Experiences ), il paziente afferma: “La luce in fondo ad un tunnel, calore, un senso di pace e di felicità e il tempo che smette di scorrere. Sono gli ingredienti di tutte le esperienze di premorte raccontate da persone che hanno superato chine estreme come incidenti stradali, arresti cardiaci, stati di coma.” (Tratto da La Repubblica del 13 aprile 2006)

Ho fatto una piccola pagina per costringere le persone a riflettere.

La pagina dal titolo: LA MORTE E' LA FELICITA' UMANA.

Si tratta di un concetto Pagano Politeista che partendo dall'idea che la vita dell'individuo, come il suo corpo, sia una SUA proprietà inalienabile, considera la morte come il trionfo delle trasformazioni della sua esistenza. Per contro: la morte è fonte di terrore e disperazione per il cristiano. Una disperazione che deve imporre ad altri.

L'individuo raggiunge la felicità solo nella morte.

Qualcuno mi dice:

"Scusa Signor Simeoni, allora quand'è così, uno si compra la pistola e si spara in fronte. Così sei finalmente felice."

Gli rispondo:

Non ti sembra che simili azioni avvengano piuttosto spesso nella società in cui viviamo?

Molte persone pongono fine ai loro affanni, uccidendosi.

Uccidendosi, molte persone ritengono di essere più felici di come stanno vivendo.

E' un dato di fatto!

Allora ci si deve chiedere: che cos'è la morte?

E' il trionfo della vita!

Nel senso che tu non cercherai mai la morte fintanto che la vita ti darà qualcosa attraverso il quale arricchire te stesso. Questo "qualcosa attraverso il quale arricchire te stesso" può cessare a breve, per la concomitanza di condizioni di vita atroci, o può presentarsi molto avanti con gli anni a mano a mano che la struttura fisica degenera.

Questo è il senso della felicità.

Se la società in cui viviamo disarma gli individui davanti alle contraddizioni dell'esistenza, spingerà gli individui a cercare la felicità, o l'arricchimento di sé stessi, fuori dalle condizioni d'esistenza.

Ciò non toglie che la morte DEVE essere celebrata come un momento felice.

Solo i trafficanti di schiavi instillano il terrore della morte per dominare le persone.

La morte è una porta che si apre: dove si apre, dipende da noi. In ogni caso, sempre sulla felicità!

La morte come felicità umana apre un altro discorso: apre il discorso sulle FORTI MOTIVAZIONI DELLA VITA, proprio in antitesi alla morte come felicità. Una società che si propone di fornire ai propri cittadini forti motivazioni alla vita in contrapposizione ad una società che pretenda di governare i cittadini attraverso il terrore della morte. Quel timore e tremore che caratterizza il cristiano: "Sono stato abbastanza sottomesso alla morale del dio padrone affinché il dio padrone mi garantisca il paradiso o una buona reincarnazione?" Invertire l'approccio alla morte permette alle persone di cercare motivazioni diverse per le quali vale la pena di vivere. Davvero pensate che il kamikaze musulmano possa avere delle motivazioni di vita superiore al dolore che prova nel vivere la situazione sociale e personale che sta vivendo? Davvero pensate che basta avere la promessa delle settanta vergini per farsi esplodere? E il ragazzo di diciotto anni che si è ammazzato perché i genitori si sono separati: quale disperazione viveva?

Chi cerca la morte, cerca la felicità!

E cerca la felicità in una società che non gli fornisce motivazioni sufficienti per allontanare il desiderio della morte quale idea di felicità.

Nella società occidentale, la morte viene rimossa come consapevolezza da trasmettere.

Ciò che io voglio far comprendere è che la morte è fonte di felicità. Tutta la vita nella Natura tende verso la morte del corpo fisico.

Questo può apparire paradossale, ma provate a riflettere.

Una società è importante perché gli Esseri Umani vivono in quella società; producono delle merci; consumano delle merci; accumulano la ricchezza; solo così una società è ricca. La ricchezza materiale e culturale di una società è fonte di felicità. Una felicità che giustifica la vita in contrapposizione alla felicità prodotta dalla morte.

Se muoio non posso fare all'amore; e allora, se faccio all'amore, ricevo una felicità che mi allontana dalla morte. Mi fornisce una motivazione di vita superiore alla felicità che mi darebbe la morte. Ma se la chiesa cattolica costruisce la patologia psichiatrica impedendo alle persone di fare liberamente sesso nonostante loro ne sentano gli stimoli, lo stato di infelicità che viene imposto all'individuo lo può portare o a delinquere (pertanto condannato a morte) o al suicidio nella ricerca di una felicità che il vivere non gli fornisce.

La morale cattolica, militarmente imposta mediante le costrizioni sociali, induce le persone a cercare la felicità nel suicidio.

Qualunque sistema sociale trema quando gli individui vedono nella morte una fonte di liberazione; è pronto ad usare per il proprio potere il piacere della morte, ma il piacere della morte arriva per ogni individuo.

Anche per gli individui che vivendo una sindrome di onnipotenza, in questo momento, pensano di aver diritto a decidere la vita o la morte di milioni di persone.

La morte e la disperazione della morte, come è arrivata per Wojtyla, così arriverà anche per Ratzinger. Per il cristiano la vita è dolore e sofferenza. Per il cristiano la morte è la liberazione da una sofferenza che ha accumulato progressivamente: l'urlo di Wojtyla disperato prima di morire non è altro che un modo per riconoscere l'inganno che ha fatto e ha subito.

Riflettete, perché la chiesa cattolica ha avuto necessità di costruire il terrore per la morte? Come diceva Epicuro: "Quando noi siamo, la morte non è; e quando è la morte, noi non siamo!"

Perché dunque averne paura?

Chi ha paura della morte può essere sottomesso per tutta la vita; chi ha paura della morte rinuncia a vivere chiuso in quella paura.

Quando i media vogliono dirigere le scelte dei popoli evocano degli allarmi sociali, delle paure. Le paure sono sempre allarmi ingiustificati. Questi allarmi vengono fagocitati dalle persone che, in quel momento, vedono chiudersi il loro futuro. Il loro futuro è bloccato in quella paura. Poi, l'allarme si ridimensiona e le persone possono riprendere a vivere facendo delle scelte.

Davanti alla morte è diverso. La paura è imposta nell'infanzia poi, crescendo, l'individuo la sposta in una sorta di “rumore di fondo della propria esistenza” pronta ad emergere nell'ansia e nell'angoscia non appena i problemi sociali tendono a travolgerlo. Ma, in modo ancor più drammatico, è l'emergere della paura della morte con l'avanzare dell'età. Non sono i problemi ad evocare lo spettro della morte del corpo fisico, ma il futuro negato all'uomo dalla vecchiaia. La vecchiaia evoca lo spettro della morte negando all'individuo il suo futuro: da qui la disperazione di Wojtyla che consisteva nella percezione di un infinito numero di scelte che avrebbe potuto fare, ma che non ebbe la forza di fare.

La disperazione per la morte è consapevolezza del nulla e dell'inutile nel quale si è immersa la propria esistenza. Da qui la disperazione per la morte del corpo fisico e invocazione della morte del corpo fisico che ponga fine alla disperazione della non-esistenza. La morte come sollievo al disperato Wojtyla.

La morte è felicità! Lo è per ogni Pagano che ha vissuto con passione. Ed è felicità anche per un disperato come Wojtyla, in quanto, anche se non ha partorito il suo corpo luminoso, ha, se non altro, messo fine alle sue angosce. Il disperato chiama la morte affinché ponga fine alle sue angosce.

Si ha paura della morte solo perché c'è la disperazione; la disperazione di NON AVER VISSUTO!

Si muore come si è vissuti; e si vive in funzione della propria morte!

Non c'è un corpo fisico con cui si rinasce; c'è piuttosto una nascita col corpo di energia che abbiamo costruito nel corso della nostra esistenza. Ma l'esistenza deve essere RICERCA DEL PIACERE; manifestazione di felicità sia in potenza che in essere. La morte del corpo fisico, per il Pagano Politeista, si traduce nella felicità della nascita. La nascita del corpo luminoso che ha incubato e costruito dentro di sé nel corso di tutta la sua esistenza.

La morte come felicità è un concetto Pagano!

Da come TU pensi la morte, COSI' ORGANIZZERAI LA TUA VITA! Come ognuno di noi pensa alla propria morte, così organizza la propria vita. Non necessariamente si pensa alla morte del corpo fisico. Dunque, come organizzeremo la nostra vita, così affronteremo la nostra morte. In fondo il desiderio della morte è radicato dentro di noi, sta a noi, a seconda di come viviamo, trasformarlo in un momento di felicità o in un'attesa disperata.

Se pensi alla FELICITA' che viene dal morire, allora cercherai anche ciò che ci rende felici nella vita di tutti i giorni.

Marghera, 20 aprile 2009

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

La filosofia della Stregoneria

La Stregoneria è un cammino. Questo perché la Stregoneria è trasformazione del soggetto che percorre il sentiero. Il sentiero è mutamento dopo mutamento, trasformazione dopo trasformazione. La sequenza delle trasformazioni del soggetto, in ogni istante che si trasforma, forma il cammino dello Stregone. In ogni attimo lo Stregone, come ogni persona, presenta il proprio Potere di Essere che altro non è che quanto ha costruito mediante le sue trasformazioni.